Carla: tributo all’indimenticabile étoile

 

 

“Carla” è una sublime combinazione tra danza e cinema, incanto e nostalgia. Una piccola perla del panorama cinematografico italiano – Voto UVM: 5/5

Chi era Carla Fracci?

“La danza è una carriera misteriosa, che rappresenta un mondo imprevedibile ed imprendibile … non basta soltanto il talento, è necessario affiancare alla grande vocazione, la tenacia, la determinazione, la disciplina, la costanza.” –  Carla Fracci

 

Carla Fracci, nome d’arte di Carolina Fracci, nata a Milano il 20 agosto 1936 e deceduta lo scorso 27 maggio, è considerata una delle più grandi ballerine del ventesimo secolo. Nel 1981 il New York Times la definì “prima ballerina assoluta”, colei che scrisse la storia del balletto grazie ai suoi ruoli romantici e drammatici, tra i quali Giselle, forse, il suo ruolo più famoso ed iconico.

Carla è rimasta impressa nell’immaginario comune come “la donna in bianco”, colore della purezza, della pace, della libertà.

Carla Fracci, La Sylphide 1985. Fonte: danzaeffebi.com

Iniziò a studiare danza dal 1946 al Teatro alla Scala dove, da lì a poco, dopo essersi diplomata, divenne danzatrice solista e prima ballerina, prendendo parte anche a numerosi stage a Londra, Parigi e New York.

Regista di alcune delle sue più grandi opere fu il marito, Beppe Menegatti, conosciuto dietro le quinte e allora assistente di Luchino Visconti alla Scala.

“Fra me e Carla è stato così: ammirazione che si è trasformata a poco a poco in sentimento e comunione di intenti.” – Beppe Menegatti

Il tributo della Rai: Carla

Carla è il film tratto dall’autobiografia Passo dopo passo. La mia storia della stessa Carla Fracci.

Il film, una produzione Rai diretta da Emanuele Imbucci, distribuito in anteprima nei cinema dall’8 al 10 novembre 2021 e trasmesso su Rai 1 il 5 dicembre, vede come protagonista la famosa attrice italiana Alessandra Mastronardi, nota per i suoi ruoli di Eva ne I Cesaroni –  grazie alla quale si è fatta conoscere al grande pubblico – e Alice Allevi ne L’Allieva.

Carla Fracci e Alessandra Mastronardi durante le riprese del film. Fonte: fanpage.it

Fin dalle prime immagini si può notare l’incredibile somiglianza tra l’attrice e la ballerina, sarà forse un caso? In realtà fu la stessa Carla Fracci a sceglierla, quando era ancora in vita, dandone consulenza per la realizzazione del film insieme al marito Beppe.

La danza e la semplicità come protagoniste

La storia è ambientata nella Milano dell’immediato dopoguerra.

Carla, figlia di un tranviere dell’ATM e proveniente da una famiglia umile, viene iscritta alla Scuola di Ballo del rinomato Teatro alla Scala ( al cui interno sono girate realmente le scene).

Dopo essere stata scelta come ballerina solista nell’opera Lo spettro della rosa, conosce colui che sarà poi suo marito per il resto della vita, il regista Beppe Visconti, da cui ebbe un figlio. Dopo la maternità, affrontando le critiche sulla decisione di diventare madre – scelta quasi impensabile per una ballerina – ritorna sulle scene con Lo Schiaccianoci.

La vita di Carla viene raccontata egregiamente alternandovi scene reali di opere storiche della stessa Fracci. Un film toccante, completo e accurato, malinconico al punto giusto, e in cui l’arte della danza viene posta al centro, con il dietro quinta in cui viene mostrato il sogno, il desiderio, la passione, la tenacia, il sudore, il dolore e la stanchezza fisica delle ballerine.

“La danza è medicina … La danza aiuta nei momenti tristi e nei momenti felici. Lei c’è sempre.”

Ritratto di Carla Fracci. Fonte: faremusic.it

«L’arma di seduzione più potente per me è la semplicità.» afferma Alessandra Mastronardi. Parole assolutamente vere nel suo caso: bellezza acqua e sapone, dolcezza, compostezza, semplicità e umiltà caratterizzano la personalità dell’attrice che riesce sempre a toccare il cuore del pubblico. Con immensa bravura, il sorriso sempre sul volto, e la capacità costante di mettersi in gioco, riesce anche questa volta a conquistare quasi 4 milioni di telespettatori, secondo i dati auditel Rai.

Donna e attrice eccezionale, sicuramente tra le più amate in Italia, la Mastronardi è quasi sicuramente destinata ad essere ricordata a lungo termine.

Alessandra Mastronardi in un’immagine promozionale del film “Carla”. Fonte: Rai

Film memorabile?

Lo è senza alcun dubbio. Per gli amanti e non dei film biografici, la pellicola racconta con maestria la storia di una delle donne che hanno fatto la storia del nostro Paese.

Carla raffigura l’incontro tra uno stagno e una libellula, che posandosi leggera sulla superficie dell’acqua, rende forte e chiaro il desiderio di volare … In questo caso con delle scarpette da punta, emblema della danza classica.

È così che viene messo un punto alla storia della ballerina più famosa e amata d’Italia.

“A te, étoile per sempre”

Marco Abate

 

 

Fabrizio De Andrè: Musica, Poesia e Società

Lunedì 1 aprile 2019. Ore 15:40. Auditorium del Dipartimento di Civiltà Antiche e Moderne dell’Università di Messina. L’associazione Must, ha dato vita ad un incontro intitolato “Fabrizio De Andrè: Musica, Poesia e Società”, in occasione dei 20 anni dalla scomparsa del famoso cantautore.

Durante l’incontro sono intervenuti il professore Giorgio Forni, ricercatore universitario, il professore di comunicazione e giornalismo Francesco Pira e il professore Marcello Mento, giornalista della Gazzetta del Sud. Ai partecipanti sono stati riconosciuti 0,25 CFU.

Nel corso del convegno sono state analizzate le canzoni di De André come vere e proprie poesie del Novecento italiano, un’indagine concentrata sull’umanità dell’autore e dei testi, sui temi e i sentimenti più forti: la necessità dell’amore, l’incombenza della morte, la ricerca di Dio.

La musica leggera italiana, dal principio sino ad ora, ha conosciuto trasformazioni perenni, metamorfosi, innovazioni del linguaggio, dei contenuti e dei destinatari. Come ogni arte è specchio di informazioni sull’uomo.

L’esordio di Fabrizio De André come cantante coincide con un periodo di palpabile fermento nel mondo della musica e nella società italiana. A questa fase di rinnovamento egli partecipa attivamente, muovendo la sua personale ricerca in direzione di nuovi contenuti e nuove forme. La finalità di De André e di altri cantautori è accompagnare alla musica una maggiore profondità testuale, una varietà di argomenti “alti” e “altri” rispetto alla tradizione canzonettistica del paese. Ne consegue la necessità di conformare alle nuove e più impegnate tematiche un linguaggio e una forma adatta a sostenerne lo slancio.
Nell’ascoltare le canzoni del cantante genovese ci si accorge immediatamente della cura che la scelta di ogni parola ha richiesto. Come nella poesia ogni termine occupa un suo posto specifico, per contenuti, musicalità, esigenze metriche o stilistiche, allo stesso modo, nelle canzoni di De André, la parola impiegata colma tutto lo spazio a sua disposizione e ha un’assolutezza che la fa apparire come insostituibile.

Fabrizio De André era maniacale, perfezionista e puntiglioso, capace di stare per giorni interi a cercare la parola giusta da incastrare in un verso, ma era anche un grande compositore musicale, oltre che attento ricercatore di musica antica e popolare. Spicca la perfetta fusione fra una melodia leggera anche se drammatica, e un testo che dietro alla poesia, volutamente ingenua. Uno degli stratagemmi musicali utilizzati dal compositore durante la prima parte della sua carriera era l’alternanza tra la tonalità di La minore e quella di Do minore. L’ascoltatore, nei testi di Faber – così soprannominato per la sua passione per le matite colorate –  si immerge completamente. Il cantautore spesso si appropria di stili, sonorità o addirittura di melodie, prese in prestito dalla sua memoria.

L’ultima grande fonte di influenza, una tra quelle che maggiormente hanno caratterizzato il suo stile musicale, è stata la musica etnica. Molteplici sono state le influenze folcloristiche nella musica del Maestro, partendo dalle influenze del bacino mediterraneo, ad esempio con l’utilizzo del classico giro armonico della tarantella napoletana o come il dialetto genovese  che riesce a fare da base ad una straordinaria serie di influenze musicali mediterranee, che vengono dalla Catalogna, attraverso la Sardegna e si spingono fino al medio oriente, per poi risalire in Grecia ed arrivare a lambire i Balcani.

Vent’anni fa, l’11 gennaio 1999, se ne andava Fabrizio De Andrè. Ci resta la sua buona novella, chissà se qualcosa l’abbiamo imparata interrogandoci su come avrebbe cantato questo nostro tempo.

Gabriella Parasiliti Collazzo