Apri gli occhi

Curioso.

Curioso è essere cullato da un’alta marea di voci che sembrano chiamare il mio nome.

“ Nico, Nico….” – era un loop di suoni familiari che continuavano ad invocarmi e, in quel frastuono, c’era sicuramente qualche sconosciuto.

Mi sentivo sballottare da una parte e poi dall’altra: erano secondi, o forse minuti, o addirittura ore – non saprei dirlo con esattezza – ma so con convinzione che nella mia testa c’era una distinta confusione che avrei voluto si placasse.

Così, dissi fra me e me “ urla, Nico” e lo feci o almeno, così mi parse di fare.

In effetti, il rumore attorno a me era perpetuo, non smetteva, ed io piano piano realizzavo di essere disteso sulle bianche sfumature di un letto a rotelle.

Più sovrastante di tutte le voci, era lo strofinio continuo che percepivo sulla mia mano destra – credo – di un’energia inaudita.

Mi concentravo su quella sensazione e le voci erano ormai diventate una colonna sonora che imperturbabile cullava il disordine fra sogno e realtà.

Era questo il punto: cos’era? Un illusione? O stava accadendo davvero?

La domanda trovò subito una risposta nel mio spirito che osservava il mio corpo disteso su quello che, ora, mi appariva nitido come un lettino d’ospedale.

Un groviglio di pensieri martellava la mia testa.  

Finalmente riuscivo chiaramente a vedere cosa avevo intorno: le lacrime di mia madre, la mano della mia ragazza sopra la mia, le urla di mio padre ed i dottori che correvano con quella barella d’appresso, su cui io giacevo indisturbato.

Il caos, lo sgomento e la paura sembravano essersi impossessati di tutta quella gente, tranne che di me: avvertivo un’inspiegabile sensazione di pace.

Ricordo che d’un tratto arrivò Daniele e fu allora che ritornò il ricordo della sera precedente.

Il venerdì, io e Dani andavamo sempre in quel pub, vicino la piazza centrale, e quella sera passammo anche a prendere Peppe. Peppe…fu allora che pensai “Dov’è? Perché non è lì? Dov’è il mio amico?”

Quella quiete apparente in cui galleggiavo, aveva lasciato il posto al fracasso dei ricordi: un bicchiere di tequila, poi un altro e un altro ancora.. mi metto alla guida…le luci, l’autostrada…sbando. Il buio.

E Peppe dov’è?

Quasi come se la mia anima si staccasse leggiadra dal mio corpo, cominciai a gironzolare per l’ospedale guidato da un sesto senso non indifferente che mi portò in un’altra stanza: il mio amico era inerme, attorniato dai suoi familiari che piangevano cascate.

“Non poteva essere vero. Non succede mai che una volta esageri e muore qualcuno. Era un incubo.” – era la solfa che mi ripetevo per convincermi che non avevo distrutto la vita del mio amico, quella della sua famiglia e anche la mia.

Proprio in quel momento, in preda alla disperazione più totale, vidi in lontananza una luce soffusa e subito dopo un bagliore cosi forte da farmi chiudere gli occhi.

È li che pensai “ è finita.”

 

Curioso.

Curioso è svegliarsi da un incubo che altro non è che la conseguenza di una stupida azione sbagliata.

Curioso è dover continuare a vivere, quando il senso di irresponsabilità ha ucciso il tuo amico.

Curioso è aprire gli occhi ogni mattina e chiedersi “Perché l’ho fatto?”

Curioso è sentirsi vittima dei propri sbagli.

Curioso è credere di essere onnipotenti alla guida di una macchina.

 

Jessica Cardullo

Roboante CUS

 

Nella quindicesima giornata del campionato di Terza Categoria di Messina, il Cus Unime viene ospitato dal Malfa, fanalino di coda della classifica, nell’isola di Salina. Match importante per gli universitari che non possono permettersi di perdere il passo delle compagini dell’alta classifica. La partita viene diretta dal Sig. Muscherà di Messina con inizio alle ore 10,30.

Il viaggio all’alba in aliscafo è sempre traumatico per chi deve andare a disputare 90 minuti di grande intensità, tuttavia i ragazzi del Cus mantengono alta la concentrazione consapevoli dell’importanza fondamentale della posta in palio in questa partita.

Primo tempo: partenza forte del Cus che passa subito in vantaggio grazie a una conclusione di Insana da fuori area con la complicità di un’incertezza dell’estremo difensore eoliano. Al ventesimo, però, il Malfa trova il pari con un tocco sotto misura sugli sviluppi di un calcio d’angolo ad opera di Di Losa. Prima del termine della prima frazione di gara, nuovo vantaggio Cus firmato Oliva. Il nuovo acquisto della formazione dell’Università di Messina, riesce a controllare e domesticare una sporca palla all’interno dell’area di rigore e avversaria e conclude a rete con un preciso destro sotto la traversa. 2 a 1 e duplice fischio del direttore di gara.

Secondo tempo: dagli spogliatoi, per i primi 15 minuti esce una sola squadra ed è il Malfa. I padroni di casa riescono a trovare prima il pari con De Losa A. e subito dopo il vantaggio con Pirera che sfrutta una sciagurata uscita di un incerto Faranda. La tensione inevitabilmente aumenta. Tra il secondo e il terzo gol il Cus fallisce la sua probabile terza rete con Tiano, il quale si fa respingere il rigore da Di Cosa D..

Nella parte finale della partita il Cus Unime tira fuori l’orgoglio e rifila ben tre reti in trenta minuti ai padroni di casa. Reti di Stassi (sinistro a giro sul secondo palo dal limite dell’area), Papale (su meraviglioso assist di tacco di Stassi, che gli spiana un’autostrada verso il gol) e Iacopino, che trasforma il rigore della vittoria. Nel finale da segnalare il rigore fallito da parte di Martino per il Malfa, che centra il palo invece di rendere meno amaro l’ennesimo scivolone casalingo e l’espulsione (dubbia) di Stassi, che sarà costretto a saltare la prossima sfida contro la Sc Sicilia, in un derby messinese che promette emozioni.

Nonostante una partita non perfetta dal punto di vista del gioco a causa delle oggettive difficoltà del campo “Tre Pietre” di Malfa e del difficile viaggio in aliscafo, il Cus Unime si aggiudica 3 punti e torna a suonare la carica per il vertice della classifica, che oggi, a 7 giornate dal termine, dista appena un punto.

Prossima partita, dunque, al Marullo di Bisconte, Camaro, sabato 11 marzo alle 16,30 contro la Sc Sicilia: sfida che varrà tanto se non tantissimo per le sorti di questo fantastico campionato.

Formazione Cus (4-3-3): Faranda1; Rodà 2, Iacopino 4, Occhipinti 5, Cardella 3; Lombardo 8, Tiano 10, Monterosso 6; Insana 11, Oliva 9, Papale 7.

Panchina: Zito, D’Agostino, Costa, Al Hunaiti, Stassi.

Allenatore: Smedile.

PAGELLE:

Faranda voto 4: Assente dal campo da 2 anni, ne aspetterà altri 2 per ripresentarsi nuovamente. Legge malissimo ogni traiettoria possibile e ogni qualvolta la palla raggiunge la sua area di rigore, mister e compagni vengono assaliti da brividi lungo la schiena. La sua mossa migliore è quella di chiedere il cambio per il bene comune. “ANCHE QUESTO DIMOSTRA CHE SONO IL MIGLIORE

Roda’ voto 6: Dopo essersi esibito sull’aliscafo in versione “lap dance” , da bravo pastore si accorge subito che le reti del campo sono basse e che senza palloni avremmo vinto a tavolino. Nonostante i propositi non fossero dei migliori, svolge una partita pulita e senza “maschiate” da ricordare. ONESTO

Iacopino voto 7: Appena arrivato a Malfa gli avversari lo salutano col bacio, scambiandolo per un pastore di Alicudi. In campo la situazione è ben diversa, il capitano picchia e detta legge come suo solito, impreziosendo la sua prestazione con il sigillo finale. YATI

Occhipinti voto 5: Direttamente dal paese del commissario Montalbano, dove millanta di essersi allenato in questo periodo di ritiro spirituale, il buon Occhi si presenta a Malfa in condizioni psicofisiche da dimenticare. Parecchie volte in apnea nel primo tempo, la combina grossa regalando il calcio d’angolo dal quale nasce l’1a1. Finge palesemente un infortunio, per poter meditare sul profondo senso della vita osservando il mare. SAGGIO

Cardella voto 5: Ha l’alibi sacrosanto di giocare fuori ruolo, ha l’alibi meno sacrosanto di pesare più dello chef Cannavacciuolo, pur essendo a dieta dal 2008. In campo si trova spesso spaesato, talvolta poco aiutato da Papale in fase difensiva. E se il male minore fosse stato Costa? MISTERO

Lombardo voto 5.5: Arriva all’appuntamento carico a mille con almeno 8 hashtag per abbellire le sue storie. In campo perde un po di smalto anche a causa delle condizioni della partita che non favoriscono le sue geometrie. Poco importa, Picciolo si scatena con la macchina fotografica e lo immortala in tutto il suo splendore, garantendogli anche per oggi i suoi molteplici likes. #Calciopassione

Tiano voto 6: Partita non alla sua altezza, penalizzato anche lui dal contesto e dai pochi spazi a sua disposizione. Come ogni partita timbra il cartellino alla voce risse sfiorate. Poco freddo dagli undici metri e da la’ si spegne la luce. Mezzo voto in più perché in questo momento si starà inginocchiando sui ceci per punirsi. EMO

Monterosso voto 5.5: Arrivato a Malfa con gli occhi di chi è di nuovo, alla veneranda età di 40 anni, in gita scolastica. La sua partita non è però di quelle da ricordare negli annali, alcuni errori in fase di impostazione e molta macchinosita’. ER MOVIOLA

Insana voto 6.5: Si presenta a Malfa con un colorito che ricorda la Mozzarella di Battipaglia e un timbro dello 090 sul collo che non preannunciano nulla di buono. Tuttavia è tra quelli che si distinguono per sacrificio e qualità. CASPER

Papale voto 6.5 – Nel primo tempo si nota solo per le sue scarpe color evidenziatore che acciecano i gabbiani vicini. Sale in cattedra nel secondo tempo, prima bruciando i guantoni del portieri avversario, poi facendo assist e goal decisivi per il risultato finale. Dai suoi piedi sembra poter nascere sempre qualcosa. TIRO DEL DRAGONE

Oliva voto 6,5: Dopo aver stabilito il record di Travel Gum masticate, Peppe scende in campo con molta generosità e risulta determinate sia per il goal siglato , sia per aver tenuto su da solo un reparto contro i Pastori Malfesi. AGNELLO SACRIFICALE

Stassi voto 7: E’ l’arma spaccapartita e risulta devastante per qualità e mezzi tecnici. Fondamentale nella rimonta, entra in tutte le occasioni da goal. Peccato per la solita ingenua espulsione che gli farà saltare il Big Match contro l’Sc Sicilia. MIMMO BERARDI

D’Agostino voto 3: Inaccettabile puzzare di Negroni alle 6 di mattina sull’aliscafo. Sbiascica come se non ci fosse un domani, viene coinvolto spesso da sbalzi di umore che destabilizzano i compagni. Tenetelo d’occhio, questo è un potenziale Serial Killer. CRIMINAL MINDS

Zito voto 6

Osama voto 6

Mister Smedile voto 6: Tante defezioni lo condizionano nello schierare l’11 migliore ma lui ci mette del suo schierando un centrocampista ciccione a terzino sinistro. Poi ti giri in panchina e vedi D’Agostino che parla da solo e quel Costa che grida vendetta. Forse non aveva altre scelte. GIUSTIFICATO A META’

Mirko Burrascano

Dal Doodle di Google alla Giornata dei Giusti: scopriamo insieme il 6 marzo 2017

 

 

 

 

 

 

Il problema non è fare la cosa giusta. È sapere quale sia la cosa giusta.

(Lyndon Baines Johnson)

 

Esistono ben 1052 siti in tutto il mondo considerati Patrimonio dell’Umanità (secondo l’UNESCO). Tra questi, uno, oggi 6 marzo 2017, viene ricordato dal Doodle di Google: Il Parco Nazionale di Komodo.

Con un piccolo test, il doodle, mette alla prova le nostre conoscenze riguardo, per l’appunto, un animale molto particolare: il Komodo.

I Draghi di Komodo sono delle lucertole originarie dell’Indonesia e sono cento volte più grandi delle lucertole più piccole che esistono: possono raggiungere i tre metri di lunghezza e hanno una coda lunga tanto quanto il corpo.

Oggi, 37 anni fa, fu inaugurato il parco che ospita, appunto, questi antichi animali e li protegge. Ma non illudetevi: sono antipatici, un po’ aggressivi e mangiano cadaveri. Insomma, non esattamente tra le specie più simpatiche del regno animale.

6 Marzo 2017. Tra due giorni, l’8 marzo (ndr), è la festa della donna. Il 4 marzo è stato il compleanno di Lucio Dalla. Il primo del mese il suo anniversario di morte.

Ogni giorno c’è un santo, un onomastico, un compleanno, un anniversario o una ricorrenza.

6 Marzo 2017. Vorrei che l’abbiate, per sempre, ben impressa in mente questa data. Correva il 10 maggio del 2012 quando, essa, divenne importante. Il 10 maggio 2012 il Parlamento Europeo ha approvato, con 388 firme, la proposta di Gariwo di istituire, il 6 marzo, una Giornata europea dedicata ai Giusti per tutti i genocidi. Dal 6 marzo 2013 celebriamo quindi l’esempio dei Giusti per diffondere ovunque i valori della responsabilità, della tolleranza, della solidarietà.

Le persone Giuste, umane. Chi sono i Giusti? Sono quelle persone che, nonostante il momento storico che stanno vivendo, si ribellano in nome della giustizia. È dedicata a quelle persone che hanno combattuto contro le ingiustizie, ingiustizie dettate dalla religione, dalla politica, dall’essere umano che non sempre sa rispettare gli altri esseri umani.

Sono quelle persone che non hanno seguito la massa solo perché fosse più sicuro farlo, che hanno deciso di proteggere i più deboli, anche al costo delle loro stesse vite.

Gariwo: è l’acronimo di Gardens of the Righteous Worldwide, l’ONLUS che ha proposto ed ha ottenuto questa giornata. Ha sede a Milano e riconosce collaborazioni internazionali.

Dal 1999 lavora per far conoscere i Giusti: pensano che la memoria del Bene sia un potente strumento educativo e serva a prevenire genocidi e crimini contro l’Umanità.

Come si muovono? Bonificando e creando parchi, che loro stessi chiamano i Giardini dei Giusti.

Ogni anno, dal 2012, la Giornata dei Giusti esalta un tema che abbia sempre, come obiettivo principale, quello di spronare tutti noi ad affiancare la giustizia, anche se può fare paura, anche andando contro agli ideali della massa.

Quest’anno, 2017, il tema scelto per la cerimonia, al Monte Stella, è: “I Giusti del dialogo: l’incontro delle diversità per superare l’odio”. Tantissime figure parteciperanno alla riunione mondiale che verterà intorno ad esso.

Figure che, probabilmente, la maggior parte di noi, io stessa, disconosceva fino a questo momento: Raif Badawi, ad esempio, un blogger saudita condannato a mille frustate e arrestato per aver espresso le sue idee di laicità dello stato, per essersi ribellato all’idea di Religione che gli stati musulmani impongono.

E, ancora, Lassana Bathily, giovane ragazzo nero, originario del Mali, che ha salvato gli Ebrei durante l’attacco al supermercato Kasher, mettendosi contro i terroristi Islamici, rischiando la sua stessa vita. Pinar Selek, sociologa turca (e queste, QUESTE, sono le donne da cui dovremmo prendere esempio e che dovremmo festeggiare l’8 marzo) attivista per la pace e i diritti umani, che fu arrestata solo perché dichiara a gran voce che tutti, TUTTI, siamo uguali a questo mondo. Mohamed Naceur, guida turistica che ha salvato gli italiani al Bardo.

Ogni regione, città, nazione può, a proprio modo e libertà (soprattutto), celebrare la Giornata dei Giusti: in Sicilia, la città di Palermo è attiva a riguardo, con manifestazioni in tutto il territorio. Ancora, l’Università di Catania. Agrigento: L’Accademia di Studi Mediterranei di Agrigento, in collaborazione con il Parco Valle dei Templi di Agrigento, con la Prefettura di Agrigento, l’Ufficio Scolastico Provinciale di Agrigento, celebrerà la “Giornata Europea dei Giusti”, al Teatro “Pirandello” e nella Valle dei Templi.

E noi? Siamo dei Giusti, o vogliamo ricordarli? Vogliamo rendere partecipe il nostro territorio messinese, le nostre scuole, la nostra università, di questa giornata? Vogliamo fare parte dei Giusti?

Perché, sinceramente, ci comportiamo da tali? Possiamo dire di essere dei bravi esseri umani?

È facile essere buoni. Difficile è essere giusti.

Elena Anna Andronico

Dieci Minuti per il resto della tua vita.

“E a che serve questo gioco dei 10 minuti?”
“Boh, la dottoressa non me l’ha spiegato. Credo serva fondamentalmente a impegnarmi la testa, a riempire il vuoto e a fare ordine nella confusione che mi ritrovo al posto della vita”

Capita che tu debba lasciare la casa in cui sei cresciuto, che il tuo compagno di sempre ti abbandoni e che il tuo lavoro di sempre venga affidato a un altro. E allora cosa si fa?  Chiara Gamberale non ha più nulla da perdere e allora ci prova. In “Per Dieci Minuti” ci mostra come i cambiamenti spaventano tutti ma sono necessari per ridarci il resto della vita che da soli bruciamo quando qualcosa va storto.

 “Vorrei assicurarle che non c’è verso: dentro momenti come questo bisogna cadere con le braccia, le gambe, il cuore, i polmoni. Tutto. 

Bisogna andare in fondo, bisogna marcire. 

Vorrei prometterle che non lo sa, che ora non può immaginarlo: ma arriverà il giorno in cui scoprirà di essere sopravvissuta.”

Dieci minuti al giorno. Tutti i giorni. Per un mese. Fare una cosa nuova, fuori dagli schemi senza aver timore di sbagliare, senza aver paura dell’oblio. Gettarsi in avanti e vivere quello che capita.

“Hai paura di perdere tutta te stessa, perdendo lui.”

Il modo di scrivere di Chiara, che si denota in questo libro come negli altri, è semplicemente istantaneo, ti tiene incollato alle righe finché non giri l’ultima pagina e arrivi all’ultima parola. È diretta e sintetica, a volte ironica nonostante il tema del dolore e della sofferenza, a convincere è proprio il ritmo incalzante della narrazione, dato dall’uso di continui flashback del passato inseriti ad arte, e dal soffermarsi sapientemente sull’analisi dei sentimenti e degli stati d’animo.

Questa è una lettura consigliata a chi è pronto a seguire il consiglio di Chiara, uscire dalla monotonia, sperimentare, scoprire nuove passioni, migliorarsi. Alla fine si scoprirà che può diventare un gioco di fantasia da prendere sul serio, quasi senza accorgersene.

Combattere gli schemi e ricominciare.

“Quanto è assurda la vita, quando non tocca a noi.”

Serena Votano

 

Cinefilia per idioti: il musical

Tutti canticchiamo.
Chi appena sveglio, chi sotto la doccia, chi in macchina, chi mentre si fa il bidet.
Tutti abbiamo sempre sognato di poterlo fare, magari sul tram, sull’autobus, sul treno accompagnati da un’ipotetica colonna sonora della nostra vita. Ed esistono solo due tipi di persone, chi lo ammette e chi mente.
Il lapalissiano successo di La la land mi obbliga a farvi dono di questo articolo per questo mese speciale che è Marzo (pazzerello esci con il sole e prendi l’ombrello).
Il genere che ho deciso di analizzare in modo sempre totalmente professionale e mai soggettivo, è proprio quel genere di film che o lo ami o lo odi (un po’ come i tuoi genitori): il MUSICAL. Genere che fin dalla culla ha accompagnato ognuno di noi, che ci piacesse o meno, ha creato delle colonne sonore che ancora oggi tutti conosciamo e qualsiasi serie tv che si rispetti vanta tra le proprie puntate, una versione musical.
Ma più di Sanremo, più del dentifricio che ti macchia i vestiti mentre ti lavi i denti, in modo inspiegabile, e tua madre ti dice ” ma tu perché ti lavi i denti vestita?” più della gente che dice “che vita sarebbe senza nutella”, più di tristi trentenni con la parrucca, che fanno video fingendo di essere delle ragazze, più di tutto questo io odio i musical.
Dopo quest’affermazione così decisa e del tutto inaspettata (non è vero) voi vi chiederete; Ma Elisia sei cresciuta a latte e Nesquik, fiabe sonore e cartoni animati Disney, come puoi dire una cosa del genere? E io vi risponderei come ad ogni domanda che mi viene posta ogni giorno della mia vita da quando sono nata: NON LO SO.
Il mio amico Nicola mi dice sempre di dover essere in grado di argomentare qualcosa, specie se, questo qualcosa, non mi piace.
Io sono dell’idea che non vi sia bisogno di argomentare un genere che agli occhi di un qualsiasi individuo, dotato di buon senso e poca pazienza, appaia odioso; ma per evitare di congedarci precocemente, facciamo un passo indietro.
La fonte certa di cui mi avvalgo sempre (Google) sostiene che il musical nasca negli USA il 12 settembre 1866, dalla fusione fra una compagnia di ballo e canto importata dall’Europa, con una compagnia di prosa, in quanto la prima era rimasta senza un teatro in cui esibirsi mentre, la seconda, era alle prese con una produzione che si stava rivelando più dispendiosa del previsto.
Bastano questi pochi accenni, a mio avviso, per capire che una cosa nata per caso e per risparmiare non possa generare nulla di buono. Superando quelli che sono i preconcetti , sempreverdi, legati al musical : che sono venerati da qualsiasi americano e dagli omosessuali, notiamo fin da subito che non si adattano proprio ad ogni genere cinematografico o teatrale. Basti pensare ad un contesto horror o drammatico, perché in quei casi credo si abbia altro di cui preoccuparsi anziché cantare.
Questo genere si sposa perfettamente con trame banali e cariche a loro volta di cliché tipiche del loro genere ( come quando una modella sposa un anziano milionario). Ma a noi, l’ovvio misto allo stravagante ci piace e quindi assistiamo a personaggi estremamente caratterizzati che si presentano a noi con canzoni di gruppo esaltando i loro più banali aspetti caratteriali (in viaggio con Pippo docet), tutti estremamente intonati e ballerini professionisti.

La peculiarità che mi lascia sempre esterrefatta (quasi infastidita), è la nonchalance con la quale tutti continuino a fare ciò che stavano facendo, prima che iniziassero a cantare e ballare, appena la musica finisce. E nonostante io abbia apprezzato Gesù e Giuda cantare in Jesus Christ superstar, o aver apprezzato Jessica Fletcher guidare un letto in pomi d’ottone e manici di scopa, e nonostante io mi compiaccia mi ogni volta che riesco a dire correttamente supercalifragilisitchespiralidoso; credere in un cavallo con il corpo da uomo che parla (Bojack horseman) oppure nell’esistenza in un sottosopra (Stranger Things ) lo ritengo più semplice.
Più del vedere uomini, donne, bambini e anziani ballare e cantare improvvisamente (con spunti futili, ad esempio riordinare una stanza) anche da soli in mezzo alla gente o sotto la pioggia.
Ma forse la magia dei musical è proprio questa: possono essere apprezzati solo dai sognatori. Oltre che dagli omosessuali.

Elisia Lo Schiavo

 

Abbatti lo Stereotipo- Gli studenti di Chimica

Nelle sperdute periferie delle città risiedono dei poli universitari molto particolari (o, per lo meno, nella nostra periferia): i poli scientifici.

Ma non scientifici a caso, proprio scientifici scientifici. Proprio quelli che ti riportano all’era delle medie: matematica, fisica, chimica. Lì, camminano degli zombies nerd, che ripetono a bassa voce e tra sé, formule, radici, calcoli.

In mezzo a questa fauna, alcuni spiccano: hanno i capelli elettrizzati e in aria, sono sporchi in faccia, hanno i camici strappati.

Sono gli studenti in Chimica. Ta ta taaaan. Studiano in padiglioni sotterranei dove ci sono i loro laboratori segreti e, in combutta con i professori, sintetizzano droghe e sostanze che un giorno permetteranno loro di conquistare il mondo.

Ma, c’è sempre un ma, come sempre è arrivata, là dove nessun altro arriva, la rubrica di UniVersoMe Abbatti lo Stereotipo. Abbiamo preso, quindi, un esemplare abbastanza normale: altezza media, donna, bionda, non troppo intelligente (si scherza) e le abbiamo chiesto di aiutarci nell’impresa di sfatare gli stereotipi sul suo corso di laurea.

E quindi? Ci ha detto di . Per cui, ecco a voi, signori, io e la mia amica Chimica che abbattiamo i 5 stereotipi sugli studenti in chimica!

  1. Sono tutti drogati: iniziamo dal nocciolo della questione. Perché, si sa, appena il ragazzo carino di fronte a te, con cui stai prendendo una birra per la prima volta e ti sembra proprio un ammmooooreeee, ti dice che fa chimica, scatta il pensiero:’’ è un cocainomane. Chissà cosa mi ha messo dentro la birra. Aiuto’’.

Per il mondo, Bob Marley è il prototipo dello studente di chimica. Tutti fattoni, don’t worry be happy e ohi maria ti amo. Ma no ragazzi, no no. Intanto, non tutti si sfondano di crocodile sintetizzata nei laboratori universitari e poi, la vera domanda è: ma perché tu che fai giurisprudenza/medicina/agraria/sto cazzo non fumi? Da te i fattoni non ci sono? Questo stereotipo non sta proprio in piedi. Alcuni si rilassano in un modo, altri in un altro.

Ebbasta.

  1. Sono tutti geni pazzi: eeeeeh, ciuffo rosso naso all’insù camice bianco e stivaletti da schiaaaanto!

Cartoon Network docet. Chi non hai mai guardato il laboratorio segreto di Dexter? È per colpa di questo cartone che ci immaginiamo gli studenti in chimica così fiiighi come occhialini sexy e ciuffo rosso Dexter. Ho investigato. Ho buttato giù le librerie di vari amici, ho spostato sedie, cercato bottoni, scomparti segreti. Niente. Nessun laboratorio nascosto. Nessuna sorella stramba, altissima e stupida. Nessun bambino di 12 anni loro nemesi. Gli unici laboratori in cui vanno sono sempre quelli universitari dove ci sono, a malapena, mezza beuta e due palloncini per le feste.

Non sono geni. Non inventano cose strane. Sono un po’ noiosi. Quasi quasi alcuni non capiscono una ceppa di niente e parlano mezzo a rallentatore perché soffrono di disattenzione. Niente pazzia, visioni, invenzioni fuori dal normale. Un po’ di esaurimento da sessione. Che peccato. Una delusione, in realtà.

  1.  Si sentono in Breaking Bad: ovvia conseguenza dei primi due punti. Sono dei geni pazzi e fattoni, non possono che non sentirsi parte di questa serie Tv. Beh, no. È come se io andassi in giro per il Policlinico di Messina a provarci con tutti i neurochirurghi o i chirurghi plastici del policlinico (mi fa giustamente notare la mia amica Alessandra, ndr).

È chiaro che io non sono dentro grey’s anatomy e loro non sono dentro breaking bad. Non travisiamo: diciamo che per loro, questa serie tv, è l’apoteosi di quello che vorrebbero essere (e che probabilmente non saranno mai). Anche se, ad onor del vero, molti preferirebbero e si sentono di più proprio dentro Dexter che dentro Breaking Bad e tanti saluti.

  1. Si sentono Onnipotenti: PERCHE’ IO SO COME FUNZIONA LA VITA, IL MONDO, L’UNIVERSO. Siamo solo atomi, orbite, molecole. NOI CONOSCIAMO E STUDIAMO L’ESSENZA DELLA VITA, LA MATERIA.

Ecco, applauso. Dopo i 10 minuti di megalomania pouf, tornano a sbavare davanti alla play station. C’è poco da sentirsi onnipotenti nel sapere che siamo fatti di acqua e altri 4 elementi. Si puliscono il sedere con la carta igienica con la stampa della tavola periodica.

  1. Sono sporchi: sono dei selfisti anonimi anche loro e i loro selfie li ritraggono in laboratorio con gli occhialoni e i camici bianchi. No, non bianchi: grigi e bucati e schifosi. Ma questo non vuol dire che sono tutti sporchi o che sono sempre sporchi. Si sporcano a lavoro e cazzomene di pulire il camice, ma quando tornano a casa si fanno la doccia pure loro. Giurin giurello, fanno profumo. Ricordatevi pure voi di fare la doccia ogni tanto, soprattutto quando avete in programma di prendere un mezzo pubblico AD ESEMPIO.

Un abbraccio

Elena Anna Andronico

Alessandra Frisone

Da Stromboli a Idea di un’isola. La Sicilia e i siciliani per Roberto Rossellini

In occasione dei 40 anni dalla morte, la rassegna BAM – Biennale Arcipelago Mediterraneo, alla sua prima edizione, ha ospitato a Palermo nella sala dei Cantieri Culturali alla Zisa intitolata a Vittorio De Seta, una due giorni (17-18 febbraio) dedicata allo stretto legame intercorso tra il cinema di Roberto Rossellini e il soggetto che ha ispirato alcune delle sue pellicole più celebri.
Nell’incontro che ha preceduto le proiezioni sono intervenuti nel dibattito Bruno Roberti, critico ed esperto di Rossellini, il regista Franco MarescoRenzo Rossellini, figlio di Roberto e produttore cinematografico (ricordiamo, in mezzo alle centinaia di titoli famosissimi Il Marchese del Grillo di Mario Monicelli, Fanny e Alexander di Ingmar Bergman, La città delle donne e lo stralunato film a sfondo sociale Prova D’Orchestra di Federico Fellini).

Renzo Rossellini ha anche collaborato insieme al padre alla scrittura di quella che è la testimonianza diretta del suo rapporto d’elezione con la Sicilia e con la sua anima popolare: Idea di un’Isola è un documentario pensato per la TV americana con il contributo della Rai alla fine degli anni ’60 e di recente riproposto nella programmazione di Fuori Orario. Una terra sempre cara al cineasta che ha fornito una lettura attenta per raccontare in poco meno di 60 minuti i luoghi e le espressioni salienti sedimentate in secoli di storia della più grande isola del mediterraneo: “la mitica rupe di Scilla e il gorgo di Cariddi sono i pilastri dello stretto che la divide dal continente”.
A fare da raccordo a una carrellata che mette in simbiosi il teatro dei pupi, il vivo fuoco del folclore religioso, l’arte e l’islam, le saline e lo sguardo sulle industrie attive in quegli anni tra Gela e Milazzo, i tratti tipici del siciliano che quasi per abitudine secolare, costretto ad avere sempre un nuovo oppressore, ha maturato diffidenza, prudenza e segretezza: “in Sicilia certe cose non si dicono; si alludono. Per cui si è sviluppato un linguaggio più discreto di quello verbale, fatto di gesti. Più significativo”.

La voce fuori campo del palermitano Corrado Gaipa (doppiatore di Burt Lancaster nel Gattopardo) mostra uno spaccato interessante della realtà di alcuni luoghi, anche se non privo di una impostazione didattica un po’ cartolinesca, se vogliamo, del resto tipica di questo genere di produzione rosselliniana anche negli anni a venire, accompagnata a delle immagini documentarie comunque ricche di freschezza e leggerezza. Fu per effetto della forte presenza di immigrati italiani se nel ‘67 una famosa TV statunitense chiese a Rossellini di realizzare un cortometraggio che avesse come tema la Sicilia. Lui, che di Palermo conosceva ogni angolo, compresi i migliori ristoranti – ha precisato il figlio – accolse come un’opportunità irripetibile l’occasione del soggiorno nell’isola per realizzare le riprese. Alcuni critici osservarono come la rappresentazione idilliaca e pacifica di Idea di un’isola occultasse, al di là di una superficiale coloritura, ogni riferimento problematico alla mafia. Una decisione imputabile in buona misura alle direttive dell’emittente. Certo è che sono ancora lontani gli anni in cui le trattative stato-mafia, anche se già attive storicamente, sarebbero venute a galla.

Ma la Palermo tanto amata da Roberto Rossellini, città dell’accoglienza e scenario in cui civiltà diverse avevano convissuto (la Sicilia è la chiave di ogni cosa, diceva Goethe), è anche lo specchio del suo modo di operare con la cinepresa; tanto che, questa volta in tempi non sospetti, scrisse una sceneggiatura destinata a una serie in cinque puntate mai realizzata e pubblicata poi da Renzo col titolo Impariamo a conoscere il mondo musulmano (1975). Una storia dell’Islam rivolta alla televisione. Per Rossellini che nell’ultima lettera al figlio scriveva “ho cercato di fare per tutta la vita del cinema un arte utile agli uomini” il cinema doveva essere diretto non al “pubblico”, ma all’intelligenza della gente. Anche la televisione poteva quindi diventare uno strumento utile per non subire l’influsso della propaganda e per non diventare vittime di dittatori o come oggi, di politici prepotenti.
Bruno Roberti ha ricordato in proposito come il suo fosse un cinema senza uniforme: “È imprendibile, non può essere catalogato e storicizzato, per questo è attuale”.

Per molti abitanti di Stromboli l’arrivo della troupe insieme alle macchine da presa coincise con la scoperta del cinema. Il film del 1950 racconta l’incontro di una profuga con un prigioniero di guerra palermitano in un campo per stranieri alla fine della seconda guerra mondiale. Impossibilitata a tornare in Argentina la giovane decide di sposare l’uomo e, partendo da Messina, di trasferirsi con lui a Stromboli. Il tenore di vita e gli usi locali, molto lontani dalle sue abitudini, porteranno la ragazza a ripudiare il posto in cui si trova e desiderare di scappare dal giogo di un’isola primigenia e primitiva.

Stromboli – Terra di Dio (oggi in versione restaurata grazie alla cineteca di Bologna) è un film spiazzante e modernissimo, in cui polemicamente si è tentato di ravvisare un indizio di conversione al cattolicesimo ma che racchiude una spiritualità diversa, concreta e sofferente, che risiede nell’asperità selvaggia che riveste i tratti delle coste, che investe la severità del vulcano pronto ad esplodere, le case dei pescatori, e in generale l’umanità dei personaggi, cioè gli uomini e le donne dell’isola. Non traspare alcun giudizio morale o parodia macchiettistica costruita nel caratterizzare i siciliani che collaborarono a fianco di Ingrid Bergman (proprio a Stromboli nacque la sua storia d’amore con Rossellini. E per ripicca Anna Magnani lavorò a un altro film alle Eolie; Vulcano).
Prima di iniziare a girare il regista proiettò un film da mostrare abitanti di Stromboli per spiegare loro quello che stavano per fare. “Stromboli è un film sull’umanità, sulla cattiveria, e sulla capacità del cinema di redimere. Racconta delle cose vicine a quelle che viviamo oggi: un personaggio che arriva dall’estero e viene visto come un intruso. Un essere umano che viene trattato come straniero. Quello che sta succedendo un po’ oggi in Italia e in Europa”.
Così dopo il restauro è potuta riaffiorare tutta l’intensità delle immagini e la potenza feroce della natura. L’avventura di Stromboli non è soltanto quella legata a un film, e non si conclude una volta terminate le riprese, ma consiste nella capacità del cinema di entrare in contatto con un luogo e diventare parte delle memoria di una comunità.

Stromboli ha segnato un punto di svolta che non ha mancato di condizionare la Nouvelle Vogue francese.
Ma Rossellini ha inserito riferimenti alla Sicilia anche in Paisà e Viva l’Italia!. Se avesse potuto scegliere, ha detto Renzo con convinzione, avrebbe voluto essere siciliano; di loro ammirava l’intelligenza e il senso dell’umorismo: “Era anche innamorato della cucina siciliana e forse pure di qualche signora siciliana. Diceva che senza stima non si può amare. Lui stimava e si innamorava. Questa è la storia di Roberto Rossellini”.

Eulalia Cambria

Sotto il cielo c’è una gran confusione.

Il caos regnava prima ed è solo aumentato col nuovo anno.

noemi554266_396001393827287_301528613_n-f7613La confusione è amica dei potenti, getta sabbia negli occhi della maggioranza e scredita gli “investigatori della verità”.
Il caos è mezzo favorito per difendersi spostando l’attenzione su fatti per i quali l’incidenza è teoricamente pesante e permettendo così di agire verso il fine reale.
Si attaccano prima i magistrati e il sistema giudiziario per poi passare alla stampa divulgatrice di falsità e costantemente opposta al potere di turno.
Lavoro non facilitato da quella cerchia di giornalisti e comuni cittadini che , un po’ per divertimento un po’ per la retribuzione , diffondono il falso e tendono alla calunnia. Questa è questione antica lo stesso Umberto Eco in una intervista con Livio Zanetti alla fine degli anni Novanta criticava certa stampa di titoli ingannevoli o falsi scoop.
C’è bisogno di buon senso di discernimento per destreggiarsi nel bombardamento di informazioni a cui siamo sottoposti quotidianamente, l’errore è comunque in agguato.

Mentre gli spettri della xenofobia e nuovi nazionalismi aumentano di forza e dilagano in Europa  in Italia c’è un’istinto di “coprirsi gli occhi”.
Il 1968, l’anno in cui Pier Paolo Pasolini teneva settimanalmente la rubrica “Il caos”  in cui documentava e rifletteva sulle questioni di quegli anni, sembra una realtà estranea da quella odierna.
La politica preferisce parlare di “scissioni” “dimissioni” “nuove elezioni” e non di compromessi in virtù di fini superiori e comuni.
Se una faccia della medaglia è l’ immobilismo politico dall’altra il caos : in mezzo mondo milioni di donne e uomini si ribellano, gridano no ai soprusi dei governi e aspirano ad un cambiamento, le piazze si riempiono e si fa politicaCrk-PPLWIAEtu4b

Hobsbawm nel suo “Secolo breve” che iniziava cronologicamente con lo scoppio della prima guerra mondiale parlava di fallimento di ideologie e presenza di uomini forti e terminava con la prima guerra del Golfo.
Il saggio si conclude con una riflessione  sulla possibilità di una implosione o esplosione della società conosciuta fino ad allora e avverte che il futuro non può essere una semplice continuazione del passato. 

Per i greci Χάος era un “immenso spazio vuoto”  l’opposto di ciò che è ora per noi, e per i filosofi il luogo in cui il si attinge per la formazione dell’ordine.
E’ in questo spazio vuoto che si inseriscono le novità.
La molteplicità può portare a soluzioni uniche ed adatte a sciogliere i nodi. Trovando i punti di contatto, eliminando il superfluo e il nocivo, tutto sta nella capacità della formazione sociale di “capare” il necessario. 

Il pluralismo può confluire in univocità : l’Europa può ridefinire gli elementi fondamentali e proporre adeguati modelli meritevoli del suo eterno (fino ad ora) soprannome  di  “patria della democrazia”.

Arianna De Arcangelis

Abbatti Lo Stereotipo- Gli studenti di Professioni Sanitarie

l_46eoBentornati signori e signore su Abbatti lo Stereotipo! Questa settimana ci schieriamo in favore degli Studenti di Professioni Sanitarie: discriminati da tutti che manco Salvini quando se la prende Fedez, considerati i servetti e le brutte copie degli studenti di Medicina meritano, finalmente, giustizia!

  1. Tanto volevi fare medicina, ti sei accontentato

Oh, santa pace. Questa affermazione, per uno studente di Professioni Sanitarie, è come il mantra che i testimoni di Geova ripetono piazzati dietro la tua porta la domenica mattina: ‘’ricordati che devi morire’’.

‘’Ricorda che volevi fare medicina, ma ti sei accontentato’’.

Se possibile, verrà scritto loro sulla lapide: ‘’Voleva fare medicina, è entrato in professioni sanitarie’’.

Ma perché questa mera convinzione? Ci avete mai pensato che, magari, non volevo fare il medico? Che, magari, ho davvero il desiderio di essere una terapista dei bambini, una logopedista, un infermiere, un fisioterapista? Che, magari, 14 anni di studio se li fa tua sorella monaca chiusa in monastero e non io? Che, sempre MAGARI, la medicina mi fa schifo? No, tanto per chiedere.

E, anche se avessi provato medicina e non ho superato i test, MAGARI, mi sono innamorato lo stesso di questa altra professione?

Basta, comunque. Puoi dormire sogni tranquilli, o villico: non sono fatti che ti riguardano ma NO, non tutti volevamo fare Medicina. Fattene una ragione. L’unica che si è accontentata qua è tua mamma, rassegnata al fatto che ha partorito un mezzo imbecille.

  1. Ah, ma il test di ingresso è facile! È semplice superarlo!

Come no! Certo, con i test di medicina ci sono alcune differenze, ma la preparazione è la stessa in termini di argomenti da affrontare. E poi, sapete che i posti disponibili per l’iscrizione al corso di laura sono pochi? In fisioterapia, solamente 1 studente su 14 sarà ammesso.

Quindi, sappiate che non è semplice. No.

  1. Che fai? Ma perché, fa parte di professioni sanitarie? Ma è un lavoro quindi?

No. È uno sport. Invece che aver fatto pallavolo, io ho deciso di fare il Tecnico Radiologo. Faccio il salto ad ostacoli tra le Tc. Pratico il lancio del mezzo di contrasto contro vento.

Invece che aver iniziato a praticare nuoto, mi diletto all’allenamento dei muscoli facciali. Per questo ho scelto Logopedia: voglio diventare un body builder solo dei muscoli della faccia.

Ah, per non parlare di Fisioterapia. Sai, andare in Giappone a fare la geisha costava troppo, quindi ho deciso di ripiegare su fisioterapia.

Non è per essere antipatici però se ti dico che seguo il corso di laurea in baby-sitteraggio dei tuberi di patate, EVIDENTEMENTE, un giorno, se tutto va bene, sarà il mio mestiere. A domande retoriche come siamo?

(c’è una cosa meravigliosa che si chiama Google. Se tu scrivi parole anche a caso, trova le risposte alle tue domande.)

  1. Lo hai fatto perché non volevi nessuna responsabilità vero? Ti piace vincere facile!

Chiaramente, lavorando in un ambiente atto ad aiutare la gente a stare bene, mi sembra ovvio che io abbia deciso di fare il fisioterapista perché, mensa mai gli rompo due ossa o gli provoco uno stiramento muscolare, non mi venga detto nulla. Perché, sempre chiaramente, se io faccio male a qualcuno pace, non sono un medico, sono un ortofrutticolo.

È proprio per questo, sì. Mi sono alzato una mattina ed ho pensato:’’ Sai che ti dico? Voglio un lavoro che mi dia poche responsabilità. L’ingegnere? Nah, faccio crollare i palazzi. L’avvocato? No, poi se faccio finire qualcuno in galera… Il pescivendolo? Mhm, e se per caso vendo del pesce con il mercurio e il mio cliente muore per intossicazione?!? No, no, meglio evitare. Ah, ci sono! Faccio l’infermiere! Che se mi scappano 10 cc in più di un farmaco e quello crepa, amen, Rip, pace all’anima sua.”

  1. Ma vale lo stesso indossare il camice in reparto e usarlo per rimorchiare?

Oh, eccome se vale.

Anche se poi non sai spiegare in breve alla/o sconosciuta/o cosa studi… e rimandi l’approccio al post-laurea.

Elena Anna Andronico

Jessica Cardullo

Relazioni Universitarie: le coppie che scoppiano (prima o poi)

È sabato. Forse vi siete appena alzati, forse state prendendo il 20esimo caffè della giornata. State preparando una materia, pulite la camera, aspettate il pranzo. L’unica certezza è che sia sabato. Questo vuol dire che, volenti o nolenti, ci siamo noi a farvi compagnia.

Questo vuol dire che, nella maggior parte dei casi, volenti o nolenti, voi stasera uscirete.

E quindi perché, ci chiedevamo, se l’occhio vi cade (magari mentre fate la cacca, Elisia Lo Schiavo docet) su oroscopi riguardo l’affinità tra segni scritti da nomi come Brezsny, Paolo Fox, Simon & Stars, il tipo di Tv Sorrisi e Canzoni… Dicevo, se vi cade su questi oroscopi e sogghignate davanti le coppie predette, disperati e speranzosi, perché noi, giusto noi, non dovremmo proporvi la stessa cosa?

E, infatti, ecco qua! Il nostro oroscopo che nulla ha di oroscopo, le nostre affinità non tra segni… Ma tra facoltà!

Così ci riserva il futuro? Chi dovete andare a cercare questo sabato sera? Da chi dovreste scappare? Chi dovreste lasciare su due piedi?

Scopritelo con noi: Elena Andronico e Vanessa Munaò, astrologhe per un giorno.

 

  • Studente in Giornalismo – Studente in Scienze Politiche

Queste due categorie di studenti sono molto particolari, per questo abbiamo deciso che, una relazione sentimentale fra i studenti che appartengano ad esse, non sarebbe cosa buona e giusta. Entrambi vivono nella più totale incertezza del proprio futuro, a metà tra il sogno e la realtà. L’uno sogna di firmare le pagine dei più importanti quotidiani nazionali. L’altro immagina di varare decreti legislativi che cambieranno la storia del nostro paese. Voi direte, dove sta il problema? In realtà, la questione è molto più sottile di quello che sembra.

Il Giornalista è politologo. Sa di avere nella sua carriera di studio, materie di ogni campo disciplinare possibile. Deve sostenere esami in due lingue diverse da quella madre, deve conoscere i principi fondamentali di economia, diritto, sociologia, filosofia, antropologia e POLITICA. Si, perché’ per quanto nell’immaginario collettivo, per fare il giornalista basta conoscere più o meno bene lo sport per avere una brillante carriera sul quotidiano dalle pagine rosa, è proprio la politica a complicare le cose.

Specie con chi la politica la studia e pensa di conoscerla meglio di chiunque altro essere umano del mondo. I politici (chiameremo così gli studenti di scienze politica) hanno già comprato i completi da indossare durante il loro insediamento in Parlamento. Sono conoscitori esperti di tutti i problemi che affliggono il Paese perché’ oh, l’ho letto sul libro che parla di politica.

Il problema? I giornalisti ed i politici (ricordatevi che ho chiamato così gli studenti delle rispettive discipline) non solo non possono avere relazioni sentimentali, non potrebbero nemmeno cenare allo stesso tavolo. Il Politico conosce, critica, si schiera, manda avanti lotte e battaglie di ideali e perché no, “rubare” il lavoro al collega giornalista. E lui MUTO, che mannaggia alla deontologia deve stare sopra le parti.

Se siete bravi, ma molto bravi, potreste anche provarci a far funzionare le cose. Ma se non volete rischiare di mandare tutto a monte per i vostri approcci alla vita diametralmente opposti, consigliamo ai politici, una relazione sentimentale con qualsiasi studente che non abbia materie politiche sul proprio libretto. Ai nostri cari amici giornalisti, consigliamo di comprare un taccuino ed una penna ed andare alla ricerca di uno studente di scienze della comunicazione che NO, non sono la stessa cosa (so che ve lo stavate chiedendo)

 

  • Studente in Medicina- Studente in Medicina.

Avete presente quando, davanti alla Ps1, giocavate a Tekken e, ignari dell’esistenza di sequenze logiche tra i vari tasti, premevate a caso L1, R1, X, O; fino a quando Nina Williams non faceva esplodere direttamente lo schermo della tv? Ecco, così, per caso, avevi fatto la tua prima combo, lasciando in cenere non solo Jack, ma anche l’amico seduto accanto a te.

È quello che può succedere se due studenti in Medicina decidono di mettersi insieme. Una relazione del genere può portare ad un cataclisma, ad un’esplosione stile Goku quando cerca di sconfiggere Majinbu.

Si staranno tanto simpatici all’inizio, si supporteranno a vicenda come due marinai che navigano nello stesso mare di ansia, si lasceranno andare nei sedili delle loro macchine tra una pausa studio e l’altra. Dopotutto, l’unione fa la forza: quindi, se con te c’è un tuo collega, i rimorsi della procrastinazione si sentono di meno. C’è anche da capirli, eh: gli studenti di medicina non vedono altri esseri umani che siano al di fuori di medicina. Si fa amicizia mentre si reggono le pareti del policlinico (caso mai potessero crollare).

Ma poi, sono due: o uno dei due si annulla, cala le ali, si sottomette… Oppure è la fine. La competizione riempirà ogni secondo: ognuno dovrà dimostrare all’altro di essere migliore, di essere più bravo. Li si può vedere competere anche a chi finisce prima di bere la bottiglietta d’acqua. Chi si brucia prima la lingua bevendo il caffè alla macchinetta. Chi finisce prima l’evidenziatore. Chi cuce prima il povero pollo Amadori comprato per esercitarsi. Chi dice più in fretta ‘’sternocleidomastoideo’’ o ‘’ciclopentanoperidrofenantrene’’.

Tu, studente in medicina, se stai con un tuo collega goditela finché l’altro non ti taglia la giugulare. E non ti azzardare a prendere 30. Se il tuo/a fidanzato/a prende 28 sei costretto a rifiutare il voto. Nella maggior parte dei casi l’amore lascerà spazio a suo fratello odio. Eh, ma che ci vuoi fare: sono persone incasinate i medici. Mica siamo su Grey’s Anatomy: qua siamo su ‘’Unime, licenza di uccidere’’. Quindi niente ‘’prendi me, scegli me’’; più un ‘’vade retro, Satana’’. Quindi no, noi sconsigliamo la coppia studente in medicina- studente in medicina. Lo studente in medicina lo vediamo di più con un compagno di professioni sanitarie, di fisioterapia, di biotecnologia: dopotutto sono abituati a lavorare insieme in equipe, a vedersi sperduti e spaesati per i padiglioni, condividendo il flagello delle aule inesistenti. Un po’ come gli animali che convivono nello stesso habitat. Gli studenti di professioni sanitarie sono abituati ai folli atteggiamenti megalomani degli studenti di medicina, sanno come tranquillizzarli (lorazepam nel bicchiere e tanti saluti). Consigliamo anche lo studente di Giurisprudenza: entrambi alzeranno la coda da pavone sfidandosi a chi la ha più bella ma, alla fine, parlando due lingue così diverse, finiranno per arrendersi entrambi e buonanotte.

  • Lettere, Storia, Filosofia – Scienze motorie

Il pensiero che queste due categorie di studenti non potessero essere compatibili è stato più che immediato. No, non è uno stereotipo (o forse sì) ma proviamo ad immaginare insieme una relazione sentimentale fra uno studente di lettere, storia o filosofia ed uno di scienze motorie.

Le probabilità che queste due categorie possano entrare in contatto non sono poi così basse. Entrambi si muovono nel circoscritto spazio della cittadella Universitaria, e riconoscerli non è poi così complicato.

Gli umanisti (li chiameremo così per comodità) vestono così bene che sembra che con Hegel o Garibaldi debbano andare a farci una video conferenza. Sono attenti: Ogni foglia spostata dal vento diventa un sonetto endecasillabo che Foscolo ti spiccia casa. Arrivano con una pila di libri e li portano a spasso sempre, come se fossero un’arma letale. Che poi, diciamolo pure, dovessero lanciartene uno addosso farebbero un baffo alle catapulte dell’antica Roma.

Gli atleti (chiameremo anche loro così per comodità) sono anime libere. Fluttuano nell’aria che nemmeno un fringuello a primavera. Sono belli. Fighi. Atletici. A loro bastano una tuta ed una maglietta aderente per farsi riconoscere (Alcuni indossano anche il fischietto al collo) Gli studenti di scienze motorie sanno quanto sia importante l’attività fisica, la vita all’aria aperta, la salute mentale.

Lo avete già capito da soli, no? Si ritroverebbero in conflitto perenne. A litigare davanti al televisore per decidere se vedere Piero Angela o l’ultima maratona di fitness proposta da Jill Cooper (se non ricordi chi sia, ti consiglio di chiedere a Google). Sarebbero sempre arrabbiati l’uno con l’altro. Il sabato sera, l’umanista vorrebbe trascorrerlo al circolo di poemi cavallereschi, l’atleta vorrebbe andare in palestra a tonificare i muscoli deltoidi.

Un consiglio: Non accoppiatevi mai con gli studenti della categoria opposta alla vostra. Potrebbe essere divertente si, ma non duraturo. Accoppiatevi piuttosto fra di voi. Fra di voi funziona benissimo. Gli umanisti con gli umanisti. Gli atleti con gli atleti. Nei vostri piccoli micro cosmi. Fidatevi.

 

  • Studente In Giurisprudenza- Studente in Economia.

Bah, non so perché ci siamo fissate con questa non- coppia. Non ci piace, punto. Dico, Paolo Fox le spara un po’ come più lo aggrada, dicendo di Saturno in opposizione e la Luna parallela alle sfighe ecc, quindi il principio è lo stesso. Mia madre, ad esempio, è un avvocato e si pizzica ogni due e tre con il suo commercialista. Almeno, penso sia il suo commercialista… Sai che non lo so?

Comunque, gli studenti in Giurisprudenza sono pragmatici, hanno una parlantina infinita e sanno esattamente come portarti dove vogliono loro. Questa strana scienza insegna loro che da A a B puoi arrivare passando per Z, poi un breve pit-stop su 2x e infine arrivi a B. Se la sanno girare bene la frittata. Ad uno studente di Economia che gliene sbatte poco, perché gliene sbatte poco, ce lo immaginiamo che stramazza a terra dopo 2 minuti. Quindi no, coppia bocciata.

Però entrambi potrebbero fare all’ammmore con uno studente di Lingue, ad esempio. Gli studenti in Lingue sono sui generis, sono dei tipetti ok, dove li metti stanno che tanto capiscono tutti. Ti sparano due cose in spagnolo e via, ti hanno conquistato.

  • Chimica, Matematica, Fisica – DAMS

Queste due categorie di studenti hanno delle doti non indifferenti e questo potrebbe giocare a loro favore. Hanno talento, coraggio, fiducia in sé stessi. Sono lì, seduti ad un caffè del centro. Sono carini sì, ma di che staranno parlando?

Lo studente di Chimica, Matematica o Fisica sa di avere conoscenze sovra umane. Conosce i principi che regolano il mondo: formule, assiomi, logaritmi, configurazioni elettroniche, tavole periodiche, equazioni, teoremi, moti circolari uniformi, gas nobili. Prova a spiegarne l’importanza agli umani. Sa che i comuni mortali non potranno mai comprendere, ma ci prova lo stesso. Lo scienziato (continuo ad utilizzare nomignoli per comodità, senza offesa) somiglia un po’ ad uno scienziato vero, uno di quelli tipo Einstein. I capelli elettrizzati (non a caso), lo sguardo perso nel vuoto che se ci guardi all’interno sembra di vedere una marea di simboli scorrere ad un ritmo elevatissimo. La tracolla. Indossano sempre, inspiegabilmente una misteriosa tracolla (dove, secondo me, nascondo affari nucleari da fa tremare l’Isis).

Lo studente del DAMS ha fatto dell’arte un mestiere. O per lo meno, l’oggetto dei propri studi. È un sognatore, uno che con il concreto ha ben poco a che vedere. Ve lo avevo anticipato che ha coraggio. Si, perché’ l’artista (studente del DAMS ndr.) combatte con orgoglio i pregiudizi della gente, di coloro che pensano che il mondo stia in piedi solo grazie alla scienza; alle formule, gli assiomi, i logaritmi…

Un momento… Cosa stavano facendo di sti due davanti al caffè? Ah, giusto… Hanno sbagliato tavolo. Relazione bocciata. Non siete anime gemelle, ma non disperate, per voi abbiamo alcuni consigli interessanti. Per gli scienziati, tutti numeri e calcoli, abbiamo scelto gli studenti di psicologia (ma proprio quelli bravi, ma proprio bravi bravi, oppure si mischiano tra loro mentre sintetizzano sostanze). E per gli artisti? Per voi non c’è niente di meglio che l’amore spirituale, trascendentale, ispiratore… (solo Dio lo sa, solo Dio…)

 

 

  • Studente in Ingegneria- Studente in Architettura.

Questo matrimonio non sa da fa. Ma popo popo pe niente. Sarebbe come mettere, non so, un pollo ed una tartaruga in una stanza e costringerli ad avviare una danza dell’accoppiamento. Lo studente di Ingegneria sappiamo essere un po’ sprezzante nei confronti del collega Architetto, che tende a farsela scivolare addosso sapendo la quantità di quattrini in più che possiede (ma, in realtà, il disprezzo è totalmente ricambiato). La dinamica è veloce e lo scontro più che mai precoce: ‘’Che materia stai preparando?’’ ‘’Scienze degli alieni 2, guarda che malloppo’’ ‘’Beh, noi ad Ingegneria l’abbiamo già data. È il sestuplo. Fallito.’’ Fine.

Certo, anche gli studenti di Informatica devono stare attenti al civettuolo futuro ingegnere. Loro però sono un pochino più tranquilli, sono calmi e, talvolta, riescono a moderare bene i conflitti intellettuali che il loro compagno d’amore vuole scatenare.

Comunque, caro Ingegnere, per te nessuno ha un cervello degno del tuo. Altro che figa d’oro, sostanza grigia d’oro. Quindi ti consigliamo una banana o una pera, o magari un ficus come compagno di vita. Se trovi un essere respirante disposto a starti vicino, pure se in stato vegetativo, ti preghiamo di tenertelo stretto. Grazie, la direzione.

  • Psicologia – Odontoiatria

L’associazione di queste due facoltà, devo essere sincera con voi, è stata, in un primo momento (forse anche in un secondo, terzo e quarto) un pochetto casuale. Come quando tutti hanno già scelto il compagno di briscola per il mega torneo della domenica che chi perde paga da bere a tutti, e gli ultimi, quelli che nessuno ha scelto, si accoppiano di conseguenza.

No, non ce l’abbiamo con voi. Non crediamo siate studenti di serie B che non meritano di essere considerati. Semplicemente, in questa lista di relazioni improponibili, voi siete quelli con una vasta gamma di scelta per il vostro partener universitario. Poi, l’illuminazione…

Lo studente di psicologia ha la tendenza a vedere il mondo come se fosse sintonizzato sulla Terra direttamente dallo studio di Freud. Vai per tre volte di fila in un negozio? Disturbo da shopping compulsivo. Mangi le unghie per non annoiarti? Problemi con i tuoi genitori. Piangi davanti al finale de “I passi dell’amore”? Disturbo dell’abbandono che oh, provaci tu a non piangere davanti a quel film.

Ve li immaginate, no? “Amore, oggi ho estratto due denti cariati, ho otturato un buco, trapanato una gengiva e mi sono divertito da morire”. Ed è subito psicoanalisi…

Trovare un compagno ad uno studente di psicologia non è cosa facile. Potremmo consigliare qualsiasi caso umano sopracitato che dedichi la propria vita a facoltà pressoché patologiche (vedasi matematica chimica o fisica) Per voi odontoiatri, invece, la strada è tutta in discesa. Uscite allo scoperto. Noi studenti aspettiamo che curiate le nostre carie del cuore.

 

  • Studenti in Farmacia- Studenti in Ctf.

Questi due sono un po’ come Ingegneri e Architetti. Lo scarto nella preparazione è di poco ma c’è, quelli in Ctf si sentono toghi perché possono fare quello che fanno i farmacisti e molto altro. La loro laurea da più sbocchi e, di conseguenza, perché non fare sempre presente ad un collega in Farmacia che è così? Figurati, mica ognuno si può limitare semplicemente a guardarsi il suo. E quindi, anche qua, coppia che scoppia. Beh, in realtà non diventa manco una coppia.

Si schifano a priori per cui il problema non si pone. Per cui, con chi possono fare la danza del ventre questi due soggetti? Noi, da grandi espertone (Vane, oh, ma come può mai essere che siamo ancora single?), consigliamo vivamente di trovare l’altra metà della mela in un ramo umanistico. Che poi, per esempio, anche con il medico è meglio che rimanga sul piano ‘’traduco le tue ricette con la stele di rosetta’’.

Ci può essere lo scontro e noi non ne vogliamo. Quindi, bon, un bel letterato che vi legge i bugiardini degli antibiotici prima di andare a dormire… Magari in greco antico. Tipo ninna nanna: sogni tranquilli.

 

In sostanza, comunque, fate un po’ come vi pare. Che se la dovete prendere nel di dietro, la prendete comunque. C’è poco da fare.

Un abbraccio ,

Elena Anna Andronico

Vanessa Munaò