Top Gun: Maverick è un film vecchio

Gli sceneggiatori di Top Gun: Maverick pensavano che fossimo ancora negli anni ’80, infatti quasi ogni cosa fa a botte col nostro secolo. Bocciato, anche se le scene d’azione fanno il loro dovere. Voto UVM: 2/5

 

Top Gun: Maverick, prodotto dall’attore protagonista Tom Cruise e diretto da Joseph Kosinski (Tron Legacy, Oblivion, Spiderhead), è riuscito ad ottenere alcune candidature all’Oscar nella sua 95° Edizione: Miglior Film, Miglior Sceneggiatura non originale, Migliori Effetti Speciali e Miglior Sonoro. Ma saranno davvero meritate queste candidature?

Faccio un po’ come mi va!

La narrazione parte ripescando il protagonista del precedente film. Pete “Maverick” Mitchell (Tom Cruise), adesso Capitano di vascello della Marina degli USA, grazie alla sua esperienza ha assunto il ruolo di tester di nuovi mezzi aerei. Al momento di mettere alla prova un mezzo a grandi altezze e velocità ipersoniche, arriva il contrammiraglio Chester “Hammer” Cain (Ed Harris) con l’intenzione di smantellare l’equipè di ricerca che ha sostenuto Maverick e indirizzare le ricerche sui droni da guerra. Per evitare questo, Maverick ha l’occasione di agire contro le decisioni dall’alto e prova un lancio ad alta velocità con il velivolo “DarkStar”. Durante il volo il capitano provoca un danno al mezzo a causa della mania di superare i suoi limiti. Dopo questa sua ennesima subordinazione, il controammiraglio vorrebbe congedarlo ma è costretto a mandarlo alla Top Gun sotto richiesta del comandate della Flotta del Pacifico.

Nepotismo: l’America sa cos’è

Nonostante si tratti dell’incipit del film, già da qui si notano i primi scricchiolii della sceneggiatura. Infatti, il nostro protagonista ha dimostrato di non essere cresciuto durante la sua carriera trentennale da pilota. Sembra che il suo caratteraccio non gli abbia permesso di progredire nel mondo della Marina. Dall’altra parte però non è stato congedato dal suo ruolo, poiché il suo ex rivale e amico, Tom “Iceman” Kazansky (interpretato da un provato Val Kilmer), ha raggiunto la posizione di comandante della Flotta. Solo grazie ad Iceman a coprirgli le le spalle, il protagonista non è stato costretto a cambiare i suoi atteggiamenti. Nemmeno i suoi tormenti sono però cambiati, nonostante gli anni trascorsi.

Top Gun: Maverick
Frame del trailer Top Gun: Maverick. Casa di produzione: Paramount Pictures, Skydance Media, Jerry Bruckheimer Films, TC Productions.

I fantasmi che non vanno via

Nonostante il trauma di Maverick fosse già stato abbondantemente affrontato nel primo Top Gun, anche in questa storia viene di nuovo ripreso il senso di colpa del pilota nei confronti del grande amico e collega Nick “Goose” Bradshaw, morto in seguito ad una manovra pericolosa eseguita istintivamente dal nostro protagonista durante un volo in coppia. A rinnovare il suo trauma è l’incontro con il figlio di Goose, Bradley “Rooster” Bradshaw (Miles Teller), il quale lo detesta per avergli fatto ritardare di 4 anni l’iscrizione all’accademia della Marina. È qui che il minutaggio della pellicola viene inutilmente allungato presentando scene della morte di Goose, i bei ricordi di quando era ancora vivo e le inquadrature che si perdono continuamente su fotografie di Maverick che ritraggono il suo passato.

Top Gun: Maverick
Frame del trailer Top Gun: Maverick. Casa di produzione: Paramount Pictures, Skydance Media, Jerry Bruckheimer Films, TC Productions.

Top Gun: Boomer edition

È proprio il passato che rovina il tutto, o meglio, il film non ha altro da offrire se non il passato. A parte qualche spunto su quanto sia importante l’istinto di un pilota, che non può competere in molti casi con la freddezza calcolatrice di una Intelligenza Artificiale, non c’è assolutamente nulla di nuovo. La storia è una copia carbone della narrazione del primo film e non c’è alcuna evoluzione nei personaggi. Per giunta la trama non ci prova nemmeno, poiché in più occasioni si ritrova a far partire sotto trame che conclude in maniera molto superficiale.

Love story: perchè?

Tra i vari filoni della trama vi è anche l’immancabile love story tra il protagonista e una qualsiasi donna pescata dal nulla che si sostituisce all’amata che avevamo conosciuto nel prequel. Penny (Jennifer Connelly) è una barista che lavora in un locale vicino alla scuola Top Gun. Dalle conversazioni che ha col nostro capitano di vascello scopriamo che hanno già avuto una storia amorosa finita male. Qui il regista coglie l’occasione per rimuginare sul passato di Maverick e “devolvere” anche quest’aspetto della narrazione. Come finisce questa parte della trama non possiamo anticiparvelo, ma credo sia alquanto scontato!

Largo ai giovani, ma non troppo

Ci sono tante cose che abbiamo tollerato con difficoltà: l’attacco allo Stato avversario identificato dalla NATO chiamato “Stato canaglia”, la solita retorica americana che ci viene cantata da 50 anni a questa parte, le scene riprese pare pare dal primo capitolo. Fra queste, però, c’è un aspetto che le supera tutte: l’uso delle figure giovanili come unico espediente della trama. Chiarisco questo punto: Maverick viene chiamato alla Top Gun per addestrare i 16 migliori piloti della scuola per una missione impossibile da portare a termine. Ciò che fa la narrazione non è altro che creare tensione attorno a questa missione, ma di fatti i già “migliori piloti” non hanno nulla da imparare, perché appunto sono i migliori; al massimo possono limitarsi a fare un ripasso di retorica americana.

Top Gun: Maverick
Frame del trailer Top Gun: Maverick. Casa di produzione: Paramount Pictures, Skydance Media, Jerry Bruckheimer Films, TC Productions.

In conclusione

Anziché soffermarsi sui tanto amato anni ’80, sarebbe stato interessante un approfondimento sulla preparazione psicologica dei giovani piloti in missioni così tanto importanti, creare spunti di riflessione di questi nei confronti di una guerra fantasma, creare storie concludenti per i personaggi del passato e, magari, lasciare aperto “il sipario” per le generazioni future. Possiamo dire che Top Gun: Maverick si mostra un’opera tipicamente Hollywoodiana che mette in mostra i muscoli dei suoi attori e dei migliori effetti speciali, ma in sostanza non è altro che un prodotto commerciale che mira alla nostalgia del suo pubblico, discostandosi di poco dai tanto odiati cinecomic!

 

Salvatore Donato

Nato il 3 luglio. 5 film per conoscere “meglio” Tom Cruise

Dalla consacrazione in Top Gun fino ai vari Mission Impossibile, Tom Cruise si è sempre distinto agli occhi del grande pubblico prevalentemente in film d’azione. Viso fine ma deciso, corpo muscoloso e ben piantato sui suoi 170 cm (e pensare che per alcuni sono pochi!), l’attore possiede proprio il phisique du role per intepretare personaggi ad “alta dose di testosterone”. Tanto più adesso, che è tornato brillantemente nei panni dell’aviatore Maverick nel fortunato sequel del cult dell’86 (quando si dice: “il vino buono…”).

Ci perdonino i fan degli action movies, ma oggi che compie 60 anni, abbiamo scelto pellicole più “introspettive” per scoprire una star spesso sottovalutata del cinema d’autore. Ecco a voi 5 film per conoscere meglio Tom Cruise!

1) Vanilla Sky di Cameron Crowe (2001)

Remake ingiustamente stroncato dalla critica del più apprezzato Apri gli occhi di Alejandro Amenábar, Vanilla Sky è un film tutt’altro che banale, dalla trama leggermente ingarbugliata che mixa thrilling, fantascienza, mistero, ma anche sogno e romanticismo. Dire di più sarebbe spoilerare. Vi basta sapere che Tom Cruise – oltre che produttore della pellicola – interpreta con straordinaria dolcezza David Aames, giovane facoltoso “impegnato” in una relazione prettamente fisica con la bella Julianna Gianni (Cameron Diaz), finché una sera a una festa non incontra Sofia (una “fortunata” Penelope Cruz che ai tempi stava realmente con Cruise!) di cui si innamora seriamente. Fin qui insomma una storia “normale”.

“Ci incontreremo in un’altra vita, quando saremo entrambi gatti” . Fonte: Paramount Pictures

Un incidente di percorso determinerà però un cambio di rotta e il film assumerà a poco a poco tinte inquietanti e intriganti allo stesso tempo.

2) Magnolia di Paul Thomas Anderson (2000)

Oscar sfiorato per il nostro per l’interpretazione del guru del sesso Frank Mackey in questo dramma corale del regista di Boogie Nights. Se il montaggio lega in un valzer senza sosta le storie di diversi personaggi alle prese con vari drammi della loro esistenza – tanto che lo spettatore non ha il tempo di soffermarsi veramente su nessuno di loro – c’è tuttavia una nota che stride, si distingue e richiama l’attenzione. Ed è proprio il personaggio di Cruise che con pose aggressive e sguardo da “duro” trasmette tutta l’antipatia di un misogino indurito dalla vita che insegna ai suoi adepti come rimorchiare e dominare “belle bionde”.

Ma anche questa maschera, posta alle strette di fronte al proprio passato, a poco a poco si sgretolerà fino ad arrivare a suscitare compassione in una scena che è forse la più convincente prova d’attore del nostro. Non vi sveliamo altro!

3) Eyes Wide Shut di Stanley Kubrick (1999)

Attorno a questo capolavoro tratto dal romanzo Doppio Sogno di Arthur Schnitzler, circolano parecchie leggende metropolitane. Una di queste vedrebbe il film colpevole di aver scatenato la crisi nella coppia Cruise-Kidman, qui Bill e Alice Harford, marito e moglie borghesi che in una notte di confidenze osano scoperchiare il vaso di Pandora delle infedeltà e dei segreti coniugali.

“Sa qual è il vero fascino del matrimonio? È che rende l’inganno una necessità per le due parti” . Fonte: Warner Bros.

Se così fosse, se realmente il film di Kubrick fu la fatidica goccia che fece traboccare il vaso già incrinato di uno dei matrimoni più celebri di Hollywood, forse il merito fu proprio dei due attori, talmente talentuosi da darsi in corpo ed anima alla loro performance. Quando si dice: “la vita imita l’arte…”.

4) Rain Man di Barry Levinson (1988)

Più di semplice spalla del mostro sacro Dustin Hoffman che qui vinse una meritatissima statuetta agli Oscar, Cruise veste alla perfezione i panni di Charlie Babbit, giovane uomo affarista chiuso in sé stesso, cinico e ambiguo nel suo essere eccessivamente riservato persino con la fidanzata Susanna (Valeria Golino).

L’abbraccio fraterno tra Cruise e Hoffman. Fonte: United Artists

La morte del padre al quale lo legava un rapporto difficile riporterà a galla segreti familiari – tra cui l’esistenza di un fratello autistico interpretato da Hoffman appunto- e sarà l’inizio di un vero e proprio viaggio di redenzione per il protagonista. Un viaggio tuttavia lineare, privo di note sdolcinate o conversioni fulminee, in quella che rimane una delle pellicole più commoventi girate attorno al tema dell’autismo.

5) Nato il 4 luglio di Oliver Stone (1989)

Dulcis in fundo, la parabola del perfetto cittadino statunitense che si arruola nei Marines appena compiuta la maggiore età, convinto di divenire un eroe per amor di patria per poi convertirsi in convinto antimilitarista dopo la tragica esperienza vissuta in prima persona del conflitto in Vietnam, pagina storica che di eroico non aveva nulla (come tutte le guerre del resto).

Ma perché proprio Cruise in questo ruolo? Forse perché lui, nato il 3 luglio, un giorno prima dell’Indipendenza americana (non crediamo alle coincidenze!), incarna perfettamente già nell’aspetto il mito qui dissacrato dello spirito made in Usa.

Perché Tom Cruise, nel suo cursus honorum sul grande schermo, ha forse rappresentato tutte queste cose: il vitalismo anni ‘80 e la voglia di riscatto dei giovani americani capaci di costruirsi da zero (vedi una commedia minore quale Cocktail), ma anche le ombre, le contraddizioni di una società che corre, le fragilità di coloro che si lascia indietro e la presa di coscienza di un sistema che va cambiato (è il caso di Jerry Maguire)

Perciò non potevamo che chiudere con questa pellicola emblematica per auguragli buon compleanno!

Angelica Rocca