L’ONU sigla uno storico trattato, gli oceani non sono più “terra di nessuno”

Dopo quindici anni di lunghi e burrascosi negoziati, lo scorso 5 marzo 193 Stati membri dell’Onu, riuniti a New York in occasione della quinta conferenza intergovernativa, hanno finalmente siglato un accordo globale sulla tutela dell’alto mare. Ovvero quell’area del mare posta al di là dalla zona economica esclusiva (oltre le 200 miglia nautiche e a circa 370 km dalla costa), non sottoposta alla sovranità di alcuno Stato.

Questo trattato “sulla biodiversità marina nelle aree non soggette a giurisdizione nazionale“, permette di istituire, anche in alto mare, aree marine protette e zone di salvaguardia dove pesca indiscriminata e inquinamento saranno vietati. A dicembre gli Stati membri, attraverso l’accordo di Kunming-Montréal (30×30), si erano imposti di riuscire a proteggere almeno il 30% degli oceani entro il 2030. Ma senza un trattato vero e proprio questo obiettivo sarebbe fallito. Adesso però “la nave ha finalmente raggiunto la riva“, come ha affermato Rena Lee, presidente della conferenza.

Svolta storica e decisiva per “i nostri oceani”

Oggi è stato raggiunto il culmine di oltre un decennio di lavori preparatori e di negoziati internazionali in cui l’UE ha svolto un ruolo chiave. Con l’accordo sul trattato delle Nazioni Unite sull’alto mare, si compie un passo avanti fondamentale per preservare la vita marina e la biodiversità, elementi essenziali per noi e per le generazioni future. L’accordo dimostra anche l’importanza della cooperazione multilaterale rafforzata con i nostri partner e costituisce una risorsa importante per realizzare l’obiettivo della COP 15: la protezione del 30% degli oceani. Sono particolarmente orgoglioso del risultato ottenuto!

Queste sono le parole di Virginijus Sinkevičius, Commissario per l’Ambiente, gli oceani e la pesca dell’UE. Effettivamente questo è un grande traguardo, poiché le aree non soggette a giurisdizione nazionale coprono quasi i due terzi degli oceani del mondo (comprese le zone dell’alto mare e fondali marini al di fuori della giurisdizione nazionale). Le risorse marine e la biodiversità che presentano al loro interno, sono dei benefici: ecologici, sociali, culturali, scientifici e di sicurezza alimentare inestimabili per l’umanità. Dal mare deriva metà dell’ossigeno che respiriamo ed esso assorbe metà della Co2, emessa in atmosfera. Ma ultimamente questi fattori sono minacciati dall’inquinamento, dal conseguente cambiamento climatico, da navi sempre più grandi e super tecnologiche che prelevano dalle nostre acque quantità di risorse incompatibili con la loro produzione.

A fronte di una futura domanda di risorse marine per la sopravvivenza globale, in virtù anche della Convenzione dell’ONU sul diritto del mare (UNCLOS), per la prima volta gli Stati si impegnano in una gestione più olistica e sostenibile degli ecosistemi marini anche internazionali.

Rena Lee ha tenuto a precisare che, conclusi i negoziati, l’accordo entrerà in vigore dopo la ratifica da parte di 60 Stati. Il testo sarà adottato solo dopo l’esame da parte degli uffici legali e verrà effettuata la traduzione nelle sei lingue dell’ONU.

L’Unione Europea si pronuncia a sostegno dei paesi in via di sviluppo:

La spartizione delle risorse genetiche come spugne marine, coralli, alghe e batteri (potenzialmente usate in medicina e cosmetica), è stata una delle questioni che impediva l’accordo. I paesi in via di sviluppo, ai quali mancano i mezzi adeguati per finanziare spedizioni e ricerche molto costose, si sono battuti per non essere esclusi dall’accesso a queste risorse. In un dibattitto che ormai si basava solo su una questione di equità Nord-Sud, l’UE si è pronunciata a sostegno di questi paesi. A tal fine in conferenza ha promesso di stanziare 40 milioni di euro, nell’ambito di un programma globale per gli oceani, per facilitare la ratifica del trattato e la sua prima attuazione.

Per le ONG il trattato conclude una “lunga marcia”

L’alto mare è stata finora “terra di nessuno“, questo nuovo trattato dà speranza. Per Greenpeace questa vittoria avviene dopo una “lunga marcia“. L’organizzazione ecologista è riuscita ad ottenere con una petizione, a favore della protezione degli oceani, più di 5,5 milioni di firme raccolte in tutto il mondo. Dalle parole di Laura Meller di Greenpeace:

Questa è una giornata storica per la conservazione e un segno che in un mondo diviso la protezione della natura e delle persone può trionfare sulla geopolitica

Lo sforzo per Greenpeace sarebbe quello di creare una grande mappatura degli oceani del pianeta che individui le aree da privilegiare: Ecologically or Biologically Important Marine Areas (Ebsas). Adesso sostiene l’organizzazione:

Si può aprire una nuova era di responsabilità collettiva per i beni comuni più significativi del nostro pianeta a livello globale. Accogliendo con grande favore l’obbligo di effettuare valutazioni di impatto ambientale delle attività in alto mare, commisurate alla portata dell’impatto

L’organizzazione ha messo a discussione alcuni punti del trattato, ha intravisto delle incognite sul suo futuro. Anche perché mancano solo sette anni al 2030 e ancora di mezzo ci sono molti interessi. Al Mediterraneo l’accordo fornirà, secondo quanto spiega il WWF Italia, uno strumento giuridico di “più forte protezione, per ridurre l’impatto delle crescenti attività industriali e produttive“.

Ma tutto questo gioverà alle “future generazioni”?

Una Conferenza delle parti (Cop), creata dal trattato, si incontrerà periodicamente per verificare il rispetto degli impegni presi. Ma non tutti sono sicuri che questi controlli e questi impegni vengano effettivamente rispettati. Nella storia molti provvedimenti  approvati, a volte non hanno trovato un riscontro concreto e pratico effettivo. Per i giovani d’oggi quella ambientale è la peggiore crisi da dover affrontare. Molte le lotte portate avanti dagli ambientalisti preoccupati per il Climate Change, per l’inquinamento ed un uso scorretto delle nostre risorse (tra cui gli oceani). Tra fiduciosi e non, la speranza che queste nuove decisioni possano andare a buon fine c’è!  Come ha affermato il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres:

Questo trattato è una vittoria per il multilateralismo e per gli sforzi globali per contrastare le tendenze distruttive che minacciano la salute degli oceani, oggi e per le generazioni a venire

Ma sarà davvero così? Questa nave toccherà davvero la riva? Per ora potremo solo stare a vedere cosa accadrà effettivamente nei prossimi mesi o forse nei prossimi anni!

Marta Ferrato

 

Tutela ambientale e rispetto intergenerazionale in Costituzione, approvata la riforma

La tutela ambientale, degli animali e la giustizia intergenerazionale hanno vinto il loro posto in Costituzione in seguito all’approvazione, da parte della Camera, della proposta di riforma costituzionale depositata in Parlamento nell’ottobre 2021. Oggetto della modifica sono stati gli articoli 9 e 41 della Costituzione, che adesso presentano rispettivamente un nuovo comma ed un nuovo inciso.

«Penso che sia una giornata epocale», commenta il ministro della Transizione Ecologica, Roberto Cingolani, presente in aula a Montecitorio al momento del voto.

È giusto che la tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi diventi un valore fondante della nostra Repubblica, è un passaggio imprescindibile per un Paese come l’Italia che sta affrontando la propria transizione ecologica. Per le azioni che facciamo oggi e per le conseguenze che ci saranno in futuro sulle prossime generazioni, questa conquista è fondamentale  e ci permette di  avere regole ben definite per proteggere il nostro pianeta.

Il testo, alla seconda lettura alla Camera, è passato a Montecitorio con 468 voti a favore, un contrario e sei astenuti – tutti esponenti di Fratelli d’Italia. Questo intervento si cala all’interno di un piano di riforma previsto e promosso dallo stesso PNRR, come approvato in base alle linee guida europee.

I nuovi articoli 9 e 41

(In grassetto le modifiche apportate dalla riforma)

Sarebbe quanto meno erroneo ritenere che prima di questa riforma la Costituzione non tutelasse l’ambiente, la biodiversità, gli ecosistemi e non guardasse alle future generazioni (almeno in via programmatica). Dal momento che la nostra Costituzione è di tipo aperto, è da ritenersi che tutto ciò che non sia esplicitato venga implicitamente tutelato ai sensi degli stessi articoli 2 e 3 (così come di altre previsioni costituzionali) che tutelano i diritti inviolabili dell’uomo e l’uguaglianza.

Tuttavia, un richiamo esplicito permette di aggiungere ai beni sopracitati un ulteriore apporto valoriale, così come ha affermato lo stesso dossier rilasciato dal Parlamento in seguito all’approvazione della riforma:

[…] In tale prospettiva l’ambiente si configura non come mero bene o materia competenziale, bensì come valore primario e sistemico.

Il nuovo terzo comma dell’art.9 (che rientra tra i principi fondamentali) è ulteriore rispetto alla menzione della “tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali” previsto dall’articolo 117, secondo comma della Costituzione – introdotto con la riforma del Titolo V – nella parte in cui enumera le materie di competenza esclusiva statale (per cui alle Regioni non è lasciato margine quanto all’emanazione di leggi). Tuttavia, una sentenza della Corte Costituzionale del 2020 ha previsto il diritto, in capo alle Regioni, di derogare in meglio la tutela ambientale: le Regioni potranno legiferare discostandosi dalla legislazione nazionale solo per assicurare più alti livelli di tutela ambientale.

La sentenza affronta anche la problematica delle terre degradate, affermando la necessità che la tutela paesaggistica prevista all’articolo 9 venga declinata non solo in interventi conservativi, ma finalizzati anche «all’acquisizione e al recupero dei territori degradati».

(fonte: rinnovabili.it)

Il nuovo inciso dell’art.41 prevede di aggiungere all’attuale previsione – in base alla quale l’iniziativa economica privata è libera e non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana – l’ulteriore vincolo che essa non possa svolgersi in modo tale da recare danno alla salute e all’ambiente.

Per meglio specificare, il legislatore ha addotto una recente giurisprudenza della Corte Costituzionale, risalente al caso dell’Ilva di Taranto, che in una pronuncia del 2018 ha sottolineato la necessità di contemperare l’interesse all’iniziativa economica con altri diritti fondamentali (quale quelli alla salute e all’ambiente), in modo tale da non permettere che uno prevalga sull’altro e viceversa. Ha poi invitato il legislatore ad effettuare un intervento sistematico, al fine che la tutela «non sia frazionata in una serie di norme non coordinate ed in potenziale conflitto tra loro».

Infine, il dossier contiene anche un riferimento alla caccia, che rimane di competenza delle Regioni ma sempre e comunque nei limiti – di tutela dell’ambiente ed ecosistema – disposti dall’articolo 117 della Costituzione.

Transizione ecologica tra rinnovabili e nucleare

La riforma costituzionale giunge a neanche un mese dall’introduzione, nella tassonomia europea delle fonti sostenibili, dell’energia nucleare e del gas naturale. Avevamo già parlato di alcuni miti da sfatare circa l’energia nucleare, ma è bene rammentare che il dibattito resta ancora acceso. Infatti, il segretario del Partito Democratico Enrico Letta ha espresso in un tweet disapprovazione nei confronti della scelta della Commissione Europea (trovando approvazione da parte del MoVimento 5 Stelle):

D’altro canto, il segretario di Lega Matteo Salvini si è detto favorevole a quanto disposto dalla Commissione. L’ASviS (Alleanza italiana per lo Sviluppo Sostenibile) ha affrontato l’argomento in un articolo, facendo un bilancio tra pro e contro dell’energia nucleare: da un lato, riportando le opinioni positive dei Comitati scientifici europei; dall’altro, riportando le opinioni dell’ala verde del Parlamento UE, che avrebbe accusato la Commissione di greenwashing del nucleare e del gas.

Ed in effetti, il vero dramma da evitare per la nostra Costituzione è che rimanga lettera consacrata ma mai attuata, in una prospettiva che vede già numerose operazioni di greenwashing svolgersi all’ordine del giorno senza un vaglio giurisdizionale che ne accerti l’illegittimità. Se non altro, almeno per non far divenire la nostra stessa Carta Costituzionale un’ulteriore operazione di greenwashing.

Valeria Bonaccorso