Il messinese sotto le feste

Ogni anno, nel mese di Dicembre, ci si ritrova a festeggiare due tra le feste più importanti e attese: Il Natale e il Capodanno. La prima è legata a una sfera religiosa e familiare, la seconda è un’importante tradizione per accogliere con entusiasmo il nuovo anno. In tutto il mondo, i diversi paesi ricorrono annualmente alle loro tradizioni. Così è anche per la città di Messina, sebbene rispetto alla Lapponia sia più carente di nevicate, essendo una città di mare. Dunque, come affronta le feste un messinese? Ci siamo posti dei quesiti, e abbiamo fatto delle interviste, immergendoci nel clima natalizio messinese.

© Valeria Vella – decorazioni di Piazza Cairoli, 2022

 

Tra le luci e gli addobbi di piazza Cairoli, la prima domanda che abbiamo posto è stata sulle delle decorazioni di Natale di quest’anno. 

A risponderci tre giovanissimi universitari, fra i 18 e i 19 anni, che ci hanno presentato un siparietto da far ridere a crepapelle:

Domenico: Io non mi posso esprimere. Sono nel plesso di Ex Farmacia, perché sono del DiCAM. Lo vedete com’è quel plesso, quindi… C’è un alberello; l’ho visto oggi… Della città? Belline, belline. L’albero è stato sistemato, fortunatamente, perché prima era un po’ bruttino.

Giulia – L’hanno sistemato?

Giulia – Veramente?

Domenico – Sì! Prima sembrava un po’… una supposta. Penso che sia un pensiero comune.

© Valeria Vella – mercatini di Natale, 2022

 

Addentrandoci ancor di più nella folla di passanti, riflettevamo sul problema parcheggi e viabilità della nostra amata Messina, problema storico tanto quanto la città. Si narra che già gli antichi abitanti della nobile Zancle lasciassero i cavalli in doppia fila, per la mancanza di parcheggi. Tale dubbio ci è stato confermato dal signor Giuseppe, di 70 anni:

Dove ha parcheggiato la macchina?

Dove c’è la finanza… a pagamento, perché posti non se ne trovano e per parcheggiare la macchina devi pagare sempre.  Qua lo hanno bloccato, ché non si può parcheggiare. Non si può parcheggiare in nessun posto!

E dell’innovativa isola pedonale attualmente in atto?

Ecco la risposta di due gentili e giovani mamme, che hanno replicato con un occhio sempre attento alla movimentata prole:

Isa – L’isola pedonale a tratti? Frazionata? Ti rispondo come ti risponderebbe mia figlia: bah.

Daniela – No comment!

© Corinne Marika Rianò – dettaglio dei mercatini di Natale, 2022

 

Successivamente ci siamo posti il quesito: cosa mangia il messinese a Natale?

Abbiamo trovato due scuole di pensiero contrastanti.

La prima, rappresentata dalla signora Domenica:

Vado fuori, dopo che lavoro tutto l’anno. Il giorno di Natale mi rilasso e non faccio cucinare i miei familiari. Ce ne andiamo fuori, ché è la cosa migliore. Tanto la spesa sempre quella è…

 La seconda, invece, della signora Rosa che, nonostante sia a dieta (proviamo dolore per lei), passa le sue giornate a cucinare per tutta la famiglia:

Io faccio i biscotti e tutte cose natalizie. Mangiamo perché ci è rimasto solo questo. Però io sono in dieta, quindi non posso mangiare.

 È sempre dalla saggezza della signora Rosa che arriva la risposta sul regalo natalizio peggiore mai ricevuto: Non mi piacciono i fiori e c’era una persona, una mia cognata, che mi regalava sempre quelli. Allora io li mettevo nel portafiori e li lasciavo fuori dalla finestra. Erano i lilium, che hanno quell’odore e quelle cosine che macchiano “tutte cose”.

Rimanendo sempre in tema di cibo, must del periodo natalizio, abbiamo chiesto ad Andrea, giovane buddace fuorisede nelle regioni nordiche, quale prodotto consiglierebbe ai turisti che vengono a Messina:  Ce ne sono troppi! Tutti i dolci sicuramente. Partiamo dai cannoli e andiamo a provare la granita, anche se è inverno. Diciamo che non se ne può fare a meno. E il bianco e nero.

© Valeria Vella – dettaglio dei mercatini di Natale, 2022

 

Ma oltre a questo, quali sono le tradizioni che si portano avanti sotto Natale?

A risponderci è Camilla, 21 anni, con la sua insolita tradizione famigliare:

Litigare ai cenoni vale? Conta? Ciao zia…

 E se tutto questo non vi è bastato, abbiamo raccolto per voi la risposta perfetta da dare ai parenti molesti alla domanda “Ma quando ti laurei?”.

 Emilia, napoletana verace, ci dice: quando il signore ce la manda buona! Siamo nelle mani di Dio.

E la sua amica Sofia: a data da destinarsi, per quanto mi riguarda.

Chiedendo loro quale sia il regalo che più desiderano per questo Natale, Emilia ci delizia di un’altra risposta, quanto mai sentita da tutti noi studenti: gli esami superati…

Ci hanno salutato rivolgendo un caloroso saluto a tutti gli studenti.

© Valeria Vella – Viale S. Martino a Natale, 2022

 

Purtroppo, non abbiamo trovato la risposta alla seconda battaglia culinaria che da secoli affligge la nostra società, subito dopo quella tra arancino o arancina (ovviamente noi siamo team arancino sempre): è meglio il panettone o il pandoro?

 Kelly, un’altra giovane ragazza, di 23 anni, ha provato a risolverci il dubbio amletico, ma con scarsi risultati:  Team pandoro, ma panettone al pistacchio pro! Quindi nì, 50 e 50.

Però, ci ha dato un ottimo spunto su cosa fare e cosa proporre a chi ci chiede cosa faremo a Capodanno: Bella domanda… Penso che mi ubriacherò al Duomo!

Gli autori di questo articolo fra i mercatini di Natale

 

Vi vogliamo bene cari lettori di UVM, per questo ci lasciamo il piacere di rispondere, noi redattori di Cultura Locale personalmente, all’ultima domanda della giornata:

A Capodanno, indosseremo l’intimo rosso?

Ovviamente sì! Noi ci teniamo alle tradizioni!

 

Corinne Marika Rianò

Valeria Vella

Roberto Fortugno

Gaetano Aspa

La Basilica di Sant’Antonio a Messina

Ancora una volta – a causa pandemia – un altro importante anniversario rischia di non essere celebrato adeguatamente; proprio quest’anno, infatti, ricorre il centenario dalla fondazione – a Messina – della Basilica di Sant’Antonio da Padova, voluta da Padre Annibale Maria Di Francia.

La rinascita di un quartiere malfamato

La Basilica è situata nel cuore della città di Messina, nel quartiere Avignone, dove, più di un secolo fa, papa Pio X donava alla comunità un luogo che sarebbe diventato anni dopo un centro religioso e un punto d’incontro per fedeli, orfani e, soprattutto, per i più poveri. Un quartiere malfamato bisognoso di un risanamento morale e che, grazie all’arrivo di un giovane sacerdote – padre Annibale – divenne un luogo dedito alla redenzione, avente come fulcro una piccola cappella dedicata al Cuore SS. di Gesù.

La dedizione nei confronti dei più bisognosi spinse padre Annibale a venerare la santità di Antonio da Padova, in particolare per il rapporto con gli orfanotrofi; infatti, nel 1882, diede vita agli Orfanotrofi Antoniani, cambiando radicalmente la realtà del quartiere Avignone.

Padre Annibale assiste un mendicante del quartiere Avignone – Fonte: basilicaantoniana.it

La devozione a Sant’Antonio, il Santo dei Miracoli

Confidando sempre nell’aiuto divino e nell’assistenza del Santo di Padova, i1 13 giugno del 1906 Annibale lanciò un invito a tutti i devoti di S. Antonio affinché con un solo obolo di ciascuno venisse acquistata una statua in onore del Santo. La statua fu trasportata da Roma nel maggio del 1907. Da quel momento molti dei miracoli invocati dai credenti divennero realtà tangibile. La prima processione fu celebrata il 13 giugno 1907.

Dopo il terremoto del 1908 – che rase al suolo le due città dello Stretto -, la statua fu ritrovata integra e adagiata.

Inoltre, in seguito a quel drammatico evento, l’allora papa Pio X donò una “chiesa-baracca” alla città di Messina, nella quale Sant’Annibale proclamò Sant’Antonio da Padova “Singolarissimo e instancabile benefattore nostro e di tutti quelli che alle nostre preghiere si raccomandano”.

Nella notte tra il 26 e il 27 aprile 1919 un misterioso incendio distrusse la chiesa-baracca; immediatamente le parole di una donna offrirono un barlume di speranza in quel momento di sconforto:

Non vi preoccupate, ora Padre Francia ne farà una tutta d’oro!

Il Santuario di Sant’Antonio – Fonte: torrese.it

La struttura della Basilica

Così il 3 aprile 1921 venne posta la prima pietra per la costruzione dell’attuale Basilica, inaugurata il 4 aprile 1926 sotto il nome di “Tempio della Rogazione Evangelica del cuore di Gesù e Santuario di Sant’Antonio”.

La realizzazione dell’opera fu affidata allo Studio dell’Ingegner Letterio Savoja: obbiettivo principale era la resa armonica di una struttura ottocentesca elegante, coerente e perfetta. L’impianto a navate che dirigono lo sguardo del fedele direttamente alle absidi rivelavano l’influenza rinascimentale. Inoltre le vetrate istoriate sostituite dopo gli assedi bellici del ’44, permettono alla luce di filtrare tenue creando un’atmosfera mistica che invita il fedele stesso alla preghiera.

Oggi la Basilica è considerata uno dei luoghi di culto più importanti per Messina e i messinesi. Essa, dal grande esempio di Sant’Annibale, offre ancora un servizio semiresidenziale per i minori tramite l’Istituto Antoniano.

All’interno della maestosa Basilica è possibile visitare la cripta dedicata a Padre Annibale, dove si trova l’urna contenente il corpo del Santo fondatore.

Annesso alla chiesa vi è un museo nel quale è visibile in due ali separate oggetti dedicati rispettivamente a Sant’Annibale e Sant’Antonio.

L’interno della Basilica – Fonte: lasiciliainrete.it

La processione di Sant’Antonio

Come è noto, Messina è una città ricca di secolari tradizioni religiose; e infatti, ogni anno – il 12 e il 13 giugno -, la comunità messinese rinnova la sua immensa devozione al Santo dei Miracoli svolgendo un’imponente processione. La statua di Sant’Antonio sfila per le vie del centro, seguita da innumerevoli devoti e pellegrini che indossano il saio francescano, ed è posta su di un mappamondo abbellito di fiori e ori votivi dei fedeli e attorniata da piccoli marinaretti e paggetti antoniani, in ricordo dei piccoli orfani e poveri della comunità.

Processione del Santo – Fonte: basilicaantoniana.it

Le celebrazioni per il centenario

Quest’anno le celebrazioni in onore del Santo dei Miracoli sono iniziate l’8 aprile e si concluderanno il 13 dello stesso mese.

Oggi, 10 aprile, alle ore 18 si celebrerà la Santa Messa presieduta dal Superiore Generale dei Padri Rogazionisti, Padre Bruno Rampazzo, mentre alle ore 21 si terrà – a porte chiuse –  il concerto presieduto dagli allievi del Conservatorio “A. Corelli” di Messina, con la partecipazione dell’onorevole Antonio Martino.

Domani, data del centenario, alle ore 17:30 si terrà il Solenne Pontificale, presieduto dal cardinale Marcello Semeraro – Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi -, con la lettura delle Bolla Pontificia per l’apertura del Giubileo. Conclusa la celebrazione – concelebrata dall’arcivescovo di Messina Monsignor Giovanni Accolla –  è in programma una processione interna con le reliquie di Sant’Antonio e un omaggio alla spoglie di Sant’Annibale di Francia nella cripta del Santuario.

Un festival di luci ed immagini sulla facciata della Basilica concluderà questa intensa e memorabile giornata.

 

Marika Costantino

Fonti:

basilicaantoniana.it

Si ringrazia Padre Orazio Anastasi, in particolare per le informazioni sul calendario delle celebrazioni

Immagine in evidenza:

 La facciata della Basilica di San’tAntonio – Fonte: basilicaantoniana.it

 

 

…il pesce spada nasconde una storia tutta messinese?

Lo Stretto di Messina è un luogo di transito di moltissime specie marine, dai cetacei ai pesci più comuni come tonni e palamite. Protagonista indiscusso è però il pesce spada, uno dei simboli di Messina.

Ma qual è la sua storia e cosa significa davvero per la nostra città? 

Il mito del pesce spada e la tradizionale pesca messinese

Strettamente legato alla storia di Messina è il mito del pesce spada: si racconta di un popolo greco, i Mirmidoni, che nello scenario della guerra di Troia, per vendicare la morte di Achille, decisero di lasciarsi annegare in mare. A quel punto la dea marina Teti, madre proprio di Achille, li trasformò in pesci dotati di spada proprio per ricordarli come valorosi guerrieri.

Questo sembra ricollegarsi a un’abitudine propria del pesce spada che poco ha a che fare con le leggende: quando la femmina viene arpionata il maschio non la abbandona e le rimane vicino, cadendo anche lui nella trappola dei pescatori. Di questa coppia, detta “a parigghia” parla anche Domenico Modugno nella sua canzone “U pisci spada”:

E pigliaru la fimminedda, drittu drittu ‘n tra lu cori,
E chiangia di duluri.
E la varca la strascinava
E lu sangu ci curriva,
E lu masculu chiangiva.
(…)
Amuri miu,
Si tu mori vogliu muriri
‘Nsemi a tia, si tu’ mori amuri miu
Vogliu muriri.
Il pesce spada – Fonte: gds.it

 

Oggi la pesca del pesce spada rimane un evento tradizionale messinese: praticata già nel II secolo a.C. e raccontata anche dallo storico greco Polibio, vede oggi l’utilizzo di un’imbarcazione di origine araba, la Feluca (attualmente utilizzata anche con altri scopi, come in occasione della processione di San Nicola e del presepe di Ganzirri), con al bordo un equipaggio di cinque rematori più il famoso “lanzaturi”, l’arpioniere.

La pesca del pesce spada – Fonte: nauticareport.it

Un gesto di rito che accompagna la pesca è l’incisione di quattro croci sulla parte destra del corpo del pesce, detta “a Cardata ra cruci”. Si tratta probabilmente di un segno di rispetto e riconoscimento del valore di combattente proprio del pesce spada.

Un mito…di pietanza

Il pesce spada è diventato fonte di ricchezza, tanto per il commercio quanto per il palato di intere generazioni di messinesi.

Questo prodigioso pesce (la cui qualità è tra le migliori al mondo) si presta infatti a numerosissime ricette. La più tipica per Messina potrebbe essere proprio quella delle braciole di pesce spada: “muddicate” e condite con varie spezie, generano un mix di consistenze tale da poter assaporare ogni qualità del prezioso alimento.

 

Braciole di pesce spada alla messinese – Fonte: terramadre.it

Un’altra ricetta sempre gustosa e tipicamente estiva è quella che unisce al pesce spada un’altra specialità siciliana, ossia la caponata. Non tutti forse sanno che quest’ultimo alimento era infatti solito consumarsi a base di pesce, in particolare di “capone”, termine siciliano con cui si identificava la lampuga (pesce dalla carne pregiata consumata dall’aristocrazia siciliana). Questo piatto unico, unito a del buon pane casereccio, è una gustosa ricetta da poter consumare in casa nelle giornate afose o in spiaggia poco dopo un bagno rilassante.

Caponata di pesce spada, con melanzane e pomodorini in agrodolce – Fonte: giallozafferano.it

 

Ecco dunque spiegato il perché del suo ruolo da protagonista: oltre a far parte della fantastica biodiversità dello Stretto di Messina, il pesce spada porta con sé storia e usi culinari di un popolo, il nostro, che ancora una volta si mostra fedele alle proprie origini e ricco di un passato fatto di miti e tradizioni mai del tutto dimenticate. 

 

Cristina Lucà, Salvatore Nucera

Fonti:

Wikipedia.org

Discovermessina.it

Alla scoperta della Festa dei morti: tradizioni messinesi

Oggi analizziamo insieme le tradizioni legate alla “Festa dei morti” e il motivo per cui è ancora una delle feste più sentite in molte parti del mondo, tra cui la Sicilia e in particolare Messina.

Sebbene in molti pensino che le origini di questa celebrazione siano religiose, legate al cristianesimo, in realtà la sua origine è da ricercarsi nell’antica cultura celtica. Il 31 ottobre nella tradizione celtica era infatti il Samhain, che segnava la fine dell’anno e in cui la notte era più lunga del giorno. Si pensava che gli spiriti passassero da un mondo all’altro e quindi ci potesse essere un reale incontro con i defunti. Questa tradizione viene poi mantenuta dal cattolicesimo e trasformata in una festa religiosa, celebrata nella data attuale (2 novembre).

Croce celtica – Fonte: wikipedia

Ma come viviamo nella nostra isola questa festività?

La Sicilia è uno dei luoghi in cui questa tradizione ancora oggi viene particolarmente sentita e celebrata.

Le famiglie si preparano per festeggiare i propri defunti. I bambini attendono con gioia l’arrivo dei “morticini”, i regali nascosti in casa per loro dai loro cari che ormai non ci sono più.

Un ricordo di infanzia del celebre scrittore siciliano Andrea Camilleri descrive alla perfezione il significato di questa festività:

«Noi nicareddri, prima di andarci a coricare, mettevamo sotto il letto un cesto di vimini che nottetempo i cari morti avrebbero riempito di dolci e di regali che avremmo trovato il 2 mattina, al risveglio. Eccitati, sudatizzi, faticavamo a pigliare sonno: volevamo vederli, i nostri morti, mentre con passo leggero venivano al letto, ci facevano una carezza, si calavano a pigliare il cesto […] Mai più riproverò il batticuore della trovatura quando sopra un armadio o darrè una porta scoprivo il cesto stracolmo».

Da queste parole capiamo come concetti indissolubilmente legati a questa ricorrenza quali il lutto e la tristezza che da esso deriva, si trasformino in gioia del bambino nell’approcciarsi a questa tradizione.

Andrea Camilleri

Anche Messina è ricca di tradizioni legate a questa festa: i bambini preparano per il defunto un bicchiere d’acqua su un tavolo. L’indomani, dopo aver ritrovato il bicchiere vuoto, con ansia e gioia cercano il regalo lasciato per loro sotto il letto o nell’armadio, entrambi segno del “passaggio” dei defunti. Io stessa ricordo come la ricerca del dono fosse la parte più bella dell’intera giornata. Anticamente era inoltre usanza andare a mangiare e bere accanto alla tomba del defunto.

Più comunemente, oggi ogni famiglia va a fare visita ai propri cari defunti al cimitero monumentale della città, tra i più rinomati e artisticamente complessi d’Italia e d’Europa.

Cimitero monumentale della città di Messina

Nell’ambito delle tradizioni, i dolci sono sempre stati importanti e ricchi di significato, sia per gli adulti che per i bambini. A testimonianza di ciò, passiamo in rassegna i principali dolciumi tipici siciliani e messinesi.

Innanzitutto troviamo la famosa frutta marturana, o frutta di Martorana, dolce simile al marzapane all’interno, preparato con farina di mandorle e miele, dal gusto molto zuccherato. Secondo un’antica tradizione questi dolci furono per la prima volta realizzati dalle monache del monastero della Martorana, a Palermo, per abbellire la sala per la venuta del Papa sostituendo la frutta del giardino con questa frutta fatta di farina e miele.

Frutta marturana – Fonte: sicilianfan.it

Un altro dolce tipico sono le Ossa di morto, dalla base scura e il guscio chiaro, fatti di farina, zucchero e spezie tra cui la cannella e i chiodi di garofano. Il loro nome deriva appunto dalla festa stessa o probabilmente dalla loro consistenza dura, dunque simile a quella delle ossa. Un’ultima ipotesi più macabra fa risalire il nome a una pratica medievale che prevedeva l’utilizzo di polvere di cranio per insaporire cibi e filtri amorosi. Sono conosciuti a Palermo come “Mustazzoli”, a Messina prendono il nome di “Morticini” o “Scardellini”.

Non fatevi intimorire dal nome: la bontà è testimoniata dal fatto che è praticamente impossibile trovare una casa messinese in questo periodo che non ne abbia almeno un sacchetto.

Morticini – Fonte: panificiocacciola.it

Come abbiamo avuto modo di vedere, a volte le tradizioni non rappresentano soltanto semplici usanze ripetitive, ma momenti ricchi di significato e di gioia e la “Festa dei morti” ne è proprio un esempio, rivelandosi momento di condivisione, di attesa e di incontro in cui, anche se per un solo istante, la morte fa meno paura e dolcemente si avvicina alla vita.

Cristina Lucà