Cannabidiolo, possibile effetto protettivo contro il Covid

Recenti articoli hanno mostrato un possibile effetto di protezione da parte del Cannabidiolo contro il Corona Virus.
Ad un anno e mezzo dalla pandemia, grazie all’importante campagna vaccinale, la curva dei contagi sta finalmente scendendo.
Tuttavia, parallelamente allo sviluppo dei vaccini, la ricerca non si è fermata di studiare potenziali farmaci in grado di curare il Covid-19.

 

Cos’è il cannabidiolo?

In che modo combatte il Covid?

Serendipità

Conclusioni

Cos’è il cannabidiolo?

Il Cannabidiolo è uno dei metaboliti della Cannabis Sativa, pianta nota per il suo uso ricreativo, dati i suoi effetti psicotropi.

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Tuttavia, il responsabile degli effetti psicotropi, è principalmente il THC (tetraidrocannabinolo), un metabolita che, agendo sui recettori CB1 e CB2, è in grado di modulare la captazione di diversi neurotrasmettitori (come glutammato e dopamina), oltre ad agire sui recettori μ1 del sistema endorfinergico, modulando gli stimoli dolorosi.

Il Cannabidiolo (CBD) agisce invece, legandosi come agonista per i recettori della Serotonina 5-HT1a e come antagonista dei recettori GPR55 e dei recettori vanilloidi TRPV1 e TRPV2. Modula inoltre i recettori CB1, CB2 e oppioidi.

Crediti immagine: https://www.laboratorio-galenico.it/wp-content/uploads/2017/06/Differenze-THC-e-CBD.jpg

Queste sue proprietà hanno permesso che la farmacologia si interessasse alla Cannabis Sativa dimostrando che il Cannabidiolo ha effetti rilassanti, anticonvulsivanti, antidistonici, antiossidanti, antinfiammatori, favorisce il sonno ed è distensivo contro ansia e panico. Inoltre, si è rivelata in grado di ridurre la pressione endooculare, è un promettente antipsicotico atipico ed è utile nel trattamento del dolore neuropaticoProprio per questo in diversi Paesi è stato liberalizzato l’uso della Cannabis a basso contenuto di THC (che ha l’effetto psicoattivo), ma che presentano comunque livelli normali di CBD.

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In che modo combatte il Covid?

Visto l’avanzare della ricerca sul CBD, in uno studio su Pubmed (ancora da verificare), si è notato che in una coorte di pazienti umani ,che in precedenza avevano assunto CBD, l’incidenza di infezione da SARS-CoV-2  era significativamente inferiore, fino a un ordine di grandezza, rispetto alle coppie abbinate o alla popolazione generale.
È emerso che il CBD induce l’espressione dell’interferone e aumenta la sua via di segnalazione antivirale, inibendo la replicazione del SARS-CoV-2. Questo avviene, probabilmente, grazie al suo legame con il recettore CB2, espresso quasi esclusivamente sulle cellule T del sistema immunitario, con più alta densità a livello della milza. La stimolazione dei recettori CB2 sembra infatti essere responsabile principalmente della azione anti-infiammatoria e immunomodulatrice dei cannabinoidi.

Crediti immagine: https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/33758843/#&gid=article-figures&pid=fig-1-uid-0

In un altro studio, è emerso che gli estratti di C. Sativa ad alto contenuto di CBD, possano essere utilizzati per ridurre l’espressione di ACE2, enzima attraverso il quale il SARS-CoV-2 entra nelle cellule umane.

Un’ulteriore ricerca ha dimostrato l’efficacia del CBD contro le malattie dell’apparato respiratorio e le sue proprietà cardioprotettive, nefroprotettive, epatoprotettive, oltre ad una concomitante riduzione delle molecole attraverso cui il SARS-CoV-2 entra nell’organismo umano.

Crediti immagine: https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/33671463/#&gid=article-figures&pid=figure-3-uid-2

Questi dati suggeriscono quindi un nuovo effetto del Cannabidiolo, suggerendone una sua aggiunta (add-on) alla tradizionale terapia per i malati di Covid19.

Serendipità

La scoperta del potere protettivo del CBD nei confronti del Covid19, è avvenuta osservando una coorte di persone che si infettavano di meno assumendo il CBD (per altri motivi legati alle altre proprietà farmacologiche dello stesso).
Questa modalità di scoperta prende è nota come Serendipità.
Il termine serendipità indica l’occasione di fare felici scoperte per puro caso e anche, il trovare una cosa non cercata e imprevista mentre se ne stava cercando un’altra. Horace Walpole, nel XVIII secolo, coniò il termine in inglese (serendipity), che rientra pertanto nel novero delle parole d’autore.

Diverse sono le scoperte avvenute “per caso”:

Conclusioni

Il nuovo effetto del CBD fa vedere come le diverse scoperte scientifiche siano tra loro concatenate.
Una scoperta apparentemente poco utile può portare a scoperte sensazionali, grazie ad una sorta di effetto domino o a volte, alla mera fortuna, portando l’umanità sempre più lontano e verso una migliore qualità di vita.

Proprio per questo gli Stati dovrebbero investire di più nella scienza, e noi cittadini in primis dovremmo chiedere maggiori fondi destinati alla ricerca, affinché scoperte di questo genere possano essere sempre più, all’ordine del giorno.

 

                                                                                                                                                                  Roberto Palazzolo

Covid: cortisone arma a doppio taglio, ecco i nuovi dati

Fin dall’inizio della Pandemia mondiale, numerosi sono stati i tentativi di districarsi nella cura più appropriata per la nuova patologia causata dal SARS-CoV-2. È stata impiegata una gran varietà di farmaci, ma nel tempo le evidenze hanno dimostrato una scarsa efficacia di molti degli approcci terapeutici tentati.

Particolare rilievo è stato dato ad una “vecchia”, ma sempre attuale, classe di farmaci, ovvero i cortisonici. Tali farmaci hanno ricevuto un’elevata attenzione mediatica e vengono presentati come una possibile panacea nel trattamento domiciliare precoce della malattia.

Negli ultimi mesi si sta addirittura assistendo ad un vero scontro tra alcuni medici e le autorità sanitarie. I primi grandi fautori dei cortisonici già alle prime avvisaglie di malattia, le seconde, seguendo le evidenze scientifiche disponibili, consigliano di andare cauti e ne scoraggiano un uso smodato.

Ma qual è la verità? Il cortisone va o non va utilizzato nel trattamento del Covid?

Una recente meta-analisi fatta dai ricercatori italiani, tra cui il prof. Alberto Zangrillo, ha cercato di far luce sull’argomento.

Crediti immagine: Trialsitenews.com

Vai subito al punto

1. Premessa: cosa fa il virus al nostro organismo?
2. Come si è curato il Covid finora?
3. Il cortisone quindi si può usare? La Meta-analisi
4. Perchè ad alcuni pazienti il cortisone fa bene, ad altri no?
5. Conclusioni

Premessa: cosa fa il virus al nostro organismo?

Una volta contratta l’infezione attraverso l’inalazione di droplets (piccole goccioline in cui è disperso il virus), esso penetra nei nostri organi attraverso il recettore ACE2.

Questo recettore è presente in molteplici tessuti, tra cui i polmoni. Nei polmoni, nei casi gravi si viene ad instaurare una polmonite interstiziale (sia perché il virus si riproduce, che per l’attacco del sistema immunitario), che fa sì che si “ispessiscano” i polmoni, rendendo difficili gli scambi gassosi. Questo è il motivo per cui molti pazienti necessitano di ventilazione assistita e di ossigeno.

Crediti immagine: Frontiersin.org

Nei casi ancora più gravi il virus stimola a tal punto il sistema immunitario da causare una tempesta citochinica (le citochine sono molecole dell’infiammazione). Queste citochine fanno sì che si instauri una Sindrome da distress respiratorio acuto (ARDS), per via dell’ulteriore “ispessimento” dei polmoni, rendendo di fatto impossibili gli scambi gassosi.

Per ultimo, ma non per importanza, il SARS-CoV-2 riesce pure a determinare (sempre attraverso l’infiammazione) un’aumento della coagulabilità del sangue, che porta alla formazione di microtrombi che occludono i vasi. Si possono occludere sia i vasi polmonari che altri vasi del corpo, determinando infarti, ictus, embolie polmonari, petecchie.

Come si è curato il Covid fino ad ora?

La terapia per i malati Covid, varia a seconda della gravità della malattia. Nei pazienti con pochi sintomi basta un’attenta osservazione per poi intervenire in caso di peggioramento.

Nei pazienti più gravi si è utilizzata una terapia di supporto, che consiste nel mantenere quanto più normali possibili tutti i parametri vitali. Ossigenazione in caso di insufficienza respiratoria, gestione della pressione arteriosa, ecc.

Gli unici farmaci attualmente approvati sono il Remdesivir ed il Desametasone, oltre ad antiaggreganti o anticoagulanti per i soggetti con rischio cardiovascolare. In emergenza sono stati approvati anticorpi monoclonali che però necessitano ancora di ulteriori studi.

Il cortisone quindi si può usare? La Meta-analisi

Che i cortisonici (in particolare il desametasone) fossero efficaci nel trattamento della malattia, è stato dimostrato. Tuttavia, dallo studio effettuato dai ricercatori italiani e pubblicato il 28 Novembre 2020 sulla rivista scientifica Journal of Cardiothoracic and Vascular Anesthesia, è emerso che è bene usarli SOLO IN ALCUNI CASI.

Fonte: Corticosteroids for Patients With Coronavirus Disease 2019 (COVID-19) With Different Disease Severity

Analizzando infatti cinque studi (criticamente selezionati tra 1168 articoli) con un totale di 7692 pazienti, i ricercatori sono giunti alle seguenti conclusioni:

  • Nei pazienti così gravi da richiedere ossigenoterapia, l’uso di desametasone ha portato ad una riduzione della mortalità del 6%;
  • mentre nei pazienti sintomatici, ma che non richiedevano ossigeno, l’uso di desametasone ha portato ad un incremento della mortalità del 4%.

Queste percentuali sembrano basse, ma considerando i milioni di malati Covid al mondo, una più chiara applicazione della giusta terapia può salvare migliaia di vite.

Perchè ad alcuni pazienti il cortisone fa bene, ad altri no?

La domanda sorge spontanea, la spiegazione risiede nella patogenesi della malattia.

Abbiamo visto infatti che in fase iniziale l’infezione da SARS-CoV-2 si localizza a livello delle alte e basse vie aeree. Questa, nei casi migliori, andrà incontro a guarigione grazie all’azione del sistema immunitario. Nelle prime fasi dell’infezione l’utilizzo di un farmaco come il desametasone potrebbe ridurre l’attività infiammatoria di difesa del sistema immunitario. Si potrebbe rischiare infatti di rendere vano il tentativo del nostro organismo di proteggerci dall’infezione, peggiorando l’evoluzione della malattia.

Nei casi invece dove i pazienti richiedono ossigeno, si è probabilmente innescata una eccessiva risposta infiammatoria a livello polmonare, che ha ridotto la capacità di scambio gassoso dei polmoni. In questo caso il razionale dell’utilizzo del desametasone è quello di frenare un sistema immunitario troppo vivace, che ha determinato la gravità della malattia.

Sindrome da distress respiratorio acuto (ARDS). Crediti immagine: Wikipedia

Conclusioni

A dispetto di quello che millantano alcuni medici, fautori di una precoce terapia con cortisone, le evidenze scientifiche dicono il contrario.

UN USO PRECOCE DI DESAMETASONE IN PAZIENTI CHE NON HANNO BISOGNO DI OSSIGENO, POTENDO ABBASSARE LA RISPOSTA IMMUNITARIA E FAVORIRE LA REPLICAZIONE VIRALE,  AUMENTA DEL 4% LA MORTALITÀ.

La medicina, come tutte le scienze, non è esatta. Prima di arrivare alla scoperta di una malattia, di una cura per essa, sono necessari migliaia di studi di migliaia di ricercatori.

Diffidate dunque da chi, usando come stendardo il proprio titolo, cerca di fare scoop usando le vostre paure. Nella scienza non esistono né cure immediate, né miracoli, ma risposte basate su evidenze che pian piano ci fanno progredire.

Chi vi propone la cura miracolosa, nel migliore dei casi sbaglia, nel peggiore è in malafede, cercando guadagni o notorietà sfruttando la paura del cittadino, che nelle parole sicure (anche se false) dell’esperto trova conforto per la sua malattia.

Perfino alcuni premi Nobel in altri ambiti hanno commesso enormi errori di giudizio. Pensiamo ad esempio a Lui Montagnier, Nobel per la scoperta dell’HIV, diventato negli ultimi anni un convinto no-vax, nonostante il resto degli scienziati del mondo sia a favore dei vaccini.

Cortisone sì – cortisone no, dopo mesi di analisi dei dati e trial clinici, finalmente abbiamo una risposta abbastanza certa.

Fidiamoci della scienza, non dei singoli. Essa è frutto del lavoro di milioni di persone di scienza, che giorno dopo giorno con molta autocritica cercano di giungere a conclusioni sempre più precise. I miracoli, non appartengono alla scienza, ma ai ciarlatani.

Roberto Palazzolo