Riprendono i colloqui tra Russia e Ucraina, Mosca stila la lista dei paesi ostili: presente anche l’Italia

Il conflitto tra Russia e Ucraina non tende a placarsi. Nonostante riprenda il confronto diplomatico tra le parti e ci siano dei piccoli miglioramenti per ciò che concerne l’organizzazione logistica dei corridoi umanitari, l’annunciato “cessate il fuoco” temporaneo da parte della Russia, così da poter permettere l’evacuazione da parte dei civili, di fatto non è avvenuto. Giungono inoltre notizie da Mosca di una lista stilata dal Cremlino delle nazioni ostili, ovvero quei Paesi che hanno applicato delle sanzioni nei confronti della Russia. Tra questi, oltre al Regno Unito, agli U.S.A. e ad altri spicca la presenza per la prima volta della Svizzera – che ha interrotto la sua storica neutralità – e dell’Italia.

Il colloquio Russia-Ucraina. Fonte: “avvenire.it”

I provvedimenti da parte dell’Italia

Negli ultimi giorni il tema delle sanzioni è stato ampiamente discusso. Alcune nazioni – citate nella “black list” di Mosca – hanno preso di mira personalità russe di spicco. In Italia questi provvedimenti coincidono con il congelamento di parecchi beni appartenenti a magnati e oligarchi. La Guardia di Finanza ha stimato un valore complessivo di 143 milioni di euro. Quanto tali provvedimenti possano incidere sulla situazione attuale è impossibile da stabilire ma, senza alcun dubbio, le sanzioni amministrative ed economiche rappresentano una delle poche armi diplomatiche a disposizione dell’UE e della NATO per cercare di contrastare la Russia senza imbracciare necessariamente le armi. In Italia il decreto legislativo 22 Giugno 2007 n. 209 chiarisce che per congelamento di risorse economiche si intende:

“il divieto, in virtù dei regolamenti comunitari e della normativa nazionale, di trasferimento, disposizione o, al fine di ottenere in qualsiasi modo fondi, beni o servizi, utilizzo delle risorse economiche, compresi, a titolo meramente esemplificativo, la vendita, la locazione, l’affitto o la costituzione di diritti reali di garanzia”.

 

Putin-Draghi. Fonte: “ilfattoquotidiano.it”

L’esportazione di armi da parte dell’ Italia

Le sanzioni non sono l’unica testimonianza della presa di posizione dello Stato italiano in merito al conflitto. Infatti nei giorni scorsi il Consiglio dei Ministri ha approvato all’unanimità il decreto legislativo per l’invio di armi alle autorità governative ucraine, con la NATO che darà un appoggio logistico e fornirà un ponte aereo. A regolamentare la materia dell’esportazioni di armi letali dall’Italia è la legge n. 185 del 9 Luglio 1990, che dichiara:

“L’esportazione, l’importazione e il transito di materiale di armamento nonché la cessione delle relative licenze di produzione devono essere conformi alla politica estera e di difesa dell’Italia. Tali operazioni vengono regolamentate dallo Stato secondo i principi della Costituzione repubblicana che ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”

Tale legge tuttavia vieta l’esportazione e il transito di armamenti “verso i Paesi in stato di conflitto armato, in contrasto con i principi dell’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite”.

La domanda dunque è: come possono l’Italia e le altre nazioni inviare armi? Riferendoci appunto all’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite:

“nessuna disposizione del presente Statuto pregiudica il diritto naturale di autotutela individuale o collettiva, nel caso che abbia luogo un attacco armato contro un Membro delle Nazioni Unite, fintantoché il Consiglio di Sicurezza non abbia preso le misure necessarie per mantenere la pace e la sicurezza internazionale”.

La Russia attaccando l’Ucraina e violando l’articolo 2.4 della Carta dell’Onu fa si che l’esportazione di armi da parte dell’Italia e di altre nazioni sia legittimata e vista come un atto di difesa.

L’Italia invierà missili Stinger antiaerei, missili Spike controcarro, mitragliatrici Browning, mitragliatrici Mg e un alto numero di munizioni.

Mitragliatrice Browning. Fonte: “repubblica.it”

Lo scontro armato continua

La trattativa diplomatica, purtroppo, rappresenta solo una parte del conflitto. Continua infatti la mobilitazione di carri armati russi in direzione della capitale ucraina. Il numero delle vittime non smette di aumentare: a seguito di un bombardamento sulla città di Makariv sono morte 13 persone. Il presidente ucraino Zelensky ha dichiarato:

“Troveremo ogni bastardo che spara alla nostra gente”.

Il terzo round di negoziazioni

Emergono dei miglioramenti – anche se non di grande rilevanza – dopo la conclusione dell’ennesima finestra di dialogo tra Russia e Ucraina. Tuttavia il capo negoziatore russo Vladimir Medinsky non è apparso soddisfatto e sull’incontro ha dichiarato:

“non è stato all’altezza delle aspettative”.

Secondo quanto emerso, inoltre, è stata già concordata la data del quarto confronto, che avverrà a breve.

Francesco Pullella

 

 

Guerra in Ucraina: polemica tra Mosca e l’Eliseo per i corridoi umanitari, intanto continuano i negoziati

Proseguono i combattimenti tra Russia e Ucraina che, all’alba del 12esimo giorno di guerra, si preparano al terzo round di colloqui. A pochi minuti dall’ennesimo tentativo diplomatico di porre fine al conflitto, il numero di profughi giunto in Polonia ha superato il milione, l’Ucraina si trova costretta a rinunciare ai sei corridoi umanitari concessi dalla Russia e definiti “totalmente immorali” da un portavoce ucraino e la Russia avrebbe iniziato ad “ammassare le proprie risorse per prendere d’assalto Kiev”. Nel colloqui telefonico Macron-Putin, quest’ultimo ha fatto sapere che se non raggiungerà i suoi obiettivi con i negoziati, lo farà con la guerra. Subito la replica dell’ Ucraina:

“Pronti a negoziare modelli di garanzia non Nato, ma nessun accordo possibile su Crimea e Donbass”

I corridoi umanitari sono diretti in Russia e Bielorussia

L’esercito russo ha annunciato questa mattina il cessate il fuoco per l’apertura di sei corridoi umanitari per consentire ai cittadini ucraini di evacuare dalle città di Kharkiv, Kiev, Mariupol e Sumy. Il corridoio dalla capitale Kiev, però, porta verso la Bielorussia, mentre per Kharkiv c’è un solo corridoio verso la Russia. Il corridoio da Mariupol porta alla città russa di Rosto-on-Don, vicino al confine con l’Ucraina, mentre da Sumy ci sono due corridoi, uno verso altre città dell’Ucraina e l’altro verso la Russia. I corridoi, diretti quindi per lo più verso la Russia e la Bielorussia, sono stati rifiutati dal governo Ucraino. Un portavoce del presidente ucraino Zekensky ha dichiarato:

“Questi sono cittadini ucraini, dovrebbero avere il diritto di evacuare nel territorio dell’Ucraina”.

L’esercito russo ha giustificato la decisione di aprire i corridoi “verso la Russia” come “una richiesta personale” del presidente francese, notizia prontamente smentita dall’Eliseo. La presidenza francese ha inoltre aggiunto che “il presidente ha chiesto il rispetto del diritto internazionale umanitario.

Profughi Ucraini (fonte: ilfattoquotidiano.it)

Terzo round di colloqui 

Come riporta Interfax, la delegazione russa è partita alla volta della Bielorussia per il terzo round di colloqui con la controparte ucraina. L’incontro è previsto alle 15, ora di Mosca (le 12 ora italiana) nella foresta di Belovezhskaya Pushcha, nella regione di Brest in Bielorussia dove si sono svolti anche i primi due negoziati. “I colloqui sono previsti per le 15 ma l’orario potrebbe essere modificato in relazione a possibili problemi logistici della controparte ucraina”, ha affermato un analista bielorusso vicino al dossier.

La Russia prepara la disconnessione web 

Secondo Nexta tv la Russia starebbe iniziando i preparativi per disconnettersi dall’Internet globale. La notizia è stata pubblicata su Twitter e ripresa anche da un profilo legato ad Anonymous, @LatestAnonPress. Nelle due pagine di documenti in lingua russa pubblicati online Nexta tv spiega che l’operazione avverrebbe entro l’11 marzo e comporterebbe il trasferimento di tutti i server e i domini nella zona russa.

Nuove sanzioni in arrivo dalla Nato 

La presidente della Commissione Ursula von der Leyen, nel corso della dichiarazione congiunta con il premier Mario Draghi in vista del loro incontro a Bruxelles utile a fare il punto sulla questione delle fonti di energia e la dipendenza dagli idrocarburi russi, ha dichiarato:

“Dobbiamo fare in modo che non ci siano scappatoie e che l’effetto delle sanzioni sia massimizzato. Le sanzioni in atto stanno davvero mordendo, vediamo le turbolenze sull’economia russa”. Ma considerata “l’evoluzione della situazione in Ucraina e l’attacco sconsiderato del Cremlino a cittadini, donne, bambini, uomini, naturalmente stiamo lavorando anche su ulteriori sanzioni”.

La Cina è pronta a mediare

La Cina è disponibile a “fare le necessarie mediazioni” e “a partecipare alla mediazione internazionale” sulla crisi in Ucraina: il ministro degli Esteri Wang Yi, in conferenza stampa , ha aggiunto che Pechino è pronta a continuare a svolgere “un ruolo costruttivo per facilitare il dialogo e per la pace, lavorando a fianco della comunità internazionale per svolgere la necessaria mediazione”.

Elidia Trifirò 

Dieci giorni di guerra, ciò che è successo nelle ultime ore del conflitto tra Russia e Ucraina

Decimo giorno di guerra. Questa è una frase che non avremmo forse mai pensato di udire nel 2022, almeno non noi cittadini di quella parte del mondo nella quale non si assiste a una guerra dal secolo scorso. Eppure, il conflitto in Ucraina non accenna a virare verso una de-escalation. Aldilà dei danni materiali, delle città distrutte, delle case di migliaia di ucraini sventrate dalle bombe russe, ciò che guarirà a stento sono le ferite dell’animo.

Dieci giorni di guerra. L’Ucraina tra le macerie (fonte: larepubblica.it)

Un esodo di milioni di persone

Una valanga umana”, così è stata definita la moltitudine di persone che si sta riversando nei Paesi confinanti all’Ucraina. Le stime indicano 1.5 milioni di persone in movimento, ma il numero è destinato a crescere sempre più. A dirlo l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati, Filippo Grandi.

Chi è rimasto vive ormai nei rifugi, negli scantinati, nei garage o nelle metropolitane, ma ci sono moltissimi anziani che non possono raggiungere neanche questi luoghi più al riparo. Le famiglie sono state smembrate: mentre gli uomini impugnano le armi per combattere personalmente contro il nemico, donne e bambini se non sono già aldilà dei confini – anche se abbiamo visto molte donne unirsi ai combattimenti con molto coraggio – sono in marcia verso di essi. Un cammino, normalmente della durata di poche ore, che adesso può durare anche diversi giorni, dovendosi spesso fermare per ripararsi dagli attacchi.

Immagini di persone in cammino (fonte: larepubblica.it)

Gli adulti non sanno più come giustificare ai bambini ciò che sta accadendo e del perché debbano nascondersi o andarsene via.

L’avanzata russa lascia dietro di sé sangue e disperazione. A Kharkiv le autorità locali hanno contato più di 2mila morti, fra i quali oltre 100 bambini. Un dato, quest’ultimo, che convince sempre di più sull’atrocità, e soprattutto l’assurdità, del conflitto. Una guerra non è mai giusta ma quando vengono coinvolti bambini e civili non si riesce ancor più a realizzare che una cosa del genere stia accadendo davvero.

 

L’attacco alla centrale ucraina di Zaporizhzhia

L’attacco di ieri, 4 marzo, alla centrale nucleare di Zaporizhzhia, la più grande d’Europa e che fornisce il 20% dell’energia necessaria all’Ucraina, è prova dell’ostinatezza russa ad ogni costo.

All’1.20 della notte era scattato l’allarme antincendio: all’interno del perimetro dell’impianto sono divampate le fiamme a causa degli scontri che andavano avanti da giovedì sera. Il terrore, che era tutto per la minaccia all’integrità dei reattori, è fortunatamente rientrato dopo 3 ore. Il direttore generale dell’Aiea (Agenzia internazionale per l’energia atomica) ha, infatti, rassicurato dicendo:

«Siamo stati fortunati, nessun rilascio di radiazioni».

Gli operai della centrale nucleare “stanno lavorando sotto la minaccia delle armi”, riferisce Petro Kotin, il capo di Energoatom, l’azienda di Stato ucraina che si occupa della gestione delle quattro centrali nucleari sul territorio. I russi hanno ormai il controllo di questo impianto e  tengono in pugno anche l’Europa: qualora avvenisse ciò che si temeva stesse già per succedere, costringerebbe forse l’intero continente a doversi svuotare, per sfuggire alle radiazioni.

Aldilà della paura per un eventuale scoppio, l’evento ha sottolineato quanto i russi sembrino veramente pronti a tutto, addirittura a rischiare la loro stessa incolumità e quella del loro popolo, scatenando una catastrofe peggiore di Chernobyl.

 

Il bavaglio alla libertà di stampa in Russia

La Duma, il parlamento russo, ha approvato una legge che limita la libertà di stampa. Fino a 15 anni di carcere per chiunque diffonda fake newssull’esercito e l’azione militare russa: è ormai vietato usare parole come “invasione”, “guerra” e persino “offensiva”. Quella della Russia, per il Cremlino è infatti un’“operazione militare speciale”.

Novaya Gazeta”, il giornale del premio Nobel per la pace Dmitry Muratov, ha dovuto rimuovere tutti i contenuti sulla guerra in Ucraina per non incorrere nella censura. Non è l’unico caso: emittenti radio e tv indipendenti, sono state costrette a chiudere.

Alexey Venediktov, direttore dell’ “Eco di Mosca”, emittente radio indipendente, ha vissuto il giorno più nero in 32 anni di storia del canale radiofonico, chiuso insieme al suo sito web, per volere delle autorità.

Sappiamo bene che la libertà passa tramite la libertà di stampa. Nei giorni scorsi, il gruppo di hacker più famoso al mondo, Anonymous, ha dichiarato l’inizio di una guerra informatica a Putin. Negli scorsi giorni ha trasmesso sulle tv russe le reali scene di ciò che sta succedendo in Ucraina, così da rendere davvero coscienti i cittadini russi e spingerli a scavare nella propria coscienza, nonostante, come abbiamo visto, la repressione dall’alto stia usando il pugno di ferro anche contro le spontanee manifestazioni pacifiche.

 

Il no-alla-guerra che parte dal cuore della Russia

Nel cuore della stessa Russia è scoppiato un altro conflitto dai connotati diversi: migliaia di persone continuano a manifestare contro la decisione del loro presidente. Circa 6mila persone, finora, sono stare arrestate in sei giorni. Tra loro persino un’anziana.

Proteste di cittadini russi, nel cuore della Russia contro la guerra (fonte: zazoom.it)

«Soldato, metti giù le tue armi e sarai un vero eroe». Così recitavano i due cartelli che la nonnina russa, Yelena Osipova, teneva in mano durante le proteste per la pace a San Pietroburgo. Nata durante l’assedio nazista nella città, allora Leningrado, l’anziana, due giorni fa, si è unita ai cortei. Diventata immediatamente un simbolo del no-alla-guerra, durante il corteo è stata avvicinata da due agenti antisommossa che le hanno fatto segno di andarsene. Hanno poi provato a sfilarle i cartelli dalle mani, senza aggredirla, ma con fermezza. Yelena non si è scomposta neanche in quel momento, ha persino alzato lo sguardo per incrociare quello dei due agenti, fin quando, tra i cori di chi stava intorno, filmava e gridava “no alla guerra”, non è stata arrestata.

Yelena Osipova, l’anziana russa contro la guerra (fonte: zazoom.it)

Il video di 41 secondi, in poche ore ha raggiunto quattro milioni di visualizzazioni. Su chi sia Yelena poco si sa, ma di sicuro ora sappiamo che è un’eroina: ha dimostrato come la forza d’animo può essere più forte di un intero esercito, come la forza fisica non possa niente contro gli ideali, se ci si crede veramente.

Solo cinque ore di cessate il fuoco

Di stamane, la notizia di una momentanea tregua tra Mosca e Kiev, per consentire l’apertura di corridoi umanitari e, dunque, ai civili di Mariupol e Volnovakha, lasciati senza acqua ed elettricità, di lasciare le città, anche se il primo ministro ucraino Zelensky ha chiesto, a chi può, di rimanere per aiutare la difesa. Da Mariupol verranno fatte evacuare 200mila persone e 15 mila da Volnovakha.

Solo cinque ore al giorno, quelle concesse da Mosca, non si sa per quanto. La rotta prevista per il corridoio umanitario seguirà l’itenerario: Mariupol – Nikolskoye – Rozovka – Polohy – Orekhov – Zaporozhye, secondo quanto riportato dalle agenzie ucraine. I cittadini potranno prendere i mezzi personali o usare i mezzi messi a disposizione, come dei bus.

Intanto, gli attacchi aerei continuano altrove, Kiev è quasi accerchiata, poiché il lunghissimo convoglio delle forze di Mosca è, seppur bloccato, a 25 chilometri da essa. A Sud le forze russe avanzano e si preparano ad assediare Odessa.

Quanto durerà la guerra?

Non si sa quanto ancora durerà il conflitto e che piega prenderà. Gli analisti hanno però formulato varie ipotesi.

La Russia ha subito, nella prima settimana di scontri, più perdite di quante se ne aspettasse, vista la strenua difesa ucraina. Potrebbe, dunque, scegliere di premere sull’acceleratore, procedendo con bombardamenti a tappetto, pur di conquistare Kiev, ottenendo ciò che l’ha spinta a iniziare il conflitto: il “cambio di regime”, abbattendo le “forze neo-naziste” ucraine e annettendo Bielorussia e Ucraina al suo territorio.

La guerra potrebbe durare dalle 4 alle 6 settimane e richiedere l’impiego di più dei 200mila uomini all’inizio impegnati, per serrare i confini e poter conquistare l’intero Paese.

(fonte: zazzom.it)

Lo scenario peggiore, per evitare il quale non si è proceduto a sancire una no-fly zone sull’Ucraina, vedrebbe l’Onu costretta a dichiarare guerra a Mosca, qualora, ad esempio, Putin, una volta conquistata l’Ucraina, penserebbe a invadere Moldovia e Georgia (ex-repubbliche sovietiche) o persino i tre Paesi Baltici, chiedendo aiuto alle minoranze russe lì residenti.

 

 

Rita Bonaccurso

ONU: voto storico contro la Russia. il fronte anti-Putin sempre più compatto

L’Onu approva la risoluzione contro la Russia per l’invasione dell’Ucraina. Si chiede il ritiro immediato delle truppe e la condanna per le minacce nucleari.

Assemblea generale Onu -Fonte:lindro.it

Con ben 141 voti favorevoli mercoledì 3 marzo è stata votata favorevolmente, nel corso della sessione di emergenza dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, la sanzione contro la Russia a seguito delle violazioni del diritto internazionale con l’invasione dell’Ucraina e l’avanzata dell’esercito. Dei 193 Stati membri, 35 paesi si sono astenuti, tra cui Cina e India, e 5 hanno votato parere contrario.

Assemblea generale delle Nazioni Unite: Obiettivi

È il primo degli organi principali dell’organizzazione delle Nazioni Unite enumerati nell’art.7, par.1 della Carta. L’Assemblea è l’organo plenario che delibera questioni importanti adottate a maggioranza dei due terzi dei membri presenti e votanti.

Le sue competenze le permettono di discutere questioni che indirizzino, attraverso l’uso di raccomandazioni, gli Stati membri e non membri dell’organizzazione, e sotto attenta responsabilità del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, nei temi del mantenimento della pace.

Consiglio di Sicurezza dell’Onu -Fonte:tgcom24.mediaset.it

A fronte della crisi dell’Ucraina, dunque il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha stabilito con 11 voti favorevoli, di convocare una rara sessione speciale di emergenza. Tale mossa è avvenuta solo sette volte nella storia di cui l’ultima nel 1982.

La sessione di emergenza: risoluzioni approvate e le votazioni

La riunione è stata convocata entro le 24 ore del voto di approvazione del Consiglio e la risoluzione deliberata alla quasi unanimità dell’assemblea avrà dei forti impatti internazionali.

Risoluzione dell’Onu -Fonte:it.euronews.com

L’atto giuridico adottato in questa sessione condanna l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia:

“la Russia cessi immediatamente l’uso della forza contro l’Ucraina e si astenga da ogni ulteriore minaccia illegale o uso della forza contro qualsiasi Stato membro… che ritiri immediatamente, completamente e incondizionatamente tutte le sue forze militari dal territorio ucraino entro i suoi confini internazionali riconosciuti.”

Risulta chiara la sanzione delle Nazioni Unite alla decisione del Presidente del Cremlino di mettere in azione le proprie forze, ma anche la violazione dell’articolo 2 della Carta delle Nazioni Unite che intima i suoi membri ad astenersi dalla minaccia e dal ricorso alla forza per risolvere una crisi. Mosca rivendica, altresì, l’esercizio del diritto all’autodifesa previsto all’articolo 51.

Ciò che emerge dalla votazione è la salda maggioranza senza remore contro l’azione di Putin. I “no” alla risoluzione sono stati solo 5 tra cui oltre alla Russia e alla Bielorussia, alleata molto vicina che ha messo a disposizione il proprio territorio come porta di accesso e deposito di armi per l’invasione russa, anche la Corea del Nord, l’Eritrea e la Siria.

Ad astenersi invece sono stati Cina, Paesi del Golfo, India, Pakistan, Venezuela, Turkmenistan, Uzbekistan, Kazakhstan, Tajikistan, Kyrgizstan, l’ex repubblica sovietica di Armenia, Cuba, Mongolia e i Paesi africani come l’Angola, il Congo, il Mali, il Monzambico, il Senegal, il Sudan e il Sud Sudan. Paesi notoriamente sotto l’influenza di Mosca sia sotto l’aspetto economico che militare e che dunque hanno preferito scegliere una linea neutrale all’Assemblea.

Le dichiarazioni post risoluzioni

La risoluzione pur non avendo valore giuridicamente vincolante non cela un forte peso politico. Il raggiungimento dell’ampia maggioranza implica un isolamento diplomatico della Russia e la decisa condanna per le sue azioni.

Presidente dell’Ucraina -Fonte:it.notizie.yahoo.com

A seguito della votazione Twitter si riempie di messaggi di ringraziamento del Presidente ucraino Zelensky che, assistendo al raggiungimento di una “maggioranza senza precedenti”, ha scritto

“Sono grato a tutti i Paesi che hanno votato a favore, avete scelto il lato giusto della storia. I risultati distruttivi del voto all’Onu per l’aggressore dimostrano in modo convincente che una coalizione globale anti-Putin si è formata e sta funzionando. Il mondo è con noi. La verità è dalla nostra parte. La vittoria sarà nostra.”

Presidente del Consiglio Europeo -Fonte:consilium.europa.eu

Anche il Presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, sulla stessa scia ha dichiarato che “il mondo respinge massicciamente quest’aggressione ingiustificata”, ed aggiunge che “le bombe non metteranno a tacere la comunità internazionale.”

Gli attacchi subiti sono una palese violazione del diritto internazionale ed in quanto tale il voto espresso in sessione di emergenza rimarca il forte messaggio di coesione storica contro l’invasione russa in Ucraina.

Giovanna Sgarlata

Ucraina nell’Ue: una strada difficile, ma possibile

Lunedì la Verchovna Rada (il Parlamento ucraino) ha pubblicato un tweet dichiarando che il Presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha firmato la domanda di adesione dell’Ucraina all’Unione Europea.

La domanda è stata seguita dall’approvazione, da parte del Parlamento Europeo, di una risoluzione in cui l’istituzione europea ha dichiarato di essersi assunta l’impegno (più politico che giuridico, dal momento che l’atto in questione non risulta vincolante) di permettere una tale adesione.

Il Presidente ucraino è poi intervenuto durante una plenaria straordinaria dell’Europarlamento dedicata al conflitto russo-ucraino. Dalle sue parole è emerso un desiderio di incoraggiamento ed inclusione dell’Ucraina negli ambienti europei, oltre i semplici rapporti di vicinanza:

Vogliamo essere membri a pari diritti dell’Ue. Stiamo dimostrando a tutti che questo è quello che siamo.

D’altronde, la richiesta – pur giungendo in un momento particolarmente difficile per l’Europa intera – si cala all’interno di una politica coerente perseguita da Zelensky sin dalla sua elezione, a partire dal 2019, quando la Verchovna Rada ha legalmente incluso nella Costituzione dell’Ucraina il percorso per l’adesione alla NATO e all’Unione Europea. La riforma dell’articolo 102 ha inoltre ampliato i poteri del Capo di Stato in tal senso, rendendone «il garante dell’attuazione».

Ucraina nell’Ue: i possibili scenari

Il percorso di adesione all’Unione Europea è spesso lungo e tortuoso e può durare molti anni. Per questa ragione la Presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, oltre ad accettare di buon grado la richiesta dell’Ucraina, ha fatto riferimento al fattore tempo:

Abbiamo un processo con l’Ucraina che consiste, ad esempio, nell’integrazione del mercato ucraino nel mercato unico. Abbiamo una cooperazione molto stretta sulla rete energetica, per esempio. Così tanti argomenti in cui lavoriamo a stretto contatto e in effetti, nel tempo, ci appartengono. Sono uno di noi e li vogliamo dentro.

(fonte: frontnews.eu)

Sembra difficilmente apprezzabile, invece, un percorso di adesione facilitata in vista delle condizioni che affliggono attualmente l’Ucraina, sebbene auspicata da Paesi come la Slovacchia, Slovenia e Repubblica Ceca.

Ma anche supponendo un’entrata immediata dell’Ucraina nell’Unione Europea, ci si chiede quali conseguenze una tale decisione assumerebbe. Come già affermato anche dalla Presidente von der Leyen, innanzitutto inclusione nel mercato unico. A tal proposito, uno dei requisiti fondamentali di adesione è l’esistenza di un’economia stabile che sia in grado di far fronte alla concorrenza e alle esigenze di mercato interne ed esterne all’UE.

Dal punto di vista militare, gli Stati dell’Unione sono legati da una clausola di difesa reciproca introdotta dal Trattato di Lisbona che li obbliga ad intervenire in aiuto dello Stato membro vittima di un’eventuale aggressione nel proprio territorio. Ciò significherebbe – nel breve termine – coinvolgere l’Unione nel conflitto con le forze russe.

Una conseguenza più sul lungo termine sarebbe quella di mettere a rischio la sostanziale funzione pacificatrice dell’Unione Europea, che, come affermava Giorgio Amendola nel 1974, «può avere solo una politica di neutralità, non di rivalità con le due potenze [Russia e Stati Uniti]».

Infine, libertà di movimento in tutto il territorio dell’Unione, soprattutto per le centinaia di migliaia di cittadini ucraini sfuggiti al conflitto. A tal proposito, Reuters ha riportato che la Commissione Ue sarebbe al lavoro per approvare la proposta di concedere ai rifugiati ucraini dei diritti di residenza temporanei senza dover passare attraverso lunghi iter burocratici per le richieste d’asilo.

Michel: «attenzione all’allargamento»

L’adesione è una richiesta di vecchia data dell’Ucraina, ma ci sono opinioni e sensibilità diverse sull’allargamento.

Così il Presidente del Consiglio Europeo Charles Michel ha commentato la richiesta di adesione dell’Ucraina, esprimendo alcune perplessità. Da anni si è palesata la contrarietà di molti Stati Ue all’allargamento – dal momento che includere nuovi Stati significa includere anche nuove opinioni sensibilità, quindi anche nuovi possibili contrasti. Già nel 2005 l’allora Commissario per la Politica europea di vicinato e negoziati di allargamento Olli Rehn aveva affermato che bisognava «consolidare l’agenda di allargamento dell’Unione, ma anche essere cauti coi nuovi impegni».

Zelensky e Michel (fonte: consilium.europa.eu)

Inoltre, Nel marzo 2016, l’allora Presidente della Commissione Ue Jean-Claude Juncker ha dichiarato che «ci vorranno almeno 20-25 anni perché l’Ucraina aderisca all’UE e alla NATO».

Draghi: «Putin ascolti i suoi cittadini e abbandoni i piani di guerra»

Anche il Premier italiano Mario Draghi si è rivolto nei confronti del Capo di Stato russo con parole molto dure, durante un discorso tenuto in Parlamento circa l’approvazione della proposta di invio di armi all’Ucraina. La proposta in Parlamento ha incontrato alcune perplessità a cui il Presidente del Consiglio ha risposto:

Mandare aiuti militari, un sostanziale inedito anche per il nostro Paese, non significa, essere “rassegnati” alla guerra. Chi ha più di 60 chilometri di carri armati davanti le porte di Kyiv non vuole la pace in questo momento.

Intanto, l’Esecutivo si impegna ad approvare un piano contro la crisi energetica che colpirà l’Europa – specialmente l’Italia – ora che i rapporti di scambio con la Russia sono stati tagliati. A tal proposito il Governo ha deciso di dichiarare lo stato di emergenza per intervento all’Estero.

Valeria Bonaccorso

Guerra Russia-Ucraina, in Bielorussia incontro diplomatico tra le delegazioni

Dopo giorni di conflitto si ritorna a parlare di diplomazia. Mentre l’offensiva militare continua, le delegazioni di Ucraina e Russia si stanno incontrando in una località segreta al confine ucraino con la Bielorussia per discutere delle condizioni e delle necessità di entrambi gli schieramenti per terminare le ostilità, almeno sul campo di battaglia. L’incontro, fissato per stamattina e attualmente in corso, è stato anticipato di un giorno, essendo stato inizialmente programmato per domani. Il tutto si svolgerà sotto l’occhio attento di Lukashenko, leader autoritario bielorusso e stretto alleato di Mosca.

foto dell’incontro tra le delegazioni russe e ucraine, fonte: apsicilia.it

La delegazione ucraina, guidata dal Ministro della Difesa Oleksii Reznikov e che vede tra i presenti anche il rappresentante del Presidente del Donbass Andryi Kostin, chiede a gran voce il cessate il fuoco e il ritiro dei soldati russi dal territorio ucraino. Pretese che al momento sembrano inconciliabili con l’agenda di Vladimir Putin il quale, dopo un fisiologico rallentamento delle operazioni militari in seguito al respingimento delle forze russe dalla capitale Kiev, ha nuovamente intensificato le proprie azioni. Stanotte, poco dopo le 3 del mattino, sono infatti tornate a udirsi nuove esplosioni, stavolta a Kharkiv, nel nord del Paese, e nella capitale Kiev.

La sfiducia di un esito positivo dei negoziati

Come detto, le posizioni dei due Paesi al momento sembrano profondamente inconciliabili. Nel discorso fatto da Vladimir Putin la settimana scorsa, nel corso del quale ha riconosciuto l’indipendenza dei due oblast di Donetsk e Lugansk, ha a più riprese negato l’esistenza del diritto dell’Ucraina ad essere uno Stato. Difficile dunque ipotizzare che dopo poco più di cinque giorni possa riconoscere la fondatezza delle pretese mosse da quest’ultima. Lo stesso ministro degli esteri Lavrov aveva precedentemente detto di volere dialogare con Kiev solo dopo una sua resa. Contro le prese di posizione dei vertici di Mosca vi sono i discorsi delle autorità ucraina che “non sono intenzionate a cedere un centimetro del loro territorio”, parafrasando Kuleba, il Ministro degli Esteri ucraino. In più bisogna tenere in considerazione un ulteriore elemento: la crescente aggressività dei messaggi di Putin in difesa delle proprie azioni e contro le sanzioni. Il presidente russo non si è tirato indietro dall’adoperare un linguaggio fortemente rievocativo del periodo della Guerra Fredda, parlando di “messa in stato di allerta delle forze di deterrenza del Paese”, messaggio traducibile come una velata minaccia al ricorso al nucleare.

Lukashenko e Putin, rispettivamente presidenti di Bielorussia e Russia, fonte: alphabetcity.it

Bielorussia: teatro neutrale dell’incontro ma pronta ad entrare in Ucraina

Inizialmente i colloqui di pace si sarebbero dovuti tenere a Gomel, città della Bielorussia, ma Zelensky ha più volte proposto luoghi alternativi, rifiutandosi di incontrare la Russia nel territorio di uno Stato non solo alleato della stessa ma addirittura ritenuto corresponsabile dell’invasione. Non è un segreto che la Bielorussia sia storicamente allineata alla politica di Mosca, ma sotto Lukashenko il rapport di Minsk con la Russia è divenuto una vera e propria sudditanza. Negli ultimi mesi ha infatti ospitato più di trentamila soldati russi, la cui presenza è stata giustificata ai media internazionali come necessaria per un esercitazione congiunta, e le truppe direttesi a Kiev e nel nord dell’Ucraina hanno attraversato proprio il confine con la Bielorussia. Inoltre, secondo il Kyiv Indipendent, giornale indipendente ucraino, è solo questione di ore prima che alle truppe russe si uniscano in battaglia anche le truppe bielorusse. La possibilità di una partecipazione al conflitto sembra trovare conferma anche nello strano tempismo con cui è passato un referendum costituzionale che consentirebbe il deposito di armi nucleari di provenienza estera nei confini statali.

 

Russia sempre più sola

Nel corso del fine settimana la Russia ha però pagato cara la propria “operazione speciale”. L’occidente non è infatti rimasto a guardare davanti al dispiegamento e all’uso delle forse russe in Ucraina e, benché da più parti si sperasse in un azione militare congiunta, nei paesi europei e negli Stati Uniti sono state vinte le (poche) resistenze all’introduzione di nuove sanzioni, personali e non, nei confronti della Russia. Misure economiche destinate a colpire duramente l’economia russa e che hanno portato alla decisione di tenere chiusa la Borsa di Mosca per tutta la giornata di oggi per evitare il crollo del valore del rublo. Sanzioni etichettate da Lukashenko come “peggiori della guerra” e che spingeranno Putin a “una terza guerra mondiale”. Ma l’Europa ha fatto di più: oltre alle sanzioni sono state autorizzate da più parti aiuti militari quali invio di munizioni, armi e uomini a Kiev.

Il portavoce del Ministro degli Esteri Wang Wenbin, fonte: giornaletrentino.it

Tra la Russia e l’occidente si sta dunque registrando l’ennesimo, e forse definitivo, strappo destinato a lasciare danni irreparabili nei rapporti tra due dei principali schieramenti mondiali. Dall’altro lato del continente euroasiatico la Cina continua a muoversi in maniera cauta, senza intervenire in maniera diretta con aiuti di alcun tipo ma prendendo le difese della Russia. Il portavoce del Ministro degli Esteri cinese Wang Wenbin ha definito “illegali” le sanzioni applicate e l’esclusione della Russia dal sistema Swift.

 

Filippo Giletto

Guerra in Ucraina, attacco a Kiev nella notte. Zelensky sollecita l’occidente: “aiutateci!”

A tre giorni dall’inizio dell’invasione russa in territorio ucraino la capitale Kiev è stata raggiunta dall’esercito di Mosca. Nella notte le forze di difesa hanno respinto un attacco in una delle principali strade della città ma nonostante ciò, da nord a sud della capitale, si continua a combattere. Unanime la condanna alle azioni russe da parte della stampa internazionale mentre ancora manca all’appello un concreto aiuto dell’occidente alla resistenza. Europa e Stati Uniti parlano unicamente di sanzioni personali e di escludere la Russia dallo SWIFT, la Nato è impossibilitata ad agire mentre l’Onu è bloccato del veto della stessa Russia.

L’attacco alle zone residenziali

Dall’inizio dell’ “operazione speciale”, com’è stata definita dai media russi, migliaia di civili hanno già abbandonato l’Ucraina. Secondo fonti ufficiali, circa centomila ucraini sono già arrivati nella vicina Polonia: tra questi principalmente donne, bambini e anziani. Agli uomini di età compresa tra i 18 e i 60 anni è stato invece vietato di oltrepassare i confini al fine di incentivarne l’unione alla resistenza civile. Nel frattempo teatro degli scontri non sono più i territori di confine bensì le strade della periferia delle città e le zone residenziali. Nella notte, infatti, un edificio della capitale è stato colpito tra il 18esimo e il 21esimo piano da un missile russo.

fonte: esperia.tv

Il Ministro dell’Interno ucraino ha invitato tutti i civili rimasti a trovare un riparo, in casa o in un rifugio. Centinaia le foto e i video di famiglie recatisi in catacombe o stazioni della metropolitana con quel poco che sono riusciti a raccogliere, come altrettante sono le registrazioni del suono dell’allarme anti aereo che ha accompagnato negli ultimi giorni i residenti.

La resistenza di Zelensky e la vicinanza di Draghi

“Non ho bisogno di un passaggio ma di munizioni”

Intanto il presidente ucraino Volodymr Zelensky continua a opporre strenua resistenza, incitando la sua gente e sollecitando gli alleati internazionali a fornire un concreto supporto. “Non credete alle fake news, sono ancora qui”, ha detto Zelensky postando un nuovo video su Twitter, respingendo le voci secondo cui era fuggito grazie agli Stati Uniti o che avesse ordinato all’Ucraina di arrendersi. Nei quaranta secondi di video, Zelenski parla mentre passeggia nel distretto governativo di Kiev, “giurando di continuare a combattere”.

Nelle ultime ore Zelensky si è interfacciato con il Presidente francese Emmanuel Macron e con la Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen ricevendo non solo la loro solidarietà ma anche la promessa di un azione concreta. Dopo le difficoltà degli scorsi giorni, anche Mario Draghi è riuscito a dialogare con il presidente ucraino: quest’ultimo si è detto soddisfatto per quella che può essere una nuova pagina nella storia dell’amicizia tra le due nazioni e della necessità per l’Ucraina di entrare nell’Unione Europea. Nella nota diffusa da Palazzo Chigi si legge “che l’Italia appoggia e appoggerà in pieno la linea dell’Unione Europea sulle sanzioni alla Russia, incluse quelle nell’ambito Swift“. Draghi ha aggiunto anche che l’Italia “fornirà all’Ucraina assistenza per difendersi”. Anche Joe Biden, dall’altro lato dell’Atlantico, promette di stanziare 600 milioni di dollari per la difesa immediata dell’Ucraina.

Le sanzioni alla Russia e la risoluzione dell’Onu

Negli ultimi giorni i paesi europei hanno varato un nuovo pacchetto di sanzioni da imporre alla Russia dopo quelle adottate in seguito al riconoscimento dell’indipendenza dei due oblast del Donetsk e Luhansk. Oltre a colpire l’economia di Mosca, vietando l’importazione di aerei e parti di ricambio necessarie all’industria aerospaziale e delle tecnologie di raffinazione per l’industria petrolifera, verranno congelati anche gli asset all’estero di proprietà del presidente Putin e del Ministro degli Esteri Lavrov. Ancora in discussione è invece la possibilità di escludere la Russia dal sistema SWIFT: benché Francia, Ucraina e Italia si siano dimostrate favorevoli permangono i dubbi da parte della Germania e dell’Ungheria.

Immobile, almeno per il momento, rimangono le Nazioni Unite. Bocciata per via del veto di Mosca la risoluzione proposta da Stati Uniti e Albania che condannava come “deplorevole” l’aggressione compiuta ai danni dell’Ucraina. Un esito che non sorprende gli osservatori ed ampiamente pronosticato. Anche nel 2014, quando la Russia invase la Crimea, si rese necessario, spostare la discussione dal Consiglio di Sicurezza, in cui basta un voto contrario di uno dei membri permanenti per bocciare qualsiasi decisione, all’Assemblea Generale dove invece basta la maggioranza.

Filippo Giletto

Ucraina: gli ultimi avvenimenti e le mobilitazioni nelle città. A Messina una protesta spontanea contro l’invasione

A seguito degli ultimi avvenimenti che hanno coinvolto Mosca e Kyiv, la Russia, nella notte di giovedì, ha deciso di invadere l’Ucraina su larga scala. Adoperati anche missili che hanno bombardato il territorio spingendosi fino alla capitale Kyiv. Gli scontri con l’esercito ucraino sono continuati e si sono prolungati per tutta la notte del venerdì. In queste ore, i russi sono riusciti anche a prendere il controllo delle centrali di Chernobyl.

Alcune ore prima dell’attacco, il Presidente della Federazione Russa Vladimir Putin aveva tenuto un discorso alla nazione tramite le principali reti televisive russe in cui sosteneva la necessità di rispondere alle minacce della NATO, l’organizzazione transatlantica che mirava ad includere anche l’Ucraina. Nel medesimo discorso ha anche sostenuto l’intenzione di voler smilitarizzare e denazificare l’Ucraina senza invaderne i territori.

Una «missione di pace» che però, a detta di Putin, «provocherà terribili conseguenze» per chiunque provi ad intervenire. Un discorso che ha pietrificato lo scenario internazionale ed – in parte – lo ha riportato alla realtà.

Poi l’attacco nei pressi di Donetsk, nel cuore della notte, a segnare l’inizio di un’invasione che si protrarrà – secondo quanto sostengono le agenzie – per una decina o quindicina di giorni. Subito dopo l’attacco, a New York si è riunito il Consiglio di Sicurezza dell’ONU in sessione straordinaria per approvare la condanna della Russia e le successive sanzioni. Si parlava anche di escludere la Russia dal sistema SWIFT, il sistema che permette la circolazione dei pagamenti a livello internazionale.

Tuttavia, l’esclusione dallo SWIFT, pur essendo una delle sanzioni più pesanti, avrebbe ripercussioni anche sugli Stati europei, soprattutto quelli che dipendono dal gas russo come l’Italia. Secondo il Financial Times, era l’Inghilterra a spingere per l’adozione della sanzione, mentre il cancelliere tedesco Scholz era fermamente contrario. Tra l’altro, anche gli Stati Uniti hanno scelto di evitare l’imposizione della sanzione.

Nel frattempo, il Presidente ucraino Zelensky ha imposto la legge marziale su tutto il territorio, vietando alla popolazione maschile tra i 18 ed i 60 anni di lasciare il paese.

(fonte: bbc.com)

Botta e risposta tra Draghi e Zelensky

Questa mattina il Presidente del Consiglio Mario Draghi ha rilasciato una dichiarazione circa la situazione ucraina, dimostrandosi particolarmente preoccupato per l’impatto economico che il conflitto avrà sull’intera penisola.

“Le vicende di questi giorni dimostrano l’imprudenza di non aver diversificato maggiormente le nostre fonti di energia e i nostri fornitori negli ultimi decenni”.

Il Premier ha poi parlato delle sanzioni che verranno unanimemente approvate dai Paesi del G7: plasmate sul modello di quelle adottate per il caso della Crimea, riguarderanno le importazioni-esportazioni e le finanze delle entità separatiste del Donetsk e Lugansk così come della Federazione Russa e di ben 300 membri della Duma che hanno votato a favore del riconoscimento dei territori separatisti. Le intenzioni europee non sono diverse: approvare sanzioni meno drastiche in attesa di eventuali escalation della situazione.

Infine, il Presidente si è detto dispiaciuto per non essere riuscito a mettersi in contatto col Presidente ucraino, con cui aveva fissato un appuntamento in mattinata. Quest’ultimo ha poi ribattuto stizzito in un tweet che «la prossima volta cercherà di rimandare gli impegni di guerra per parlare con #MarioDraghi».

Mobilitazioni in tutto il mondo, anche a Messina

Intanto, il mondo assiste incredulo: aggiornamenti su aggiornamenti che non lasciano spazio per metabolizzare la situazione. E tuttavia, molte piazze europee si sono già mobilitate per protestare contro il conflitto, mentre altre si stanno preparando a farlo.

In Russia più di 1400 manifestanti sono stati arrestati durante la notte per essere scesi in piazza protestando contro le decisioni belligeranti del loro esecutivo.

Nella serata di giovedì, nella Piazza del Duomo a Messina si è svolta una protesta spontanea, guidata dalla venticinquenne ucraina Tanya Borysova, originaria di Kyiv e diplomata in giornalismo, che si trova in Italia per una missione di volontariato presso il Corpo Europeo di Solidarietà a Messina.

La guerra avvelena l’anima e non sono ferite che si possono curare.

Scriveva, alcuni giorni fa, in un articolo rilasciato per LetteraEmme in cui esprimeva le proprie preoccupazioni circa il destino del suo Paese.

(Alcuni manifestanti si sono uniti a Tanya Borysova per protestare contro l’invasione dell’Ucraina)

La giovane reggeva un cartellone con lo slogan «No alla guerra in Ucraina», attirando la curiosità di diversi passanti. Alcuni di loro si sono anche fermati a conversare, ma non è mancato chi ha preferito tirare dritto. Ci ha raccontato della situazione che ha coinvolto la sua famiglia, rimasta bloccata nell’assediata Kyiv:

«Sono costretti a rifugiarsi», ha affermato, «c’è questo bar in Ucraina sotto cui ci sono delle catacombe. Loro sono lì a nascondersi perché non sono più al sicuro, gli invasori sono entrati a Kyiv».

Parte della popolazione si trova nascosta nelle metropolitane, altra parte barricata in casa. C’è chi poi fugge verso i confini polacchi nella speranza di trovare accoglienza. I cittadini e le istituzioni ucraine provano un grande senso di sconforto e delusione verso gli alleati occidentali.

«Ora che i russi hanno preso d’assalto le centrali nucleari di Chernobyl la questione si è elevata a livello internazionale. Eppure, non riusciamo a sentire le voci delle organizzazioni internazionali, dell’Europa. Non lo perdoneremo».

Nelle ultime ore, anche il Presidente Zelensky ha lamentato un senso di abbandono soprattutto da parte degli alleati NATO che avevano promesso interventi e serie conseguenze in caso di invasione.

Due nuove proteste verranno svolte stasera alle 19:00 a Piazza Duomo e domani (sabato) alle ore 10:00 presso Piazza Unione Europea (Municipio) di Messina.

 

Valeria Bonaccorso

 

 

Crisi Ucraina: continua la tensione nel Donbass. Nella notte, colloquio Macron-Putin

La crisi che oppone il Cremlino all’occidente sembra propendere sempre più verso lo scoppio della guerra. Nonostante gli sforzi diplomatici di Macron nelle vesti di paciere, gli Usa lasciano intendere che l’invasione dell’Ucraina non sia più imminente, ma praticamente già avviata. Tuttavia, una luce fioca alla fine del tunnel lascia aperto lo spiraglio della risoluzione diplomatica della crisi che da settimane tiene il mondo con il fiato sospeso.

Gli sforzi di Macron 

Gli sforzi dell’inquilino dell’Eliseo sembrano generare i primi frutti: dopo due telefonate al presidente Putin, l’ultima nella notte appena trascorsa, quest’ultimo sembra aver accettato di partecipare ad un vertice con Joe Biden. Per il momento, nulla è ancora, però, deciso, i due presidenti hanno “accettato il principio” di incontrarsi in un summit.

Tuttavia, nelle scorse ore, il Cremlino ha definito prematura l’organizzazione di un vertice Biden-Putin sull’Ucraina, pur lasciando aperta la possibilità di un incontro tra i leader qualora lo “riterranno opportuno“. Al momento, vi è chiara comprensione sulla necessità di continuare il “dialogo a livello di ministri”. Macron ha, però, sottolineato che il verticesi potrà tenere solo se la Russia non invaderà l’Ucraina“.

Per la preparazione bisognerà attendere questo giovedì, giorno in cui è in programma l’incontro tra il segretario di Stato degli Stati Uniti, Antony Blinken, e il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov. La priorità per la Francia è ristabilire il cessate il fuoco nell’Ucraina orientale, teatro di un conflitto tra l’esercito ucraino e le milizie filorusse.

“Ogni giorno che passa senza guerra è un giorno guadagnato per la pace”

Civili ucraini durante un addestramento militare in una foresta di Kiev (foto Getty, fonte: fanpage.it)

La tensione nel Donbass 

La situazione nella regione del Donbass, controllata dai separatisti filorussi, “è estremamente tesa” e “non c’è alcun segnale di allentamento di queste tensioni“, ha dichiarato il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov.

I separatisti accusano le forze di Kiev di avere ucciso due civili, i primi dalla ripresa dei combattimenti nella regione. I civili, secondo le fonti dei ribelli, sarebbero morti in un bombardamento di artiglieria nel villaggio di Pionerskoye, nell’autoproclamata Repubblica di Lugansk, a sette chilometri dal confine russo.

Civili di Donetsk, nel Donbass, diretti nella regione russa di Rostov

Ogni incidente come questo rischia di portare a “conseguenze irreparabili“, continua il portavoce del Cremlino Peskov. Come riporta Repubblica, continuano le evacuazioni nel Donbass. Al momento, circa 61.000 tra donne, anziani e bambini provenienti dall’autoproclamata Repubblica popolare di Donetsk, sono arrivati in treno nella città sud-occidentale di Voronezh, in Russia.

La profezia di Boris Johnson 

Il primo ministro britannico Boris Johnson, al momento al centro del party-gate durante il primo lockdown, come riporta la Bbc, in merito alla crisi Ucraina-Russia si è espresso con una profezia catastrofica:

“Il piano della Russia di invadere l’Ucraina porterebbe al più grande conflitto in Europa dalla seconda guerra mondiale.”

Secondo il primo ministro, le prove suggeriscono che “il piano è già iniziato“, ha dichiarato Johnson ai margini della Conferenza sulla sicurezza a Monaco. Basandosi sui dati fornisti dagli 007 britannici e statunitensi, secondo il Premier inglese, Putin addirittura avrebbe già dato il via libera al piano di invasione dell’Ucraina da mettere in atto a un suo ordine. Sempre secondo Johnson, le truppe russe, oltre a entrare in Ucraina da est, attraverso il Donbass, avrebbero pianificato un’invasione attraverso l’alleata Bielorussia e la parte centrale del Paese, con l’obiettivo di arrivare persino alla capitale Kiev.

La lista

Gli Usa sostengono che la Russia abbia una “lista neracontenente l’elenco di persone da uccidere o deportare in caso di invasione dell’Ucraina. L’agenzia stampa Afp sostiene che gli Stati Uniti siano sinceramente preoccupati della conseguenza catastrofica “per i diritti umani che si verificherebbe in caso di attacco all’Ucraina“. Washington sostiene di avere informazioni affidabili, che indicano che le forze russe stanno stilando liste di ucraini da assassinare o inviare in campi dopo un’occupazione militare, ma il Cremlino tramite il proprio portavoce ha definito l’ accusa “menzogna assoluta“.

 

 

Elidia Trifirò 

Crisi Russia-Ucraina: espulso il viceambasciatore americano da Mosca, tensioni fortissime nel Donbass

Le speranze del mondo intero convergono verso una “de-escalationnella crisi Russia-Ucraina. Dei precedenti sviluppi ne abbiamo parlato qui. Ora, passiamo agli ultimi aggiornamenti, i quali sembrano suggerire tutt’altro che passi in avanti, verso una pacifica risoluzione della questione.

Vecchia foto di un incontro tra Biden e Putin, alcuni mesi fa (fonte: startmag.it)

Una mappa con gli obiettivi sensibili in Ucraina

Come gli Stati Uniti continuano a ritenere vicina un’invasione dell’Ucraina, la Russia non crede che gli Usa vogliano aiutare solo a ristabilire l’equilibrio geopolitico. Dopo la smentita della presunta data del 16 febbraio per un attacco, ipotizzata dai primi, l’allarme resta alto per i prossimi giorni.

Dall’Estonia, peraltro, arriva una notizia clamorosa: ci sarebbe una cartina che segnalerebbe i punti sensibili puntati dal presidente russo Vladimir Putin in Ucraina. A dichiararlo il ministero degli Esteri estone, su Twitter: “Sono gli obiettivi individuati dall’intelligence russa che, se neutralizzati, possono interferire con il comando, il recupero e l’approvvigionamento delle forze armate ucraine e l’approvvigionamento energetico dell’Ucraina”.

 

La lettera di Mosca in risposta a Washington e le accuse

Continua, intanto, la corsa della diplomazia: il segretario di Stato americano, Antony Blinken, ha proposto al ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov, un ulteriore vertice Usa-Russia.

Mosca, negli ultimi giorni, ha risposto a Washington con una lettera di undici pagine alle pretese degli Usa: il ritiro dei militari statunitensi dall’Europa orientale e dal Baltico e il non avanzamento della Nato a Est, sono per la Russia necessarie per dei passi indietro da parte sua. Quest’ultima si è detta pronta al dialogo con l’Occidente e a una cooperazione con gli Stati Uniti per realizzare “una nuova equazione di sicurezza“. Però, ha anche sottolineato che, dall’altra parte, la Nato stia da tempo ignorando la necessità di mantenere l’area cuscinetto costituita dall’Ucraina, così come gli Stati Uniti, ma anche che l’Ucraina in sette anni non abbia rispettato gli accordi di Minsk.

«È stata ignorata – accusa Mosca – la natura del pacchetto delle proposte russe, da cui sono stati estrapolati deliberatamente argomenti convenienti che, a loro volta, sono stati distorti per creare vantaggi agli Stati Uniti e ai loro alleati.».

 

 

Il ritiro delle truppe russe: gli Usa non ci credono e ricordano a Mosca il rischio di sanzioni

Il 15 febbraio, il presidente russo ha incontrato, presso il Cremlino, il cancelliere tedesco Olaf Scholz. Quest’ultimo ha dimostrato una grande apertura al dialogo e ha dichiarato che la sicurezza dell’Europa “non può essere costruita contro la Russia ma in cooperazione con la Russia”. Il leader russo si è detto contento di questa apertura, ma ha ribadito che la Russia non crede che l’Ucraina rinuncerà effettivamente al suo ingresso nella Nato.

Finalmente, in seguito all’incontro, Putin ha dichiarato chiaramente di aver autorizzato l’inizio del ritiro delle truppe dal confine, assicurando di non volere la guerra. Eppure, la Nato ha espresso ancora dubbi su una reale de-escalation.

Putin ha voluto dare un segnale di distensione con il ritiro, pur insistendo nelle sue richieste. Anche da parte sua la diffidenza è tanta. Gli Usa non hanno dichiarato chiaramente di non voler entrare a Kiev.

Dalla Casa Bianca sono poi giunte voci di una forte diffidenza al riguardo, secondo le quali la ritirata non sarebbe avvenuta, anzi, che sarebbe stato predisposto lo schieramento di altri 7mila militari russi e la costruzione di un ponte galleggiante in Bielorussia, a 6-7 km dalla frontiera ucraina. Il ponte, successivamente smantellato, non è ancora chiaro se sia stato costruito dalla Russia o dai suoi alleati nella regione.

Immagini satellitari del ponte, poi smantellato, come dimostrano successive acquisizioni (tg24.sky.it)

Il presidente americano Joe Biden continua a dirsi pronto a qualsiasi eventualità, anche ad a ricevere cyber-attacchi. Con tono duro ha avvertito chiaramente la Russia delle sanzioni che verrebbero applicate contro di essa, in caso di invasione dello Stato confinante:

«Se la Russia attacca l’Ucraina, sarà una guerra frutto di scelta. Le sanzioni sono pronte».

 

Espulsione del viceambasciatore americano da Mosca

Nella giornata di ieri, 17 febbraio, la via diplomatica si è fatta più difficilmente percorribile. La Russia ha espulso il viceambasciatore americano a Mosca, Bart Gorman.

Questo ha spinto ancor di più Biden verso la convinzione di un attacco imminente e ha aggiunto altre dichiarazioni forti: la Russia starebbe cercando un alibi falso per giustificare l’invasione dell’Ucraina, potrebbe stare architettando persino “un’operazione sotto falsa bandiera” (“false flag“). Blinken sostiene che potrebbe inventare attacchi terroristici, inscenare attacchi con droni contro i civili o attacchi con armi chimiche – ma anche compierli veramente – rivelare false fosse comuni, nonché convocare teatralmente riunioni di emergenza per rispondere a operazioni sotto falsa bandiera e poi cominciare l’attacco contro obiettivi già identificati e mappati.

 

La grave situazione in Donbass potrebbe divenire il casus belli

Cartina del Donbass (fonte: Wikipedia)

A sostegno delle accuse, gli americani avevano fatto circolare anche un documento all’Onu in cui la Russia rievocacrimini di guerra” e un “genocidiocontro la popolazione russofona del Donbass. In questa regione ormai indipendente, sul confine russo-ucraino, ieri, è stato condotto un attacco ad un asilo, da parte dei separatisti filo-russi. Ferite due maestre, ma nessuna vittima e nessun bambino colpito. Poi intorno alle 10.25 di mattina, durante il bombardamento del villaggio di Vrubivka, un colpo è stato sparato nel cortile di un liceo.

L’asilo colpito durante le tensioni con i ribelli filo-russi (fonte: www.cbsnews.com)

Nelle ultime ventiquattro ore, ci sarebbero state sessanta di violazioni al cessate il fuoco da entrambe le parti. Si credeva che quello potesse essere la goccia che avrebbe fatto traboccare il vaso. La regione, in passato, fu teatro dello scontro tra russi e nazisti durante la Seconda guerra mondiale, poi zona sempre sotto controllo da parte di Kiev per le tensioni createsi da quando essa si è dichiarata, nel 2014, unilateralmente indipendente dall’Ucraina, e i separatisti costituirono la Repubblica Popolare di Doneck e la Repubblica Popolare di Lugansk.

 

Tutti, compresa l’Italia, lavorano a un incontro tra Putin e Zelensky

Nelle suddette undici pagine, Mosca, oltre a dimostrarsi aperta alla collaborazione, ha rimarcato anche la sua fermezza in un vero e proprio aut aut:

«In assenza della disponibilità da parte americana a concordare garanzie giuridicamente vincolanti della nostra sicurezza, la Russia sarà costretta a rispondere, anche attuando misure di natura tecnico-militare.».

La prossima settimana si svolgerà in Europa un altro vertice. Prenderà parte anche il premier italiano Mario Draghi, che di ritorno dal Belgio, ieri ha dichiarato con preoccupazione: “Per il momento episodi di de escalation sul terreno non si sono visti”.

«L’obiettivo – ha detto il presidente del Consiglio- è ora far sedere al tavolo il presidente russo Vladimir Putin e il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. L’Italia sta facendo il possibile per sostenere questa direzione».

L’Italia ci tiene al sostegno della diplomazia. Non solo la classe politica, nelle persone di Draghi e il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, ma anche i cittadini sono molto preoccupati. La Comunità di Sant’Egidio ha persino promosso delle manifestazioni in strada, a Roma, contro la possibilità della guerra, poiché in tal caso, a rimetterci, come sempre durante le guerre, è soprattutto la gente comune.

Corteo manifestazione promossa dalla Comunità di Sant’Egidio. Striscioni “No war” (Fonte: rainews.it)

 

Rita Bonaccurso