Polaroid, un tuffo nel vecchio presente

Chiunque nell’ultimo periodo ha avuto la possibilità di imbattersi in campagne pubblicitarie, social network o muri di camerette letteralmente invasi da polaroid: un evidente contrasto con la cultura ormai tutta digitale della fotografia, quella composta da giga e giga di archivi e album sui nostri smartphone; un ritorno ad una tecnologia ormai considerata del tutto superata e scomoda; un ritorno al passato.
Perché delle polaroid a noi, definiti millennials, è solo giunto un racconto impregnato di romanticismo e nostalgia legato ai racconti dei nostri genitori.
Del resto nemmeno la Polaroid ci aveva creduto più: aveva dismesso la produzione delle pellicole decretando definitivamente la morte della fotografia istantanea, credendo che nel nostro mondo non ci fosse più posto per ingombranti macchine plasticose e stampe fisiche.
Un gruppo di imprenditori del settore ( o di ultimi romantici ), però, ha ritenuto che quel riquadro bianco 9×9 avesse ancora qualcosa da dire: con l’acquisto di stabilimento e di macchinette, ormai uniche al mondo, ha dato un nuovo ”via” alla produzione di queste pellicole.
Così, con sagge operazioni pubblicitarie, i nuovi imprenditori della fotografia del passato, sono riusciti a far tirare fuori dalle soffitte le vecchie macchine di genitori o di zii, permettendo ai giovani dalle mani abili nel digitale, di impugnare un mondo che sembrava superato. Un mondo in cui gli istanti vengono catturati con tutti i loro difetti, su cui non si può agire con Photoshop. Istanti imbrigliati da una pellicola che li imprigiona e li pietrifica in un piccolo riquadro, una finestra a cui si sporge la nostra mente per percepire tutte quelle sensazioni che scaturiscono da un ricordo.

Ma cosa ha contribuito alla diffusione così estesa di questa tecnica fotografica?
Il primo motivo potrebbe essere l’hipsterismo, o meglio, la corrente che ha permesso di sdoganare questa realtà.  L’ ”hipster” e il suo amore per le velleità fortemente anticonformiste sono il consumatore perfetto per questa nuova/vecchia tecnica di fare le foto. Segue poi la condivisione sui social con frasi criptiche e il vanto della nuova passione folle verso la fotografia. Questo ”esemplare” esaurisce, di solito, il suo fanatismo dopo un numero più o meno ampio di post e likes sui social.

Grazie a questa cultura di massa, però, le polaroid sono state rispolverate, riscoperte anche da chi (fortunatamente) va oltre questa nuova corrente di una subcultura alternativa.
Qualcuno, infatti, ha cominciato a usare la polaroid perché ha riscoperto davvero la bellezza nello scatto di un attimo, così com’è, senza inganni. Per questo ci piacciono così tanto. Perché è istantanea, senza filtri da applicare. E la cosa che più ha decretato il loro successo, a mio avviso, è la totale imprevedibilità dello sviluppo, perché in base alla luce o alla temperatura esterna, nelle foto si può assistere a strabilianti giochi di luce che vestono il nostro soggetto (o talvolta di avere una foto totalmente bianca con annessa imprecazione). E’ appunto in quest’ultimo odioso caso che sopraggiunge l’unico ”difetto”: scattare ha un prezzo monetario che va da 1 a 2.50 euro a fotogramma.
In parte è anche questo, però, a rendere l’esperienza di uno scatto con la polaroid unica; tutte queste variabili a cui non siamo abituati con i nostri smartphone e i loro megapixel infiniti.
Premere quel bottone su quella scatola in plastica significa dare il via ad un’avventura che si dipana fra le attese interminabili, solo alcuni minuti, in cui la foto viene sputata fuori ed inizia a far emergere tratteggiate le prime sagome e i primi colori. Il momento dello sviluppo, composto da questa apprensione, che ormai non ci appartiene, in cui vediamo nascere dal nero ciò che desideravamo imprimere in quel riquadro, è un intervallo seducente.
La polaroid non è quindi il semplice riscoprire l’amore per la fotografia, è ricordare e rivivere l’importanza degli attimi che persistono nel tempo, senza filtri.

Fernando Corinto

Ho deciso: mi rifaccio le labbra

Immaginiamo una tipica conversazione a tavola di una famiglia comune. Qualunque genitore storcerebbe un po’ il naso se improvvisamente la figlia esclamasse “voglio rifarmi le labbra”. Ne discuterebbero al massimo per qualche ora o qualche giorno se i motivi fossero validi; certo è, che non si potrebbe biasimare una possibile invocazione di Zeus in persona se invece l’unico motivo di quella decisione fosse semplicemente “perché ce le hanno tutte così”. Eh sì, perché ormai non compiamo delle scelte spinti da un desiderio recondito o perché dettati dalla nostra coscienza, piuttosto siamo spinti da ciò che vuole la massa. Ma MASSA non significa TUTTI.

Noi donne soprattutto, lo ammetto con amarezza, tendiamo più facilmente a cadere nella trappola di falsi miti estetici, celando dietro un nostro cambiamento la vera ragione che ci ha spinto a farlo, che non è di voler piacere di più agli uomini o peggio ancora “per piacere a noi stesse”. La realtà è di voler piacere alle altre donne e competere con loro, per ostentare attraverso i social quanto sia vantaggioso avere lo stesso identico viso di un’altra persona e come migliorerebbe persino il nostro stile di vita che altrimenti risulterebbe sciatto, monotono, out, abitudinario.

La moda del bisturi esiste da tempi immemori, ancor prima del primissimo intervento ai canotti di Valeria Marini, quindi pensate un po’. Oggi però le cose sono peggiorate: diciottenni e anche meno, in piena crisi adolescenziale, che non sanno nemmeno se siano carne o pesce, si ingrandiscono le labbra col filler per aver visto su instagram una miriade di selfie di tizie perfette, con naso perfetto, labbra perfette, zigomi perfetti e altre foto correlate che testimoniano i loro primi esordi nello spettacolo. Quelle stesse ragazzine cominciano quindi a desiderare lo stesso, ma per aspirare a far cosa? A diventare fashion blogger? I risultati sono poi stupefacenti, IDENTICHE tra loro, forse perché arrivano dal chirurgo con le medesime foto di modelle a cui ispirarsi o di una ”Nasti Love” qualsiasi (sconosciuta tra i comuni mortali) che conta straordinariamente milioni di followers grazie al seno rifatto e il bel canotto attraccato sul viso, anche se dicono sia per come abbini i vestiti.

Bambole Bratz che continuano a riprodursi in quantità esorbitanti e non necessarie, le quali smentiscono, quanto sostenuto da chirurghi plastici e psicologi, cioè che gli interventi (quando non indispensabili) possono essere utili per acquisire fiducia in se stessi e per sentirsi più apprezzati allo specchio. Invece no, oggi servono come passepartout per Cinecittà. In tutto ciò molti genitori, dalla sanità di mente molto discutibile, permettono il clonaggio di Barbie sulle loro ex-bellissime figlie e intanto su Instagram si iscrivono le nuove 2006 o persino le 2010; tutte ragazzine cioè, che a lungo andare vivranno un’adolescenza di plastica e penseranno di avere sul viso dei tratti somatici sbagliati, non accettati dalla società e per questo sentiranno l’esigenza di modificarsi.

È questo il prototipo di bellezza che abbiamo raggiunto nel 2017? Siamo davvero disposti a rinunciare all’unicità per lasciare il posto alla noia e alla ripetizione? È davvero trapassato il tempo di quelle icone bellissime semplici e raffinate di Marilyn Monroe, Audrey Hepburn o Sofia Loren? 

Spero ci sia una preoccupazione generale… perché questa potrebbe stimolare un reale miglioramento dei modelli di bellezza esistenti, i quali tuttavia non dovrebbero diventare universali, non dovrebbero valere per tutti allo stesso modo. Perché, allora, non cominciare a mandare messaggi diversi tramite i social, un po’ più veri e naturali? Magari in prospettiva dei nostri futuri figli, che speriamo un giorno non dovranno avere difficoltà a riconoscerci in delle foto con vecchi amici, a causa delle nostre facce di gomma tutte uguali.

Martina Casilli

Matricole, istruzioni per l’uso

461042. Non è il mio numero di cellulare (un po’ troppo corto in effetti anche se lo ricorda abbastanza) e neanche il mio CAP; né il codice dell’ultimo rossetto Red Wine che ho comprato da Wycon o i giorni che mancano all’estate. Nulla di tutto ciò. È il mio numero di matricola.

Quarantaseidieciquarantadue. Ma che vuol dire? Sono la quattrocesessantunomilaquarantaduesima iscritta? No, veramente. Spiegatemelo! È un dubbio che mi tormenta da anni, anzi mi ATTANAGLIA.

Giusto per farmi un po’ la secchioncella acculturata di turno. E sfigata aggiungerei, perché mentre vago alla ricerca di un ascensore al mio terzo anno di università, mi vedo inondata da una mandria di giovani altissime, levissime, purissime studentesse, che io, col mio metro e cinquantacinque portato pure male, posso solo levare i tacchi – che non indosso – e filarmela.

– Quelle sono sicuro matricole!
Già, perché le matricole le riconosci subito! Innanzitutto le vedi vestite di tutto punto (maschietti e donzelle) che la Milano Fashion Week a confronto diventa la sagra della melanzana di un qualche paese sperduto dell’entroterra catanzarese.
Secondo, si fanno accompagnare in segreteria dai loro genitori. Non ridete. L’abbiamo fatto tutti. L’ho fatto anch’io. Era il primo giorno del primo anno di università. Città nuova, vita nuova, la tremarella alle ginocchia e tanti quesiti a cui non sapevo dare risposta. “Risulterò iscritta?” “Ma gli esami come funzionano?” “I CFU cosa sono? Si mangiano?”. In merito a quest’ultima domanda, nei miei quasi tre anni da universitaria, mi sono resa conto che in effetti i CFU non si mangiano, si conquistano! E così, tra corsi, tirocini, palestra, conferenze, incontri case libri auto viaggi fogli di giornale, ho imparato a vivere “un quarto di CFU alla volta”.

Ma ritorniamo a noi. Cioè a voi. Cioè a loro, la combo matricola + genitore in segreteria. La coppia si apposta battagliera davanti agli sportelli ad orari improbabili, importunando lo stremato malcapitato di turno col quizzone “e tu, quando ti laurei?” (regola di sopravvivenza numero 1: mai porre questa domanda ad uno studente universitario!) e soprattutto passandoti avanti perché <<Ho la pasta sul fuoco, scusaci gioia, dobbiamo giusto capire due cosette. Saremo veloci, promesso>>. E lo sai tu e lo sanno loro che quel “saremo veloci” è più falso di tua mamma quando da piccolo cadevi e ti diceva “vieni qui, non ti faccio niente”.

Infine, ma non per importanza, le matricole sono sempre effervescenti e sorridenti.
Ora, effervescente solo se sei un’aspirina. Poi, a meno che non abbiate vinto al lotto o ereditato un bel po’ di quattrini da qualche sconosciuto e lontano parente morto chissadove e chissapercosa, io non capisco davvero cosa ci sia di così divertente nelle lezioni delle 09:00 del mattino.
Gli stessi geni caricano poi foto e boomerang nelle proprie Instagram Stories in diretta dalle proprie aule studio, accompagnati dagli originalissimi hashtag #machimelhafattofare e/o #nonnepossopiù al quarto giorno di lezione. Ma, esattamente, di cosa “non ne potete più” se avete passato la metà del tempo a ricercare la luce giusta per i vostri selfie o a fumare nei cortili per tentare di abbordare qualcuno/a? Vi dico solo una cosa, anzi due: SESSIONE INVERNALE e SESSIONE ESTIVA. E non penso di dover aggiungere altro.

Benvenuti all’università, care gioiose matricole, una selva oscura di pentiti e peccatori. L’unico luogo in cui sai quando entri ma non sai quando e se esci. Una camera a gas ricolma di ingenui condannati a morte.

Quarantaseidieciquarantadue, quarantaseidieciquarantadue… forse ora inizio a capirci qualcosa.

Elisa Iacovo

De André, poeta al servizio della verità

”Dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior” è la strofa finale del brano Via del Campo. Riassume sommariamente il pensiero di  De Andrè che nelle sue numerose canzoni si è soffermato a descrivere prostitute, giudici, chimici, caduti di guerra, dando a tutti questi una connotazione originale. Non si fermava alle apparenze, scavava nel profondo di questioni sociali delicate denunciando le ingiustizie palesemente senza peli sulla lingua e con un eleganza inattaccabile o quasi.

Alcuni dei suoi capolavori vennero inizialmente censurati e non furono trasmessi dalle emittenti radiofoniche dell’epoca. Il Pescatore è uno di questi, così come Bocca di Rosa nella quale, oltre a fare protagonista di questa storia una meretrice,  accusa pesantemente le forze dell’ordine per le quali il cantautore genovese non nutriva grande stima.

Anarchico convinto ed anticonformista, non appoggiò mai un partito, mantenne sempre un distacco più o meno netto dal mondo della politica, anche se non si tirò indietro quando ci fu da denunciare o da prendere parte a qualche protesta. Maggio ’68 divenne il manifesto musicale della lotta studentesca più famosa di tutti i tempi, una lotta che fece la storia. Saper criticare, disprezzare e talvolta insultare senza essere mai volgare e banale è una delle qualità che lo contraddistingue maggiormente.

La signorilità di Fabrizio resta una perla probabilmente unica nella storia della musica italiana della quale è riconosciuto all’ unanimità come uno dei più grandi esponenti di sempre. Non volle mai partecipare al Festival di Sanremo e si rifiutò di comparire in televisione nonostante i numerosi inviti. Scartò tutte le possibilità di avere notorietà facile, ma l’acquistò comunque senza problemi, non rinnegando mai i valori in cui credeva fermamente. A fine anni ’60 tenne un concerto al lido “Le Dune Bianche” di Bianco (R.C.). Moltissima gente rimase fuori, dal momento che non aveva potuto acquistare il biglietto. Quando vide il locale stracolmo, costrinse i proprietari ad aprire le porte a tutti, rifiutandosi in caso contrario di cantare.

Dopo essere stato sequestrato assieme alla moglie Dori Ghezzi in Sardegna, ai giornalisti non rivelò nulla di particolare circa i modi con cui erano stati trattati dai sequestratori. Quello che ritenne opportuno condividere col pubblico lo raccontò nella canzone Hotel Supramonte.

Fabrizio de André è in definitiva una miniera di saggezza in rima. Con lui Bocca di Rosa diventa colei che “portò l’amore nel paese”, il tipo strano de La Città Vecchia che “vendette per tremila lire sua madre ad un nano” non sarà un giglio, ma pur sempre figlio, vittima di questo mondo. Un matto non è un condannato alla discriminazione, ma uno che “ha un mondo nel cuore e non riesce ad esprimerlo con le parole”.  Il soldato Piero non uccide il nemico perché “se gli spari in fronte o nel cuore soltanto il tempo avrà per morire, ma il tempo a me resterà di vedere, vedere gli occhi di un uomo che muore”. Bisogna avere una grande umanità per avere un immagine del mondo così bella e ottimistica. Don Andrea Gallo, celebre parroco genovese molto legato a Fabrizio, ha soprannominato la sua discografia “Il Vangelo secondo de Andrè”. Sarà sicuramente tra gli apocrifi, ma le sue “parabole”, se così ironicamente possiamo definirle, ne danno d’insegnamenti. De Andrè vive ancora nell’animo di adolescenti e anziani, di chi semplicemente si emoziona ascoltando una sua canzone, perché ci ha sicuramente insegnato ad amare, a prendere le difese dei più deboli e a dare ascolto ai propri sentimenti.

“Io penso che un uomo senza utopia, senza sogno, senza ideali, vale a dire senza passioni e senza slanci sarebbe un mostruoso animale fatto semplicemente di istinto e di raziocinio, una specie di cinghiale laureato in matematica pura.”

Francesco Catanzariti

L’UniVerso che cercavo dentro ME

 

Che fatica, amici miei. Scrivere questo articolo è una cosa difficilissima. Sarò sincera con voi: solo il dovermi mettere davanti a questa pagina di Word è stato un parto. È da almeno 2 mesi che so che lo devo fare, che non volevo ridurmi all’ultimo, che rimando ‘’a domani’’.

Oggi non posso. Oggi è l’ultimo giorno a mia disposizione in quanto ‘’domani’’ è il tempo durante il quale voi mi state leggendo. L’articolo è pubblicato. Fine.

Fine.

Sapete, tra tutti i corsi universitari il mio è davvero particolare. Non sono 3, non sono 5, sono 6 anni. Sei anni sono tantissimi. È così strano pensare che tra 4 giorni il traguardo sarà stato raggiunto. The End.

Non giriamo troppo intorno, quindi. Sono qua per porvi i miei saluti, il mio arrivederci.

Questo progetto è entrato nella mia vita nel 2015. Non dimenticherò facilmente la prima volta in quello che è diventato il nostro ufficio. Non mi dimenticherò facilmente quel colloquio: ero l’unica ragazza, in mezzo ad un branco di ragazzi! Non solo: ero l’unica ragazza che scriveva per gioco, per distrazione, sicuramente non per mestiere.

Eppure, dopo quel primo “che ci faccio qui?”, tutto ha iniziato ad andare in maniera assolutamente naturale. Fin dalla prima riunione c’è stata passione ma anche tanto divertimento. Immaginateci: noi 8, in un’aula X, che non sapevamo assolutamente cosa stavamo facendo. Man mano, però, in quella confusione, sono uscite fuori le prime idee, le prime bozze di scalette e poi le scalette vere e proprie, i primi format, le prime categorie.

E poi, lui: il nome. UniVersoMe. Non potrò mai dimenticare quando Gugliotta lo ha scritto sulla lavagna, spiegandoci il gioco di parole, il significato che c’era dietro.

Io, Alessio, Paolo, Bonjo, Daniele, Valerio e Salvo lo abbiamo approvato fin dal primo momento. Università verso Me. Me, Messina. Me, cioè io. Me stesso. E sicuramente, questo universo, non solo è arrivato fin da me, ma è diventato parte di me, ha preso una parte di me.

Questo nostro progetto è stato il motivo per cui, lo dirò sempre, non ho più fatto la domanda di trasferimento. È stato il motivo per cui ho deciso di dare una seconda possibilità a questa università e a questa città, scoprendo che ci sono tantissimi ragazzi che si spaccano il culo (scusate il francesismo) per questa nostra Messina, completamente abbandonata a sé stessa.

Sono cresciuta, insieme ad UniVersoMe: ho imparato la diplomazia, il sacrificio, i compressi, il gioco di squadra. Ho imparato a contenere meglio la rabbia quando sei frustata, perché le cose vanno male, perché la gente non recepisce… Chissà per quale motivo.

UniVersoMe è un percorso che consiglio ad ognuno di voi: è una palestra per il futuro, per i futuri speakers, per i futuri giornalisti, per chi vuole trovare degli amici che lo saranno per sempre. Certo, un po’ di censura bisogna metterla in conto, ma ne vale la pena. E, anche quando verrete criticati, perché la verità fa male e non tutti la accettano, potrete dire che Voi, la Voce dell’Università, avete portato a galla i problemi che ci sono, per aiutare l’università stessa. Non vi crederanno? Non fa niente. L’importante è credere nei propri ideali.

Ed è quello che ho fatto io. Ho creduto e portato avanti i miei ideali fino alla fine, sono stata, anche io, la voce (sgarbata e acida, direi) dell’università. Ed oggi, con questo punto finale, non posso fare altro che esserne fiera.

Arrivederci, UniVersoMe.

Grazie per ogni singolo articolo scritto, corretto, pubblicato; per ogni editoriale con cui ho potuto esprimere la mia scrittura, per le mie amate rubriche di Tempo Libero, Abbatti lo Stereotipo, Recensioni e Scienze&Ricerca.

Ciao, a tutti i miei colleghi, compagni, amici.

A Micalizzi, la nostra carotina autistica, il nostro primo referente generale, l’amico con cui ho passato un anno intero a piangere sui malloppi che ci trascinavamo in biblioteca quando andavamo a “studiare”.

A Giorgino, Bonjo, Pragma, Valerio, Barba; i miei ragazzi, la squadra migliore che potessi desiderare. Ognuno di loro, in un modo diverso ma assolutamente perfetto, mi hanno fatta sentire a casa, protetta e coccolata (questa unica piccola donnina) e, soprattutto, mai inferiore a loro. Loro sono stati la mia spalla su cui piangere, il mio mandare a fanculo le persone e rimetterle in riga senza contestare, gli amici che tutt’ora sono con me, che tra 4 giorni saranno con me in uno dei giorni più importanti.

A Gugliotta, il nuovo referente, che si ammazza giorno e notte per aumentare il livello (e che c’è Super Mario Bros?) della piattaforma nelle sue varie componenti, accettando il cambiamento a cui essa può e deve andare incontro ma senza mai mancare di rispetto a nessuno dei membri che ne fanno parte o agli ideali su cui è stata fondata. Lo fa per quanto il tempo, ed io ne so qualcosa, sia poco. Perché UniVersoMe è anche questo: tanto tempo da ‘’perdere’’, con il piacere di ‘’perderlo’’.

Noi 8: il consiglio fondatore. Questi sette stronzi qua sopra citati, credetemi, non ho parole per ringraziarli abbastanza per ciò che ho provato e che non dimenticherò mai. Per aver creato, insieme, chissà per quale assurdo motivo, un qualcosa per cui, qualsiasi sarà la sua storia, andrò per sempre fiera.

Ai nuovi ragazzi, il nuovo consiglio: Jessica, Arianna, Gianpaolo, Vincenzo e a chi prenderà il mio posto. È stato un piacere vedere come quella passione, che era stampata sulla faccia di noi “vecchi” (nerd), esiste anche nel cuore (e sulla faccia) di qualcun altro. E con certezza posso dire, non solo di aver trovato anche in loro degli amici ed una squadra, che faranno un ottimo lavoro, riuscendo ad arrivare sempre più alto.

A Claudio, referente radio, con cui, come cane e gatto, mi sono acchiappata svariate volte in scontri creativi (a dir poco) ma sicuramente costruttivi. Che dire, lui ha già lasciato il posto ai giovani, ma senza noi due, possiamo dirlo senza alcuna modestia, Radio UniVersoMe non sarebbe stata il canale di successo quale è.

A Giulia, referente grafica, che, vabbè, è diventata una sorella con cui condivido il sonno, i sogni, lo sport ed i nostri mondi un po’ sbilenchi ma così strapieni di… Oddio, di cose troppo complicate ma assolutamente stupende. Attraverso i suoi occhi, guarda dentro l’obiettivo della macchina fotografica e fa vedere il mondo come mai riuscireste a rappresentarvelo. Con la professionalità che poche persone hanno, io la ringrazio perché ha conquistato la mia stima ed il mio rispetto fino, addirittura, una parte del mio cuore.

A tutti i ragazzi della Radio (che ho già salutato un mesetto fa durante la mia ultima puntata), a tutti i ragazzi della Redazione, a chi si occupa dei Social con una puntualità disarmante, a chi arriva e se ne va, a chi arriva e rimane. Grazie a tutti.

E grazie a voi: che nel vostro piccolo mi avete letta ed ascoltata. Grazie se vi ho fatto ridere, se vi ho fatto commuovere, se vi ho fatto incazzare, se mi sono fatta odiare o apprezzare. Grazie perché siete voi le persone per cui abbiamo lavorato ogni giorno e siete il più grande premio che potessimo mai desiderare.

Grazie, perché ho il cuore pieno di emozione.

Elena Anna Andronico

Finché articolo non ci separi


Tu, vuoi prendere in sposa questa pazza scattiata che ti romperà i coglioni AD VITAM?

Lo voglio.

E tu, vuoi prendere in sposo questo tizio con cui condividi poco e niente ma che hai deciso, senza motivo, di amare alla follia dei matti proprio?

Lo voglio.

Vi dichiaro marito e moglie.

 

Ok, la nostra storia non va proprio così… Ma quasi. Come un matrimonio combinato, nessuna delle due sapeva niente l’una dell’altra ma ci siamo trovate insieme.

 

A quel punto, sono due: o hai culo, o soffri tutta la cazza di vita.

Abbiamo avuto culo.

 

QUESTA È LA STORIA DELLE DUE STRONZE CHE VI HANNO ACCOMPAGNATO NEGLIO ULTIMI DUE ANNI, BRUTTI DEFICIENTI, ED ORA, CAZO CAZO, VI STANNO SALUTANDO.

 

  1. Once upon a time…

 

“Tutti zitti, tutti buoni… C’è una storia nuova nuova, ve la racconto piano piano e vi porterà lontano, lontano”

 

Dai, che vi ho stregati. Anni ’90, le musicassette con le favole che venivano narrate. Una scusa per i genitori più pigri… Però, MA CHE NE SANNO GLI ALTRI LEVATI PROPRIO.

 

Se ci pensate, tutto inizia con c’era una volta. C’era una volta… Io. Sola. Che, innocentemente, volevo scrivere un pezzo ogni tot di Recensioni. Di Scienze e Ricerca. E mi sono ritrovata a Tempo Libero. Ah, ma è ronco!

 

Sola soletta, chiedo in giro e trovo altri 3 randagi disposti a scrivere per questa rubrica. Bene, penso, niente panico, qualcuno che mi aiuta lo ho.

 

Inizialmente, ogni articolo era una conquista. Ognuno di noi, separato dagli altri, faceva ridere. Eccome. Le views, parlano al posto nostro.

 

 

  1. Separate in casa

 

Prima che il nostro diventasse un vero e proprio sodalizio, beh siamo state separate. No, non perché ci odiassimo a morte o cose del genere.

 

Tipo “oh, io con quello? MAI” e poi te lo sposi. Non è stato questo il caso.”Giusto Ele..?” Semplicemente prima eravamo persone un po’ più normali, e come ogni persona normale che si rispetti, scrivevamo le cose nostre per conto nostro.

 

“Vane, lo scrivi tu questa settimana?”, “Si certo, nessun problema” Cominciare a scrivere per questa rubrica è stato un puro e semplice caso.

 

Un buco da riempire durante la settimana e tac: l’occasione di mettere giù due insolite righe (dai lo sappiamo tutti che Tempo Libero non fabbrichi “articoli” nell’accezione più letterale del termine).

 

Comunque; Elena scriveva cose fighissime anche da sola. Certo scoprire di avere la stessa testa e gli stessi pensieri ci ha reso tutto estremamente più semplice, ma prima di tutto questo, prima che le nostre mani e le nostre menti si fondessero, eravamo due semplici essere umani con la passione per la scrittura.

 

Una passione un po’ insolita visto che raramente ci siamo ritrovate a scrivere di cose normali. Scrivere in solitaria è stato solo l’incipit di qualcosa di ancora più bello.

 

 3. Galeotto fu quell’articolo

 

Uno, due, tre articoli. “Oh, Vane, che famo? Sta settimana scriviamo insieme? Facciamo un articolo a DODICI MANI”. Ma come si fa? Troppe teste. Boh, vabbè. Proviamo?

 

Andò incredibilmente bene. Chissà perché, ancora mi chiedo di quale malattia mentale voi possiate mai soffrire, vi abbiamo fatto divertire. E ci siamo divertite pure noi, da morire.

 

Ogni settimana si aspetta, ormai devo dire aspettava?, il venerdì. Ma quale officina, ma quali sbronze spinte. SORRY MAMA FOR MI VIDA LOCA, resto fino alle 5 del mattino a scrivere con Vane.

Dopo le prime volte, la macchina andava sola. Beh, se ve lo state chiedendo, SI’ È UNA METAFORA CON UN PERFETTO DOPPIO SENSO SESSUALE.

 

Ogni articolo era, “oh Vane ma se scriviamo…?” e mentre lei digita, io digito… Pam. Esce lo stesso messaggio. Buona la prima.

 

INCEPTION.

 

E così, questo piccolo angolo del nostro Universo è capitato per sbaglio proprio. Quello si laurea, lei fa parte di una rubrica sola, quell’altro non ci sono crediti e ciaone…. Vanessa ed Elena.  Rigà, siamo nate come “amore, fidati, per una volta senza preservativo non fa niente” e ci siamo dovute accollare.

 

Ed è stata un’ottima decisione.

 

  1. Nella buona e nella cattiva sorte

 

Beh, da quando io ed Elena siamo diventate un corpo a due teste e quattro mani, ne abbiamo passate veramente tante, tanto da pensare che il nostro sodalizio, non potesse che suggellarsi con un: “nella buona e nella cattiva sorte”.

 

Ti ricordi Ele, quella volta che per un articolo scritto forse con troppa crudezza, (si può dire crudezza, vero?) abbiamo vissuto nel panico più totale credendo di andare incontro alla galera?

 

Beh, la galera è un’esagerazione eh, ma prese dalle mille paranoie abbiamo anche immaginato a come sarebbe stato condividere la pasta al forno della domenica in una stanza 3×3 di viale Gazzi. Sono sicura che anche da lì avremmo trovato il modo di mandare avanti la nostra folle rubrica. E poi i successi.

 

Quanti articoli letti e riletti dalla gente. Ricondivisi, apprezzati. La gioia di strappare una risata ai nostri amici studenti e non solo. Sicuramente non è stato sempre facile, trovare argomenti sui quali montare i nostri castelli, trovare a giusta chiave di lettura, dedicare infinite ore di tempo davanti ad una pagina bianca da riempire.

 

Eppure, eccoci qua: ancora una volta, nella buona sorte di aver costruito tutto questo, e nella cattiva sorte di dover scrivere la parola fine. Insieme.

 

 

  1. The End

 

Vi riporto di nuovo nel pieno degli anni ’90. The end. Che vi ricorda? Un aiutino? Tom e Jerry. Daaai! Finiva la puntata e… The End.

 

La nostra The End, non è stata mica semplice (ovviamente). Ci siamo trovate al centro di tutti i nostri castelli e ‘’Vane, chiudi tu che io non c’ho voglia!’’

 

Ogni venerdì la stessa storia. Scegli tu quali punti prendere. Facciamo pari o dispari. Ti metto le dita nel naso appena ti vedo se non scegli. SCEGLI! Questo ultimo mese era “quello della settimana prossima è l’ultimo articolo” “ok, perfetto”

 

E poi, c’era un percorso da finire. Scusami ah, scriviamo di amicizia famiglia e snobbiamo l’amore? Ho capito, ma dovremmo pur scrivere un articolo in cui insultiamo noi studenti. LO AVEVAMO GIURATO.

 

Eh, niente. La nostra promessa è slittata, di settimana in settimana. Ma poi, che dire, tra una lettera e l’altra, un po’ di bile, qualche lacrima e un TVB MA NON LO DIRE IN GIRO“ ci siamo?”

 

Sì. Ci siamo. The End. Il nostro Tempo Libero è finito. Cazzo, quanto è vero. Abbiamo troppe cose da fare e a cui pensare, chi ce l’ha più un po’ di tempo libero…

 

‘’Oh Vane, chiudi tu, però. Qua ci sono le chiavi. Io apro, scrivo le introduzioni, lo sai… Tu chiudi. Doppia mandata, mi raccomando”

 

Vaaaa bene, ma solo per farti contenta.

 

Anche questo articolo, l’ultimo, è giunto al termine. Non ci sono parole per spiegare quanto per noi sia stato importante tenervi compagnia tutti i sabato mattina. Quanto sia stato importante ritrovarci ogni venerdì notte, proprio come stanotte, a dedicare il nostro tempo ad un progetto che in un modo o nell’altro ci ha segnate e fatte crescere.

 

Per noi, è giunto però il momento di appendere la tastiera al chiodo, almeno per adesso, e di cominciare un nuovo percorso fatto di incognite e forse anche qualche paura. In fin dei conti, quello che si nasconde dietro la fine di un percorso di studi, è tutto un universo ancora da scoprire.

 

Voi siete stati, senza dubbio, la cosa migliore che ci potesse capitare. Lo stimolo più grande per non smettere mai di fare questo, e di farlo con tutte noi stesse. Forse oggi vi abbiamo fatto ridere poco, ma perdonatecelo, e se dovessimo mancarvi beh, tutti i nostri folli articoli sono sempre a disposizione di click. Rileggeteci, se volete.

 

Saremo sempre le solite Elena e Vanessa: due cazzone incontratesi per sbaglio, dentro una rubrica nata per sbaglio, con un articolo scritto insieme per sbaglio, e che per sbaglio si sono ritrovate a fare la cosa più bella del mondo: raccontare storie e condividerle col mondo. Vi vogliamo bene. Ad Maiora.

 

 

Elena Anna Andronico (direttivo fondatore, referente radio)

Vanessa Munaò (redattore giornale, referente radio)

E se dicessimo Amore?

 

E se dicessimo Amore, voi a cosa pensereste?

 

“Brodu i ciceri”, vi risponderebbe la professoressa Latino, ex insegnante di latino (vedi tu la vita) del Seguenza, icona dell’ “amore non esiste, esistono i soldi da spendere per il divorzio”.

 

Però però però. Noi ci vogliamo credere ancora. Perché, spesso e volentieri è brodu i ciceri, ma, a volte, sorprendentemente, oltre ogni previsione, quasi mai, ESISTE DAVVERO.

 

E visto che a 24 anni ci sentiamo già abbastanza vecchie dentro, vogliamo ancora sognare insieme a voi. E visto che ancora non avevamo sputtanato quello che di più puro e bello la vita ci può dare, niente, abbiamo deciso di farlo.

 

E visto che io e lei ci vogliamo bene e ci facciamo prendere dalla malinconia, ecco qua. L’amore.

 

ECCO QUA I 15 TIPI DI AMORE CHE VI HANNO FATTO FARE TUTTO IL CALENDARIO IN 48 LINGUE CHE MANNAGGIA ALLA PUTTANA LO AMO LO ODIO MI AMMAZZO BRUCIO LA SUA MACCHINA ABBRACCIAMI TI AMO SONO DEPRESSO DI SERE NEREEEEE.

 

  1. Il primo amore

 

Eh beh, il primo amore, lo sappiamo tutti, “non si scorda mai”.

 

È quell’amore che vivi solitamente nella fase peggiore della tua vita: nono, non quella fatta di bollette da pagare e bambini da mantenere. Intendo quella fase della vita in cui il tuo più grande incubo sono brufoli bianchi sul volto e apparecchio ai denti stile robot futuristico.

 

Il primo amore è quello che ti fa scoprire il farfallìo nello stomaco, che ti fa credere che con un bacio tutti i pianeti possano magicamente allinearsi. È quello con il quale misurerete per tutta la vita i successivi amori pensando “non troverò mai più un amore cosi”

 

Ma è anche e soprattutto quello che ti delude, che ti ferisce e che ti farà smettere di credere che ci sia ancora una speranza.  ERGO: amate con cautela la prima volta. Però amate, che è bello eh. LE COSE DOLOROSE SONO SEMPRE BELLE.

 

  1. Il Rimpianto

 

Quando pensi che la tua vita è uno schifo e ti deprimi seguendo le tue Stars preferite su Instagram, ricorda una cosa: anche loro hanno il rimpianto di un amore. AH Sì. È un po’ come la tecnica di immaginare i professori che cagano mentre dai un esame: nessuno è immune.

 

Il rimpianto è quell’amore che, ahimè, si è concluso con il lieto fine sono nelle tue recondite fantasie (incluse quelle masturbatorie). Il tuo lui o lei è esistente, lo hai conosciuto, magari vi siete pure baciati… Ma niente. Niente. È finita, per giunta senza mai realmente iniziare. E, quasi sempre, senza un perché.

 

Eppure, cavolo, metteresti entrambe le mani sul fuoco riguardo al fatto che, CAVOLO, sareste stati PERFETTI. Tipo che tra 50 anni gli/le avresti cambiato il pannolone con piacere. Come lo sai? A pelle. Fin da subito. Fin dal primo momento.

 

Il Rimpianto è l’unico amore nella tua vita che ti farà accettare la frase QUELLO GIUSTO AL MOMENTO SBAGLIATO. #maiunagioiamancoapagarla

 

 

3.Amore a Distanza

 

Ecco, questo è un ottimo punto sul quale possiamo star qui a discutere animatamente per ore.

 

L’amore a distanza esiste? Non esiste? Prima o poi finisce? Può durare? Sono corna assicurate? Ragioniamo insieme. (Se non siete d’accordo col ragionamento fatemi sapere tramite commento che vi costringo a sposare un Messicano)

 

Allora. Dicevamo. Amore a distanza. Nella peggiore delle ipotesi la lontananza è forzata (es. questioni lavorative) ed avviene in un momento in cui il rapporto ha alle sue spalle solide basi. Doloroso, ma con qualche possibilità di riuscita.

 

Nella seconda ipotesi l’allontanamento è volontario, ESEMPIO: VADO IN ERASMUS. Dov’è che vai brutto figlio di buona donna santa madre resta qui sposami adesso o ti stacco la testa e me la mangio a morsi. Rischioso. Parecchio rischioso.

 

In ultimo ci sono i rapporti che fin da principio ammettono la condizione di lontananza. Ma io dico, ma siete matti? MOGLI E BUOI DEI PAESI TUOI ragazzi, mi raccomando. Ve lo dice una che LO SA.

 

  1. Amore Selvaggio

 

Questo bisogna viverlo almeno una volta nella vita. O forse no: poi tutti gli altri sembrano COSì NOIOSI.

 

L’amore selvaggio è basato principalmente sul sesso. EH VABBE’, mica possiamo censurarlo. Non sai come, ti ritrovi sul lampadario vestito da Tarzan e lei da Jane che state facendo cose che DIO SPERIAMO CHE NON ESISTI SENNO’ SAI CHE VERGOGNA.

 

Che poi, non è che sei mai stata una persona con chissà che velleità porno. Anzi: sei più il tipo che tiene gli occhi chiusi e sta in silenzio per vergogna, possibilmente alla missionaria.

 

Cosa è successo? Perché ora mi ritrovo a farlo più spesso in luoghi pubblici/ mascherato da zorro/ con uso e consumo di alimenti vari? Non c’è risposta. Ma bisogna approfittarne finché si può. Di sicuro, è uno degli amori più divertenti e rilassanti IN ASSOLUTO, CAZZO.

 

  1. Amore Geloso

 

Bene. Questa è una delle categorie decisamente peggiori. L’amore geloso è un incubo.

 

Sisi, lo so che esiste la gelosia sana, che se ami qualcuno devi esserne un po’ geloso e bla bla bla, che quando ti chiedono “ma tu sei geloso?” rispondi “No vabbè ma il giusto ci sta” e poi metal detector, controlli spasmodici ai like sotto ai post, microspie dentro la macchina, abolizione dall’armadio di tutti i vestiti che lasciano scoperti lembi di pelle nuda.

 

MA IL GIUSTO COSA? MA IL SENSO DELLA MISURA CHE? Io pensavo di aver trovato un fidanzato non una guardia del corpo isterica santo cielo. Calma e sangue freddo. Possiamo amarci anche senza tutti questi “piccoli accorgimenti” GIURO.

 

  1. Se voi peddiri l’amico…

 

… o si marito o si fa zito. Da che siete culo e camicia, a che ARRIVEDERCI E GRAZIE.

 

Che poi lo sappiamo: tira più un pelo di figa che un carro di buoi, è il principe azzurro, due cuori e una capanna (menza, possibilmente al caffè). Però che cavolo. NON È GIUSTO.

 

Questo amore causa un’amnesia: il tuo amico si scorda di te e di tutti gli altri, si scorda dei parenti, si scorda dell’università, si scorda persino del suo gatto o cane (eddai, come fai a scordarti della tua dolcissima palla di pelo?).

 

Entra in una dimensione nuova, fatta solo di lei e lui, lui e lei, bolle di sapone, unicorni, felicità, i messaggini del buongiorno e della buonanotte, le pomiciate SEMPRE A QUALUNQUE ORA E LUOGO.

 

Tra l’altro, è assolutamente SOCIAL: profilo in comune o chiudi per sempre Facebook perché esisto solo io (un po’ egoista, no?), mettiamo sempre foto insieme, diciamo sempre che siamo insieme, intasiamo TUTTO E TUTTI, fuori tutto è magnifico ma tu un po’ di più E ALLORA SCRIVIAMOLO SU INSTAGRAM 5903 VOLTE AL MINUTO, Fedez e Chiara levatevi che io chiamo il mio amore GNOCCOLO, anche nella foto che pubblico da solo/a metto riferimenti a caso e da diabete per te, ANGELO MIO CHE TI PENSO SEMPRE CAZZO.

 

Il problema non è che si è felici e contenti. Il problema è quando si diventa infelici e scontenti, la bolla si rompe, l’unicorno muore e ti ritrovi solo, anche il tuo gatto si è trovato un nuovo padroncino da amare. Tiè.

 

  1. Amore LGBTA

 

Love is love. Lo sappiamo bene e lo sappiamo tutti. Dunque dunque dunque forse è proprio l’amore a renderci tutti, indistintamente uguali.

 

Lo stesso amore che ci rende cechi, sognanti, con la testa fra le nuvole. Quindi, io mi chiedo no? CHE VE FREGA A VOI DE CHI SI INNAMORA LA GENTE? Certo magari è proprio di te che stai leggendo che la gente se innamora perché sei bello, bello impossibile con gli occhi neri e il tuo sapor mediorientale. Ok. Mi sono persa.

 

 L’amore è amore, e non può essere diverso. È più complesso, questo sì, perché oltre a dover mandare avanti una normalissima relazione (e si sa che ogni relazione ha le sue croci) c’è bisogno di combattere con l’universo intero per potersi amare in pace. VIVI E LASCIA VIVERE. Brutto testa di Caprone.

 

  1. Young, Wild e FREE

 

“Io non voglio legami seri, voglio essere libero”

“Amore, stai intaccando la mia libertà”

 

Ma LIBERO cosa? Ma che siamo a WOODSTOCK?

 

Allora, parliamo del concetto di libertà in una coppia: la libertà intesa come libertà di espressione, l’essere indipendenti l’uno dall’altra, due individui che liberamente accrescono sé stessi stando insieme, completandosi, rispettando l’uno i gusti e i bisogni dell’altra e viceversa… ok.

 

Libertà intesa come puccio il biscotto nel latte di un’altra, siete dei cazzo di idioti. Allora, se vuoi rimanere libero e continuare a fare sesso promiscuo te ne stai solo e non intrappoli me.

 

L’amore libero, detto anche l’amore IMBROGLIONE, è una scusa di quelli che “ci stiamo solo frequentando” anche se sono passati 22 anni e abbiamo 3 figli, di quelli che vogliono la scusa facile per fare il cavolo che gli pare e piace, di quelli a cui fai comodo ma non troppo. Dei codardi che non hanno voglia di impegnarsi seriamente e, allo stesso tempo, non vogliono stare soli. Insomma, uomo o donna, SCAPPA IL PIU’ LONTANO CHE PUOI.

 

Anche perché, sennò, vi ritroverete come dei…

 

 

  1. Cervi a primavera

 

No ma voi siete troppo simpatici, , tenerelli. Vi vorrei coccolare.

 

Se stai leggendo questo pezzo ed hai cornificato qualcuno SEI UNA BRUTTA PERSONA. Se invece stai leggendo questo articolo e porti, con onore, il peso di un bel paio di corna: APPLAUSI. SOLO APPLAUSI.

 

Oh ragà, non è mica facile passare sotto tutte le porte con due protuberanze stile renna di Babbo Natale. Scherzi a parte, io capisco tutto, ma cornuti e contenti perché? Se siete stati traditi dalla stessa persona innumerevoli volte, ma vi ostinate a perdonare perché “stavolta è cambiato” SMETTETELA SUBITO. Chi nasce tondo non muore quadrato, chi nasce cervo muore ammazzato (proverbio cinese inventato seduta stante).

 

 10. Impossible is Nothing

 

MA QUANNU MAI. Niente è impossibile è una gran perculata: molti amori lo sono. E NO, tu che ci stai leggendo immaginando l’oggetto dei tuoi desideri e pensando che sì, un giorno ci riuscirai, NON È VERO NON STARETE MAI INSIEME.

 

Gli amori impossibili… Che tragedia. Piaga sociale. Lacrime e dolore. Gli amori impossibili sono così veri… E fanno male male male male. E sono, chiaramente, a senso unico. A volte, l’altra persona, nemmeno lo sa di quanto possa essere amata.

 

Dopotutto, se non fosse per gli amori impossibili, non sarebbero nati le più belle canzoni d’amore, i più grandi romanzi, la friendzone.

 

Qualsiasi sia il motivo che rende un amore impossibile, tu che ami: dillo. Metti fine alle tue pene. Diglielo, fatti uccidere e bon. Tante care cose.

 

 

  1. Amore Malato

 

Ah gli amori malati, dannati insensati, incompresi. Maledetti amori che non sai nemmeno se definirli tali, talmente sono tormentati e strazianti.

 

Sono quelle relazioni in cui il tira e molla è uno stile di vita. Stiamo insieme? Sì ma non troppo, sì ma non del tutto. Forse è meglio non vedersi più. No, ma non posso stare senza di te.

 

Dio Santo, Tiziano aveva detto che L’AMORE È UNA COSA SEMPLICE.. Ma vaffanculo Tizià che sta storia m’è costata dodici mila euro de psicanalisi e 10 anni de salute. TE SALUTO.

 

  1. Il Grande Amore

 

Chi è il Grande Amore? Il Grande amore è quel nome che vi è passato per la mente nell’attimo in cui avete letto queste due parole scorrendo questo articolo nel vostro smartphone.

 

Ci stai insieme, o magari no. Magari sei single, magari sei fidanzato, magari non lo vedi da una vita o la hai incrociato per strada ieri. Magari si è rifatto una vita lui, entrambi, nessuno. Poco importa. Quando leggerai o parlerai del Grande Amore, ti verrà in mente solo e soltanto lui.

 

E non importa se ami qualcun altro, non significa che quell’amore non è vero. Non importa se con Il Grande Amore ti sei lasciato anni fa, o se avrai la fortuna di sposartelo e di rimanere con lui per sempre.

 

Sul Grande Amore non si può scherzare. È quella persona che, in 60 anni o 6 giorni, ti ha insegnato che l’amore esiste ed è bello.

 

  1. L’Amore Nonnico

 

(…. nananana musica malinconica di sottofondo)

 

Eh beh, più di mamma e papà, più di marito o moglie, più di chiunque altro sulla faccia della terra possa dichiararvi amore eterno, il loro amore, quello dei nostri cari vecchi nonnini, è forse quello più autentico e puro.

 

E lo capisci subito: da quando sei bambino e “nonni” vuol dire sempre qualcosa che mamma ti proibisce di mangiare, o una banconota da 50euro per comprare il gelato, una passeggiata al parco, una bella teglia di lasagne profumate o la scatola di biscotti piena di robe per il cucito.

 

Forse è vero, “i nonni sono quelli che ti amano più intensamente, perché sanno di avere meno tempo a disposizione”. Una cosa è certa, sull’amore dei vostri nonni potrete sempre contare.

 

A meno che non siano dei vecchi inviperiti dai mali della vita che odiano tutti solo perché respirano la loro stessa aria. Esistono sì, esistono.

 

  1. L’Amore Intimo

 

È quell’amore che passa inosservato. Quasi nessuno sa che quelle due persone stanno insieme, non si vedono spesso in giro, condividono le cose tra loro e non sui social.

 

Insomma SI FANNO I CAZZI LORO. E, con ogni probabilità, camperanno e staranno insieme 100 anni.

 

E poi, volete mettere? Mica per stare bene e divertirsi bisogna andare sempre a ballare al blinco blanco. Anche magiare puppette ‘nta seggia, o sul divano, con la persona che ami mentre vi ammazzate dal ridere per una stronzata detta tra voi con la tv che va’ per i fatti suoi, non è proprio male.

 

Niè, l’amore intimo e riservato è il top del top. 80 punti Grifondoro, coppa delle case.

 

 

  1. L’ultimo Amore

 

Se il primo è quello che non si scorda mai, l’ultimo è di sicuro quello che dura per sempre. Ma siamo sicuri vero? Per sempre per sempre? Sì amore, non mi importa di essere il primo, ma l’unico.

 

Okok. Tutto molto bello. L’ultimo amore è quello sul quale hai scommesso. ORA. Sì, perché chi può darci la certezza che quello che stiamo vivendo sia proprio l’ultimo amore che vivremo nella vita? E, allora, vivete ogni amore come se fosse l’ultimo che possiate vivere.

 

Solo così ogni relazione sarà speciale. E se vi lascia lo sai che si fa? Trovi un altro più bello e l’ultimo CHISSA’ CHI SARA’..

 

Elena Anna Andronico (Il Rimpianto)

 

Vanessa Munaò (L’amore Intimo)

When you are too blessed to be stressed

Caro lettore

Ti immagino mentre, annoiato, forse stanco, leggi queste parole. Siamo già a Giugno, lo so bene – io, come te tra l’altro, mi ritrovo ad essere naufraga tra libri e dispense varie… eppure vorrei che anche tu capissi la bellezza del momento presente. Sì, hai letto proprio bene: c’è scritto bellezza!

Ma come, starai pensando, cosa c’è di bello nell’alzarsi la mattina con le idee ancora una volta confuse, magari, proprio su quel concetto che pensavi di aver capito e di poter archiviare tra le nozioni assimilate e metabolizzate definitivamente? Cosa c’è di bello nel ritrovarsi il cellulare intasato di messaggi da parte dei tuoi carissimi e fedeli compagni di corso che come te, sono alla ricerca della “versione ufficiale” su un determinato argomento e  cominciano a confrontarsi ed interrogarsi e confondersi e confonderti, facendo venire l’ansia persino alle tue ansie? Cosa c’è di bello nel vedere il sole splendente fuori dalla finestra, in un cielo azzurrissimo che si confonde con il mare all’orizzonte, mentre tu sai di dover stare seduto alla tua (rigorosamente scomoda) sedia di legno, ma soprattutto, sai di dover rimanere concentrato, altrimenti è la fine. Cosa c’è di bello in tutto questo, ti chiedi.

Eh, apparentemente ben poco: siamo giovani, arriva la bella stagione, gli aeroporti pullulano di gente più del solito, le spiagge si riempiono, le città si svuotano, tutto il mondo è in movimento, mentre tu, tu sai di dover stare fermo. Infatti studiare è un tuo dovere, tutti quanti hanno scommesso su di te, la tua famiglia, i tuoi amici, magari anche i tuoi vicini di casa, si aspettano di vederti con quella corona d’alloro a cingerti il capo, mentre un sorriso ineffabile ti piega il volto.

Potrei dirti che questo pensiero sia sufficiente a tirarti su e darti la forza, la volontà di continuare, ma non sarebbe completamente vero. Certo, avere uno sguardo positivo sui tempi a venire, può essere fonte di coraggio, ma siamo uomini ed abbiamo sempre bisogno di concretezza, di speranze tangibili che possano raggiungerci adesso, nel presente e stringerci forte, forte per abilitarci ad affrontare ogni giorno sempre con rinnovato entusiasmo.

Allora, caro lettore, pensa al giorno, in cui mettesti piede per la prima volta in facoltà, alle prime persone incontrate, le prime parole pronunciate dai professori, quella luce particolare che hai colto nello sguardo di tutti gli altri, felici come te di intraprendere questo nuovo percorso, magari lungo ed arduo, ma al contempo, l’unico che sembra essere stato pensato solo per te, l’unico in cui ti senti,  di esame in esame, sempre al tuo posto – nonostante la stanchezza e la quotidianità. E pensa a quanto dovresti essere grato per questa opportunità unica, di poter studiare cioè, quello che hai sempre desiderato, quando magari, nel modo, questa possibilità non è concessa a tutti. Quando senti, tra una pausa ed un’altra, dell’ennesimo attentato causato da folli integralisti islamici che al suon spietato di “Allah Akbar”, continuano a spezzare vite innocenti senza pietà e ringrazi che questa sorte non sia toccata anche a te, ringrazi di avere ancora tempo. Caro lettore, pensa alla generazione dei tuoi nonni che esattamente alla tua stessa età è stata costretta ad abbandonare sogni e speranze per essere coinvolta in una folle, quanto inutile guerra senza vinti, né vincitori; pensa all’umanità tutta, sofferente, in questo “nuovo” mondo che abbiamo creato ed a tutte quelle storie di vite meravigliose spese al servizio dei più indifesi ed emarginati.. storie di cui probabilmente non ne avrai mai contezza perché il bene fa sempre meno scalpore del male.

Renditi conto che quello che sei chiamato a fare, adesso, in questo preciso momento della tua esistenza, in cui ti sono richiesti tanti sacrifici, è sì, la parte più importante che potrà determinare chi sarai in un domani non troppo lontano, ma, non coincide affatto con quella che definiremmo una condizione disperata! Renditi conto che l’hashtag “MaiNaGioia”, proprio non s’addice alla tua situazione; ché prendere sul serio gli studi, senza lagnarti, è proprio il minimo che tu possa fare portando così una pietra al cantiere per la realizzazione di una società migliore, più sana. E’ necessaria l’opera di tutti, anche la tua, affinché il mondo possa raggiungere il suo destino, la sua destinazione.

Allora non è dello studio, degli esami che dovresti preoccuparti, caro lettore, ma del tuo atteggiamento dinnanzi ad essi.

 

Ivana Bringheli

Il Signore degli Anelli: La compagnia dello Studente

 

Rappresentazione di un Professore e un Segretario all’inizio di ogni nuovo anno accademico

Avete presente l’Italiano Medio? Quello che preferisce la margherita piuttosto che la capricciosa, quello che tifa Juve anziché Inter, quello che beve il vino rosso invece del bianco.

ECCO.

Immaginate ora l’Italiano NERD Medio. Ognuno di voi ne conosce uno, ognuno di voi lo è stato nell’arco della propria vita, anche se solo per i 30 minuti davanti a BIM BUM BAM.

Il Nerd preferisce i Pokemon ai Digimon, o One Piece a Dragon Ball. Il Nerd si azzuffa se dici WITCH piuttosto che WINX, FINAL FANTASY piuttosto che KINGDOM HEARTS o ZELDA. Le uniche cose che abbiamo in comune con l’essere umano medio è IL VINO (rosso, bianco, tavernello, basta che ci faccia dimenticare per 3 orette delle nostre futili vite).

DUNQUE. Tutto questo per dirvi cosa?! Che non sapevamo di cosa cazzo scrivere e ci siamo inventate tutto questo per confondervi.  SCHERZO.

Tutto questo per dirvi che, ogni Nerd che si rispetti, amante di Harry Potter, avrà un arcinemico che gli dirà ‘’VUOI METTERE CON IL SIGNORE DEGLI ANELLI?!’’. E, ALLORA, se il nostro HARRY POTTER (cioè, ma voi pensate a quel povero cristo del professore Silente, quante volte al giorno ha pensato ”DITEMI CHE NON E’ VERO” di fronte alla boiate del maghetto) doveva affrontare le segreterie, i professori e, per giunta, VOLDERMORT…

FRODO COSA MAI DOVRA’ FARE? Non c’è Avada Kedavra che tenga. FRODO dovrà affrontare proprio te. TE che ci leggi da anni; TE che abbiamo vendicato per anni; TE che ora tocca A TE.

FRODO è il professore/ segretario/ tizio x che per sbaglio si è azzardato ad entrare al rettorato e che si trova davanti al più infimo, infame, infingardo (ma che ne so, l’ho messa la sul momento) cattivo della storia: LO STUDENTE.

Ah sì. Perché ognuno di noi custodisce un’anima malvagia, la più malvagia di tutti.

Ed ora, alla stregua della laurea è forse il caso di ammettere quanto POSSIAMO ESSERE ROMPI COGLIONI. Non tanto per fare likeS e followed e CONDIVIDETION. Quanto meno per un po’ di karma positivo, che non guasta mai.

N.B: Ovviamente, le persone vittime dei nostri squilibri ormonali e mentali sarebbero molte di più. Ci tocca stringere il campo poiché A) non vogliamo essere lapidate come Maddalena, B) NON POSSIAMO DI CERTO SCRIVERE LA DIVINA COMMEDIA. Grazie per l’attenzione.

  • I PROFESSORI

‘’Ma chi ci ficiru a sti figghi propia non sa capisce’’

È questa la frase che è stata per me spunto di riflessione. Detta da un professoretto buono, di quelli mezzi ciechi e mezzi nonni (nulla contro i ciechi e contro i nonni, solo che i miei nonni erano mezzi ciechi e quindi… niente la smetto), che stanno ancora là a fare esami e tu non capisci secondo quale articolo della legge italiana a 92 anni possono ancora essere in carica.

In realtà non lo sono, però dai, touché, ci tengono. CAPITE CI TENGONO A NOI. CI TENGONO AD INSEGNARE. GIURO.

E non deve essere facile. Cioè, una classe composta da 80, 90 alunni da tenere a bada. Con le urla:’’ MA CHE SIETE ANCORA A SCUOLA’’. SI’, PROF, SI’. FINCHE’ CI TIENI SEDUTI IN UN AULA SI CHIACCHIERA, SI FANNO I BIGLIETTINI E SI SMUTANDANO I COMPAGNI.

E noi lo capiamo. Giurin giurello. Però CAZZO PURE NOI. A 24 anni suonati, un po’ di dignità. Va bene che torniamo a casa e ‘’Mammiiiiiiina’’, ma dovremmo pur essere capaci di stare seduti in silenzio. O di stare seduti in silenzio a concentrarci su quelle cavolo di slide, piuttosto che giocare a FARMVILLE. O arrivare alle 9 invece che alle 10. Quello si sente l’ultimo scopino di turno. DAJE RIGA’, MA PERCHE’?

Sapete cosa altro non sappiamo fare? Vestirci adeguatamente. Mia madre potrebbe scriverci un trattato. Ci sono state sessioni d’esami in cui ho visto professori trasformarsi in MOJO JOJO (per chi non lo sapesse, mojo jojo è la scimmia delle superchicche con il cervello fuori dalla testa e un caschetto trasparente per proteggerlo dalle intemperie) perché ci si è presentati in infradito, costume lungo e camicia bianca.

MA SEI SCEMO. VEDI CHE TE LE GUARDA LE GAMBE RINCOGLIONITO. NON È CHE LE TUE GAMBE SONO VISIBILI SOLO AD ALCUNI ESSERI.

Altra cosa per farli incazzare come bestie? Presentarsi agli esami e, dopo un corso a ciclo unico di OTTO ANNI, dire che 2+2 fa 5. Li manda fuori di testa. Iniziano con il lancio del libretto, della scrivania, si lanciano loro stessi fuori dalla finestra.

Ok, sono un poco esagerati. Però pure noi… Potremmo anche solo ripassare le basi prima di buttarci kamikaze e rischiare un collasso polmonare di questi poveretti.

E, a proposito di esami, altra cosa indegna: guardarli con aria di sfida. NO. A parte l’aneurisma che li fa morire dissanguati, hanno loro il coltello dalla parte del manico. Ma noi no, come Icaro che appi a volare per forza accanto il sole, dobbiamo guardarli come se avessero loro torto e noi ragione. E via di vene pulsanti sulle tempie.

Cioè, dai. Noi facciamo le vittime addolorate martiri del sistema. Ma sono quasi sicura che i professori non sono tanto contenti nel vedere le nostre facce di merda da viziati so tutto io, sempre in giro.

Dai, non è vero che siete così stronzi. Vabbè, questa è una paraculata. SIETE STRONZI. Anche noi lo siamo. Facciamo un patto: noi non andiamo in giro a dire che, a parte stronzi, siete strabici, puzzate, non fate zum zum da 2940 anni, se voi provate l’accenno di un sorriso. Ok?

DAI PROF X CHE STAI LEGGENDO, le vogliamo bene.

(già che sono qui, MAGNIFICO SUPER RETTORE, lei è u megghiu, caso mai pensasse che l’abbiamo dimenticata)

 

  • I SEGRETARI

 

Ci siamo riuscite, in queste ultime settimane abbiamo preso contatti con la CIA e ci siamo arruolate; e dopo aver condotto un lungo e rigido addestramento ed aver imparato la meticolosa arte del camuffamento, siamo scesi in mezzo a loro e li abbiamo studiati, scoprendo dure realtà delle quali non potevamo che mettervi al corrente: ANCHE I SEGRETARI SONO ESSERI UMANI e anche i segretari hanno un cuore. Sisi, un cuore pulsante. Non ve lo aspettavate vero? Anche io sono ancora turbata, prendetevi il giusto tempo per metabolizzare dai.

Avete fatto? No, perché potreste sentirvi ulteriormente turbati dal fatto che respirino, mangino, camminino e imprechino proprio come noi per la finale di champions persa dalla Juve o il doloroso tradimento di Donnarumma ai danni del Milan (scusate ma sono questi i topic del mese suggeritimi da Facebook)

Ma non è questa la scoperta che più di tutte ci ha fatto “rizzare le canne” (a pagina 777 del vocabolario di Giostra troverete la definizione esatta).

Dopo aver visionato le segretissime registrazioni video realizzate grazie alla collaborazione coi nostri simpatici amici immaginari della CIA ,(ok, forse mi sto inventando una storia troppo complessa da mandare avanti…) abbiamo scoperto una amara verità:

Ma che cazzo ci passa per la testa a noi studentelli disperati ed esauriti che non siamo altro? E’ vero, il fatto di avere gli ormoni impazziti non ci aiuta; siamo euforici ed estremamente drammatici di fronte a qualsiasi ostacolo. Piangiamo davanti ai drammi di Grey’s Anatomy e poi malediciamo la vecchia col parkinson che non parte al semaforo. Che creature disadatte e squilibrate, insane di mente siamo diventate dentro questa Università?

Dai che è vero, con un po’ di autocritica ci riuscirete anche voi ad ammetterlo: le nostre vittime preferite sono forse proprio i segretari. Sfogo di qualsiasi frustrazione universitaria e non (qualcuno riversa agli sportelli di piazza Antonello anche i suoi problemini con le droghe leggere)

Altro che sedute dallo psicologo, i segretari ricevono lunedì, mercoledì e venerdì dalle 8.30 alle 12.30 ed il martedì e il giovedì dalle 14.30 alle 16.00 e non dovete pagare la consulenza eh, è tutto compreso nel Mav di iscrizione. Quindi, caro studentello esaurito che non sai dove sbattere la testa perché pensi che a dividere te dalla laurea ci siano i bollini rossi di esse3 che non si accendono e i telefoni della segreteria che non smettono di squillare a vuoto, fermati e pensa: (Innanzitutto che fra te e la laurea c’è solo la tua voglia di andare al mare, e poi che i telefoni in questione potrebbero essere guasti, CHE NE SAI?) Di fronte a te potrebbe esserci una segretaria col ciclo ed un segretario con le emorroidi: Sii gentile, SEMPRE.

Siamo qui dunque, per fare un mea culpa. Forza, tutti in piedi, mano destra sul petto e recitiamo in coro: “Per mia colpa, mia colpa, mia grandissima colpa” (Papa Francesco si scherza eh…) da domani ci impegniamo anche noi a mandare giù una bustina di Gaviscon.

 

Ebbene sì, anche il momento di addossarci qualche responsabilità doveva arrivare. In fin dei conti nessuno è perfetto (tranne Brad Pitt, lui si che è perfetto) e noi, che personalmente, siamo alla chiusura di uno dei capitoli più travagliati e faticosi della nostra vita ci siamo dette che sarebbe stato troppo facile uscire di scena senza guardarci allo specchio. Che poi, siamo pure carine, lasciateci pavoneggiare un attimo.

Okok, mi rifocalizzo sulla conclusione di questo articolo: ci sono momenti, nella vita, in cui a volte, solo per un attimo, bisogna essere così intelligenti da guardare oltre a chi ci è di fronte. E no, non stiamo facendovi la predichella giusto noi che siamo due bulle di periferia. Vogliamo solo dire, a tutti i nostri amici lettori: studenti, professori, segretari, dirigenti, direttori e direttori senza “di” quindi rettori (che freddura…) che al di là di ruoli, di contesti, di cariche, e di “gerarchie”, siamo tutti tasselli di un grande, e a volte confuso, mosaico: L’UniMe.

Elena Anna Andronico, matricola 426981

Vanessa Munaò, matricola 447282

A Famigghia è a Famigghia (c’è poco da fare)

La amiamo, la odiamo, non la sopportiamo, torniamo indietro con la coda tra le gambe. La famiglia di certo non te la scegli (Mamma, ti amo più di ogni cosa al mondo ma se avessi potuto avere come padre BILL GATES non sarebbe stato male), eppure è sempre là per te.

‘’Piccola e disastrata’’, diceva Stich (se non sapete chi è, faccia al muro); ognuna fatta a modo proprio, con le proprie regole, ossessioni, modi di colloquiare, urla.

Ma, dai che è così, è sempre là. CAZZO, sempre. Ed è l’unico posto dove, dall’inizio alla fine, anche se non si viene capiti… Si viene accettati.

Perché Ohana significa famiglia. E famiglia significa che nessuno viene abbandonato o dimenticato.

 

E NOI VI ABBIAMO SGAMATI, UNA DI QUESTE È LA VOSTRA, LATELMENTE IMBARAZZANTE, FAMIGGGGGHIA.

 

1) Quelli del Mulino Bianco

Tutto parte più o meno da lì, da quando al catechismo ci hanno insegnato che in principio sono stati creati Adamo ed Eva; l’uomo e la donna che si riproducono e danno vita a Caino e Abele. Una bella famigliola felice insomma (certo fino a quando poi Caino accoltellò Abele, ma questa è un’altra storia…)

La famiglia tradizionale è sostanzialmente semplice: ci sono mamma e papà e, quasi sempre, una coppia di figli maschio-femmina. Perché si sa: “Abbiamo fatto il maschietto, ora facciamo la femminuccia e siamo al completo” come se il tutto fosse un’ordinazione Amazon con comprese le spese di spedizione.

“Ah, e dopo prendiamo pure un cane che con l’acquisto della femminuccia ci fanno il 30%”

La famiglia del mulino bianco è il paradiso. Tutti amano tutti e i ruoli sono ben definiti. Il papi porta a casa la pagnotta, mami tiene a bada gli equilibri e raccoglie i calzini sporchi da terra, i pargoletti hanno il solo compito di studiare e portare a casa pagelle degne dei migliori college americani per mantenere alto in buon nome della famiglia.

Si fa tutto insieme: le gite in barca, le passeggiate in montagna, le cene di famiglia e le riunioni straordinarie per fare il punto della situazione ed aggiornarsi sull’andamento delle dinamiche familiari.

“Dove c’è Barilla, c’è casa”… o forse sarebbe meglio dire: “Rooossitaaaa, ma quanto è bello il nostro mulino… bianco?!”

 

 2)  Aggiungi un posto a tavola

In queste famiglie non si capisce niente. Sono difficili da spiegare, i componenti stessi hanno difficoltà, tant’è che si riduce tutto in un ‘’è mio cugino/ zio/ padre/ madre’’. E poi devi stare là a spiegare come mai il padre moro alto e di nome Nicola, si è trasformato in biondo e con gli occhi azzurri e si chiama Nunzio.

Bel dilemma.

Allora, vi spiego. Queste famiglie nascono, per sfortuna o per fortuna, da un divorzio. E poi, Mamma e Papà, si sposano rispettivamente con altri due Mamma e Papà NUOVI e quindi da che sei figlia unica a che hai 55 fratelli, 30 sorelle, 294 zii e zie, 93 nonni e nonne e 292402 cugini.

E poi ci sono quelle che Mamma e Papà Nuovi, cioè dopo che si sono lasciati con i VECCHI, figliano come conigli in calore e poi si lasciano e incontrano Mamma e Papà nuovi bis e quindi hai 8 padri 8 madri e non capisci più di chi cazzo sei figlio, ma va bene così perché dai con le paghette settimanali OTTUPLE.

“Sai cosa c’è, c’è un mondo nuovo qui che aspetta solo noi, adesso che ci siete voi… in tanti si sta bene!”

E, santi Cesaroni, siete diventati il riassunto perfetto per cercare di spiegare tale confusione: ‘’HAI PRESENTE I CESARONI? ECCO, CASA MIA È UN PO’ COSI’’’, arrivederci e grazie.

 

3) 44 gatti in fila per 3 col resto di 2

Eh beh, che non le consideriamo famiglie? Lo scenario è il seguente: una zia, spesso anziana e chiaramente zitella da una vita, restìa a qualsiasi legame interpersonale con la specie umana.

Si dai, lo so che voi giovani donzelle sulla ventina starete pensando “presto anch’io sarò una vecchia zitella rimbambita e senza speranze” ma sappiatelo, care ragazze, che per dar corpo alla vostra idea di famigliola felice dovrete chiaramente possedere DEI GATTI.

No, non sto parlando di uno, due o tre micetti coccolosi da lasciare sull’uscio di casa solo per dargli ogni tanto qualche avanzo da mangiare. Sto chiaramente parlando di avere letteralmente QUARANTAQUATTRO gatti, coi quali parlare, mangiare, dormire, dialogare sui drammi esistenziali dell’universo in un linguaggio misto fra quello umano e quello delle fusa animalesche.

Avete presente “Sepolti in casa” su Real Time? Io questo genere di famigliola la immagino così: un ammasso di gatti a ricoprire interamente la figura della vecchia zia che quando esce di casa puzza di piscio e sa di pelo. Siete carini però, molto carini.

 

4) Il Terrone fuori sede

Un giorno, u cucinu SABBATURI, pigghiau bagatti e burattini e sinni annau in America. O in Veneto, o in Francia o dove più gli garbava (cosa c’entra sta botta di fiorentino ora? Boh).

U cucino Sabbaturi, però, non seppi mai abbbituarsi agli usi e ai costumi del resto del mondo. Conosceva solo quelli i ccà!

E quindi, niente, vai con i pranzi di Natale che durano 60 ore, con le tavolate costituite da 90 parenti, con le bbuci fino alle 3 del mattino, con i ‘’si, ni videmu all’incirca verso le 20’’ e, puntualmente, si fanno le 21. Perché noi il SUD lo abbiamo dentro! ‘NTO CORI!

Con il povero vicino di casa Nordico/ Straniero che ha imparato ad usare i tappi per le orecchie perché, ALLE 19 IO DEVO DORMIRE VICINO DEL SUD DEI MIEI STIVALI. E, manco fossimo in Beautiful, il vicino lo dice al collega che lo dice al benzinaio, mentre fanno l’aperitivINO, che il vicino del sud è proprio UN GRAN CAFONE.

Però poi a pammiggiana i mulinciani te la vieni a mangiare eh, GIUDA CHE NON SEI ALTRO.

 

5) Somewhere over the RAINBOW

Nel 2017 oramai non dovrebbe più nemmeno essere un tabù dunque, se farò dell’ironia, non querelatemi; la farò in virtù del fatto che stiamo parlando di NORMALITA’.

Fatta la doverosa e delicata premessa, PROCEDIAMO. Le famiglie arcobaleno tutto sono tranne che ARCOBALENO. Io le avrei chiamate MONOCROMO (vi ricordo che sto facendo ironia, eh): O solo blu, o solo rosa (è più complicato di quanto pensassi il dover fare ironia senza rischiare la querela…) ANYWAY…

Queste famiglie sono così composte: due Mamme (e quindi tutto rosa) o due Papà (e quindi tutto blu, alla faccia dell’arcobaleno). In realtà non sempre si tratta di madri e/o padri poiché non è quasi mai scontata la presenza di un figlio all’interno di queste coppie (eh beh, siamo in Italia… ve lo ricordo)

Quindi pensiamo alle coppie: io una cosa ve la voglio dire, cari miei amici arcobaleno; io non sopporto me stessa, i miei umori, il mio carattere, LA MIA PERSONA. Vi stimo al solo pensiero che riusciate a sopportare il vostro ciclo e quello della vostra compagna, i vostri rutti e quelli del vostro compagno, la vostra ceretta e quella della vostra compagna, la vostra peluria e quella del vostro compagno.

Scherzo raga, lo avete capito no? Siete comunque più simpatici di quelli del Mulino Bianco (che bacchettoni quelli…)

 

6) Il Coinquilino di Merda

Molti di noi a 18 anni, similmente al cugino Sabbaturi, si fanno la valigia e vanno a studiare fuori. O, magari, vogliono iniziare a vivere da soli ma non hanno manco le pezze da mettersi al culo. E quindi sono due: o ti cerchi una casa con dei coinquilini o te ne vai sotto i ponti.

Se scegli il coinquilino, due sono i possibili scenari di famiglia che ti aspettano.

  • Vai a vivere con l’amico di una vita perché tanto conosco tutto di te e saremo friends Ma mia nonna, sempre quella che mi ha introdotta nel mondo dei peccati mortali, diceva una cosa: finchè non vai a convivere con una persona, non hai idea di chi sia. Eccola là.

 

Possibili conseguenze? O siete così matti entrambi che rimanete amici FOREVA, oppure QUANTO È VERO IDDIO SE NON TE NE VAI TI TAGLIO LA GIUGULARE NEL SONNO.

 

  • Vai a vivere con uno sconosciuto. È più semplice: ognuno ha la possibilità di vivere la sua cazza di vita senza che nessuno dia fastidio. E quindi, sono due: o diventate così complici che ‘’DAI FACCIAMO CHE IN QUESTA CASA RUTTI E PETI LIBERI?’’, oppure condividete gli spazi vitali come dua amabili estranei.

Aaaaah, casa dolce casa.

 

7) Modern Family

Lo abbiamo capito, i tempi sono cambiati. Gli esseri umani sono cambiati. LE FAMIGLIE SONO CAMBIATE.

Ad oggi, non è più una lotta per “tutti a tavola in silenzio e finite tutto il piatto sennò niente tv per un mese” ma siamo passati al “Lo hai visto quel video su facebook della scimmia nuda che balla?” e SPLASH… l’iphone dentro il piatto di polpette al sugo.

Le Modern Family sono estremamente social. Comunicano rigorosamente tramite whatsapp. “Mamma mi porti l’acqua?”, chiaramente urlato tramite una nota audio che demente ti ha sentito pure il vicino sordo del palazzo accanto, che ti urli a fare davanti al telefono?; e “Mamma dove sono i miei calzini con le caramelle?” “Non lo so amore vedi se li ho messi sull’hard disk”. Terrificante, per certi versi.

Le Modern family sono altamente tecnologiche ed al passo con tempi. Wi-Fi, Mac, Hi-tech… Sembrano usciti da un film sul futuro e si muovono sugli ottovolanti (si ok, forse sto esagerando).

Sono carini però, anche loro: la mattina si mandano i “buongiorno” con le immagini personalizzate con nome e annessa foto e poi a colazione si rubano i cereali e si tirano calci sotto il tavolo che manco i muli che non vogliono seguire il padrone. Alzatela la testolina dagli schermi ogni tanto… baciatevi ed abbracciatevi. Amen.

 

8) The Addams Family

Avete presente i Rom, i testimoni di Geova, le sette sataniche, la Mafia? Ecco, se questa è la tua famiglia, siete così descrivibili. E, fattelo dire, siete abbastanza inquietanti.

Vestiti tutti uguali, oddio, siete proprio tutti UGUALI MA COME SI FA, tutti che fanno le stesse cose, che ridono, con la loro bella dentatura d’oro, per le stesse cose, parlando un linguaggio solo loro.

Di quelle famiglie che ‘’vengo a casa tua a studiare?’’ ‘’certo’’, e poi ti ritrovi a ballare la danza della pioggia intorno ad un tavolino basso con sopra la tavola OUIJA dopo aver chiacchierato con tuo nonno deceduto, un teschio in mano, una pipa nell’altra e una vecchia anziana signora che ha letto nelle carte tutta la tua vita, i tuoi mai una gioia, il ciclo del tuo alvo e, infine, ti ha annunciato che il 10 marzo 3049 creperai di morte violenta.

L’unica variante in cui puoi inciampare sono loro: I NUDISTI. E lì, vai con la patata al vento, felice e contenta.

Comunque si vogliono bene e si vede. Solo che, una volta che ci entri, difficile uscirne. Perché i panni sporchi SI LAVANO IN FAMIGLIA.

 

9) Gli Hamish

Ce li avete presenti no? Se li definiamo una setta pensate che si possano offendere? (Hamish allo schermo, IRONIA…)

Lo so, non siamo qui a tenere una lezione di approfondimento su chi siano gli Hamish, vi basti googlare per capire di che parlo ma, questa categoria, trae libera ispirazione proprio da queste “organizzazioni”. In questo tipo di famiglie vige sicuramente un dress code degno delle migliori serate alla pineta (c’è mai stato un dress code alla pineta? zingari!).

L’abito, in questo caso, fa il monaco ed è dunque severamente proibito vestire alla Pamela Anderssons di Baywatch (col suo costumino rosso rende bene l’idea) .

Inoltre, è severamente vietato:

Bere e fumare,
Baciare qualcuno prima dei 35 anni (il sesso? ma che scherzi?) ,
Frequentare luoghi in cui bazzica gente poco raccomadabile ,
Avere un amico maschio anche se omosessuale perchè potrebbe ledere alla tua purezza ,
Cantare canzoni di Tiziano Ferro perchè se ascoltate al contrario sono demoniache ,
Utilizzare le parole “Cacchio”,Banana” e “Pere” perchè considerate volgari,
Andare al mare col bikini ,
Non tagliarsi la barba ,
Fare tardi la sera (coprifuoco alle 19.30 che alle 20.00 si cena)

Insomma, altro che regimi totalitari, queste famiglie sono vere e proprie prigioni legali. E fatevela na risata ogni tanto, no?

10) SINGLE

Queste famiglie sono etichettate un po’ come le famiglie arcobaleno: sono STRANE. Le persone le guardano e provano PIETA’. A me fa pietà il mondo pensando che tu sei un essere respirante, pensa ‘npo’.

Così strane che i signori pubblicitari hanno deciso di farci su le pubblicità dove ci sono famiglie con papà single (le mamme saranno tutte schiattate come nei film della Disney).

In un’epoca non molto lontana, questi genitori venivano chiamati: RAGAZZI/E PADRI/MADRI. Beh, mia mamma è una ragazza madre e ti risponde così:’’ mi hai fatto due complimenti: ragazza e madre. Capito, BRUTTA TESTA DI CESSO CAGATO?’’ (sì, la cortesia è di famiglia)

Questo perché i membri sono socialmente dimezzati: non si è in 4 ma si è in 2. E se si è in 4 ma 3 sono minorenni c’è qualcosa che non va.

Siamo cazzuti come tori durante la corrida spagnola, signori! ALTRO CHE. Una mamma per amica LEVATE, che io c’ho la rubrica di Eleonora Andronico.

Che dire: siamo in 2. Meno formalità, più tempo per poter occupare il bagno e per stare in mutande sul divano.

Chi è quello per cui provare pietà, adesso?

 

Elena Anna Andronico (Mamma Eleonora)

Vanessa Munaò (Mamma Cetty)