Una decisione storica dell’Onu sulla legalizzazione della cannabis

fonte: il fatto quotidiano- la cannabis esce dalla tabella Onu degli stupefacenti.
La cannabis tolta dalla tabella Onu degli stupefacenti (fonte: ilfattoquotidiano.it)

La Commissione delle Nazioni Unite sugli stupefacenti, ieri, 2 dicembre, ha preso una decisione storica. Ha riconosciuto ufficialmente le proprietà terapeutiche della cannabis, attraverso un voto tenutosi a Vienna. Secondo l’agenda, ci si doveva esprimere con il voto su 6 raccomandazioni che l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) ha adottato anni fa e con le quali si vuole ricollocare la cannabis all’interno delle quattro tabelle che, dal 1961, al loro interno contengono una classificazione di piante e derivati psicoattivi in base alla loro pericolosità.

Le antiche origini della cannabis

La Cannabis ha una storia molto antica alle sue spalle. Nel corso del tempo, l’uomo ha imparato ad utilizzarla in vari modi e per diverse finalità. Grazie alle molteplici peculiarità delle diverse varietà, siamo passati dalla realizzazione di corde, permessa dalle fibre resistenti che contraddistinguono le varietà dal fusto lungo, all’utilizzo nella carta stampata – si pensi a Gutenberg, ideatore della stampa a caratteri mobili, che stampò le prime copie della Bibbia proprio su carta di canapa. Non solo, già secoli fa, il popolo cinese utilizzava gli estratti di canapa come analgesici contro dolori  mestruali e reumatismi, a dimostrazione delle proprietà terapeutiche delle piante, sfruttate anche in occidente fino alle fine dell’800.

Cannabis, sì o cannabis, no?

Nel corso degli anni, sono stati diversi e contrastanti i pareri riguardo la cannabis. Per prima, la California ha legalizzato la medical marijuana, cioé l’uso della pianta per scopi medici. Fu seguita da oltre 30 Stati, alcuni dei quali ne permisero la prescrizione terapeutica, mentre altri l’hanno legalizzata completamente, dunque anche per scopo ricreativo. La cannabis utilizzata per entrambi gli scopi interessa al momento pochi Paesi come il Canada, Uruguay, Bangladesh. Quest’ultimo è sprovvisto di una legge, una regolamentazione, al riguardo, per cui viene considerato legale sia la produzione che la vendita. In Europa si procede molto più lentamente. In Italia, il consumo ricreativo è stato soggetto a forti depenalizzazioni, ma restando illegale, mentre è consentito il consumo medico con prescrizione. C’è da sottolineare, comunque, che in diversi Paesi del mondo, l’uso della cannabis resta illegale e non reperibile, se non nel mercato nero. Ad esempio, in Belgio l’uso di cannabis rimane illegale in tutte le sue forme.

(fonte: associazionelucacoscioni.it)

La cannabis viene tolta dalla tabella 4

Con la decisione di ieri, la cannabis viene tolta dalla tabella 4, ovvero quella in cui sono collocate le sostanze ritenute più pericolose come eroina e cocaina. L’Unione europea si è espressa all’unanimità – ad eccezione della sola Ungheria – nella decisione presa, schierandosi a favore della declassificazione della sostanza dalla tabella e riconoscendone il valore terapeutico a beneficio della cura del morbo di Parkinson, della sclerosi, dell’epilessia, del dolore cronico e del cancro. Anche gli Stati delle Americhe si sono espressi favorevoli, mentre i Paesi asiatici e africani si sono dimostrati contrari. Marco Perduca, dell’Associazione Luca Coscioni, attiva a livello internazionale a tutela del diritto alla scienza e alla salute, il quale coordina la campagna “Legalizziamo!” ha dichiarato:

“La decisione di oggi toglie gli ostacoli del controllo internazionale, imposti dal 1961 dalla Convenzione unica sulle sostanze narcotiche, alla produzione della cannabis per fini medico-scientifici

 

Il caso di Walter De Benedetto e l’appello al Presidente Mattarella

(fonte: associazionelucacoscioni.it)

Come detto, nel nostro Paese è consentito l’utilizzo di cannabis a scopi terapeutici per pazienti sopra i 13 anni, sotto prescrizione medica. Capita, però, che il bisogno del farmaco è superiore alla sua produzione o importazione. Il difficile reperimento da parte dei pazienti ha portato ad alcune conseguenze come la diffusione dell’autoproduzione. Tra i casi più celebri abbiamo quello di Walter De Benedetto, affetto da una malattia neurodegenerativa, indagato per coltivazione di sostanza stupefacente in concorso. Walter è stato indirettamente indotto, suo malgrado, a procurarsi il farmaco da solo, proprio da quel sistema che ora lo accusa. Comunque, grazie all’aiuto della campagna “Meglio Legale”, si è appellato al presidente della Repubblica Sergio Mattarella, chiedendo che venga rispettato il diritto alla cura stabilito dall’articolo 32 della nostra Costituzione.

Eleonora Genovese

Je suis Charlie

Charlie Gard.  Ha solo 10 mesi, ma tutto il mondo già lo conosce, tutti i mezzi di comunicazione ed i social networks, non hanno fatto altro che parlare di lui in questi giorni. Perché?

Perché la vita di questo bimbo, nella sua particolarissima forma, è segno di contraddizione per la società del nostro tempo che, pronta a legittimare anche i desideri più improbabili, priva della propria libertà chiunque non dovesse essere allineato con i “trend” del pensiero forte.

Chris Gard e Connie Yates, genitori del piccolo Charlie, hanno solo chiesto la vita, mentre medici e corti d’appello sentenziano morte. Morte per soffocamento ( sono filantropi, loro!) dal momento che “staccando la spina”,  Charlie non sarà più in grado di respirare autonomamente. E’ una malattia rara la sua, deplezione del DNA mitocondriale (16.ooo base paires che vengono, normalmente, tradotte in proteine funzionali, fondamentali per consentire all’organulo di adempiere alla sua funzione), si contano solo altri 16 casi del genere in tutto il mondo.

E’ senz’altro una situazione complessa ed estremamente delicata, però una cosa risulta incomprensibile: anche se  il bimbo non può essere portato negli Stati Uniti per tentare una cura sperimentale bocciata dai medici del Great Ormond Street Hospital di Londra, perché deve essere ucciso attraverso la rimozione del respiratore?

I genitori, infatti, fin dal primo giorno insistono nel dire che il bambino non soffre («se fosse così saremmo i primi a lasciarlo andare»). E che Charlie possa continuare a vivere è dimostrato proprio dal fatto che, da aprile a oggi, cioè da quando è iniziata la causa giudiziaria, il suo stato di salute non è peggiorato.

Di questo, i medici non sanno bene che rispondere. La decisione di staccare la spina è stata presa, dicono, “nel migliore interesse del bambino”, ma non è facile comprendere come la vita possa non essere nell’interesse di Charlie. E rimane, ancora, il nodo cruciale: secondo gli stessi operatori sanitari  “Non è possibile sapere se Charlie provi dolore o meno. Nessuno può esserne certo”. Quindi, non si può stabilire se ci sia o no accanimento terapeutico.

Però mi chiedo, quale medico e quale giudice può arrogarsi il diritto di porre fine alla vita di un bambino sulla base di qualcosa che non sa?

Poiché ammettono di essere nel dubbio, i dottori dovrebbero assisterlo fino alla fine e fare un passo indietro davanti a una vita che, per quanto fragile e sofferente, c’è.

L’emergenza di Charlie è l’emergenza di ogni uomo, perché la sua malattia coinvolge la fase vita in cui l’uomo è più debole e indifeso e ha bisogno di accoglienza, ancora di più se affetto da una malattia genetica o malformativa. Alla sua sofferenza non si è data una risposta concreta, si è negata la base minima della pietà umana decretando che se sofferenti non vale la pena vivere.

Concludo prendendo in prestito le parole di un pediatra e genetista francese (nonché scopritore della trisomia 21, più nota come “Sindrome di Down ed altre malattie cromosomiche), vissuto nel secolo scorso, Jérôme Lejeune:

«Se si volesse eliminare il paziente per sradicare il male, si avrebbe la negazione della medicina. Ma difendere ogni paziente, prendersi cura di ogni uomo, implica che ciascuno di noi debba essere considerato unico e insostituibile».

Dobbiamo servirci della medicina in modo etico per salvare vite, altrimenti essa rischia di diventare mero tecnicismo applicato, ma non al servizio dell’uomo. Charlie forse non può guarire, ma non per questo dev’essere ucciso da una scienza che si illude di essere onnipotente.

Ivana Bringheli