Stranger ex

“Non incontrerai mai uno come me.”
Si spera proprio questo, mio caro (non poi così caro) ex.
Ecco a voi la classifica dei più comuni EX RAGAZZI che tutte, più o meno, abbiamo avuto o avremo.

1.L’UOMO-ROSA
Allora, l’uomo-rosa era quel genere di bambino che staccava le rose dal giardino, ma, prima di portarle alla mamma, staccava tutte le spine. Allo stesso modo entrerà nella vostra vita cercando di salvarvi, senza tenere in considerazione voi e il vostro stare bene nella vostra entropia emotiva. Fa un po’ da Freud e un po’ da Barbara D’Urso, ma tesoro o ti piaccio pazza o non se ne fa niente.

2.IL MAMMA-MAN 
Questo è quel genere di ragazzo che, qualsiasi cosa voi stiate facendo, dal fare il letto a truccarvi, dirà “Mia mamma non lo faceva così”. Assaggerà i vostri piatti come un Joe Bastianich selvatico, giudicando male anche il the perché “Mia mamma metteva più zucchero …” Allora sai che ti dico? *****

3.ERIC
Vi ricordate il cartone “Rossana”? Che domande, come dimenticarlo. Ecco, tutte (anche tu che dici di no) ci siamo innamorate di Eric, ed è stato così anche nella vita. Tutte ci siamo innamorate di quel bad boy, un po’ dannato e un po’ menefreghista, non curante delle regole, in grado di farti sentire mille terremoti soltanto con uno sguardo. Quel ragazzo che veniva e prenderti in moto, con la sua giacca di pelle, per poi scappare al mare. Purtroppo Eric è sempre e solo una fase. Per quanto possa piacerci la Nutella prima o poi il barattolo sarà vuoto.

4.WILL
Will lo conosci da poco ma devi proprio ammettere che ci stai bene, ti piace e piace anche ai tuoi amici, cominci a considerare la possibilità di un futuro insieme con una casa al mare che lui scompare nel nulla: non risponde ai messaggi o alle chiamate, ti ritrovi cancellata dagli amici di Facebook, bloccata su Instragram e ricercata dai suoi sicari. Tranquille ragazze, non è scomparso … è solo scappato in Molise, o più semplicemente è bloccato nel Sottosopra da cui speri che Undici non lo libererà mai

5.MR GREY
Quel ragazzo così passionale da far sciogliere un intero reparto surgelati con annessa gelateria. Lui però non vuole una storia seria, o comunque non vuole sentirsi soppresso perché, proprio come una fiamma, senza ossigeno si spegne, e quando capisci che è arrivato il momento di lasciarlo, lui sta già mirando la sua prossima candela da sciogliere.

6.BOB/BARNEY
Tardi o presto finiamo tutte tra le braccia di quel ragazzo mai lucido, un po’ per le droghe e un po’ per l’alcol, ti porta in posti mistici o in tourné con la nuova band del paese. Quel ragazzo che inizialmente ti sembrava uno che della vita sapeva tutto, ma che un attimo dopo ti sembra uno sfigato senza futuro.

7.STALKER
Già quando ci stavi insieme dovevi capire quanto era stalker, un po’ perché “casualmente” lo ritrovavi sempre nello stesso bar in cui eri con gli amici, un po’ per quei messaggi “Perché visualizzi e non rispondi?”. Dopo che la storia è finita non riesce ad accettarlo, non fa che scriverti su tutti i social, pubblicare foto vecchie con te, scriverti ogni volte che apri Whatsapp (perché aspetta sempre di vederti “online”) per dirti “Ti blocco Stefaniaaa …” e lo ritrovi proprio dietro casa tua, magari a chiacchierare con la donna delle pulizie del condominio.

8.EX STORICO
Lui è il grande amore della tua vita, forse non il primo ma il più importante, quello con cui avevi già programmato i nomi dei figli e il colore delle mattonelle in bagno. Conoscevi tutto di lui, dall’intolleranza alla canzone che ha cantato alla recita delle elementari, ma dopo mesi o anni è finita. E nonostante i seguenti ragazzi con cui sei stata o semplicemente uscita, ogni volta che lo rivedi non riesci a non provare le stesse emozioni, la stessa sensazione di vuoto dentro lo stomaco.

9.JOKER
Lo psicopatico per cui non esiste una cura. Quel ragazzo che non vuole impegnarsi ma che non vuole che tu esca con altri ragazzi, quello che non ti dice “Ti Amo” ma vuole dormire abbracciati, quello che non vuole mai andare da nessuna parte ma nemmeno stare a casa tua. Peggio delle bocce di sottaceti che non si riescono ad aprire, fastidioso come il tappo di una bottiglia d’acqua quando non riesci a girarlo, irritante come una zanzara nella notte. Per salvarlo dalle sue indecisioni lo lasci. Ma tenetevi pronte, tornerà.

10.TI AMO TROPPO
Prima o poi nella vita tocca a tutti quanti sentirsi dire “Ti lascio perché ti amo troppo”, e se non vi è ancora capitato tenetevi all’erta. Lui è un ragazzo spento, vive davanti alla tv con un vassoio di pop corn sempre pieno, cominci a chiederti chi glielo riempia visto che è sempre pieno e non si è mai alzato da quel divano. Poi, un bel giorno decide di alzarsi, ti guarda come si guardano i gattini raccolti in tangenziale e “Amore… ti lascio perché ti amo troppo”, ma prima di poter capire la paradossale frase, lo vedi pubblicare le foto sullo yacht del padre (di cui non ne sapevi nulla, ma come è possibile!!) e stappare Don Perignon come se non ci fosse un domani.

Per adesso direi che possiamo fermarci, nella peggiore delle ipotesi uno dei vostri ex assomiglia a più di uno di questi sopra citati, ma non vi preoccupate. È un ex. Tranne il Joker, di lui ci si deve sempre preoccupare.

E se non ne avete nessuno di questi, vi rimangono due ipotesi, anzi tre:
1)Fate schifo
2)Arriverà il vostro turno
3)Lo stranger ex siete voi.

 

Serena Votano

La felpa razzista di H&M, il web si infuria

E’ di pochi giorni fa lo scandalo che ha coinvolto uno dei fashion brand più influenti dell’ultimo decennio: H&M. Un marchio, una garanzia per lo shopping low cost di cui ormai tutti ci serviamo.
Ma qui non elogeremo il business portato avanti dall’azienda, piuttosto parleremo di un fatto vergognoso legato ad un suo capo d’abbigliamento, con una stampa tutto tranne che appropriata.
Ennesimo episodio di razzismo è il caso in questione, cioè la foto di un baby modello di colore, sullo shop online di H&M, che indossa una felpa verde con su scritto: “Coolest Monkey in the Jungle” (“La Scimmia più cool della giungla”).
Da qui sono partite proteste dei consumatori che avevano notato l’infelice foto, segnalata al più presto. Tutto ciò ha causato l’indignazione della popolazione nera e non solo, la sensibilità di tutti è stata calpestata. Per cosa? Per vendere a tutti i costi un capo di vestiario?
Chiariamo bene, il termine “scimmia” è un’offesa. È facilmente assimilabile a “negro”, “sporco” o qualsiasi altro termine che storicamente e culturalmente sia stato usato in senso negativo per discriminare i neri.
Spesso sulle t-shirt, felpe, top etc vediamo frasi di canzoni o aforismi in cui si ironizza sul mondo attuale anche con stampe un po’ spinte, non solo a sfondo sessuale. Ma in questo casol’ironia non può essere una giustificazione. Per non parlare del bambino che indossa quel capo, la cui innocenza si può dire sia stata strumentalizzata.
Non è mancata ovviamente la risposta dell’azienda svedese sui social, che ammette l’errore e si scusa: “É successo, ma questo non significa che non consideriamo l’accaduto come un fatto serio. Ci impegniamo affinché non avvenga più una cosa simile”.
Queste sono più o meno le parole usate dal famoso brand, che ha prontamente rimosso foto e capo dal sito, capendo che l’errore più grande è stato quello di mancare ad una responsabilità: rispettare le sensibilità di chi si affida a un’azienda di moda come la loro, anche per comprare una stupida felpa.
Martina Casilli

Sunday in lizza per il David di Donatello: intervista a Danilo Currò

Danilo Currò è un giovane regista italiano, nato a Messina il 6 agosto 1993. Si diploma in Pittura e Decorazioni Pittoriche presso il liceo artistico E. Basile. Approda dapprima alla fotografia, attraverso la quale cura e sviluppa le capacità che lo condurranno ad una più seria ricerca che sfocerà nella scelta della regia come nuovo campo di azione. Nel 2012 la National Geographic Italia seleziona uno dei suoi scatti paesaggistici e in seguito alcune tra le sue fotografie vengono inserite negli album della Leica Talent Italia. Da qui in poi i lavori di regia di Danilo gireranno l’Italia ottenendo vittorie e riconoscimenti vari al Corto Tendenza Festival di Barcellona, al Taormina Film Fest, al Festival di Pordenone ed al Cortona On The Move. Produzione che inoltre sono state trasmesse su Rai 2 e sulla piattaforma online Infinity di Mediaset.

Il 27 novembre del 2015 Currò si è aggiudicato il premio del pubblico, ovvero i lettori de “La Stampa” che hanno votato le fotografie sul web nel concorso fotografico “Sunday Photographers” indetto dal quotidiano nazionale per Photolux Biennale. Nel 2016 ultima il suo primo documentario dal titolo “Sunday”, che segue il filone del progetto fotografico “Black Lips”, raccontando la storia di un giovane migrante. Il documentario è presentato dal regista Gabriele Muccino e partecipa in concorso a numerosi festival internazionali. Dal 2017 vive a Roma e lavora con Palomar al documentario “Indizi di felicità” di Walter Veltroni e nel nuovo film di Gabriele MuccinoA casa tutti bene”. Ci siamo seduti con Danilo a fare due chiacchiere dopo il suo inserimento in concorso al prossimo David di Donatello e lo incontreremo di nuovo il 28 dicembre qui a Messina perchè Sunday verrà proiettato in esclusiva al Cinema Lux alle ore 21:00.

Cosa significa il titolo del documentario “Sunday“? 

Sunday è il nome del protagonista del documentario. Il suo nome completo è Fasasi Sunday Ebenezer.

Sunday sono 23’ di … ?

Sono 23 minuti di respiri spezzati, di parole pesanti e di sorrisi leggeri. 23 minuti in cui un ragazzo non ancora maggiorenne si racconta con semplicità, parlando della sua storia che poi rispecchia quella di molti altri come lui, che è la storia della migrazione. In fuga da un paese che ama ma che lo costringe ad andare via, attraversando il deserto e il mare, per mesi e mesi.

Come nasce la tua passione per il Cinema? 

Nasce in maniera graduale e quasi per caso. Il mio percorso inizia dal disegno, che mi ha portato alla pittura e successivamente alla fotografia. Da lì, dalla fotografia al cinema è stato un attimo. Sentivo il bisogno di muovere le immagini, di unirci altre forme d’arte. L’immagine statica non mi bastava più. E poi quando a 15 anni vedi per caso Arancia Meccanica in tv, o ti disgusti per un qualcosa che non riesci a comprendere e capire, o inizi ad amare quella cosa. E io per fortuna ho iniziato ad amarla.

Che legami hai con la tua città Messina?

Ho un legame profondo e sincero. La amo e la odio, come penso la maggior parte della gente. La odio perché mi ha costretto ad abbandonarla, e la amo perché ogni volta che ci ritorno mi stimola creativamente. Spesso mi piace partire dalla litoranea per arrivare senza sosta fino a su, fino ai Colli. Però diciamo che non riesco mai a ridurre il tutto alla mia città, spesso mi piace parlare di Sicilia. Mi sento siciliano fino al midollo. 

Cosa pensi del tuo inserimento nella categoria cortometraggi al David di Donatello?

Che gran c***! Si può dire? In realtà sono felicissimo perché il documentario ha viaggiato molto durante quest’anno, e sta continuando a farlo. A volte mi porta con se, altre volte sono costretto a lasciarlo andare da solo. E’ la bellezza di un qualcosa che crei e che riesce poi ad essere autonomo, ad essere vista da tanta gente da un punto all’altro dell’Italia. Riguardo ai David non posso che essere orgoglioso del lavoro che siamo riusciti a fare io e gli altri con così pochi mezzi. Per me è già tanto essere in concorso, la candidatura la vedo come una chimera.

Se venissi scelto per la finale quale messaggio vorresti passasse?

Quello della libertà, che poi è l’immagine finale del documentario. Siamo nati liberi in un mondo libero, ed è difficile comprenderne il contrario. Con il mio lavoro cerco di avvicinare al pensiero, alla riflessione di questo. Ma è un messaggio che vorrei passasse ad ogni singola visione, a prescindere dai David.

A cosa stai lavorando per adesso? 

Ho diversi progetti in fase di sviluppo. Diciamo che mi sto dedicando alla scrittura di un lungometraggio, che spero realizzare e di girare anche qui in Sicilia, e perché no, magari a Messina! Ma siccome quando leggo le interviste degli altri a questa domanda si cerca sempre di sviare, prendo esempio da loro e non dico altro!

Ci dici tre personaggi a cui ti ispiri nella tua vita personale e professionale?

In ambito professionale c’è tanta gente a cui mi ispiro, nella forma e nella poetica mi viene da pensare a Bertolucci, Antonioni, Kubrick o Tornatore. Ma è davvero difficile ridurre tutto questo a qualche nome. 

Che consiglio vuoi dare a chi vuole intraprendere la tua stessa strada?

E’ una grossa responsabilità dare consigli, soprattutto di questo tipo. Credo, o almeno è quello che ho imparato finora, che lo studio della storia del cinema sia la base, insieme alla visione di tanti film. E poi c’è la pratica, la tanta pratica che è quella che in ogni cosa ti forma e ti crea artisticamente e professionalmente. Credo che sia importante partire da queste tre cose. E poi ci sono i cliché, costanza e determinazione. Penso che queste due cose facciano la differenza. Il talento possiamo averlo e affinarlo, ma senza quelle due cose lì è veramente difficile farcela. Ci sto provando anch’io, è difficile consigliare cosa è giusto o non giusto. Fate e circondatevi di gente capace.

Alessio Gugliotta

Fotografia

Un ricordo stampato nel tempo,

Un attimo, un secondo, un momento.

Ad alternar felicità e tristezza in mente

Saranno gli addii quanto i “per sempre”.

Quale magia è stare a guardare

Ciò che è passato e non può più tornare

Sono luoghi, parole e persone

Che restan nel cuore e nella ragione

E son emozioni a prender l’armi!

Un ricordo stampato nel tempo,

Una goccia marcia sul viso

Fino a morir in trincea…un sorriso!

Andrea Barbarello

Donarsi

Sottofondo musicale consigliato: Christmas Lights – Coldplay

Più che alle porte oramai è nelle nostre case e nei nostri cuori. E’ arrivato senza bussare, di certo non ha bisogno di alcuna presentazione. E’ arrivato e ne son certo. Lo s’intuisce dalle illuminazioni, dagli addobbi e dall’atmosfera intrisa di felicità e fritto (per molti felicità e fritto potrebbe essere una ripetizione, mi scuso a priori). Ti basterà sfiorare lo sguardo di un bambino per comprendere meglio a cosa mi riferisco. Il Natale, sì, di questo vi sto parlando. Sin da piccoli, non vediamo l’ora che arrivi questo fatidico giorno. Ed è proprio da piccoli che abbiamo imparato la lezione: fare attenzione a non comportarsi male durante tutto l’anno, altrimenti, carbone! (lacrime virili). Arrivato Dicembre, il momento più bello: scrivere la lettera a Babbo Natale. Una lista interminabile di oggettistica, con cui avresti giocato circa 3,6 secondi netti, ma che in quel momento reputavi indispensabili per la tua vita. Dalla pista delle macchinine fino ad arrivare all’ultimo prototipo di ActionMen. Volevi tutto, non si badava a spese, anche perché pensavi realmente li portasse Babbo.. Poi l’attesa interminabile, la notte della Vigilia non passava mai. Non si chiudeva occhio. E sul tavolino vicino l’albero, un po’ di latte e biscotti per il vecchietto dalla barba lunga. Per poi svegliare l’intero vicinato alle sei di mattina del giorno dopo per via delle tue grida di gioia per i regali ricevuti.

Ebbene sì, fin da bambini siam stati abituati sempre e solo a ricevere. Un regalo da mamma e papà, un regalo dai nonni, zii e via dicendo. Ed andando avanti con l’età, il regalo lo si pretendeva sempre. E guai a dimenticarsi del regalo. Ma è davvero questo il significato del Natale? Riempirsi le mani e le tasche di oggetti e basta? Sembrerebbe davvero riduttivo. Allora, in questo pomeriggio freddo ed uggioso, mi domando: qual è il vero dono del Natale? In questi anni ho sempre pensato al Natale non come un periodo dell’anno qualsiasi, ma come un momento di riflessione, che ogni uomo o donna sulla terra, si prende per tirar le somme del proprio operato.  Ci si ferma un attimo per domandarsi: ma quanto ho fatto del bene quest’anno? Cos’è davvero importante per me? Ed è per questo che voglio condividere una storia con voi, una storia che, dopo averla letta, mi ha cambiato la vita ed il modo di vedere le cose. Il protagonista di questa storia è un professore, che un giorno, per introdurre una sua lezione, prese un grosso barattolo vuoto e lo riempì con delle palline da golf. Domandò quindi ai suoi studenti se il barattolo fosse pieno ed essi risposero di sì.

Allora, il professore rovesciò dentro il barattolo una scatola di sassolini, scuotendolo leggermente. I sassolini occuparono gli spazi fra le palline da golf. Domandò quindi, di nuovo, ai suoi studenti se il barattolo fosse pieno, ed essi risposero di sì.

Il professore, rovesciò dentro il barattolo una scatola di sabbia. Naturalmente, la sabbia occupò tutti gli spazi liberi. Egli domandò ancora una volta agli studenti se il barattolo fosse pieno ed essi risposero con un sì unanime.

Il professore tirò fuori da sotto la cattedra due bicchieri di vino rosso e li rovesciò interamente dentro il barattolo, riempiendo tutto lo spazio fra i granelli di sabbia. Gli studenti risero! “Ora”, disse il professore quando la risata finì, “vorrei che voi consideraste questo barattolo la vostra vita. Le palline da golf sono le cose importanti; la vostra famiglia, i vostri figli, la vostra salute, i vostri amici e le cose che preferite; cose che se rimanessero dopo che tutto il resto fosse perduto riempirebbero comunque la vostra esistenza. I sassolini sono le altre cose che contano, come il vostro lavoro, la vostra casa, l’automobile. La sabbia è tutto il resto, le piccole cose. Se metteste nel barattolo per prima la sabbia -, continuò -, non resterebbe spazio per i sassolini e per le palline da golf. Lo stesso accade per la vita. Se usate tutto il vostro tempo e la vostra energia per le piccole cose, non vi potrete mai dedicare alle cose che per voi sono veramente importanti. Curatevi delle cose che sono fondamentali per la vostra felicità. Definite le vostre priorità, tutto il resto è solo sabbia.”

Una studentessa alzò la mano e chiese che cosa rappresentasse il vino. Il professore sorrise. “Sono contento che tu l’abbia chiesto. Serve solo a dimostrare che per quanto possa sembrare piena la tua vita c’è sempre spazio per un paio di bicchieri di vino con un amico”.

Perciò, dopo aver letto questa fantastica storia credo che riusciate a rispondere a tutti gli interrogativi precedenti. Natale è donare alla propria famiglia tutti noi stessi, Natale è donare qualche ora in più al proprio nonno o alla propria nonna, Natale è donare alle persone più sfortunate di noi cinque minuti di felicità con un piccolo gesto.

Natale significa donarsi alle proprie priorità.

P.S.: Natale è anche donare il proprio sangue, perché come dice un uomo gran lunga più saggio di me, i malati non vanno mai in vacanza!

Buone feste!                                                 

Vincenzo Francesco Romeo

 

 

 

La magia del Natale grazie agli spot e ai film imperdibili

E’ sempre un punto interrogativo enorme quello su “cosa sia davvero il Natale”, perché ognuno ha dentro di sé una sua risposta … però indubbiamente c’è chi pensa, in particolare i miscredenti, che in fondo è solo il contorno che lo rende magico e speciale.

Eccessivo consumismo o meno, ci soffermeremo comunque sulla spensieratezza e l’atmosfera incantata che il Natale comporta. Ci vengono in aiuto gli spot pubblicitari rimasti nella storia, alcuni riproposti in tv in chiave più moderna e altri appena nati, e gli immancabili film e cartoni animati da guardare sdraiati sul divano col camino acceso, una cioccolata calda e tante coccole col fidanzato, con l’amico, col cane o col cuscino.
Attraverso immagini e link diretti (su cui potete cliccare per andare a vedere i video correlati), forse scaverò nei ricordi della maggior parte di noi, quelli più legati all’infanzia. Ovviamente sono solo alcuni dei tanti pezzi storici che ricordano il Natale, ed ho evitato di inserire quelli più scontati. Dagli anni 80/90 al 2000 e più, ho raccolto i “must see” natalizi da riguardare o consigliare alle nuove generazioni.

Categoria spot pubblicitari:

  • Coca Cola (1997), l’orsetto che riuscì a nuotare grazie alla bevanda, raffigurato anche nelle confezioni e diventato un pupazzo vero e proprio (che tanto avrei voluto vincere!). Link : https://www.youtube.com/watch?v=cfYbWM66sH4

 

  •  Ciobar (1997), quel tizio che rimane fuori casa al gelo mentre i suoi amici si godono al caldo la cioccolata, non proprio pubblicità natalizia ma l’atmosfera è quella. Link: https://www.youtube.com/watch?v=XXJ1Y6YnwOQ 

 

  •  Lavazza (2001), Bonolis e Laurenti nei panni di due pastorelli, che poi diventano il bue e l’asinello come richiesto da Dio. “A me, me piace”, Link: https://www.youtube.com/watch?v=Ky-TGtQO7as

 

  •  Panettone Motta (forse 2007), in cui quel bambino aspetta Babbo Natale che scende dal camino, passato alla storia per la frase “Dai, buttati che è morbido!”. Link: https://www.youtube.com/watch?v=gmTtMHTAK1I

 

  • Pandoro Bauli (2008), la prima volta che ascoltammo “A Natale puoi”, la bambina Alicia che ci ha fatto emozionare con poche e semplici parole, dritte al cuore. Link: https://www.youtube.com/watch?v=Q8qhbibsR5s

 

Categoria Film/cartoni imperdibili:

  •  Il canto di Natale di Topolino (1983), cortometraggio in cui Scrooge viene visitato dal fantasma di Pippo … ricordate? Link: https://www.youtube.com/watch?v=rmsoNmp3fss 

 

  • The Santa Claus (1994), adoravo come Tim Allen, che dovette sostituire il vero Babbo Natale, scendeva dalcamino. Link: https://www.youtube.com/watch?v=t067u2Jnks0

 

  •  La bella e la bestia, un magico natale (1997), il sequel con altre belle canzoni di uno dei cartoni animati Disney più belli, da vedere a qualunque età. Link: https://www.youtube.com/watch?v=vPrYOjH1elA

 

  • Jack Frost (1998), molti non sanno nemmeno cosa sia, guardatelo! Magia, divertimento e pianti, con un pupazzo di neve vivente. Link: https://www.youtube.com/watch?v=orPZ0BMUI7k

 

  • Barbie e lo schiaccianoci (2001), il primo film d’animazione sulla bambola che tutte avevamo, da consigliare alle sorelle o cuginette più piccole. Hanno regalato anche a voi (ex bambine) “Barbie schiaccianoci”  dopo averlo visto? Link: https://www.youtube.com/watch?v=qlbydsxrPtc 

 

  • Love actually (2003), l’intreccio di varie storie d’amore natalizie, dove diventerà famosa la dichiarazione più copiata dalle coppie di tutto il mondo. Link: https://www.youtube.com/watch?v=fOS-HMiVejo

 

  • Christmas in love (2004), l’ennesimo cinepattone con una coppia insolita ma perfetta, Ronn Moss (Ridge di Beautiful) e Sconsolata, che ricordi e che risate! Link: https://www.youtube.com/watch?v=RoRvL4FoRpc

 

Martina Casilli

Progresso materiale e regresso morale

Civiltà e progresso sono strettamente connessi fra di loro.

Il progresso ha avuto e continua ad avere un impatto enorme sulla società rendendola molto più efficiente sul piano pratico, meno su quello morale. Questo perché esistono due tipi di “progresso”: uno materiale ed uno morale.

Il primo è molto dinamico, in continua crescita. Basti pensare soltanto ai salti di qualità sul piano tecnologico che sono stati fatti nel XX secolo. Aerei supersonici, smartphone, computer di altissima generazione. Ma da cosa nasce questa necessità di miglioramento? Principalmente dal bisogno di rendere la vita più comoda, meno faticosa, ma anche dalla competitività tra i paesi sviluppati.

D’altro canto c’è un decadimento morale non indifferente: individualismo sfrenato, atrocità verso il genere umano. Nell’estate del ’45 su Hiroshima e Nagasaki furono sganciate due bombe dagli americani che causarono la morte di centinaia di migliaia di persone. La seconda guerra mondiale era praticamente finita, il Giappone non si era ancora formalmente arreso, eppure non venne persa l’occasione di testare un ordigno nucleare potentissimo di altissima generazione e terribilmente letale.

La bomba atomica è un connubio perfetto tra progresso materiale e regresso morale: è stata creata grazie agli studi di fisica compiuti da Einstein, quegli studi che hanno permesso di fare passi da gigante nell’esplorazione dell’universo e della materia oscura, ma che hanno portato alla creazione di un’arma da sterminio di massa dallo scienziato non voluta.

Civiltà e progresso s’influenzano vicendevolmente, ma non sempre in modo costruttivo e positivo. Alcune volte il troppo “sapere” risulta pericoloso.

Il genetista italiano Edoardo Boncinelli afferma: “le società possono essere civili o civilissime, mentre non tutti i membri si comportano come si deve. Da sempre.”

E’ assodato che mettere in pratica i cosiddetti precetti virtuosi sia molto complicato. Ci si può ispirare ad un pensiero, ad uno stile di vita ideale, ma “tra il dire ed il fare c’è di mezzo il mare”. Non è un luogo comune, ma l’amara verità. Fino a quando ci limitiamo a contribuire al progresso materiale, non c’imbattiamo in costrizioni particolari, a parte quelle dovute alla difficoltà di realizzare un qualcosa. Quando si tratta di rinunciare ad un bene, ad un privilegio, ad una comodità, la situazione si fa più complicata.

Non saremo mai in grado di vivere in un mondo idilliaco e armonioso: le società civili sono un’utopia alla quale però bisogna aspirare. La perfezione è staticità, è immobilità, è il conseguimento di uno stadio preceduto da una serie di tentativi imperfetti, però necessari. C’è da dire che di immoralità ne troviamo diverse nel nostro mondo, in particolar modo in quello sviluppato.

L’Europa, ad esempio, è una società civilissima, ma pecca di molte colpe. L’individualismo è figlio del progresso ed è la causa della decadimento morale.

La nostra è la società dell’etica perfetta e della morale altamente discutibile. Gli ideali che abbracciamo sono quelli di lealtà, legalità, pacifismo e così via. Ma nei fatti vengono rispettati? Non sempre. C’è chi ancora rimpiange in Italia la dittatura fascista, chi vorrebbe cacciare gli extracomunitari dal paese. E’ questo il “paradosso rappresentato dalla coesistenza del livello civile della società e la devianza di taluni che ne fanno parte”.

L’interesse di tutti è nelle mani di pochi che agiscono secondo il loro d’interesse. Il progresso ha semplicemente ampliato la gamma d’interessi che possono tornare utili al singolo. Molti limiti possono essere varcati violando l’etica ed è qui che si casca nel regresso morale. Ad esempio, stiamo sfruttando il nostro pianeta come se ne avessimo un altro di riserva su cui trasferirci. Siamo responsabili dell’aumento dell’inquinamento di falde acquifere e dell’atmosfera. Stiamo sfruttando tutte le risorse energetiche della terra senza alcun freno. Tutto questo per alimentare il progresso, ma prima o poi la materia prima verrà meno e ci sarà un ritorno alle origini catastrofico. Se invece verranno esplorati nuovi “sentieri”, meno redditizi magari, ma anche meno dannosi, potremo continuare ad evolverci e a migliorarci.

E’ una questione di morale ed è quella che sembra non cambiare, almeno fino a quando non vi sarà un bisogno impellente.

Francesco Catanzariti

Clips: la cam di Google potrà spiare anche te, senza saperlo!

Tra le nuove frontiere tecnologiche ci tocca accogliere un nuovo arrivato: si chiama Clips, un prodotto di Google che pesa poco più di 60 g.

Si tratta di una piccola telecamera portatile, molto compatta, da portare dove si vuole e da attaccare ovunque, tramite una clip sulla parte anteriore. Funziona solo con alcuni marchi di smartphone, da cui potremmo “comandarla” manualmente attraverso un’app specifica, Google Clips, e salvare i contenuti registrati proprio sulla memoria del telefono, altrimenti lei farà tutto da sola con i suoi 16 gb di memoria interna.

Dell’esistenza di telecamere compatte, minuscole e portatili sappiamo già l’esistenza: esempio lampante è la Go Pro, marchio che ha lanciato sul mercato un tipo di cam subacquea e resistente ad ogni fenomeno atmosferico catastrofico, in grado di regalare ottime qualità video. Da lì, altre aziende hanno viaggiato sulla medesima scia, per regalare agli amanti dell’avventura, degli sport estremi, delle esplorazioni sottomarine, la possibilità di registrare le loro follie e farle vivere a chi guarda come fossero dentro lo schermo.

La novità di Clips, dunque, qual è?
Innanzitutto è stato pensato per cogliere piccoli attimi, non quelli di feste, compleanni, concerti o robe varie, ma di quelli quotidiani, quelli in cui ci si annoia e invece poi ad un tratto succede qualcosa di bello ed emozionante che fa pensare: “peccato, era un momento da immortalare”. Clips aiuta in questo, salva delle motion images (foto in movimento), di un’intera giornata o poche ore, di cui poi si scelgono quelle più significative.

Non bastavano le stories istantanee di Instagram, ma si aggiunge Clips e la comodità di posizionarlo in ogni dove, a rendere plateale la vita di persone sconosciute. La cam non possiede collegamento ad internet, ma è ovvio che potremmo scegliere noi di rendere pubblici, in un secondo momento, i contenuti che preferiamo.

L’idea del nuovo congegno di Google sarebbe nata dall’ esaudire il desiderio di tutte le neo mamme con figli piccolissimi, quello cioè di immortalare i momenti speciali della loro infanzia, senza perderli, con Clips che fa da fotografo quando non c’è nessuno che potrebbe riprendere. Un maggiordomo pagato solo per scattare, un Grande Fratello che insegue i suoi soggetti in giardino, in camera da letto, al parco, in piscina, dappertutto.

Questa è l’identità di Clips. Google ha prodotto una cam che addirittura, a forza di fotografare, sarebbe in grado di memorizzare e riconoscere i volti di amici e parenti. Insomma, decide quando, come e chi riprendere.

Dopo l’uscita limitata negli Stati Uniti, non si sa quando verrà in Italia, ma di certo si può già immaginare il suo successo malgrado il costo di 249 dollari. Per gli italiani, gli americani e i cittadini del mondo il prezzo non è di certo un problema: si  fanno mutui per pagare l’Iphone!

Il problema potrebbe sorgere quando Clips verrà usato in maniera inappropriata, per scopi che non sono certamente quelli di registrare la propria vita; magari si potrebbe invadere la privacy altrui, entrare nella casa di qualcun altro, memorizzare il suo volto e seguirlo. D’altronde è così piccola che non si saprà mai che sta registrando perché la luce al Led che lampeggia, segno di REC, non è oltretutto visibile.

 

Martina Casilli

Digital Natives – usi propri e impropri del cellulare

“Si stava meglio quando si stava peggio”.

Ma è davvero così? Davvero i cellulari sono i demoni della nostra società? Pensate davvero che i nativi digitali siano una generazione priva di emozioni sempre più lontana dalla realtà?

Questi sono i quesiti caldi che vengono dibattuti tra sociologi, psicologi, genitori. Sempre più è l’attenzione che viene posta all’uso dei cellulari. Molti sono i registi che hanno voluto mettere in scena l’uso che ognuno di noi, giovane e meno giovane, fa del cellulare. L’ultimo è il film di Federico Moccia intitolato “Non c’è campo”, dove una banda di ragazzi in gita scolastica dovrà cavarsela senza utilizzare internet.

Un altro film campione di incassi è stato nel 2016 “Perfetti sconosciuti”, commedia brillante di Paolo Genovese: il film ruotava intorno a un gioco tra amici che consisteva nel mettere tutti i cellulari sopra il tavolo e dare modo a tutti di poter leggere i messaggi e le chiamate in arrivo: ebbene, quello che viene fuori è che il cellulare che abbiamo nel taschino della nostra giacca, pronto all’uso, è una vera e propria scatola nera. Sicuramente il nostro cellulare è ricco di informazioni che riguardano la nostra vita privata ma quante di quelle cose importanti ci permette di fare.

Chissà le nostre nonne quanto hanno sognato di potere sentire in tempo reale il compagno partito giovane per la guerra. Chissà quanti amori stroncati perché la lettera d’amore non è mai arrivata e ancora chissà quante mamme hanno sognato di sapere dei propri figli anche se emigrati dall’altra parte del mondo. Ma di questo nessuno parla mai. Tutti ad elogiare la famosa lettera (che sarà pur romantica), ma quanti ostacoli e quanto tempo prima che potesse arrivare a destinazione.

Molti sostengono che i giovani di oggi non siano connessi con la realtà, loro che sono connessi h 24.

Un ragazzo italiano oggi può parlare, vedersi, scambiare informazioni con un ragazzo americano senza spostarsi dalla sua cameretta. Oggi, se abbiamo un dubbio grammaticale, se un dato manca alla nostra enciclopedia mentale basta digitare un tasto. I giovani sanno muoversi nel mondo, conoscono le lingue straniere perché ascoltano e traducono testi in inglese, guardano serie tv americane. I giovani di oggi non sono dentro la realtà hanno proprio superato il concetto del reale per finire in uno spazio senza più confini.

Veronica Micali

Grande festa al Polo Annunziata

Domani, martedì 7 Novembre, alle ore 14 presso la Cittadella Universitaria del nostro Ateneo si terrà l’inaugurazione della Club House, un centro ricreativo provvisto di biblioteca, cafè, tutto in un ambiente rilassante e legato alla tradizione siciliana: infatti la struttura è un antico casale ristrutturato per questo nuovo progetto. Ci sarà un buffet che accoglierà gli ospiti (cibo gratis, ragazzi, la migliore pausa pranzo) tra cui uno d’eccezione, il presidente del CONI, Giovanni Malagò il quale visiterà gli impianti sportivi del CUS e nella stessa occasione, con la presenza del nostro Rettore e della Delegazione del Comitato Olimpico Nazionale, inaugurerà il nuovo Centro di Equitazione. Due campi, un’area di oltre 4000 mq e 18 box, un’esclusiva nel panorama dei centri sportivi universitari nazionali.

Successivamente, nei locali del Polo Annunziata, Giovanni Malagò sarà l’ospite d’onore alla Cerimonia di Consegna dei Diplomi post-laurea. I protagonisti della cerimonia saranno i laureati che hanno conseguito nel corso dell’A.A. 2015/16 un Dottorato di Ricerca, una Specializzazione o un Master di I o II livello (ad eccezione dei Master finanziati da enti esterni). Si tratta della prima edizione di Cerimonia di consegna dei Diplomi post-laurea, la quale seguirà l’impostazione di quella che si svolge, da due anni a questa parte, presso il Teatro Antico di Taormina.

Che dire, giornata intensa e ricca di eventi per l’UniMe!

Giulia Greco