Tonga: un’isola distrutta e tanti nodi da sciogliere

Tra il 13 e il 15 gennaio 2022 si è verificato uno dei fenomeni vulcanici più potenti degli ultimi anni. Si tratta dell’eruzione del vulcano Hunga Tonga-Hunga Ha’apai, in prossimità delle Isole Tonga. L’esplosione che ne è conseguita è stata così violenta da interessare, con le sue onde d’urto, oltre metà del pianeta.

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INDICE

  1. La cintura di fuoco: perché proprio qui?
  2. Conformazione del vulcano
  3. L’eruzione
  4. Big one
  5. L’acqua come benzina per il vulcano
  6. Cosa ci aspettiamo nell’immediato futuro?

La cintura di fuoco: perché proprio qui?

L‘arcipelago di Tonga e l’omonimo vulcano sottomarino si trovano tra la Nuova Zelanda e le Fiji.
La zona è legata alla cintura di fuoco del Pacifico, l’area con la maggiore attività sismica ed eruttiva della Terra. Si calcola, infatti, che circa il 90% dei terremoti verificatisi sul nostro pianeta sia associato a questa regione, nata dal movimento di subduzione tra placche continentali e oceaniche.
Il vulcano, in particolare, è situato nel punto di giunzione fra due delle maggiori zolle descritte dalla tettonica delle placche, quella Pacifica e quella Indo-australiana. È proprio in questo punto che si forma il magma che, risalendo lungo la costa, origina una catena di vulcani.

 

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Conformazione del vulcano

Il vulcano Tonga ha una struttura molto estesa: è alto circa 1.800 m, ampio pressoché 20 Km. Si estende in gran parte sotto le acque oceaniche, emergendo solo di 100 metri.
Fenomeni eruttivi si verificano periodicamente. Gli ultimi eventi significativi, di entità minori se comparati con quelli dello scorso 15 gennaio, sono del 2009 e del 2014-2015. Già nel dicembre 2021 il vulcano ha iniziato a presentare fenomeni eruttivi, seppur moderati. Gli scienziati hanno scoperto, inoltre, l’esistenza di una caldera, una depressione a forma generalmente circolare, subito sotto il livello del mare, formatasi a causa dello svuotamento dopo un’eruzione.
Piccole eruzioni, di solito, si verificano ai bordi della caldera, mentre quelle maggiori hanno origine dal suo centro, rendendole più profonde. Il magma, dunque, si accumula fino a creare le condizioni ideali per una potente eruzione a partire dalla caldera.

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L’eruzione

Poco dopo le 5 del mattino di sabato 15 gennaio 2022 (ora italiana) una violenta eruzione ha cancellato Hunga Tonga-Hunga Haʻapai, un’isola vulcanica appartenente al Regno di Tonga. Questa è stata creata dall’eruzione dello stesso vulcano sottomarino tra il 2014 e il 2015 e dallo stesso è stata distrutta. Le foto satellitari, mostrano una nube di fumo estesa a coprire parte dell’arcipelago. Questa ha un diametro di circa 520 Km.
L’eruzione ha VEI 6( VEI: indice di esplosività vulcanica), superando addirittura quella famosa causata dal Vesuvio nel 79 d.C., catalogata con un VEI 5

Big one 

Lo scienziato Shane Cronin chiarisce su The Conversation che eruzioni di questa portata si verificano quasi ogni mille anni. Secondo i suoi studi, l’ultima sarebbe avvenuta nel Pacifico meridionale nel 1100 d.C. Per arrivare a tale conclusione, il gruppo di Cronin ha analizzato materiali provenienti dalle eruzioni nell’isola di Tongatapu, scoprendo due grandi fenomeni di questo genere. Per datarle è stato utilizzato il metodo del carbonio 14.
Dallo studio e dal confronto con gli eventi del 2009 e del 2014, Cronin segnala che l’evento del 15 gennaio 2022 rientrerebbe nella categoria dei big one. Tuttavia non risulta chiaro se si è trattato di un fenomeno di picco.

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L’acqua come benzina per il vulcano

L’esplosione dovrebbe in realtà essere affievolita dalla presenza di acqua. Quando il magma entra a contatto con questo fluido, anche a temperature molto elevate, si forma una sottile pellicola di vapore tra questo e il magma, così che venga isolato e raffreddato esternamente.
Questo processo non avviene quando dalla crosta il magma viene espulsa ricca di gas vulcanico. In questo caso, infatti, la lava entra velocemente nell’acqua, avendo un contatto diretto con quest’ultima e producendo esplosioni a catena. Un primo scoppio fa a pezzi il magma, i cui frammenti a contatto col liquido, producono nuove esplosioni e così via. 

Cosa ci aspettiamo nell’immediato futuro?

«Siamo nel mezzo di una importante sequenza eruttiva» sottolinea Cronin «e molti aspetti rimangono poco chiari, in parte perché l’isola è attualmente oscurata da nubi di cenere. Le ultime due eruzioni sono state molto forti. La prima ha prodotto nuvole di polveri che sono salite fino a 17 Km di altitudine. La seconda è stata ancora più violenta. Il pennacchio di cenere è salito fino a 20 Km. Ciò dimostra un’enorme potenza esplosiva, che non può essere spiegata dalla sola interazione magma-acqua. Questi segni suggeriscono che la grande caldera di Hunga si è risvegliata. Non è chiaro se quanto successo sia stato il culmine dell’eruzione o se si tratti solo di un primo botto».

Le parole dello scienziato fanno riflettere sull’eventualità del verificarsi di nuovi fenomeni di questo tipo in breve tempo. La speranza è che ciò non avvenga e che si possa, il prima possibile, raggiungere i territori interessati dall’eruzione per prestare soccorso e fornire aiuto alla popolazione.
Continua a stupire la potenza distruttiva del pianeta che ci ospita, che ci dona la vita decidendo poi di spezzarla.
Solo così possiamo capire di essere debolmente umani.

Alessia Sturniolo

Bibliografia

 

L’eruzione del vulcano Hunga e gli tsunami nel sud Pacifico. Cosa sappiamo sinora

4 giorni fa si è verificata una potente eruzione vulcanica nei pressi di Tonga, un piccolo arcipelago del Pacifico situato a pochi chilometri di distanza dal vulcano sottomarino Hunga Tonga-Hunga Ha’apai, provocando nel giro di pochi minuti un’onda anomala di 1,2 metri che si è abbattuta sulle coste di Nuku’alofa, capitale dell’isola maggiore Tongatapu.

L’eruzione di sabato 15 gennaio – seguita da un’altra lunedì 17 – non è un caso isolato: il vulcano era stato dichiarato attivo già lo scorso 20 dicembre, ma per gli esperti soltanto pochi giorni fa si è verificata una delle più violente attività vulcaniche registrate negli ultimi 30 anni. Un’eruzione storica che ha costretto a diramare l’allarme in un’ampia area del Pacifico, dalla vicina Nuova Zelanda a tutta la West Coast americana.
La situazione al momento è ancora critica, anche a causa di un blackout delle comunicazioni che impedisce di avere un bilancio certo di morti, feriti e dispersi. Tra le prime vittime ci sarebbero tre donne.

Le conseguenze dell’eruzione

Tonga è un arcipelago di 169 isole situato a 2.300 chilometri a nord dalla Nuova Zelanda e abitato da circa 100.000 persone. Il vulcano sottomarino si trova circa 65 chilometri a nord dell’isola principale e prima di eruttare in maniera violenta lo scorso sabato era rimasto inattivo per ben 7 anni.

Non è ancora stato possibile determinare l’entità ufficiale dell’eruzione che ha segnato il risveglio della caldera dell’Hunga-Tonga-Hunga-Ha’apai, così come non è ancora chiaro se il vulcano abbia raggiunto il culmine della sua attività.

Il fatto che l’evento vulcanico abbia provocato una fuoriuscita di cenere, vapore e gas a circa 30 chilometri nell’atmosfera indica che «è stata molto potente», ha detto Heather Handley, vulcanologa della Monash University in Australia. L’area è quindi al momento ricoperta da una grossa nuvola di ceneri vulcaniche, che mettono a rischio la qualità dell’acqua e dell’aria sul territorio e rendono i soccorsi aerei particolarmente difficoltosi: «Tonga ha bisogno di assistenza immediata per fornire ai suoi cittadini acqua potabile e cibo», ha affermato in una dichiarazione pubblicata sui social media il presidente della Camera di Tonga, Lord Fakafanua, aggiungendo inoltre che «molte aree» sono state colpite da «una sostanziale caduta di cenere vulcanica» ma «l’intera portata del danno alle vite e alle proprietà è attualmente sconosciuta».

Fuga dalle coste e blackout

Preoccupate sono anche le organizzazioni umanitarie, soprattutto per il gruppo di isole periferiche Ha’apai – più vicine al vulcano – dalle quali non si sono ancora avute notizie, fatta eccezione per un segnale di richiesta di soccorso rilevato nelle isole di Mango e Fonoi, aventi un centinaio di abitanti complessivo e un basso livello del mare.

Le immagini diffuse dai giornalisti online mostrano auto travolte dall’acqua, grandi onde che si infrangono a riva nelle zone costiere di Nuku’alofa e persone in fuga.

Un residente di Tonga racconta:

«Sembrava un’esplosione. Il terreno e la casa intera hanno iniziato a tremare. Mio fratello ha pensato che fossero delle bombe esplose lì vicino, ma abbiamo subito capito che si trattava di uno tsunami dopo aver visto l’acqua entrare da tutte le parti. Abbiamo udito le urla delle persone tutt’intorno e molte persone hanno iniziato a fuggire verso le montagne».

Anche il re di Tonga (lo Stato è una monarchia costituzionale), Tupou VI, è stato evacuato dal palazzo reale di Nuku’alofa e scortato in una villa lontana dalla costa da un convoglio della polizia.

Un blackout quasi totale di energia elettrica, linee telefoniche e servizi Internet è stato inevitabile per molte zone di Tonga, il che significa che le informazioni che si ricevono dal regno polinesiano sono scarse e continueranno ad esserlo probabilmente per altre due settimane, tempo stimato per ristabilire le comunicazioni. La causa principale sarebbe la distruzione di un cavo sottomarino nelle vicinanze del vulcano.

Gli aiuti dalla Nuova Zelanda

Dopo i gravi danni che sono stati segnalati dalla costa occidentale di Tongatapu e la successiva dichiarazione dello stato di emergenza, è attualmente in corso un’operazione di pulizia nella capitale.

Australia e Nuova Zelanda hanno inviato aerei di ricognizione per valutare la situazione e oggi, martedì 18 gennaio, i ministri hanno confermato la spedizione di due navi militari neozelandesi per fornire supporto con il trasporto di acqua fresca, provviste di emergenza e squadre di sub. La permanenza prevista è di tre giorni; questo perché il Vicecapo Missione di Tonga in Australia, Curtis Tu’ihalangingie, ha reso nota la preoccupazione che aiuti e consegne possano diffondere i contagi da Covid-19 in una nazione risparmiata dalla pandemia per tutto questo tempo:

«Non vogliamo portare un’altra ondata – uno tsunami di Covid-19», ha detto, esortando il pubblico ad aspettare che un fondo di soccorso in caso di calamità venga donato.

Tre vittime

Le prime ricognizioni effettuate nell’area sembrano escludere un bilancio catastrofico in termini di vite umane, anche se il Ministero degli Affari Esteri e del Commercio ha confermato già due decessi.

Angela Glover, vittima dello tsunami. Fonte: notizieaudaci.it

Una delle vittime è la cinquantenne britannica Angela Glover, che sarebbe stata spazzata via dallo tsunami nel tentativo di salvare i cani del suo rifugio per animali. Il corpo è stato ritrovato dal marito James, con il quale viveva a Tonga dal 2015 e co-gestiva un negozio di tatuaggi nella capitale.
In Perù, a più di 10.000 chilometri di distanza, altre due donne sono annegate sulla spiaggia di Naylamp, nella città settentrionale di Lambayeque, a causa delle onde anomale dovute all’eruzione.

Allerta nel “Ring of Fire”

L’eruzione vulcanica ha provocato onde di tsunami in molti Paesi del cosiddetto ‘’Ring of Fire’’: «la zona più sismicamente e vulcanicamente attiva al mondo», a detta dello United States Geological Survey.

In questi giorni sono scattati piani di emergenza in Paesi come il Cile, l’Australia e l’Alaska, dove gli esperti del National Weather Service di Anchorage hanno registrato il boato che sabato ha avuto origine dal vulcano. Il che significa che il suono ha viaggiato per più di 9.300 chilometri.

Le spiagge restano chiuse in molte località, dove le onde hanno distrutto le imbarcazioni dei porti turistici, dalla Nuova Zelanda al Giappone. In California, è stata colpita da inondazioni la città di Santa Cruz. Mentre le Hawaii non hanno riportato danni, soltanto la segnalazione di «piccole inondazioni» in tutte le isole.

Un parcheggio del porto di Santa Cruz allagato in seguito alle onde anomale provocate dall’eruzione del vulcano sottomarino di Tonga. Fonte: Il Post

Gaia Cautela