Quando la passione grida e la ragione tace. Medea oltre la vendetta

Quante voci soffocate tra le pagine della letteratura? Quante parole, intrise di pregiudizio e ostilità, hanno contribuito a marginalizzare l’esperienza femminile? Notiamo una costante, un’ombra che ci perseguita attraverso i secoli:  le voci soffocate delle donne, accompagnate dall’eco di un linguaggio che denigra e oscura. Come il grido disperato e poi vendicativo di Medea, la cui passione tradita si trasformò in un monito eterno sulla furia di una donna ferita e sulla violenza che può scaturire dal silenzio imposto.

Una letteratura che ha spesso oscillato tra l’idealizzazione e la marginalizzazione della figura femminile, descritta come creatura angelica o demoniaca, incapace di ragionare, privata di una voce autonoma e rappresentata attraverso il filtro dello sguardo maschile.

 

Medea e la vendetta nella tragedia

Medea. Eroina tragica, un turbine di emozioni, una psiche contorta. Una donna che ha abbandonato tutto e ha  dimostrato una labilità emotiva tipicamente umana. Tragica è la complessità della potente donna di Euripide, demonizzata per il suo dolore e la sua rabbia, interpretati attraverso la follia e la vendetta.

Medea, barbara e straniera in terra greca, abbandona la sua patria e la sua famiglia per amore di Giasone, eroe in cerca del Vello d’Oro.
Grazie alla sua astuzia e alle sue arti magiche, lo aiuta a conquistare l’impresa, legando indissolubilmente il suo destino a quello dell’amato. Tuttavia, la passione si incrina di fronte all’ambizione di Giasone, che la ripudia per sposare la giovane principessa Glauce, figlia del re Creonte.

È in questo abisso di umiliazione e abbandono che emerge una Medea “iconica”: non più l’amante devota, ma la donna ferita nell’orgoglio e nella dignità, che non può sopportare di essere messe in un angolo. Consumata dalla rabbia e da un desiderio di vendetta che non conosce limiti, arriva a compiere tradimenti e uccisioni, pur di ricevere un amore totalizzante e incondizionato.

Attraverso un’oscillazione tra la forza intellettuale e la vulnerabilità emotiva,  la protagonista di una delle tragedie più note di Euripide mostra come la sua voce, quando ignorata, possa trasformarsi in un atto di distruzione.

 

Un potente archetipo femminile

«Di tutte le creature che hanno anima e cervello, noi donne siamo le più infelici; per prima cosa dobbiamo, a peso d’oro, comprarci un marito, che diventa padrone del nostro corpo – e questo è il male peggiore. Ma c’è un rischio più grande: sarà buono o cattivo? Separarsi è un disonore per le donne, e rifiutare lo sposo è impossibile. Se poi vieni a trovarti fra nuove usanze e abitudini diverse da quelle di casa tua, dovresti essere un’indovina per sapere come comportarti con il tuo compagno. […] Dicono che viviamo in casa, lontano dai pericoli, mentre loro vanno in guerra; che follia! È cento volte meglio imbracciare lo scudo piuttosto che partorire una volta sola».

(Euripide, Medea, vv.230-251)

Questo sfogo di Medea, definito come il primo manifesto femminista della letteratura greca, esprime la sua profonda infelicità e la condizione di svantaggio delle donne della Grecia antica, legate a una forma di ingiustizia.

Una mentalità androcentrica quella della cultura greca, contestata dal tragediografo greco. Con un accenno alla propria condizione, Medea si presenta come una parte di insieme, richiedendo una certa complicità all’identità femminile.

La tragedia mette in discussione i ruoli di genere e le dinamiche di potere nelle relazione, in cui la donna si ribella e affronta la battaglia emotiva che la rende vittima di se stessa.

Medea ci offre una lettura in chiave femminista, rivelando una donna che si ribella alla subordinazione e si riappropria del proprio destino, sebbene con mezzi estremi.

Il cuore della tragedia è il tradimento e la conseguente vendetta. Niente di nuovo se pensiamo alla condizione che ci ritroviamo ad affrontare ai nostri giorni. Relazioni tossiche, crimini “passionali” e confini di libertà oltrepassati.

Oggi, in un’epoca di crescente consapevolezza sulla necessità di decostruire gli stereotipi, la figura di Medea si rivela stimolante nelle riflessioni sul potere femminile, sulla sua repressione e sulle sue possibili, anche tragiche, manifestazioni. Ci invita a considerare la storia non solo come un racconto di orrore, ma ad affrontare sempre gli stessi problemi, evidentemente non superati.

Una tragedia che, dopo 2500 anni, continua a rappresentare un attuale specchio doloroso delle passioni umane.

Elisa Guarnera

Milano, studentessa di 19 anni si toglie la vita. “Ho fallito nello studio”

Ogni anno aumentano i casi di studenti che si tolgono la vita per un personale fallimento nel percorso di studi. Questi atti sono diventanti ormai una vera e propria piaga sociale. Sono storie di giovani che non riesco a raggiungere degli standard, spesso imposti dalla società e dalla famiglia: avere una buona media dei voti, laurearsi in tempo, trovare subito un buon lavoro.

Queste pressioni sociali sono spesso controproducenti, inducono a compiere atti estremi come il suicidio. Lo scorso mercoledì 1 febbraio, una giovane studentessa di 20 anni sudamericana, è stata trovata morta nei bagni dell’Università Iulm di Milano, presso l’edificio 5 in via Santander. A dare l’allarme è stato un custode all’apertura dell’ateneo. La ragazza in un biglietto trovato dai carabinieri, parlava dei suoi “personali fallimenti nello studio”.

Un tragico risveglio. L’Università Iulm esprime il suo cordoglio

Il corpo della ragazza era adagiato a terra con una sciarpa intorno al collo. I carabinieri della stazione Barona e della sezione Investigazioni scientifiche del nucleo investigativo, che hanno effettuato i rilievi, hanno trovato un biglietto nella borsa della ragazza in cui manifestava l’intenzione di suicidarsi. I soccorsi, se pur arrivati subito, non hanno potuto far altro che constatare il decesso della ragazza. Che le cause siano quelle di un suicidio volontario, sembrerebbero essere vere. Dato che da alcuni accertamenti, sul corpo della ragazza non sono stati trovati segni di violenza. Allora si è veramente uccisa “per suoi fallimenti negli studi”. Da quanto scritto su quel biglietto.

L’ateneo dato il tragico risveglio, attraverso i propri canali social ha comunicato a tutti, le decisioni prese dal Senato Accademico riunitosi in seduta straordinaria.

 

Post di cordoglio sull’account Instagram, Fonte: Profilo Iulm

 

Un duro colpo non solo per gli studenti, ma anche per il rettore dell’Università, Gianni Canova. Dopo la tragedia scrive in una lettera ciò che per lui dovrebbe essere l’università:

Un luogo in cui tutti si sentano a casa, capiti e ascoltati. Dove non siano i voti l’unico criterio di misurazione del valore. Dove il pensiero critico, l’intelligenza emotiva e relazionale, la creatività siano valori apprezzati. Dove tutte le sensibilità siano accolte e dove nessuno debba vergognarsi delle proprie fragilità

Mette in evidenza questo forte “disagio” che non può essere “ignorato”. Fa riferimento a quanto l’esperienza della pandemia e del lockdown abbiano fatto crescere in modo esponenziale la “fragilità di un’intera generazione”. Le richieste di aiuto agli sportelli di counseling psicologico negli ultimi mesi sono raddoppiati.

Come professore ed educatore, mi sento di ribadire che l’Università non può rinunciare alla sua missione primaria, che è quella di sviluppare in tutti l’amore per la conoscenza e per lo studio…L’Università è un luogo dove apprendere e crescere. E crescere significa imparare ad affrontare la vita e le sue prove.

Non è questo un caso isolato. Ogni anno si suicidano più di 500 ragazzi

Questo è solo un caso di una lunga serie nel nostro Paese. Secondo alcuni dati ISTAT (aggiornati al 2019), si contano in Italia circa 4.000 suicidi all’anno. Circa cinquecento di questi sono compiuti da under 34. Duecento di quest’ultimi tra gli under 24, che nella maggior parte dei casi sono proprio studenti universitari. La pandemia ha certamente peggiorato lo scenario. Infatti nel 2021 (secondo sempre i dati ISTAT) in Italia 22omila ragazzi, tra i 14 e i 19 anni, si dichiaravano insoddisfatti della propria vita e in condizioni di scarso benessere psicologico.

Negli ultimi mesi ha fatto tanto scalpore anche il caso di Riccardo Faggin. Un 26enne che lo scorso novembre si è schiantato volutamente contro un albero. Si sarebbe dovuto laureare quello stesso giorno in Scienze Infermieristiche, peccato però che il suo nome non era tra le proclamazioni previste dall’ateneo. E ancora il caso dello studente abruzzese, ritrovato lo scorso ottobre tra le acque del fiume Reno, in provincia di Bologna. Aveva raccontato una bugia ai propri cari a fin di bene, perché credeva tanto di potercela fare e non deludere le loro aspettative. Però la paura del fallimento e  del non riuscire più a negare l’evidenza ha portato entrambi i ragazzi a compiere questi atti estremi.

In Italia, tra i media se ne parla appena accade il caso, ma poco dopo tutto cade nel dimenticatoio. Per lo meno fino a quando non si presenterà un altro caso ancora. Bisognerebbe mettere un fermo, trovare delle soluzioni, dire no ad altre simili tragedie. Per Camilla Piredda, coordinatrice dell’Unione degli Universitari, c’è un problema di base nel sistema

Denunciamo come il sistema universitario non solo sia incapace di ascoltare e supportare coloro che manifestano difficoltà durante il proprio percorso di studi, ma anzi li sottoponga a uno stress continuo e delle aspettative sempre maggiori!

Fallire è una vergogna, il successo è la norma

Ogni mese leggiamo, ascoltiamo di notizie tramite media di studenti che si laureano in “tempi record”, con voti eccellenti e con subito il lavoro dei loro sogni. Veniamo bombardati da titoli come

Studenti da record: Nicola a 20 anni è il più giovane laureato in legge.

Torre del Greco, laurea in tempi record: arriva in cattedra baby prof di 23 anni

Modella, influencer e laureata in medicina a soli 23 anni. Credeva che il sonno fosse una perdita di tempo

Non bisogna di certo denigrare questi ragazzi che in poco tempo raggiungono questi importanti traguardi. Ma bisognerebbe solo porre fine a questa narrazione tossica sui media, che rende queste eccezioni come degli standard per tutti. Siamo di certo uomini e donne, in una società fondata sulla competizione, sulla gara, sulla corsa contro il tempo. Andiamo tutti alla ricerca del successo e non del fallimento. Ma fallire è umano, fa parte della vita, non bisogna vergognarsene.

 

Lodo Guenzi e il cartello condiviso sul suo profilo Instagram, Fonte: Il Resto del Carlino

 

Molti sono stati gli appelli fatti in questi giorni sui social. Uno che colpisce è quello del leader del gruppo musicale “lo Stato Sociale”, Lodo Guenzi. Si è rivolto ai giovani con un toccante racconto personale, chiedendo loro di “Resistere!”

Non so neanche perché lo scrivo, e non so se è una questione di gara di eccellenza dentro il percorso formativo, come è sempre stata, o molto di più il fatto che il mondo del lavoro fuori garantisca la sopravvivenza solo per chi eccelle, sacrificando i diritti ai tempi di produzione, e trasformando la scuola non più in una palestra in cui poter sbagliare, ma in un assaggio delle frustrazioni di domani. Io vorrei dire a una ragazza che non sei tu che quel pensiero lo capisco, davvero. Ma che se resisti in quel momento, può essere che per te sia stato un attimo. E forza, davvero”.

Allora forse basterebbe solo resistere? Come dice Guenzi. O sarebbe anche giusto che le istituzioni si rendessero conto di dover aggiustare il tiro, sul racconto che fin da piccoli ci narrano?
Viviamo in un mondo in cui il futuro, tra pandemia e guerra, è diventato totalmente incerto per tutti. Le colpe dei fallimenti che spesso ci accolliamo non dipendono da noi. Ognuno ha i propri tempi, tutti possiamo fallire e sbagliare, perché  proprio “dagli errori si impara”. Sarebbe davvero significativo se la nostra società si aprisse sempre più all’inclusione, all’ascolto e al supporto psicologico. Per dire basta a questi atti così estremi!

Marta Ferrato

Tragedia della funivia Stresa-Mottarone: precipita una cabina con 15 persone. “I cavi dovevano durare otto anni”

La cabina della funivia Stresa-Mottarone precipitata (fonte: ilfattoquotidiano.it)

La tragedia della funivia Stresa-Alpino Mottarone peggiora, sale a quattordici il bilancio delle vittime. La procura di Verbania indaga per omicidio colposo plurimo e lesioni colpose. Intanto a Stresa, oggi, è lutto cittadino: “Penseremo ai motivi della tragedia, ora piangiamo queste vittime”.

I cavi che dovevano durare otto anni

Anche se le dinamiche devono ancora essere ben definite, la causa diretta dell’incidente è uno dei cavi della funivia, che ha ceduto nel punto più alto del tragitto.

“La revisione generale che consiste in una severa revisione dell’intero impianto, dalle cabine ai carrelli, agli argani e alle apparecchiature elettriche, era stata realizzata nell’agosto del 2016. Da allora, ogni anno a novembre, si sono succeduti con regolarità i controlli alle funi. Sempre con esito positivo.”

Così si legge in una nota dell’azienda Leitner di Vipiteno – una delle più importanti aziende operanti nel settore dei trasporti a fune – che dal 2016 gestisce la manutenzione dell’impianto Stresa-Mottarone, mentre i controlli giornalieri e settimanali di esercizio fanno capo alla società di gestione Ferrovie del Mottarone.

La funivia, inaugurata l’1 agosto 1970, permette di fare un tour panoramico dal lido del Lago Maggiore alla vetta Mottarone. Il suo meccanismo prevede che, quando una cabina arriva in cima al suo tratto, l’altra sia a valle. Infatti, le cinque persone rimaste chiuse dentro la funivia domenica, sono state liberate dai vigili del fuoco con delle carrucole, sul lato opposto al punto in cui è avvenuta la tragedia.

Dopo l’inaugurazione, nel 1997, la fune portante e quella di traino erano state sostituite. Nel 2010 erano state cambiate le funi di soccorso su entrambi tronchi.

Un elemento che va, però, tenuto a mente è che l’impianto era stato messo fuori servizio fra il 2014 e il 2016, visto che gli interventi di manutenzione non erano sufficienti a garantire sicurezza. Nel 2016, fu effettuata una revisione generale proprio da Leitnerche da allora è incaricata di svolgere le manutenzioni – dopo la quale si è proceduto con la sostituzione dei motori, dei quadri elettrici, dell’apparato elettronico e dei trasformatori. Sono stati svolti anche dei lavori, per il costo di 4.4 milioni di euro, finanziati dalla Regione Piemonte e dal Comune di Stresa.

Prima di questa chiusura, un’altra venne effettuata alla fine degli anni ’90, ma l’unico episodio riconducibile a un qualche guasto risale al 2001, quando la funivia si bloccò nel primo tratto dopo la partenza da Stresa, motivo per cui era stato necessario l’intervento dei soccorritori per portare in salvo una quarantina di turisti.

 

Il giorno della tragedia

(fonte: ilfattoquotidiano.it)

Dopo le recenti chiusure per il covid, la funivia era stata riaperta il 24 aprile e questa era una delle prime domeniche con molti turisti, soprattutto per le piacevoli condizioni meteo, grazie alle quali era possibile godere del panorama visibile dalle cabine.

E’ stato rivelato che qualcosa sembrava non funzionare già il giorno prima della tragedia. Alcuni testimoni raccontano di essere rimasti bloccati ad alta quota.

Domenica, la cabina è precipitata a causa della fune ha ceduto quasi alla vetta Mottarone, a 100 metri prima dell’ultimo pilone, in uno dei punti più alti, dove la funivia viaggia più staccata da terra. A bordo 15 persone, 13 quelle morte sul colpo.

“Due escursionisti hanno sentito un fischio e hanno visto questa cabina che di colpo ha iniziato a retrocedere fino al pilone dove è sbalzata a terra fermandosi solo contro degli abeti”. Lo ha raccontato la sindaca di Stresa, Marcella Severino, una delle prime persone a giungere sul Mottarone.

I soccorsi (fonte: ilfattoquotidiano.it)

“Non c’è l’obbligo personale di personale a bordo, ogni cabina è dotata di una telecamera e anche di un microfono. C’è il cavo portante su cui appoggia il carrucolino, c’è il cavo di traino e c’è anche il cavo di emergenza che corre sotto. È questo che non riesco a spiegarmi: non ha funzionato il sistema di sicurezza. Deve esser successo qualcosa di molto grave.” ha spiegato Sergio Bracco, volontario delle guardie forestali, il quale conosce bene l’impianto e il suo funzionamento.

Nel tardo pomeriggio, il bilancio delle vittime è salito a 14, uno dei bambini ricoverati al Regina Margherita di Torino per le gravissime lesioni riportate non ce l’ha fatta: il piccolo, 6 anni, era stato intubato in Rianimazione. Lotta fra la vita e la morte l’altro bambino, di 5 anni.

A mezzogiorno, l’arrivo dei soccorsi. I vigili del fuoco e il personale del Soccorso alpino si sono trovati di fronte una scena “devastante”, persone sparse intorno alla cabina schiantata. Questa, dopo l’impatto è rotolata sbalzando fuori alcuni corpi che al momento dei primi soccorsi non erano stati visti. Cinque salme sono state recuperate all’interno e otto nel bosco. I due bambini feriti sono stati portati in elicottero all’ospedale.

(fonte: ilfattoquotidiano.it)

 

Le dichiarazioni

“La funivia non aveva mai avuto problemi. Va fatta chiarezza su cosa non ha funzionato in questa maledetta mattina.” – ha dichiarato la sindaca nel programma televisivo “Non è l’Arena”  – Il gestore mi ha detto che ha i documenti e i verbali di tutto, poi ci sarà chi dovrà fare tutti i controlli del caso.”

Il comandante del reparto operativo dei Carabinieri di Verbania, Giorgio Santacroce, ha invece affermato che ancora le indagini dovranno chiarire le dinamiche. Proprio per questo per oggi era stato già organizzato un tavolo per l’incontro tra le diverse forze dell’ordine, Protezione civile e il ministro delle Infrastrutture Enrico Giovannini: “Domani mattina sarò a Stresa insieme al capo dipartimento della Protezione Civile Curcio per incontrare il prefetto e le altre autorità così da acquisire ulteriori informazioni su quanto accaduto e decidere il da farsi.”.

Messaggi di cordoglio dal premier Mario Draghi, ma anche dall’estero, dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen.

Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in una nota ha voluto esprimere il dolore per l’accaduto:

«Il tragico incidente alla funivia Stresa-Mottarone suscita profondo dolore per le vittime e grande apprensione per quanti stanno lottando in queste ore per la vita. Esprimo alle famiglie colpite e alle comunità in lutto la partecipazione di tutta l’Italia. A questi sentimenti si affianca il richiamo al rigoroso rispetto di ogni norma di sicurezza per tutte le condizioni che riguardano i trasporti delle persone».

 

Rita Bonaccurso

 

Nizza, sangue dentro la cattedrale. È attentato terroristico

Notte tragica nella cattedrale di Nizza.

Questa mattina un uomo ha accoltellato diverse persone causando quattro morti, una delle quali, una donna, è stata decapitata.  Tutto fa pensare a un attentato terroristico, dichiara il sindaco di Nizza Christian Estrosi, poiché il presunto attentatore continuava a gridare “Allah Akbar“.

La Francia è di nuovo sotto attacco

La tragedia consumatasi questa mattina intorno alle ore 9.00, ha come protagonista un uomo che ha accoltellato diverse persone nella cattedrale di Notre-Dame de l’Assomption a Nizza, in Francia. Secondo quanto scrive Le Figaro che cita fonti di polizia, tre persone sarebbero state uccise. Il corpo di una delle due donne è stato ritrovato dentro alla chiesa, mentre la seconda sarebbe morta per strada alla ricerca di soccorso.

I clienti del bar di fronte alla basilica hanno dichiarato di avere visto uscire una donna da Notre-Dame con una profonda ferita alla gola, la donna che ha certato di salvarsi invano nel bar, sarebbe morta a causa delle ferite, dopo pochi minuti.

IL luogo dell'attentato
(Il Messagero: Giovedì 29 ottobre 2020)

L’aggressore è stato bloccato dalla polizia.

Il quartiere è stato isolato ed è in corso una vasta indagine da parte della polizia. La procura nazionale antiterrorismo (PNAT) è stata incaricata di dirigere le operazioni.

L'intervento della polizia
(Fonte: Twitter)

Il sindaco di Nizza ha stabilito che tutte le chiese restino chiuse, tutti i luoghi di culto e tutti i luoghi pubblici che possono essere oggetto di un possibile attentato.

Il Ministro dell’Interno francese Gerald Darmanin ha dichiarato che la polizia ha condotto l’operazione di sicurezza efficientemente.

L’aggressore ferito e bloccato, dalla polizia, è adesso ricoverato in ospedale. Secondo le prime informazioni forniteci dalla BFM-TV , la procura francese ha affidato l’incarico di condurre le indagini dell’attacco, -per terrorismo- alla Direzione Centrale della Polizia Giudiziaria e alla Direzione Generale della Sicurezza Interna.

Il presidente della Repubblica francese Emmanuel Macron arriverà a Nizza nelle prossime ore.

L’ipotesi di essersi trattato di un attacco terroristico è confermata dalle proteste, rivolte al Presidente francese, registratesi nei giorni scorsi e nei mesi precedenti. Le critiche erano iniziate ad ottobre, quando il presidente  Macron aveva dichiarato che l’islam era una religione in crisi.

Gli attacchi arrivano mentre la Francia è ancora in protesta per la decapitazione di Samuel Paty, l’insegnante ucciso per aver parlato agli studenti delle vignette di Charlie Hebdo che ritraggono il Profeta Maometto

Non è la prima volta che la città di Nizza vive un atto terroristico. Fa ancora male la terribile strage compiuta la sera del 14 luglio 2016, quando 86 persone morirono a causa di un terrorista alla guida di un camion che correva all’impazzata.

 

Maria Cotugno