Verba manent – Le parole di Vittorio Feltri

La prima volta che si è sentito parlare di “questione meridionale” è stato nel 1876, appena quindici anni dopo la conclusione del lungo, ed a tratti controverso, processo di unificazione del Regno d’Italia. Le classi dirigenti che da allora si sono susseguite nel tempo non sono mai riuscite veramente a risolvere questo problema; qualcuno addirittura dice che nessuno abbia mai veramente voluto farlo. Sta di fatto che ancora oggi osserviamo inermi centinaia di giovani e meno giovani emigrare ogni anno verso nord o verso l’estero, rimanendo così sprovvisti della spina dorsale del domani.

Roma, anno del signore 2020. Negli studi di La 7 si consuma un dibattito nel programma di Massimo GilettiNon è l’arena“. Qualche giorno prima uno dei padri del giornalismo italiano, Vittorio Feltri, ospite di un discutibile programma del palinsesto di Rete 4, si era lasciato andare ad alcune affermazioni riguardo i “meridionali”; come li chiama lui. Così la sera del 26 aprile, un paio d’ore dopo la conferenza stampa di Conte sulla “Fase 2”, Giletti manda in onda una intervista esclusiva, dando a Feltri la possibilità di replicare a ciò che aveva detto a “Fuori dal coro” su Rete 4 poche sere prima.  

Tutti noi conosciamo Feltri, e sappiamo bene che cosa è capace di dire. Tuttavia, da giornalista, ritengo che chi ha il privilegio di fare questo mestiere ai livelli più alti debba sempre cercare di avvicinarsi a quello che è l’epiteto usato da T.S. Elliot per Ezra Pound (ancor prima da Dante per Arnaut Daniel): “il miglior fabbro”; sempre attento alla scelta dei vocaboli, perché ogni parola deve essere sempre funzionale. In questo contributo video, tutti i telespettatori si aspettavano di sentire delle scuse, invece si sono dovuti sorbire una arringa difensiva spudorata del giornalista bergamasco. Davvero una figura barbina. Al rientro in studio, Alessandro Sallusti afferma che Feltri ha ben spiegato che è stato male interpretato, mentre Annalisa Chirico difende la libertà di opinione del direttore editoriale di Libero dicendo che i meridionali tendono a diventare «moralmente inferiori» (qualcuno mi spiega chi è Annalisa Chirico ?!?). Luca Telese, presente in studio, salta sulla sedia: «inferiore lo dicono i nazisti, ricacciati in bocca quella parola».

Le parole sono importanti.

Intervistato dal giornalista Carlo Marsilli, Vittorio Feltri commenta le sue stese dichiarazioni.

Feltri su Rete 4: «Io credo che nessuno di noi abbia voglia di trasferirsi in Campania. Non ce l’ho con la Campania, ma perché dovremmo trasferirci in Campania? A fare che cosa? I parcheggiatori abusivi?».

Commento: «Io per quale motivo dovrei andare in Campania? A fare che cosa? Il mio lavoro è qua, non posso andare a Napoli per non trovare un lavoro e magari fare il posteggiatore abusivo. Perché non ci sono i posteggiatori abusivi a Napoli? Me li sono inventati io? […] Limitiamoci alle mie parole e non ad interpretazioni vaghe e fantasiose».

Ma se non sei interessato a trasferirti in Campania perché ne parli? Qual è il senso della tua iperbole, cosa cerchi di dire? Sicuramente ci saranno i parcheggiatori abusivi a Napoli, e con questo? Una fotografia del capoluogo campano direi lombrosiana, grottesca, secondo cui magari un bambino che nasce a Napoli è costretto ad emigrare perché poi quando da grande tiene famiglia o fa il camorrista o fa il parcheggiatore abusivo. Una sorta di città piena di disoccupati motorizzati e di primati infraumani che sbracciano come un vigile urbano per far parcheggiare le macchine di questi inetti, tutti con grandi mandibole, denti soprannumerari, zigomi sporgenti, prominenti arcate sopraccigliari, naso schiacciato e mandibola in avanti. Il tutto condito con i tatuaggi ed una accentuata pigrizia.

Feltri su Rete 4: «Molta gente è nutrita di invidia e di rabbia nei nostri confronti perché subisce una sorta di complesso d’inferiorità. Io non credo ai complessi d’inferiorità, io credo che i meridionali in molti casi siano inferiori».

Commento: «È un tasto molto sensibile, quindi qualcuno ha pensato che io abbia fatto dei test di intelligenza ai meridionali, una cosa ridicola. Tra l’altro non li fa nessuno, tanto meno io. Mi riferivo esclusivamente alla portata economica del Sud che è chiaramente inferiore a quella del Nord; non mi sembra una novità».

A parte che i test psicometrici si fanno eccome e sono fondamentali per fare molte diagnosi neuropsichiatriche; da dove si dovrebbe evincere che si sta parlando di economia e non di razzismo? Bene, ecco Feltri lo statista, un secolo e mezzo di questione meridionale irrisolta ed arriva lui e fuga ogni dubbio sulla causa: i meridionali sono inferiori.

Feltri su Libero: «Attenzione, manutengoli ingordi, a non tirare troppo la corda poiché correte il pericolo di rompere il giochino che fino ad ora vi ha consentito di ciucciare tanti quattrini dalle nostre tasche di instancabili lavoratori. Noi senza di voi campiamo alla grande, voi senza di noi andate a ramengo. Datevi una regolata o farete una brutta fine, per altro meritata».

Commento: «Ma lei deve tenere conto che questa è una risposta alle polemiche di quelli del Sud che dicevano che quelli del Nord non possono andare a sud perché sono degli untori che portano la malattia; io naturalmente ho reagito in questa maniera che non è sicuramente offensiva, […] siccome le strutture sanitarie al sud sono naturalmente inferiori rispetto a quelle del nord, se per caso il coronavirus (cosa che non auguro a loro) dovesse contagiare anche quelle regioni sarebbe un disastro. Troverebbe vita facile per fare delle stragi».

Ancora con questo inferiori? Ma esattamente…quali quattrini vi avremmo ciucciato dalle tasche? Faremo una brutta fine come, dove, quando e perché? E che vuol dire meritata? Ce la meritiamo perché vi abbiamo detto che non è il caso che voi attraversiate l’Italia aumentando il rischio di contagio? Abbiamo urtato la vostra sensibilità? E poi, vuoi smentire le nostre “ingiurie” sulla possibilità che i tuoi concittadini diventino un pericolo per i residenti del Mezzogiorno, dicendo che abbiamo un sistema sanitario inferiore al tuo ed incapace di affrontare l’emergenza sanitaria? Il delirium non si ferma qui.

Carlo Marsilli: «In tutto questo alcune edicole al Sud hanno deciso di non vendere il suo quotidiano…»
Feltri: «Ma i giornali del Nord al Sud già vendono poco, così come vendono poco anche quelli del Sud. Sappiamo che la lettura non è la principale attività del Meridione».

Ah ora sì. L’asso di mazze depositato con veemenza sul tavolo da gioco; la carta dei terroni analfabeti. Messina è la tredicesima città italiana per popolazione e conta 2156 analfabeti (Istat 2011); Bergamo, città natale di Feltri, è solo la trentacinquesima città italiana per popolazione ma conta 4850 analfabeti. Ma di cosa stiamo parlando?

Smettetela di parlare di Nord e Sud, visti anche eventuali problemi di classificazione: per esempio Perugia a quale zona dovrebbe appartenere? Oppure: i romani, sono terroni? 
Se dovete sottolineare in una analisi le lacune del nostro paese, parlate piuttosto di questione meridionale, di malagestione, malasanità e associazione a delinquere di stampo mafioso; smettetela di confinare le ipotesi di reato alla mera dimensione regionale. Dopotutto le mafie fanno affari con “il Nord”. Smettetela di parlare di popoli del Sud e popoli del Nord, di parlare di meridionali e settentrionali. Esistono solo gli italiani.

Alessio Gugliotta

Abbatti lo stereotipo – Il polentone al Sud

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Dopo aver affrontato i cliché degli studenti conterranei, come non parlare degli stereotipi che noi meridionali affibbiamo agli ospiti nordici? C’è chi fa la vacanzina al Sud, chi ci studia, chi ci lavora… insomma, anche il meridione è invaso dagli amici “di su”.

Proviamo a sfatare i quattro miti che narrano dei polentoni!?

1- Ci si vede per un “ape”?

“ Ape cosa?” – Ci si vede per mangiare focaccia, o un arancino, o una granita, non per un “ape” ( che poi è aperitivo). Il buon polentone, alle prime armi, “osa” fare una proposta tale al Sud; ma quando l’amico terrone lo porta ad assaggiare qualche chilo di focaccia, è subito magia: già dal giorno dopo, suggerirà una focacciata.

2 – Scopre l’esistenza del sole ( e del caldo).

Anche a Novembre e a Dicembre, e per tutto il resto dell’anno (tranne nel fine settimana, ovviamente). In realtà, è proprio difficile spazzare via la nebbia di questo stereotipo, ma vi possiamo assicurare che i polentoni sono così stufi del caldo afoso delle loro terre, da essere felici delle nubi invernali padane. Alla fine dei conti, quindi, conoscono fin troppo bene il sole.

 

3 – Puntualità.

Nello scorso pezzo, abbiamo parlato del tipico ritardo dei meridionali; per i polentoni esiste il problema opposto.

Se dicono “ci vediamo alle 18”, loro sono puntualissimi, anzi, sono capaci di presentarsi all’appuntamento anche 5 minuti prima, ignari del fatto che dovranno attendere l’amico del Sud ALMENO mezz’ora.

Ma dopo un paio di volte in cui l’attesa sembra infinita, è il polentone stesso a presentarsi molto dopo l’orario prefissato.

 

4 – Alle 19 ha già cenato.

Probabilmente, lo fa il primo giorno che arriva, ma non appena vede la gente attorno a lui cenare non prima delle 20:30, silenziosamente cucina ad un orario intermedio, così da non sembrare il tipico nordico e, nel frattempo, non soffrire troppo la fame.

 

Bene polentoni, avete: cibo buonissimo, il mare, qualche clacson che suona a caso ( sicuramente per salutare l’amico nella macchina accanto), qualche parola in dialetto da imparare…insomma, con un buono spirito di adattamento, potete farcela!

 

Jessica Cardullo

Abbatti lo stereotipo- Il terrone fuori sede

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Chi non ha un amico che studia lontano dalla sua calda e amata terra natia?

Dalle regioni più vicine fino ai freddi centri trafficati del nord, lo studente meridionale si insinua nella vita universitaria dei romani, dei polentoni ( chi più ne ha, più ne metta) regalando assaggi della terronia e creando, spesso, degli stereotipi che oggi, una volta per tutte, abbatteremo.

 

Ecco a voi i quattro cliché del terrone fuori sede:

  1. Le valigie piene di cibo. Leggende narrano che, per gli aeroporti italiani, viaggino solitarie e profumate, valigie cariche di braciole, di cannoli, di arancini ( o arancine, così nessuno si arrabbia). Probabilmente qualcuna ce ne sarà in circolazione, ma demitizziamo questi racconti: la verità è che il vero terrone, rientrando a casa per le vacanze, si rimpinza di questo cibo fino a scoppiare e, tornando su, il frigo è in dieta e le valigie sono solo piene di quei maglioni pesanti che al sud nessuno mai oserebbe indossare.
  2. La nonna al telefono, prima di salutare, dice: “ Hai mangiato?”. Beh sì, lo chiedono, ma non prima di aver fatto una serie di domande che la rassicurano sulla tua incolumità. Il questionario della nonna si struttura in: “ Hai chiuso la porta a chiave?”, “ Hai spento il gas?”, “Non è che cammini in strade buie ed isolate?” ed infine “ Hai mangiato, vero? Quando torni ti faccio mangiare io!”. Mi sembra doveroso, però, precisare che la telefonata è rigorosamente in dialetto .
  3. Uscire è transitivo. Touché. Regola grammaticale completamente introdotta da noi meridionali e che, con molta, troppa difficoltà, abbandoniamo. Ed ogni volta che il povero studente fuori sede prepara, per lui e per il coinquilino, il caffè ed urla “ È uscito il caffè”, le orecchie di un polentone sanguinano. Difficile sfatare questo mito, ma i terroni imparano in fretta: “uscire” come transitivo è off-limits.
  1. Ritardatari cronici. “ Fra un PAIO di minuti sono pronto” quel “paio” meridionale che va da una decina di minuti all’ora spaccata. Il terrone soggetto a questo pregiudizio, però, ormai è puntuale come un milanese, addirittura arriva in anticipo e, asserendosi paladino della giustizia sociale, sfata ogni cliché sulla non puntualità dei terroni.N.B.: il genere femminile, chiaramente, si astiene dallo smentire il mito della non puntualità.

     

     

    Terroni fuori sede, siete vittime di altri stereotipi? Scriveteci e li sfateremo tutti ( o almeno, ci proviamo).

     

    Jessica Cardullo