Account sospesi da Elon Musk. “Presto sanzioni” dall’Unione Europea

Elon Musk, nuovo patron di Twitter, sembrerebbe non averne azzeccate molte dopo l’acquisizione della società in ottobre. Tra licenziamenti, dimissioni, nuove politiche sui contenuti della piattaforma e i molti sondaggi fatti sul ripristino o meno di alcuni account. Come per quello dell’ex presidente Donald Trump,  per affermare che questo social non funzionerà contro la disinformazione sul Covid-19. Queste dinamiche hanno fatto di Musk l’uomo più “twittato” ultimamente.

Recentemente Musk, basandosi sulla politica del “doxxing” (diffusione di informazioni personali e private online), ha decretato la sospensione di diversi account di alcuni ambìti reporter. Questo fatto ha richiamato l’attenzione non solo delle Nazioni Unite ma anche dell’Unione Europea. La Commission Europea critica l’azione del nuovo patron, ed intende agire attraverso delle sanzioni, a tutela della “libertà d’espressione”.

Quali sono i retroscena e i reporter sospesi?

Negli ultimi giorni, su Twitter non era più possibile seguire il giornalista Ryan Mac del New York Times, così come il reporter Drew Harwell del Washington post o l’esperto Donie O’Sullivan della Cnn. Sembrerebbero essere spariti anche gli account del corrispondente di Voice of America, Steve Herman, del commentatore Keith Olbermann e di molti altri giornalisti indipendenti. I loro account si sono spenti senza grandi spiegazioni lo scorso 15 dicembre.

Ma cosa hanno in comune questi giornalisti sospesi?

Il loro comun denominatore è la parola. Tutti hanno scritto su Elon Musk e in maniera forse un po’ troppo invasiva e critica per i suoi gusti. In particolare i reporter avrebbero raccontato, divulgando troppe informazioni personali, del caso di @ElonJet. Quest’account era stato creato dal ventenne Jack Sweeney, per seguire tutti gli spostamenti del jet privato di Musk. È stato chiuso e sembrerebbe esser stata aperta un’azione legale contro lo studente. Infatti la decisione nei confronti dei reporter, sembrerebbe esser stata presa all’indomani della sospensione di oltre 25 account che tracciavano gli aerei di agenzie governative, di miliardari e individui di alto profilo compreso Musk.

Ma il mese scorso quest’ultimo aveva dichiarato

“il mio impegno per la libertà di parola si estende anche a non vietare l’account che segue il mio aereo. Anche se questo è un rischio diretto per la sicurezza personale”.

Sembrerebbe aver cambiato idea! La scorsa settimana, dopo che “un pazzo stalker” aveva seguito suo figlio in auto, Musk ha twittato che qualsiasi account che abbia pubblicato informazioni sulla posizione in tempo reale di chiunque “verrà sospeso”. Poiché per il patron si tratta di  “violazione della sicurezza fisica”.

La sospensione dei giornalisti sembrerebbe essere legata a questo motivo, ma non c’è molta chiarezza. Secondo quanto riferisce il New York Times, la pagina Twitter di ogni utente sospeso include un messaggio, secondo cui gli account sono sospesi perchè “violano le regole di Twitter”.

Ma questa decisione ha infuriato l’Unione Europea, che oltre a condannare l’azione di Musk ha promesso sanzioni. Mettendo così a rischio la piattaforma guidata dall’imprenditore sudafricano.

La Commissione Europea contro “l’arbitraria sospensione”

I legislatori dell’Unione europea non hanno perso tempo a prender voce sulla sospensione arbitraria e senza preavviso dei giornalisti. Vera Jourovà, vicepresidente dell’UE per i valori e la trasparenza, su Twitter preoccupata delle azioni di Musk dichiara che con questo blocco “ha superato la linea rossa” e presto ci saranno delle sanzioni.

“Le notizie sulla sospensione arbitraria dei giornalisti su Twitter sono preoccupanti. La legge sui servizi digitali dell’Ue richiede il rispetto della libertà dei media e dei diritti fondamentali. Elemento rinforzato sotto il nostro Media Freedom Act. Elon Musk dovrebbe essere consapevole. Ci sono linee rosse. E sanzioni, presto”

Questo quanto dichiara in un tweet la Jourovà:

Il regolamento dell’UE in vigore impone ai fornitori di servizi intermedi di non agire in modo arbitrario o discriminatorio nell’applicazione dei loro termini di servizio. Tutto nel rispetto dei diritti fondamentali come la libertà di espressione e di informazione, nonché la libertà e il pluralismo dei media.

Queste sanzioni previste possono arrivare a gravare fino al 6% del fatturato annuo. La Commissione ha inoltre proposto “l’European Media Freedom Act”, che intende integrare il DSA con ulteriori misure per proteggere la libertà dei media e il pluralismo dell’UE. Sono comprese in questo atto, misure contro la “rimozione ingiustificata” da parte di piattaforme online molto grandi (definite VLOP) di contenuti multimediali prodotti secondo standard professionali. Non è ancora chiaro se Twitter sarà designato come VLOP sotto la DSA, ma i provvedimenti sicuramente non mancheranno.

Musk risponde: il doxxing si applica anche sui giornalisti

Musk si descrive come un assolutista della libertà di parola, più volte ha dichiarato di voler fare della piattaforma un baluardo di quest’ultima. Lo scorso 15 dicembre, aveva twittato che “le stesse regole sul doxxing si applicano ai giornalisti come a tutti gli altri”. Fa riferimento anche alle regole che vietano la condivisone di informazioni personali sulla piattaforma.

Per Musk i reporter quindi sembrerebbero aver violato le regole, rivelando informazioni troppo personali in tempo reale. Addirittura durante una livestream interrotta, ma i cui frammenti sono attualmente in circolazione su Twitter, Musk ha difeso questa decisione ritenendo che non c’è distinzione tra i “cosiddetti giornalisti” e le persone normali.

“Tutti saranno trattati allo stesso modo. Non sei speciale perché sei un giornalista. Sei solo un Twitter-utente, sei un cittadino. Quindi nessun trattamento speciale. Tu hai doxxato e vieni sospeso. Fine della Storia

Inoltre per rispondere al chiacchiericcio sulla piattaforma, dichiara di “certamente” accettare le critiche sulla sua persona, ma “il doxxing sulla mia posizione in tempo reale per mettere in pericolo la mia famiglia” non lo accetta.

Attraverso un sondaggio proposto agli utenti di Twitter ha chiesto quando questi account sarebbero dovuti essere sospesi. Il “Now” ha raggiunto il 43% delle votazioni, mentre per la politica dei sette giorni la percentuale ha raggiunto solo uno scarso 14,4%.

 

Musk confuso: ripristina alcuni account e chiede “dovrei dimettermi?”

Nelle ultime ore il nuovo patron sembra aver cambiato rotta. Ripristinati gli account dei reporter sospesi, dopo un referendum che si è espresso con il 59% delle preferenze per il ripristino.

La gente ha parlato. Gli account che hanno ‘doxxato’ la mia posizione vedranno revocata ora la sospensione”

Anche se intanto l’account della giornalista del Washington Post, Taylor Lorenz, è stato sospeso ieri per decisione di Musk. “La sospensione è temporanea, dovuta ad una precedente divulgazione” di suoi dati personali, ma la misura dichiara l’imprenditore “sarà presto revocata”. L’azienda annuncia inoltre che non sarà più possibile promuovere sul social piattaforme concorrenti, come Facebook o Instagram.

Il proprietario preso di mira e criticato da molti, si scusa “non accadrà più” e affida il suo destino ai suoi 122 milioni di follower. “Chi mi segue decida se devo restare a capo di Twitter”, da alla community la responsabilità sul suo futuro da CEO della società.

Il referendum fatto oggi attraverso un tweet ha termine in giornata. Scrive Musk “dovrei dimettermi dalla guida di Twitter? Mi atterrò ai risultati di questo sondaggio

 

A questo punto non ci resta che attendere! Quali saranno le prossime mosse, si dimetterà o non si dimetterà? Staremo a vedere.

Marta Ferrato

Il popolo di Twitter ha votato, Trump è stato riammesso nella piattaforma

Da quando Elon Musk è diventato CEO di Twitter la piattaforma è tornata al centro di numerose polemiche. Le rumorose decisioni prese da Musk hanno fatto discutere e hanno creato parecchio dissenso nei confronti della sua figura. L’ultima è stata probabilmente la più importante: Creare un sondaggio rivolto a tutti gli utenti della piattaforma, chiamati a decidere circa la riabilitazione dell’account Twitter di Donald Trump. Dopo la vittoria del “si” con il 51,8% dei voti l’ex presidente degli Stati Uniti può effettivamente riapprodare sul social network che negli anni aveva utilizzato per far crescere il consenso elettorale nei suoi confronti tramite tweet spesso diretti e taglienti.

Il ban dopo i fatti di Capitol Hill

Era il 6 Gennaio del 2021 quando, in seguito all’assalto a Capitol Hill, l’account Twitter di Donald Trump venne “sospeso in maniera permanente“. Il provvedimento da parte della piattaforma generò molti contrasti.

Molti lo considerarono come una pesante violazione della libertà di pensiero e di parola. La piattaforma dalla sua ribadì come l’ex presidente si fosse reso protagonista più volte di tweet contenenti notizie false, insulti pesanti ai suoi avversari politici e, come nel caso di Capitol Hill, incoraggiamento alla violenza.

Fu un brutto colpo per l’azione politica di Trump, che si era distinto negli anni precedenti per un utilizzo massivo della piattaforma. Proprio in questa situazione difficile, vedendosi privato del suo profilo che al tempo del ban contava circa 88 milioni di followers, decise di dare vita ad un suo social network: Truth social. La piattaforma però non riscosse un gran successo. Dopo un boom di iscrizioni durante i primi mesi di vita, da Marzo la mole è calata drasticamente e ad oggi si stima che soltanto il 27% degli americani la conoscano.

Cosa non accenna a diminuire però è l’affezione di Trump nei confronti di Truth, da lui considerato come un luogo speciale che si differenzia dai media mainstream che, a parer suo, fanno della censura la loro caratteristica principale. A testimonianza di ciò l’ex presidente, in occasione del sondaggio, ha mandato un appello agli utenti della sua piattaforma:

«Votate con positività ma non preoccupatevi, non andrò da nessuna parte».

Va detto però che appare surreale che Trump non approfitti dell’ampio seguito di cui gode su Twitter.

Donald Trump. Fonte: lastampa.it

Elon Musk: “Vox Populi, Vox Dei”

La politica di Elon Musk da quando è diventato amministratore delegato di Twitter è chiara: rifondazione. Lui che non aveva mai nascosto di non ritrovarsi d’accordo con la decisione di bloccare alcuni account – quelli di Jordan Peterson e Babylon Bee su tutti – ha subito deciso autonomamente di riabilitarli. Per il caso Trump invece, data l’importanza notevolmente maggiore, ha deciso di far esprimere il popolo.

Si può dunque affermare che la decisione di reintegrare l’ex presidente è stata presa dal 51,8% delle 134 milioni – questo il dato citato dallo stesso Musk in un tweet – di persone che hanno votato il sondaggio? Il dubbio sorge dal momento in cui è lo stesso CEO di Twitter a concepire la possibilità che i sondaggi all’interno della piattaforma possano essere “viziati” da bot creati appositamente per esprimere preferenze.

Molte sono le perplessità legate anche alla motivazione che ha spinto il proprietario di Tesla ad indire un “referendum” così controverso. Tanti sostengono infatti che sia stata una decisione presa con lo scopo di far dimenticare le azioni parecchio discutibili che avevano caratterizzato i suoi primi giorni come patron della piattaforma.

Se fosse realmente così a Musk non avrà di sicuro fatto piacere la decisione di Donald Trump di prendere le distanze da Twitter. Lo testimonia uno dei suoi ultimi tweet:

Un’ilare immagine accompagnata da una descrizione parecchio dissacrante basteranno a far cadere l’ex presidente nella tentazione dell’uomo più ricco al mondo?

Francesco Pullella

Facebook come Twitter: il caso dei licenziamenti di massa

Le due più grandi aziende tech di social network, Meta e Twitter, hanno annunciato uno dei licenziamenti di massa più grandi degli ultimi due decenni.

Dopo l’annuncio e il successivo licenziamento di almeno metà dei dipendenti di Twitter, mandati a casa tramite email, Elon Musk ha già fatto dietrofront e ha richiamato alcuni di loro perché “l’email di licenziamento partita per sbaglio” oppure “altri sono stati mandati via prima che la direzione si rendesse conto che il loro lavoro e la loro esperienza potrebbero essere necessari all’azienda“.

A cavalcare l’onda mediatica non viene da meno Mark Zuckerberg, aprendo così tanti interrogativi sul futuro dei social network.

Mark Zuckerberg durante la conferenza sul cambio nome di Facebook del 30 Aprile 2019. Fonte: instanews.it

Il nuovo proprietario di Twitter

Lo scorso 28 ottobre Elon Musk, l’amministratore delegato di SpaceX e di Tesla, nonché l’uomo più ricco del mondo in base alla classifica stilata da Forbes con un patrimonio pari a 219 miliardi di dollari, ha acquistato la piattaforma social Twitter per 44 milioni di dollari.

Inizia la propria scalata per l’acquisizione del social acquistandone il 9% delle azioni. Nonostante la proposta per il consiglio d’amministrazione di Twitter, l’imprenditore rifiuta categoricamente, per poi, il giorno seguente, postare Tweet di critica circa la policy e le sue modalità di funzionamento, giudicata troppo restrittive, troppo lesiva per la libertà di espressione.

La proposta del consiglio di amministrazione per l’entrata in società e il successivo acquisto non tardarono ad arrivare.

Solo dopo una lunga serie di trattative iniziate ad Aprile del 2022, arriva la notizia ufficiale: il 1 Novembre Elon Musk diventa ufficialmente l’amministratore delegato di Twitter, il CEO della piattaforma social.

Non sono in pochi che si domandano come abbia fatto ad acquistare Twitter: a inizio novembre, Elon Musk ha venduto 19,5 milioni di azioni di Tesla, per un totale di 3,9 miliardi di dollari di valore complessivo, come riportato dalle agenzie Bloomberg citando alcune comunicazioni alla SEC.

Nonostante ciò, qualche giorno prima, l’imprenditore rassicura gli utenti del social network e spiega le sue motivazioni:

Il motivo per cui ho acquisito Twitter è perché è importante per il futuro della civiltà avere una piazza cittadina digitale comune, dove un’ampia gamma di opinioni può essere discussa in modo sano, senza ricorrere alla violenza. Attualmente c’è un grande pericolo che i social media si spezzino in camere d’eco di estrema destra e di estrema sinistra che generano più odio e dividono la nostra società.

Il caso del “let that sink in” e dello smart working

Alla vigilia della scadenza imposta dal tribunale per acquistare l’azienda, Elon Musk sorprende tutti con la sua entrata nel quartier generale trasportando a mano un lavandino.  Il CEO di Twitter non perde occasioni di far parlare di sé.

Il momento è stato immortalato proprio con un tweet accompagnato da una frase sibillina: “Let that sink in” (“lascia che affondi!”), giocando col significato di sink, sia lavandino che affondare. Ma si può anche tradurre “fatevene una ragione“, come a sottolineare il proprio potere insinuatosi al momento dell’acquisizione della società.

Proprio per questo, cambia anche lo status del suo profilo pubblico di Twitter in “Chief Twit”, autoaffermandosi capo ancor prima della notizia ufficiale.

Sebbene il tweet abbia fatto scalpore, in realtà Musk aveva già iniziato a visitare gli uffici di Twitter a San Francisco. Afferma il chief marketing officer di Twitter, Leslie Berland, in una comunicazione ai dipendenti riportata dall’agenzia Bloomberg.

Elon è negli uffici di San Francisco questa settimana per incontri. Questo è solo l’inizio di molti incontri e conversazioni con Elon, e avrete modo di sentirlo direttamente da lui venerdì

Come se non bastasse, nella sua prima email ai dipendenti di Twitter, il nuovo proprietario ha confermato l’abolizione della possibilità di lavorare da casa “per sempre” che era stata istituita durante la pandemia di COVID-19 e implementare almeno 40 ore settimanali di lavoro in ufficio.

Nella stessa email ha aggiunto che vuole che gli abbonamenti rappresentino la metà delle entrate di Twitter. Avverte nello stesso scritto i suoi dipendenti di “tempi difficili andando avanti” e che “non ci sono modalità per addolcire la pillola”, presagendo quello che sarà uno dei licenziamenti di massa più grande dell’azienda.

 

Non solo Musk: anche Meta costretta a ridimensionarsi

Mark Zuckerberg, amministratore delegato di Meta, ha annunciato il licenziamento di oltre 11 mila dipendenti (di cui 22 a Milano) tra Facebook, Whatsapp e Instagram. La notizia era stata anticipata nei giorni scorsi dal Wall Street Journal, ma non era sicuro quale portata avrebbe intrapreso questa azione.

A fronte dei quasi 87 mila dipendenti della società, la decisione di ridurre la forza lavoro del 13% è stata presa a causa dei risultati finanziari molto deludenti nell’ultimo trimestre, registrando un calo delle entrate provenienti dalle pubblicità del 4% circa.

Sfortunatamente, non è andata come mi aspettavo. La recessione macroeconomica, l’aumento della concorrenza e la diminuzione di inserzioni pubblicitarie hanno fatto sì che le nostre entrate fossero molto più basse di quanto mi aspettassi. Ho sbagliato, e me ne assumo la responsabilità.

Sede di Meta in Italia, in Via Missori 2, Milano. Fonte: ilsole24ore.it

I licenziamenti, spiega Mark Zuckerberg, riguarderanno tutti i settori della società, ma in particolare il team che si occupa di reclutamento di nuovo personale e il reparto finanziario.

Meta ha anche annunciato che inizieranno a ridurre i costi in generale, tra cui la riduzione dei budget, dei benefit e degli spazi usati come ufficio.
Per i dipendenti licenziati negli Stati Uniti saranno garantite 16 settimane di retribuzione base più due settimane aggiuntive per ogni anno di servizio, coprirà anche il costo dell’assistenza sanitaria per le persone e le loro famiglie per sei mesi, e fornirà tre mesi di supporto professionale con un fornitore esterno per accedere a nuove offerte di lavoro.

Victoria Calvo

Twitter: pericolo del “free speech”. Ecco cosa vuole fare Elon Musk con la piattaforma

Elon Musk è diventato il principale azionista di Twitter. Con l’acquisto del 9.2% delle azioni e il fatto che sia una sola persona a gestire, a suo piacimento, la piattaforma preoccupa tanti.

Elon Musk vuole cambiare Twitter -Fonte:forbes.it

L’acquisto per circa 44 miliardi di dollari ha avuto un grande riscosso mediatico. L’operazione ha generato un’impennata di Twitter in borsa che ha visto dopo settimane di trattative, un guadagno più del 27% a Wall Street che sta continuando a crescere. L’interesse, dunque, trasversale pone una serie di interrogativi sull’introduzione di miglioramenti significativi nei prossimi mesi promessi da Musk.

Il ruolo mediatico di Twitter

La piattaforma di notizie e microblogging gode di popolarità in tutto il globo. Questa si presenta come una rete che permette di postare brevi messaggi con un massimo di 280 caratteri visibili nella pagina principale dell’utente.

Negli ultimi anni, Twitter è divenuta molto influente nel dibattito pubblico, vedendo circa 200 milioni di utenti attivi giornalieri. L’acquisto compiuto negli ultimi giorni da parte della persona più ricca al mondo, nonché CEO di Tesla e della SpaceX, non risulta essere, agli occhi di molti, una buona notizia, soprattutto in materia di “free speech”.

Vijaya Gadde, avvocato per la piattaforma, durante il suo discorso alla squadra di legali dell’azienda e al team di moderazione dei contenuti, ha manifestato le sue preoccupazioni sul futuro del social. Si teme, infatti, che le trasformazioni che vorrà apportare il patron di Tesla possano radicalmente modificare il servizio.

Le dichiarazioni di Elon Musk

La sua decisione ruota attorno al cambiamento della politica di moderazione dei contenuti fondata da Jack Dorsey. Quest’ultimo ha dichiarato di voler garantire la più assoluta libertà di espressione e limitare la censura di tutto ciò che non sia apertamente illegale”:

“La libertà di espressione è il fondamento di una democrazia sana, e Twitter è la piazza della città digitale dove le questioni importanti per il futuro dell’umanità vengono discusse. Voglio anche rendere Twitter migliore che mai migliorando il prodotto con nuove funzioni, rendere gli algoritmi open source per incrementare la fiducia, sconfiggere gli spam-bot, e autenticare tutti gli esseri umani. Twitter ha un potenziale incredibile: non vedo l’ora di lavorare con l’azienda e la comunità degli utenti per liberare tale potenziale.”

Elon Musk Bids For All of Twitter -Fonte:expatguideturkey.com

Ciò che viene in risalto è l’accostamento di due concetti che cozzano profondamente tra loro: la libertà di espressione e la fine dell’anonimato in rete.

  • Libertà di espressione: Ogni persona ha diritto alla libertà di espressione. Tale diritto include la libertà di opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche e senza limiti di frontiera. La libertà dei media e il loro pluralismo sono rispettati;
  • Anonimato in rete: Il testo del Codice della Privacy (d.lgs. n. 196 del 2003) art. 4, comma 1 lett. N, definisce anonimo il dato che in origine, o a seguito di trattamento, non può essere associato ad un interessato identificato o identificabile. La sua fine utopistica porrebbe a termine la libertà di espressione.

Lidea innovativa e rivoluzionaria di Elon Musk non è altro che roba vecchia e fallimentare. Lo stesso Twitter, infatti, ha, a lungo, cercato di limitare ogni forma di moderazione, ma “la briglia sciolta” è impossibile da gestire. Lo stesso Evelyn Douek ha scritto sull’Atlantic che

“Una regola generale delle piattaforme di ‘user-generated content’ è che ciascuna di queste deve iniziare a moderare i contenuti una volta che raggiunge una certa dimensione. Una piattaforma che rifiuta di sporcarsi le mani eliminando alcuni contenuti si troverà inevitabilmente sommersa da truffe, porno e reclutatori di terroristi.”

Si comprende come, inevitabilmente, lasciare completa libertà di espressione incentivi la presenza di contenuti radicali, violenti, estremi, falsi, cospirazionisti, truffaldini e polarizzanti. Negli anni ciò ha contribuito a dare forma a una società sempre più incapace di dialogare, divisa ed estrema.

L’utopia delle piattaforme neutre

La diffusione della moderazione di contenuti non nasce per essere la soluzione da eseguire nei migliori dei modi, bensì si imperna sul concetto di alternativa a qualcosa di peggiore.

L’idea anacronistica di Elon Musk non trova alcun ancoraggio nell’utopica visione delle piattaforme neutre. Anzi, la mancanza di moderazione permettere a una manciata di persone con enormi interessi economici e politici possano avere un impatto diretto sulla società, ad esempio, di decidere se “i media statali russi possano avere degli account sui social media, se un post controverso sul coronavirus possa essere diffuso a milioni di persone o debba essere cancellato, se l’ex presidente degli Stati Uniti possa mantenere o debba invece perdere la sua linea diretta con il pubblico globale”.

Risulta chiaro come, da questo punto di vista, la società nelle mani di una sola persona sia un netto passo indietro. Ciò perché, al di là dei suoi sogni di “libertà di espressione”, si concretizza un “modellare mediatico” della società e dell’agenda politica che più di ogni altra subisce dall’infrastruttura digitale la sua plasticità.

Giovanna Sgarlata

Olimpiadi Tokyo 2021. Commenti sessisti del presidente Mori

 
Fonte: Inews24.it

Oggi, venerdì 12 febbraio, il presidente del Comitato organizzatore delle Olimpiadi di Tokyo 2020, Yoshiro Mori, ha dato le dimissioni a sei mesi dai Giochi olimpici, posticipati al 2021 a causa della pandemia – dopo aver provocato un grande scandalo con dei commenti sessisti.
L’ex premier 83enne – primo ministro dal 2000 al 2001 – è stato travolto dalle accuse in seguito alle lamentele espresse durante l’incontro online con il Comitato olimpico giapponese, tenutosi mercoledì 3 febbraio. Si stava  manifestando l’intenzione di voler includere più donne nell’amministrazione, passando dall’attuale 20% al 40% delle presenze femminili.

Le ”infelici” dichiarazioni di Mori 

Le dichiarazioni di Mori non lasciano spazio a incertezze:

«Le riunioni a cui partecipano troppe donne in genere vanno avanti più del necessario e per via del loro forte senso di rivalità, se una alza la mano per parlare poi anche tutte le altre vorranno parlare». Ha poi anche aggiunto che «se si aumenta il numero di donne, poi bisognerà limitare in qualche modo il tempo in cui possono parlare, altrimenti non si fermeranno mai, che è un problema».

Proteste dei manifestanti. Fonte: Archyde

Le parole infelici dell’ex premier hanno chiaramente sollevato un forte imbarazzo e disapprovazione tra i presenti, scatenando una serie di critiche anche sui social media da parte di politici e sportivi.

Tra questi la direttrice del Comitato – oltre che campionessa di judo per dieci anni consecutivi tra il 1978 e il 1987 – Kaori Yamaguchi, la quale ha detto che «l’uguaglianza di genere e il riguardo per le persone con disabilità dovevano essere una certezza per i giochi olimpici di Tokyo».

Sono stati inoltre espressi dubbi da parte di importanti sponsor delle Olimpiadi circa l’intenzione di proseguire o meno il loro rapporto economico con i Giochi.

Le dimissioni dopo le critiche su Twitter

Nel corso della riunione Mori ha tentato di scusarsi per i suoi commenti inappropriati, dichiarando inoltre di non voler in alcun modo rappresentare un ostacolo all’organizzazione dei Giochi. In realtà, da qualche giorno stava circolando in Giappone su Twitter l’hashtag ‘’Mori, dimettiti’’. Il presidente, dopo un’iniziale resistenza, non ha quindi avuto altra scelta se non quella di rassegnare le sue dimissioni nelle scorse ore.
Il suo successore non è ancora stato designato, anche se si stanno già valutando diversi candidati.

I media locali suggeriscono come più probabili il ministro delle Olimpiadi Seiko Hashimoto e l’ex presidente della Federcalcio giapponese Saburo Kawabuchi.

Fonte: Corriere del Ticino

“Le mie dichiarazioni inappropriate hanno causato molto caos – ha dichiarato Mori in una riunione del board esecutivo e del consiglio di Tokyo 2020 – Desidero dimettermi da presidente oggi. L’unica cosa che importa in questo momento è che le Olimpiadi si svolgano a luglio, non deve succedere che la mia presenza diventi un ostacolo“.

Il commento di Bach

Mori era già stato protagonista di diverse gaffe, ma quest’ultima è stata particolarmente rovinosa, nel contesto di un Paese con forti disuguaglianze di genere e dove il tema dell’esclusione femminile dai posti di potere è molto sentito. Malgrado ciò, il Presidente del Comitato Olimpico Internazionale (Cio),  Thomas Bach ha ringraziato Mori:

“Il Cio rispetta pienamente la decisione di Mori di dimettersi e ne comprende le ragioni. Allo stesso tempo vorremmo ringraziarlo per il suo eccezionale contributo per l’organizzazione dei Giochi: Mori ha contribuito a rendere Tokyo la città olimpica meglio preparata di tutti i tempi”.

Gaia Cautela

Twitter sospende permanentemente l’account personale di Donald Trump

Come appare da oggi l’account di Donald Trump, fonte: TheNewYorkTimes

 

Ennesimo, triste episodio della presidenza di Donald Trump. L’account personale dell’attuale inquilino della Casa Bianca è stato sospeso definitamente dalla piattaforma social di Jack Dorsey. In un breve comunicato stampa per motivare la sua decisione, Twitter ha spiegato le ragioni della rimozione del profilo del tycoon. Dopo averlo sospeso per 12 ore in seguito ad alcuni suoi tweet che legittimavano l’attacco al Congresso compiuto dai suoi sostenitori, Trump ha di nuovo violato per due volte le regole imposte da Twitter, che impediscono di incoraggiare la violenza.

I tweet di Donald Trump

I tweet incriminati sono stati postati entrambi l’8 gennaio, dopo la fine della sospensione temporanea (12 ore) dell’account.

  • «I 75 milioni di Patrioti americani che hanno votato per me… avranno una voce da gigante nel futuro. Nessuno mancherà loro di rispetto, né saranno trattati ingiustamente in alcun modo, misura o forma».
  • «Per tutti coloro che me lo hanno chiesto: non andrò all’Inaugurazione del 20 gennaio».

Il contenuto degli stessi non sarebbe di per sé sufficiente a giustificare una misura tanto drastica ma, come precisato nello stesso comunicato ufficiale, questi devono essere contestualizzati. Considerate le tensioni negli Stati Uniti, dopo l’assalto a Capitol Hill dello scorso 6 gennaio, a giudizio di Twitter, le affermazioni del Presidente possono essere lette come “un incitamento a commettere atti violenti”.

 

https://twitter.com/TwitterSafety/status/1347684877634838528

I cinque punti di Twitter

Il comunicato prosegue analizzando 5 punti in base ai quali i tweet debbano essere considerati una violazione delle regole contro “la Glorificazione della violenza” imposte dallo stesso sito.

  1. Il presidente conferma che non parteciperà alla cerimonia d’inaugurazione della presidenza di Joe Biden. Assenza che si presta ad essere interpretata dai suoi sostenitori come un’ulteriore conferma che le elezioni non sono state legittime;
  2. L’annuncio della non partecipazione al suddetto evento potrebbe servire da incoraggiamento per coloro che stanno considerando la possibilità di commettere azioni violente a Capitol Hill;
  3. Definire come “American Patriots” alcuni dei suoi sostenitori sottintende un sostegno per coloro che hanno commesso atti violenti;
  4. Osservare che i sostenitori avranno “una voce gigante” in futuro e che non saranno trattati ingiustamente in alcun modo è interpretato come un’ulteriore indicazione che il Presidente Trump non intende affatto facilitare “un’ordinata transizione”;
  5. La concreta possibilità di un secondo attacco al Congresso e ad altri edifici pubblici per domenica 17 gennaio.

La reazione di Donald Trump

Raggiunto dalla decisione di Twitter, il Presidente si dice non sorpreso della sospensione. Dall’account ufficiale dell’inquilino della Casa Bianca (@POTUS) twitta: “Lo avevo previsto. Nel sospendere il mio account vogliono mettermi a tacere, vogliono mettere a tacere voi e i 75 milioni di grandi patrioti che hanno votato per me”. Poi assicura: “non ci metteranno a tacere. Stiamo trattando con vari altri siti e a breve avremo un grande annuncio, nel frattempo stiamo valutando la possibilità di costruire una nostra piattaforma”, aggiunge rivolgendosi ai suoi sostenitori. Anche questi post sono stati prontamente rimossi dal social.

Il ban del suo account personale avrebbe innervosito ancora di più un Donald Trump già al centro di numerose polemiche e sulla cui figura si prospetta un possibile secondo impeachment. Una messa in stato di accusa che Trump non condivide o capisce perché, a suo dire: “Non ritiene di aver fatto nulla di sbagliato”.

Facebook e gli altri principali social network

Oltre a Twitter anche i principali social hanno adottato in questi giorni misure senza precedenti. In primis Facebook, YouTube e Instagram hanno rimosso numerosi video delle violenze perpetrate da centinaia di sostenitori di Trump durante l’assalto al Congresso. Inoltre gli account di Trump sono stati bloccati: Facebook, per esempio, ha sospeso l’account personale di Trump fino alla fine del suo mandato, che scade il 20 gennaio.

Mark Zuckerberg sospende sine die gli account di Trump, fonte:adginforma.it

 

Infuriato per il trattamento riservato da quelli che, oramai, sono i principali fori di discussione politica, oltreché di propaganda, il Tycoon ha annunciato la possibilità di “sviluppare una nostra piattaforma social nel prossimo futuro”. Una piattaforma che, a detto dello stesso Trump, sarebbe al riparo da quella “censura” che gli viene sistematicamente applicata dalle “piattaforme di estrema sinistra». Già dalle ultime settimane un numero sempre maggiore di suoi sostenitori si sta spostando dai social network più tradizionali a Parler. Si tratta di un social network che promette regole di moderazione molto più larghe rispetto a Twitter e Facebook.

Dubbi sulla garanzia della libertà di espressione

La rimozione dell’account di Trump non ha mancato di porre questioni circa la libertà di opinione di un leader politico sui social e sull’affidare ai medesimi il compito di gestire la diffusione e/o la censura. Se è pur vero che comunque Trump può adoperare altri metodi per comunicare col suo pubblico, non essendovi quindi una censura totale, è pur vero però che negli anni ha utilizzato i social network godendo di maggiori libertà rispetto agli altri utenti e, soprattutto, avvelenando il dibattito pubblico e incoraggiando odio e violenza nei confronti dei propri avversari. Fino a che punto l’intolleranza può essere tollerata ?

 

Filippo Giletto

 

Elezioni USA: new e old media si schierano. Ecco come i social stanno combattendo contro Trump

Donald J. Trump non sembra voler rinunciare al titolo di Presidente degli Stati Uniti e continua a dichiarare “illegittimo” l’esito delle elezioni tenutesi lo scorso 3 novembre, da cui è uscito vincitore Joe Biden. Fino a ieri, l’attuale presidente degli Stati Uniti ha ribadito per l’ennesima volta di aver vinto le elezioni ma i social network e i media americani non la pensano come lui e hanno scelto di inserire degli avvisi nei contenuti rilasciati del presidente uscente.

Twitter

Ogni cinguettio pubblicato dal presidente uscente riceve la stessa sorte: l’oscuramento e/o l’avviso di essere un contenuto “controverso”. Nel suo ultimo tweet, Trump cinguetta un semplice: “Ho vinto le elezioni“; tuttavia Twitter avvisa i suoi utenti che: “Le fonti ufficiali danno un esito diverso delle elezioni“.

Secondo la politica del social network, questi tweet dovrebbero essere rimossi dalla piattaforma ma Trump è un presidente americano, quindi ci sono delle regole “speciali” per chi ricopre questo incarico: i politici con più di 250.000 seguaci sono personaggi di un certo rilievo e non subiscono la censura ma vengono semplicemente oscurati. Questa regola non vale per tutti i politici, ma solo per quelli che ricoprono una carica. Twitter stesso ha confermato ciò a Bloomberg, sottolineando che le regole meno rigide valgono solo per i leader mondiali in carica.

Questo significa che Trump può continuare a pubblicare ciò che vuole sulle elezioni fino al 20 gennaio 2021, quando ci sarà il cambio del presidente e Biden potrà incominciare il suo mandato. Da quel giorno, inoltre, tutti questi tweet “controversi” verranno cancellati poiché permettono il diffondersi delle fake news.

Tuttavia, la libertà di Trump di pubblicare ciò che vuole non limita la libertà del social network di apporre avvisi alla sua utenza. In questi giorni, ha twittato:

Lui (N.d.A. Biden) ha vinto solo per i NEWS MEDIA FALSI. Io non concedo NULLA! Abbiamo molta strada da fare. Queste sono state ELEZIONI TRUCCATE.

Il social dell’uccellino ha immediatamente apposto un’avvertenza sotto: “Questa affermazione riguardo la frode elettorale è controversa“.

Lo stesso avviso è apparso in molti dei recenti tweet pubblicati dal (quasi ex) presidente: in un altro cinguettio, egli aggiunge che ai seggi «non erano ammessi osservatori e il voto è stato “tabulato” da una società privata della Sinistra Radicale, Dominion, che ha una cattiva reputazione e attrezzature inadeguate che non sarebbero neppure ritenute sufficienti in Texas (dove ho vinto di gran lunga)». Ha successivamente ribadito che la notte elettorale sono stati “rubati dei voti” ed ha definito i voti postali “uno scherzo malato“.

Facebook

Trump è solito pubblicare gli stessi contenuti sia su Facebook che su Twitter. Anche sul social network di Zuckerberg le stesse frasi subiscono l’oscuramento e spunta anche qui un avviso all’utenza. Questo recita: “Gli Stati Uniti hanno leggi, procedure e istituzioni che garantiscono l’integrità delle elezioni“.

https://it-it.facebook.com/DonaldTrump/posts/10165823531240725?__xts__%5B0%5D=68.ARAyqEELnSt7qDz9BtjCUe-QlJAIguVJQmWcS5gnrrsx5SLl2SvaPUQg_4_amno9g666EVPg6BG7wvJmgp7uMiuoFQuftgCg-C07nPGUINFxP7fof7-vg4PfVBi1nDgvZ7BPrgYrUdtWfl4nQTCLWC87E2B_WGEv3-k_STrMXAQT34VzJpzuxxVezAB0-mPZHBX9WLWlsOGG52DLQ8qCW0mQUPh9ADNbyQ3dPzMIMVmascnOHAzBdHsXbNidkiAa0C9cXTmzDfBpI4sN37rmahojj98mqIg9YYledQGpMB59CXF4KVYI9Y0mFCZtJJ7gCL455QaY2E_Z6Htl&__tn__=-R

Questo non è l’unico strumento usato da Facebook per combattere la disinformazione trumpiana: sono stati chiusi importanti e numerosi gruppi e pagine pro-Trump che diffondevano teorie e prove fasulle riguardo la vittoria elettorale di Biden. Il più importanti tra questi gruppi era Stop the steal (trad. Fermate il furto) e, una volta chiuso, Facebook ha dichiarato:

In linea con le misure eccezionali che stiamo intraprendendo in questo periodo di rafforzata tensione, abbiamo rimosso il gruppo ‘Stop the steal’, che stava creando eventi nel mondo reale. Il gruppo era organizzato attorno alla delegittimazione del processo elettorale e abbiamo assistito a preoccupanti chiamate alla violenza da alcuni suoi membri.

Facebook non è nuovo nella lotta alle fake news. Nel 2018 ha firmato il “Codice di buone pratiche sulla disinformazione” promosso dalla Commissione europea e ha assunto oltre 35.000 persone che si occupano di sicurezza della piattaforma. L’obiettivo di questo Codice è di contribuire ad aumentare la consapevolezza degli utenti oltre a quello di combattere la disinformazione.

L’oscuramento riguarda anche i media tradizionali

Le sue idee riguardo le elezioni sono state inserite anche nei discorsi trasmessi in diretta TV, ma il tutto si è svolto in maniera insolita e ha dell’incredibile. Canali TV come ABC, CBS e NBC hanno interrotto il collegamento mentre il presidente in carica degli Stati Uniti stava parlando. NBC ha tagliato il collegamento affermando: “Interrompiamo il discorso del presidente perché ciò che sta dicendo, in larga parte, è assolutamente falso. E non possiamo consentire che vada avanti“. Fox News ha trasmesso solo parte del discorso di Trump. La CNN non ha censurato nulla, ma ha definito il discorso “il più disonesto della sua presidenza” e ha aggiunto in sovraimpressione che “senza prove, Trump sostiene di essere vittima di una frode“.

News networks face backlash for cutting away from Trump speech | Daily Mail Online
Gli anchorman di vari canali TV americani che hanno interrotto la diretta di Donald Trump. Fonte: Daily Mail

È la prima volta nella storia degli Stati Uniti che un suo presidente viene censurato in diretta televisiva.

Parler, Free Speech Social Network

Tutto questo oscuramento social non piace però ai fan di Trump che potrebbero aver trovato una via di fuga. Negli Stati Uniti infatti sta spopolando un nuovo social network, “Parler“. È sostanzialmente la copia in rosso di Twitter, senza cuori o like ma con frecce che puntavo verso l’altro. L’obiettivo della piattaforma è quello di rispettare il Primo Emendamento della Costituzione degli Stati Uniti (quello che tutela la libertà di espressione) e di creare quindi una piattaforma in cui poter pubblicare tutto ciò che si vuole senza subire censure. I repubblicani che sostengono Trump hanno bisogno di uno spazio del genere e, per questo motivo, stanno abbandonando i grandi social per spostarsi su Parler e analizzare e diffondere le loro idee infondate sui brogli elettorali.

5 things to know about Parler, the right-wing-friendly social network - HoustonChronicle.com
Esempio di schermata di Parler, un nuovo social che sta spopolando in America. Fonte: Houston Chronicle.

Piccolo fun fact su questo nuovo social: pare esista un profilo chiamato @mattysalviny con la foto di Matteo Salvini, il leader della Lega. La bio dell’account però esclude il fatto che si tratti del vero Salvini.

Im a girl, pro lgbtq+ rights, blm, kinda acab, fuck ice, pro choice, anti trump and luckily non american. Conservatives are trash

Sono una ragazza, a favore dei diritti lgbtq+, sostenitrice del movimento Black Lives Matter, contro la polizia violenta, contro la violazione dei diritti umani, anti Trump e fortunatamente non americana. I conservatori fanno schifo

 

Sarah Tandurella

Twitter continua la lotta al mondo fake: cancellati migliaia di profili falsi creati per la propaganda cinese

  • I social contro la disinformazione: Twitter etichetta i contenuti ...

In Cina è la solita e vecchia storia. Un governo antidemocratico, antiliberale, anacronistico e immune da ogni forma di cambiamento e che cerca di imporre i propri valori e le proprie credenze oltre che con la forza (vedi le violenti proteste delle scorse settimane contro il Governo di Hong Kong) anche attraverso le nuove tecnologie. In particolare sono i social network ad essere protagonisti e vittime poiché nell’ultimo decennio hanno sempre più inciso sulle idee, sui gusti e persino sugli orientamenti politici di tutta la popolazione mondiale.
A tal proposito Twitter dichiara di aver smascherato decine di migliaia di profili falsi utilizzati per fare propaganda e disinformazione. Nello specifico, sono stati disattivati ben 23.750 account collegati alla Cina che diffondevano ingannevolmente messaggi favorevoli al governo cinese, connessi a circa 150.000 altri account che fungevano da “amplificatori”. Gli account cinesi contenevano tweet legati alle proteste di Hong Kong:

teorie geopolitiche favorevoli al Partito comunista cinese e teorie fuorvianti sulle dinamiche politiche di Hong Kong”, ha spiegato Twitter.

Molti contenuti hanno contribuito a promuovere le opinioni di Pechino sulla lotta al coronavirus (criticandone in particolare la gestione da parte di Taiwan) e le proteste antirazziste negli Stati Uniti. Atteggiamento diverso, invece, quello promosso da Facebook di cui avevamo già parlato in un nostro recente (articolo).

La domanda prima del tweet: «Hai letto l'articolo?» - Ticinonline

Questa “farsa” a favore della disinformazione, non è stata architettata con grande ingegno se pensiamo al fatto che molti dei suddetti account non erano abbastanza sofisticati da far credere agli utenti di essere persone reali: pochi sono riusciti a raggiungere più di 10 followers prima di essere rimossi. Inoltre gran parte di essi non avevano biografie e twittavano principalmente in cinese e in russo. Tuttavia la piattaforma non è raggiungibile in Cina, se non tramite connessioni private, le cosiddette VPN (Virtual Private Network) che si concentravano essenzialmente sui cinesi che vivono all’estero.

Quest’ultima però è solo la più grande delle tre reti smantellate, a cui si aggiungono una russa e una turca. Quella turca contava 7.340 account, impegnati in una narrazione favorevole al presidente Erdogan e al suo partito, l’Akp. Mentre quella russa era composta da poco più di un migliaio di account legati a Current Policy, un sito d’informazione che fa propaganda per conto del governo. Tra le attività della rete c’era la promozione di Russia Unita, il partito del presidente Vladimir Putin, e l’attacco ai dissidenti politici. (Fonte Rai News)

La lotta alle fake news di Twitter continua

Anche nel contrastare le fake news il social network di casa Dorsey ha dimostrato di avere grande attenzione, soprattutto durante l’emergenza Covid-19. L’ultimo escamotage, adesso, sarebbe quello di scoraggiare la condivisione di un articolo senza averlo letto. Infatti la piattaforma a breve testerà una funzione per gli utenti smartphone android, la quale a detta di Jack Dorsey servirà ad «aiutare a promuovere una discussione informata». Non è la prima volta che Twitter dimostra sensibilità riguardo la trattazione trasparente e veritiera delle notizie. Sinonimo che forse si può ancora credere ai valori positivi e originari con cui questi social network erano nati. (Fonte Il Post)

Santoro Mangeruca

È caos in casa Facebook: ecco perché i dipendenti protestano contro Zuckerberg

I dipendenti di Facebook prendono le distanze dalle decisioni di Zuckerberg di non intervenire a oscurare i post di Trump. Su Twitter continuano le polemiche.

Il Presedente Americano Donald Trump il 28 maggio ha firmato un ordine esecutivo con l’intento di ridurre la possibilità, da parte dei social network, di segnalare o eliminare i contenuti dei propri utenti.  Il provvedimento prevede di non censurare neppure i contenuti falsi o che incitano all’odio.

Con la nuova normativa imposta dalla casa bianca, social network come Twitter e Facebook non godranno più di una sorta di “immunità”. Infatti, qualora dovessero eliminare un post le autorità competenti dovranno valutare se hanno leso o meno la libertà di espressione. Il decreto è stato presentato pochi giorni dopo che Twitter ha segnalato due post del presidente, considerandoli come “potenzialmente fuorvianti”. I contenuti non sono stati rimossi, ma è stato allegato un link dove era possibile approfondire i fatti che sono stati riportati erroneamente.
Trump prima di firmare il provvedimento ha affermato che l’esecutivo è volto a

«difendere la libertà di espressione da uno dei pericoli più gravi che si sia dovuto affrontare nella storia americana».

La volontà del Presidente Americano di non censurare i contenuti degli utenti, accade in virtù della norma conosciuta come “Sezione 230” contenuta all’interno del Telecommunications Act statunitense del 1996. Il provvedimento è stato istituito negli anni del boom tecnologico ed emanata per regolarizzare i contenuti pedopornografici, poi modificata nel 2018. La normativa però, esenta le piattaforme dalla responsabilità dei contenuti pubblicati dai propri utenti.

«Sui social media» –afferma Trump – «una manciata di realtà controllano una vasta porzione di tutte le comunicazioni pubbliche e private negli Stati Uniti. Hanno avuto il potere incontrollato di censurare, limitare, modificare, modellare, nascondere, alterare, praticamente qualsiasi forma di comunicazione tra cittadini privati».

Ci sono però dei limiti decisionali da parte di Trump; l’ordine esecutivo prevede infatti che il Dipartimento del Commercio e il procuratore generale William Barr modifichino la legge dalla Federal communications commission (Fcc). L’agenzia governativa è indipendente dal governo e può decidere se modificare o meno le norme vigenti, considerando i social network al pari del giornali.

Ciò che appare chiaro è che Trump punta a diminuire il potere delle grandi piattaforme, cambiando una legge del 1996 che le tutela a livello legale.

Il caso Twitter

L’antefatto tra Twitter e Trump, riguarda due tweet del Presidente considerati fuorvianti dal social network.
Nel primo affermava, senza alcuna prova, che le votazioni per posta avrebbero portato una diffusa frode fiscale nei confronti degli statunitensi. Trump ha prontamente reagito all’accaduto, scrivendo che quest’atto si può considerare censura, e anche quest’ultimo post è stato considerato come “non veritiero”.

Il decreto voluto dal Presidente infatti, cita direttamente Twitter affermando che questo applichi una selettiva che considera, erroneamente, i post come inaffidabili. Nel provvedimenti vengono citati anche Google che, secondo il parere di Trump, aiuterebbe la Cina a spiare i cittadini americani e Facebook che riceverebbe un cospicuo guadagno dalle pubblicità cinesi.

Dipendenti di Facebook in protesta

Il provvedimento di Trump ha creato all’interno dell’aziende del Network abbastanza scompiglio. I dipendenti manifestano contro il rifiuto di CEO, Mark Zuckerberg, di sanzionare i post incendiari del presidente americano. Alcuni dipendenti, infatti, si astengono dal lavorare per contrastare l’imparzialità da parte di Zuckerberg. «Riconosciamo la sofferenza che molti della nostra gente sta provando ora, in particolar modo la nostra comunità nera» affermano i dipendenti, incoraggiando altri lavoratori «a parlare apertamente quando non sono d’accordo con i vertici dell’azienda».
Parlando a Fox News, però, il fondatore del colosso ha affermato che i social privati non dovrebbero essere arbitri della verità di quanto le persone sostengono online.

Il Presidente Americano ha ritwittato l’intervista, dopo che i suoi post che incitavano alla violenza contro i manifestanti non sono stati censurati per incitamento all’odio. Anche il direttore dei prodotti Facebook si discosta dal modo in cui Zuckerberg sta gestendo la situazione e afferma:

«Non sono fiero di come si sta muovendo l’azienda e molti colleghi con cui ho parlato la pensano come me. Dobbiamo far sentire la nostra voce».

Nel corso di una conferenza, tenuta nella giornata di ieri, il numero uno di Facebook Zuckerberg parlando ai suoi dipendenti ha affermato che è stata “una decisione difficile” ma “approfondita” e aggiunge

«Sapevo che avrei dovuto mettere da parte la mia opinione personale, conscio che decisioni come questa avrebbero turbato molti all’interno della compagnia e avrebbero attirato critiche dai media».

Paola Caravelli

https://www.lifegate.it/persone/news/trump-contro-twitter (03/06/2020)

https://www.lastampa.it/esteri/2020/06/02/news/usa-zuckerberg-non-interviene-su-post-di-trump-in-sciopero-i-dipendenti-di-facebook-1.38918721 (03/06/2020)

https://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/2020/06/02/zuckerberg-si-difende-su-trump-decisione-difficile-_799835fe-3bb8-433f-a2b2-416293fe3650.html (03/06/2020)

 

Cambio di colori per il nuovo esecutivo, non chiamatelo Gialloverde

Il via all’esecutivo Gialloblu. Il Governo cambia colore e ottiene la fiducia al Senato, ora tocca alla Camera.

Si chiude con 171 sì, 117 no e 25 astenuti la votazione per la fiducia da Palazzo Madama. E dopo il Senato, tocca a Montecitorio, dove l’esecutivo potrà contare – salvo la presenza di franchi tiratori – sul sì di almeno 346 deputati (222 del M5s e 124 della Lega). Ma le polemiche non tardano a mancare. Il nuovo Governo fa discutere prima ancora di iniziare il mandato. Pentaleghista, legastellato, gialloverde e ora gialloblu.

È il leader della Lega, neo Ministro dell’Interno e vicepresidente del Consiglio ad annunciare il cambio di colore del nuovo esecutivo direttamente con un post su Twitter


per poi replicarsi il 5 giugno scorso


In questi mesi l’ex partito della Padania ha infatti cambiato volto e mission (e colore!): dalla scomparsa della parola “Nord” per vincere la sfida del Sud, ad un tono decisamente più popolare – o populista, come sostiene il segretario reggente del PD Maurizio Martina. Dietro le quinte, nascosto nell’ombra, a muovere i fili, Luca Morisi, 41 anni, mantovano. Guru di Internet e curatore dell’immagine o, come egli stesso si definisce sul suo profilo LinkedIn “digital philosopher” e “social-megafono” per il Matteo giusto.

La Lega, grazie alle direttive del Social Media Strategist, si dipinge così di blu. Scelta cromatica perfetta, dal momento che è la tonalità che, tra tutte, spiegano gli esperti, è indice di sicurezza, affidabilità, serenità. Non a caso è il colore dei Social (Facebook, Twitter, Tumblr, per citarne alcuni) e quindi della comunicazione digitale. La squadra blu scende in campo epurata e svecchiata dalla reggenza Bossi e Matteo Salvini, indossata la fascia da capitano, è ora pronto a innalzare al cielo la coppa più importante di tutte, quella della vittoria.

Ma lo sappiamo tutti: non è l’abito che fa il monaco! Il cambio di colore fa discutere, attestandosi tra i trending topic (tendenze) del giorno. E il giornalista Lorenzo Ferrari su “Il Post” non tarda a replicare: “Magari avessimo un governo giallo-verde”, suggerendo che dietro quest’aria primaverile, di cambiamento, di freschezza, si nasconda in realtà “il Governo più nero della storia della Repubblica e il più nero d’Europa“. Al Parlamento europeo, la Lega si accompagna infatti a “Europa delle Nazioni e delle libertà” di Marine Le Pen; mentre il M5S a “Europa delle Libertà e della Democrazia diretta” di Nigel Farage, rispettivamente estrema destra francese e tedesca.

Una scelta tutt’altro che popolare,insomma, e che di democratico sembra avere ben poco. Nero, giallo o blu ormai non ci interessa granché. Il vento del cambiamento soffia alle nostre porte, non ci resta che accoglierlo e sperare che stavolta, almeno, sia quella giusta.

Elisa Iacovo