Tutela ambientale e rispetto intergenerazionale in Costituzione, approvata la riforma

La tutela ambientale, degli animali e la giustizia intergenerazionale hanno vinto il loro posto in Costituzione in seguito all’approvazione, da parte della Camera, della proposta di riforma costituzionale depositata in Parlamento nell’ottobre 2021. Oggetto della modifica sono stati gli articoli 9 e 41 della Costituzione, che adesso presentano rispettivamente un nuovo comma ed un nuovo inciso.

«Penso che sia una giornata epocale», commenta il ministro della Transizione Ecologica, Roberto Cingolani, presente in aula a Montecitorio al momento del voto.

È giusto che la tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi diventi un valore fondante della nostra Repubblica, è un passaggio imprescindibile per un Paese come l’Italia che sta affrontando la propria transizione ecologica. Per le azioni che facciamo oggi e per le conseguenze che ci saranno in futuro sulle prossime generazioni, questa conquista è fondamentale  e ci permette di  avere regole ben definite per proteggere il nostro pianeta.

Il testo, alla seconda lettura alla Camera, è passato a Montecitorio con 468 voti a favore, un contrario e sei astenuti – tutti esponenti di Fratelli d’Italia. Questo intervento si cala all’interno di un piano di riforma previsto e promosso dallo stesso PNRR, come approvato in base alle linee guida europee.

I nuovi articoli 9 e 41

(In grassetto le modifiche apportate dalla riforma)

Sarebbe quanto meno erroneo ritenere che prima di questa riforma la Costituzione non tutelasse l’ambiente, la biodiversità, gli ecosistemi e non guardasse alle future generazioni (almeno in via programmatica). Dal momento che la nostra Costituzione è di tipo aperto, è da ritenersi che tutto ciò che non sia esplicitato venga implicitamente tutelato ai sensi degli stessi articoli 2 e 3 (così come di altre previsioni costituzionali) che tutelano i diritti inviolabili dell’uomo e l’uguaglianza.

Tuttavia, un richiamo esplicito permette di aggiungere ai beni sopracitati un ulteriore apporto valoriale, così come ha affermato lo stesso dossier rilasciato dal Parlamento in seguito all’approvazione della riforma:

[…] In tale prospettiva l’ambiente si configura non come mero bene o materia competenziale, bensì come valore primario e sistemico.

Il nuovo terzo comma dell’art.9 (che rientra tra i principi fondamentali) è ulteriore rispetto alla menzione della “tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali” previsto dall’articolo 117, secondo comma della Costituzione – introdotto con la riforma del Titolo V – nella parte in cui enumera le materie di competenza esclusiva statale (per cui alle Regioni non è lasciato margine quanto all’emanazione di leggi). Tuttavia, una sentenza della Corte Costituzionale del 2020 ha previsto il diritto, in capo alle Regioni, di derogare in meglio la tutela ambientale: le Regioni potranno legiferare discostandosi dalla legislazione nazionale solo per assicurare più alti livelli di tutela ambientale.

La sentenza affronta anche la problematica delle terre degradate, affermando la necessità che la tutela paesaggistica prevista all’articolo 9 venga declinata non solo in interventi conservativi, ma finalizzati anche «all’acquisizione e al recupero dei territori degradati».

(fonte: rinnovabili.it)

Il nuovo inciso dell’art.41 prevede di aggiungere all’attuale previsione – in base alla quale l’iniziativa economica privata è libera e non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana – l’ulteriore vincolo che essa non possa svolgersi in modo tale da recare danno alla salute e all’ambiente.

Per meglio specificare, il legislatore ha addotto una recente giurisprudenza della Corte Costituzionale, risalente al caso dell’Ilva di Taranto, che in una pronuncia del 2018 ha sottolineato la necessità di contemperare l’interesse all’iniziativa economica con altri diritti fondamentali (quale quelli alla salute e all’ambiente), in modo tale da non permettere che uno prevalga sull’altro e viceversa. Ha poi invitato il legislatore ad effettuare un intervento sistematico, al fine che la tutela «non sia frazionata in una serie di norme non coordinate ed in potenziale conflitto tra loro».

Infine, il dossier contiene anche un riferimento alla caccia, che rimane di competenza delle Regioni ma sempre e comunque nei limiti – di tutela dell’ambiente ed ecosistema – disposti dall’articolo 117 della Costituzione.

Transizione ecologica tra rinnovabili e nucleare

La riforma costituzionale giunge a neanche un mese dall’introduzione, nella tassonomia europea delle fonti sostenibili, dell’energia nucleare e del gas naturale. Avevamo già parlato di alcuni miti da sfatare circa l’energia nucleare, ma è bene rammentare che il dibattito resta ancora acceso. Infatti, il segretario del Partito Democratico Enrico Letta ha espresso in un tweet disapprovazione nei confronti della scelta della Commissione Europea (trovando approvazione da parte del MoVimento 5 Stelle):

D’altro canto, il segretario di Lega Matteo Salvini si è detto favorevole a quanto disposto dalla Commissione. L’ASviS (Alleanza italiana per lo Sviluppo Sostenibile) ha affrontato l’argomento in un articolo, facendo un bilancio tra pro e contro dell’energia nucleare: da un lato, riportando le opinioni positive dei Comitati scientifici europei; dall’altro, riportando le opinioni dell’ala verde del Parlamento UE, che avrebbe accusato la Commissione di greenwashing del nucleare e del gas.

Ed in effetti, il vero dramma da evitare per la nostra Costituzione è che rimanga lettera consacrata ma mai attuata, in una prospettiva che vede già numerose operazioni di greenwashing svolgersi all’ordine del giorno senza un vaglio giurisdizionale che ne accerti l’illegittimità. Se non altro, almeno per non far divenire la nostra stessa Carta Costituzionale un’ulteriore operazione di greenwashing.

Valeria Bonaccorso

 

 

Il potere della Costituzione a servizio delle future generazioni: così l’ambiente torna al centro del dibattito

Roberto Cingolani, ministro per la transizione ecologica – fonte: baritoday.it

Ne abbiamo sentito parlare per 40 anni, ma ora potrebbe diventare realtà. A vantarlo come punto saliente, il discorso programmatico del presidente del Consiglio Mario Draghi al Senato: sviluppo sostenibile e giustizia intergenerazionale. Negli ultimi anni il dibattito attorno a questi temi è stato acceso e, rispetto ad alcuni punti, crudele. Sempre più si è fatta notare una mancanza di attenzione verso le generazioni future; sempre più sono state criticate decisioni prese in vista dell’immediato futuro anziché di quello lontano. Abbiamo assistito a catastrofi naturali pensando che la Natura si stesse rivoltando contro di noi – spesso, abbiamo desiderato di estinguerci per non nuocerle più.

Eppure, l’ultimo anno, la pandemia, il lockdown ci hanno servito alcuni dei fenomeni più intensi degli ultimi decenni: la Terra che si riappropria dei suoi spazi. Vedere i delfini nuotare tra i cristallini canali di Venezia ha risvegliato nei più un profondo senso di appartenenza al mondo. Adesso l’uomo sta ricevendo un messaggio: la crisi ha dimostrato che l’unica strada percorribile è quella della corresponsabilità, laddove ognuno sia consapevole che le proprie scelte influiranno sul destino del prossimo. Ecco allora che la celebre frase di Draghi, “Vogliamo lasciare un buon pianeta, non solo una buona moneta”, si cala all’interno di un contesto che ha coscienza del fatto che l’ambiente non sia più un elemento sacrificabile.

Un delfino nuota nei canali veneziani durante il primo lockdown del 2020 – fonte: mondoaeroporto.it

Da quanto emerso, il nuovo premier sembra intenzionato a garantire il realizzarsi di una riforma costituzionale, avviata dal precedente governo, che si sta trattando in Parlamento. Per la precisione, la riforma coinvolgerebbe gli articoli 2, 9 e 41 della Costituzione. Anche nel 1983 la Commissione Bozzi aveva avanzato una proposta del genere con l’unico risultato di cadere nel vuoto per 38 lunghi anni. Ne deriva che nel migliore dei casi otterremmo la tutela delle generazioni future, dell’ambiente e lo sviluppo sostenibile come diritti inviolabili del singolo e delle sue formazioni sociali; avremmo poi un’iniziativa economica costretta a rispettare i principi dello sviluppo sostenibile. Nel peggiore, tutto rimarrebbe com’è – con la novità del Recovery Plan che imporrebbe in ogni caso degli interventi orientati in questo senso.

Se nelle ultime settimane abbiamo sentito tanto parlare di ambiente, di sviluppo sostenibile e di transizione ecologica (a cui è stato dedicato un ministero nel neo-governo), è proprio per questo: una delle condizioni che tengono in sospeso il Recovery Fund è l’attuazione della transizione ecologica e digitale del nostro Paese – ossia il raggiungimento di un impatto ambientale pari a zero.

I criteri ai quali devono essere ispirati i piani di ripresa nazionali – fonte: consilium.europa.eu

Ma si tratta di obbiettivi a lungo termine che possono essere conquistati solo col tempo, da generazioni che non sono le nostre. In sostanza, si tratta di comprendere non soltanto cosa il presente stia lasciando a noi, ma soprattutto cosa noi lasceremo in mano ai nostri figli. Ottimisti sì, ma senza illuderci che una tutela formale – benché di massima importanza – possa di per sé comportare un cambiamento sostanziale.

Se pensiamo anche solo all’Accordo di Parigi, trattato ambientalista internazionale che quasi tutti i paesi del mondo si sono impegnati a firmare, e a come esso non venga rispettato da molti membri del G20, la questione appare ancor più evidente. Però è da questo primo passo che ci si rende conto dell’anacronismo tra la situazione attuale e l’aprioristica e dogmatica difesa del testo costituzionale. Chi, dopo e nonostante tutto, invoca l’intoccabilità della Costituzione sminuisce la sua vera potenza, la capacità di adattarsi al carattere vivente ed in evoluzione della realtà al fine di tutelarne ogni aspetto. Ora più che mai si avverte l’urgenza di muovere passi, anche piccoli. E’ l’insegnamento della pandemia: proiettarsi nel futuro, imparare del passato, mai rimanere attanagliati al presente.

Valeria Bonaccorso

Articolo pubblicato il 25 febbraio 2021 sull’inserto NoiMagazine di Gazzetta del Sud

Cos’è il ministero per la transizione ecologica e perché è importante per il Recovery Fund

(fonte: ilpost.it)

Ieri il presidente incaricato Mario Draghi ha terminato il proprio giro di consultazioni incontrando gli esponenti di varie associazioni ambientaliste, tra cui la presidente del WWF Donatella Bianchi.

Al termine dell’incontro, quest’ultima ha annunciato la volontà del possibile nuovo governo d’istituire un Ministero per la Transizione Ecologica. Ma perché se ne parla?

La transizione ecologica alla base del sostegno dei pentastellati

La nozione di “transizione ecologica” si lega strettamente a quella di “sviluppo sostenibile”. Mentre la seconda riguarda un tipo di sviluppo che incontra le necessità del presente senza intaccare le opportunità delle future generazioni, la prima consiste nel rilocalizzare l’economia, soprattutto la produzione e il consumo e diventare autonomi il più possibile sul proprio territorio per ridurre al minimo la dipendenza dal petrolio (Hopkins).

La proposta di un ministero a ciò adibito era stata avanzata dalla deputata di Liberi e Uguali Rossella Muroni e poi rinnovata da Beppe Grillo del MoVimento 5 Stelle durante le consultazioni con Draghi.

Un sollievo per il M5S che ormai da giorni, a seguito di una spaccatura, cercava un tema centrale su cui focalizzare il consenso dei propri elettori. Per questa ragione il partito ha presentato un sondaggio sulla piattaforma Rousseau che invita gli elettori a scegliere – letteralmente – se appoggiare il nuovo governo o meno.

Il ministro degli Esteri Luigi di Maio ha commentato la notizia congratulandosi con Beppe Grillo.

Tra gli altri partiti, anche la Lega si è espressa a favore del piano per la transizione ecologica approfittando dell’occasione per ribadire l’appoggio alla creazione di un ponte sullo Stretto di Messina.

L’opposizione guidata da Giorgia Meloni ha invece criticato la scelta ed in particolare l’atteggiamento dei pentastellati, affermando:

L’importanza per il Recovery Fund

La nascita di questo nuovo ministero trova massima importanza nel destino del Recovery Fund. Infatti, i fondi europei disposti per la ripresa degli stati membri sono legati a tre condizioni, tra cui quella di “un contributo effettivo alla transizione verde e a quella digitale” (consilium.europa.eu). Ancora, il piano di ripresa Next Generation EU erogherà prestiti e sovvenzioni per una somma di 10 miliardi ad un Fondo per la transizione giusta.

I fondi sono dunque legati alla realizzazione di queste condizioni, ossia all’allineamento degli Stati al Green Deal europeo, un piano della Commissione Europea nato per combattere il cambiamento climatico.

All’interno di questa prospettiva anche il governo Conte-bis aveva approvato un piano per la transizione con lo stanziamento di 67,5 miliardi di euro, ma era stato molto criticato dalle associazioni ambientaliste.

(fonte: huffingtonpost.it)

I ministeri per la transizione ecologica in altri Stati

In realtà, anche in Italia esiste già un organo dedicato alla transizione: il DITEI (Dipartimento per la Transizione Ecologica e gli Investimenti Verdi), che è subordinato al Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare. Le varie competenze saranno probabilmente ereditate dal nuovo ministero che va formandosi. Basta pensare alle politiche per la transizione ecologica e l’economia circolare; alle azioni internazionali per il contrasto dei cambiamenti climatici; alle politiche di sviluppo sostenibile a livello nazionale e internazionale; all’individuazione e gestione dei siti inquinati.

(fonte: twitter.com)

Intanto, in altri Stati europei (e non), tale organo è già attivo da diverso tempo:

  • Per la Francia il ministero dell’Ecologia è, dal 2020, ministero della Transizione Ecologica con a capo Barbara Pompili.
  • In Spagna esiste il ministero per la Transizione ecologica e la Sfida demografica (Miteco), che si occupa di lotta al cambiamento climatico, biodiversità, della transizione energetica a un modello produttivo e sociale più ecologico e di demografia.
  • In Costa Rica si trova il ministero dell’Ambiente e dell’Energia (Minae) con a capo Andrea Meza Murillo.

 

Valeria Bonaccorso