Inaugurato il Master in Istituzioni Parlamentari e Assembleari. Le parole di Barbara Floridia, Presidente della Commissione vigilanza Rai

L’11 Marzo presso la sede centrale dell’Università degli Studi di Messina si è tenuta l’inaugurazione del Master in istituzioni parlamentari e assembleari con la partecipazione di Barbara Floridia, senatrice della Repubblica e Presidente della Commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizio radiotelevisivi.

Nel dare il via all’incontro ha preso la parola il Prorettore Vicario Giuseppe Giordano, professore ordinario di Storia della filosofia del Dipartimento di civiltà antiche e moderne, che ha evidenziato l’importanza di questo Master come luogo in cui poter formare persone consapevoli del funzionamento a garanzia delle libertà democratiche.

Le dichiarazioni del Direttore del Master

Subito dopo ha preso la parola il Prof. Giovanni Moschella, ordinario di Istituzioni di Diritto pubblico e direttore del Master in istituzioni parlamentari ed assembleari, il quale ha condiviso una riflessione sulla crisi che la rappresentanza politica sta vivendo in questo periodo storico; crisi della rappresentanza che coincide con quella delle istituzioni. Sintomo e allo stesso tempo causa di questa crisi, sono i numerosi tentativi di riforma volte ad una semplificazione delle forme di rappresentanza che hanno determinato un impatto negativo sulla funzionalità e sul prestigio delle istituzioni. Il professore ordinario ha poi continuato sottolineando il valore, dal punto di vista sistemico e generale, di un Master che abbia come obiettivo la riscoperta della funzione determinante del sistema democratico.

Il Prof. Moschella, direttore del Master, durante il suo intervento

L’inaugurazione è proseguita con l’intervento del Professore Alessandro Morelli, ordinario di istituzioni di diritto pubblico e direttore del Centro studi in diritto parlamentare delle assemblee elettive. Il Prof. Morelli ha esposto l’importanza del centro studi come luogo in cui è possibile divulgare sia in ambito accademico che istituzionale la discussione critica a livello statale e sub statale.

Floridia: «Nessuno può censurare la libera espressione degli artisti»

La Senatrice Barbara Floridia è stata relatrice d’eccezione dell’incontro, al cui termine ha risposto alle nostre domande:

C’è chi ha parlato di Daspo per gli artisti che “osassero” portare la politica a Sanremo. Lei in passato ha affermato che la politica dovrebbe stare fuori dalla televisione di Stato. Ma come dove finisce la repressione della propaganda e dove inizia la censura della libera espressione?

La censura non può esistere e finché sarò Presidente (della Commissione, ndr) non lo permetterò. È stata un’idea malsana probabilmente di un parlamentare ma non importa. Ciò che importa è garantire ciò che ad oggi è garantito: che ciascun artista e ospite del servizio pubblico sia libero di esprimere il proprio pensiero. L’importante è tutelare la dignità delle persone. Detto ciò nessuno, neanche il CdA, può bloccare e censurare ciò che un artista vuol dire liberamente.

La vigilanza Rai

L’istituzione del master è la principale iniziativa del centro ad oggi e la presenza della Presidente Floridia consente di aprire gli studi con un tema di grande importanza, quello della vigilanza Rai, attuale concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo. Il Prof. Morelli ha poi esposto la storia della commissione partendo da una sentenza del 1969 della Corte Costituzionale che ha enfatizzato l’importanza del pluralismo come pietra angolare dell’ordine democratico.

Successivamente ha preso la parola il Professore Giacomo D’Amico, ordinario di diritto costituzionale, che ha marcato l’importanza dal punto di vista sia storico che costituzionale della Commissione di vigilanza. Essa affonda le proprie radici molto prima del 1975, già il 3 Aprile del 1947, quandocun decreto legislativo del capo provvisorio di stato prevede l’istituzione della commissione di parlamentari avente compito dell’alta vigilanza per assicurare l’indipendenza politica del servizio pubblico.

La Commisssione di Vigilanza Rai oggi

Ad oggi la commissione ha un ruolo significativo di indirizzo. L’attività di vigilanza che rappresenta un corollario dei poteri di indirizzo della commissione, che vigila sul rispetto delle direttive impartite dall’organo. Normalmente la commissione è affidata ad un parlamentare di opposizione, per via del suo ruolo critico e ad oggi è composta da 21 senatori e 21 deputati.

La lectio magistralis della Presidente Floridia

Floridia ha preso parola per ultima per evidenziare la grande opportunità offerta dalla nostra Università di un Master in istituzioni parlamentari, essendo la nostra democrazia retta da varie e complesse strutture.

L’importanza, inoltre, del servizio pubblico di dare un indirizzo e, soprattutto, di vigilare l’informazione che passa tramite i mezzi radio-televisivi, diventa uno snodo fondamentale per arrivare a fare una riflessione sui nuovi mezzi digitali. La Presidente porta avanti la necessità di rinnovare le norme della Commissione e, in primis, ciò che deve regolare.
Infatti, l’informazione ormai non passa più solamente attraverso la radio o la televisione, ma anche e, potremmo dire, principalmente tramite le piattaforme digitali. La Presidente Floridia spiega che viviamo in “infodemia”, una fase in cui il flusso delle informazioni è eccessivo.

La vera democrazia, quindi, non sta nel raccogliere più informazioni possibili, ma nel discernere quelle vere da quelle false. Questo, ovviamente, diventa molto difficile da attuare sul vastissimo mare che è internet. Il servizio pubblico, quindi, è debole al momento sui vari social, essendo queste piattaforme dispersive, private e per lo più straniere. «Se la vigilanza dell’informazione resterà relegata alla televisione, allora la politica non avrà compiuto il suo dovere – dichiara- ed è proprio ciò di cui si sta discutendo in queste settimane nel Parlamento Europeo». 

Giuseppe Calì

Isabel Pancaldo

Sceneggiatori in sciopero, Hollywood trema dopo 15 anni

Il due maggio scorso la Writers Guild of America (associazione che tutela a livello sindacale i lavoratori del mondo dello spettacolo) ha indetto uno sciopero contro la mancata disponibilità dell’associazione dei produttori, la Alliance of Motion Picture and Television Producers. 

Ebbene sì, sembra proprio che gli sceneggiatori di Hollywood siano fermi. Ad annunciarlo, una nota pubblicata tre ore prima dalla scadenza del contratto triennale, dove si richiedevano accordi riguardo la paga minima settimanale e maggiore attenzione sulle tutele lavorative. Tra queste, ad esempio, un numero minimo di settimane lavorate a episodio o un numero minimo di autori per ogni writers room. Con lo sciopero di oltre 10.000 sceneggiatori, secondo i media locali, si avrà una ricaduta su più di 800.000 lavoratori dello spettacolo, bloccando set, produzioni e programmi.

L’ultima protesta risale alla fine del 2007 – inizio del 2008

Uno sciopero che costò agli Studios circa 2 miliardi di dollari. Proprio quindici anni fa gli sceneggiatori “posarono le penne” (oggi i computer) per manifestare il proprio malcontento, bloccando l’industria cinematografica più produttiva e ricca del mondo per una centinaia di giorni. Questo comportò ritardi per la produzione di film e serie che furono chiuse in anticipo oppure subirono forti ritardi.

Show come il Tonight Show, l’Ellen Show e The Daily Show furono bloccati per quindici settimane, la prima stagione di Breaking Bad fu ridotta a sette episodi invece di quattordici e molte altre (come Scrubs Lost) incontrano alcune difficoltà.

Anche gli sceneggiatori italiani sostengono i colleghi americani

Writers Guild d’Italia si dice profondamente solidale con quella americana, in quanto i ritmi serrati delle nuove piattaforme in streaming sembrano essere un problema comune. Infatti, i lavoratori producono una maggiore quantità di prodotti ma guadagnano il minimo sindacale. Il presidente di Wgi, Giorgio Glaviano, sottolinea:

Abbiamo seguito con estrema trepidazione la trattativa dei colleghi americani. Abbiamo sperato fino alla fine che la frattura con i produttori Usa si sarebbe composta, ma così non è stato. Esprimiamo la nostra solidarietà ai colleghi della Wga, perché le loro lotte sono anche le nostre. In tutto il mondo la figura dello sceneggiatore è minacciata da compensi sempre più risicati e da condizioni lavorative sempre più vessatorie .Non solo, se a questo aggiungiamo le presunte scorciatoie offerte dalla IA vista come panacea, il nostro lavoro rischia di diventare sempre più una lotta per la sopravvivenza. Noi non tradiremo i nostri colleghi al di là dell’oceano, come qualcuno ha scritto, prestandoci al dumping, noi sosterremo in tutti i modi i colleghi americani.

Timore per l’ IA : potrebbe diventare una degna sostituta?

Un’altra problematica sembra essere quella dell’ intelligenza artificiale. Gli sceneggiatori temono che in futuro potrebbe sostituirli, perché è ormai noto come l’IA sia in grado di ideare nuovi scenari – in taluni casi, anche soddisfacenti. WGA, quindi, ha chiesto un aumento della regolamentazione sull’utilizzo dei software che possano sostituire l’uomo in prima persona. Dall’altra parte l’AMPTP, società che rappresenta gli studios e le piattaforme,  ha sospeso il giudizio e si limita a mettere al vaglio i motivi della protesta avanzata dagli sceneggiatori.

Anche alcune celebrità hanno espresso il loro parere sulla questione. George Clooney teme che l’uso dell’ IA comporti un aumento delle disuguaglianze e le discriminazioni a causa di algoritmi che riproducono stereotipi.  Tom Hanks, nonostante sarà ringiovanito dall’intelligenza artificiale, considera impossibile sostituire il genio umano di coloro che “come per magia”, riuniti ad un tavolo, costruiscono una storia che potrebbe diventare un nuovo capolavoro cinematografico.

Serena Previti

Rivoluzione della luce: i LED, una soluzione green

In questo momento dove il risparmio energetico sembra essere la seconda colonna portante all’interno della  discussione sulle emissioni di anidride carbonica (dopo la conversione delle fonti non rinnovabili in rinnovabili), il problema del risparmio nell’illuminazione trova soluzione nella innovativa tecnologia denominata LED (Light-Emitting Diode, diodo che emette luce). Questa tecnologia, sviluppata già nel 1962 da Nick Holonyak Jr., si è evoluta nei decenni migliorando le proprietà uniche di questi sistemi elettronici. Questi sistemi sono caratterizzati da bassi consumi e l’evoluzione ha portato ad espandere la gamma di colori e intensità della luce riprodotti da questi diodi.

Insegna a LED. Fonte

Indice dei contenuti

L’evoluzione di questa tecnologia

Fino ad ora 3 generazioni sono passate in commercio. La 1° generazione, commercializzata a partire da fine anni ’60 fino agli ’80, era utilizzata prettamente per display indicatori di stato dei macchinari. Li possiamo ritrovare ancora sparsi in giro: vi sarà capitato almeno una volta di leggere un orologio digitale dallo sfondo nero e dai numeri di colore rosso. I numeri erano composti da bastoncelli che si illuminavano e spegnevano per comporre il numero. Quei bastoncelli sono i singoli LED appartenenti alla prima generazione. Ancora non si era arrivati a ottenere dispositivi che emettessero luci bianche, né tanto meno dal colore blu, una radiazione luminosa ad energia più elevata di una radiazione rossa (per gli amanti dei valori precisi parliamo di 400-484 THz per il rosso e 606-668 THz per il blu). Il primo LED ad alta intensità fu sviluppato dall’azienda statunitense Fairchild Semicondutor negli anni ’80.

La seconda generazione di LED superò tutti i limiti menzionati e divenne di largo utilizzo: display lampeggianti a led, schermi per cellulari, fari per automobili e illuminazione domestica e infrastrutturale. La tecnologia utilizzata negli ultimi schermi dei televisori e di alcuni smartphone adesso in circolazione si basa sulla tecnologia QLED (Quantum Dots Light-Emitting Diode), una tecnologia più sofisticata dei LED, quindi di 3° generazione. Queste tecnologie ad alta intensità di luce adesso trovano applicazione anche nel campo medico e della depurazione delle acque, grazie all’azione battericida di particolari intense radiazioni.

A sinistra LED di seconda generazione (Fonte). A destra LED di prima generazione (Fonte).

La chimica di un diodo

Come spiega l’acronimo di LED, stiamo parlando di un diodo che emette luce, ma di cosa è fatto un diodo e come produce luce? Un diodo è un semiconduttore, un filamento fatto di un materiale che permette il passaggio di elettroni solo sotto certe condizioni. La particolarità di questo dispositivo è quella di permettere il trasporto di elettroni quando posto in un circuito elettrico solo in un verso, mentre se il verso risulta invertito allora non c’è corrente elettrica. Per spiegare questo basta accennare al materiale di cui è fatto il diodo, o meglio, il suo reticolo cristallino (l’insieme di atomi che si dispongono su tutto il materiale).

Tra gli elementi della tavola periodica troviamo il silicio e il germanio come semiconduttori tra i più abbondanti sulla crosta terrestre dove il silicio è decisamente più abbondante del germanio e quindi preferito per la produzione in larga scala (28,2% è il silicio che ricopre la crosta terrestre, mentre 0,15% è la percentuale di germanio).

Questo è un singolo atomo di silicio in una barra di silicio pura. Frame tratto dal video di VirtualBrain [IT]

Cos’è un semiconduttore?

Immaginiamo le due estremità di una barra di silicio collegate a una batteria, dove non esiste alcun passaggio di corrente: questo fenomeno è dato dalla stabilità degli atomi di silicio. Quindi il trasporto da un capo all’altro di elettroni può avvenire solamente quando nel reticolo vi è mancanza o eccesso di elettroni, appunto. Ecco un’immagine esplicativa di un reticolo dove alcuni atomi di silicio sono stati sostituiti da atomi di altri elementi. Nella prima immagine abbiamo “impurezze” dovute all’arsenico (atomi viola) e nella seconda immagine, invece, vi è presenza di atomi di alluminio (atomi verdi). Il trattamento che porta alla sostituzione di alcuni atomi di silicio è chiamato doping (drogaggio).

Reticolo di atomi di silicio di un pezzo di silicio puro. Frame tratto dal video di VirtualBrain [IT]
Nel caso del drogaggio con atomi di arsenico avremo elettroni in eccesso (viene chiamato N-doping), mentre nel caso dell’alluminio ne avremo in difetto (P-doping). Entrambi i tipi di drogaggio permettono il passaggio di corrente, ma cosa succede se i due materiali fossero in contatto all’interno di un circuito?

I due casi di drogaggio del silicio. A sinistra gli atomi viola sono di arsenico, mentre a destra gli atomi verdi sono di alluminio. Frame tratto dal video di VirtualBrain [IT]

Come si genera la luce nei LED

Quando il semiconduttore di tipo P con atomi di arsenico è collegato col polo positivo del generatore di corrente e quello di tipo N con atomi di alluminio è collegato al polo negativo, vi è non solo passaggio di corrente, ma vi è generazione di energia sotto forma di luce. Questo perché il generatore di corrente “costringe” gli elettroni della zona N a “saltare” nella zona P e questo genera energia luminosa ad una determinata lunghezza d’onda. Quindi, cambiando l’arsenico o l’alluminio con altri atomi opportuni otterremo altre combinazioni di semiconduttori N-P e di conseguenza altre colorazioni.

Ma se da quanto spiegato sembra che qualsiasi luce possa emettere luce, la faccenda non è esattamente questa. Infatti uno dei due semiconduttori a contatto, deve essere ridotto a una lamina, in particolare il semiconduttore N-drogato affinché dia luce.

Quando due semiconduttori sono incidenti uno sull’altro, avviene il “salto” dell’elettrone. Durante il salto viene rilasciata energia luminosa. Frame tratto dal video di VirtualBrain [IT]

Conclusioni

Sebbene siano passate 3 generazioni di questi dispositivi rivoluzionari, molti aspetti della produzione debbono ancora essere perfezionati, il rapporto affidabilità e costi di produzione non sono convenienti quanto le tecnologie convenzionali (i fari a led delle auto ancora non sono regolamentati dalla legge italiana). Inoltre i guasti dei led sono ancora presenti per via delle imperfezioni dei processi di stampa del materiale a base di silicio e del suo drogaggio. Inoltre, sono ancora materiali che tendono a usurarsi di più rispetto a quelli convenzionali. C’è da dire che l’evoluzione tecnica nell’assemblaggio di questi prodotti migliora di anno in anno, nonostante questi difetti.

Salvatore Donato

Bibliografia

Light emitting diodes reliability review – ScienceDirect

 

 

Quanto ci manca John Belushi

Oggi, 38 anni fa, ci lasciava uno degli attori comici più promettenti del cinema e della televisione.

John Belushi per troppo poco tempo ha deliziato il pubblico americano con i suoi sketch ed i suoi personaggi, visto che la morte lo ha colto a soli 33 anni ponendo fine a tutte le aspettative che gli si erano create intorno.

John Belushi durante uno dei suoi sketch al Saturday Night Live – Fonte: pinterest.it

Gli inizi

John Belushi nacque a Chicago nel 1949 da Adam Anastos Belushi e Agnes Demetri Samaras, entrambi di origine albanese. Aveva una sorella più grande di nome Marian e due fratelli più piccoli James Adam, detto Jim ed anch’egli attore (protagonista della serie La vita secondo Jim) e William Adam. Già dalle scuole elementari il piccolo John amava fare scherzi agli adulti per far divertire i suoi compagni, iniziando a manifestare così il proprio talento comico.

Durante il liceo inizia a fare teatro e, incoraggiato dal proprio professore di recitazione, decide di voler intraprendere la carriera nel mondo dello spettacolo. Dopo aver preso parte ad una serie di show, nel 1975 entra a far parte dell’appena nato Saturday Night Live, il quale rivoluzionò il mondo della televisione e portò lo stesso Belushi al successo nazionale.

In quegli anni fa la conoscenza di Bill Murray, Eddie Murphy e soprattutto di Dan Aykroyd con il quale in futuro reciterà nel celebre film The Blues Brothers (1980).

Belushi al cinema

Nel 1978 esce nelle sale cinematografiche Animal House. Per chi non lo conoscesse, si tratta del capostipite di tutti i college-movie, quindi concretamente è il diretto antenato di American Pie. Con un budget di 3 milioni di dollari arrivò ad incassarne ben 141.600.000 ottenendo un successo incredibile.

John Belushi in una scena di Animal House – Fonte: fandango.com

Ma è nel 1980 con l’uscita di The Blues Brothers che Belushi diviene una star di fama mondiale. La pellicola narra la storia dei due fratelli Jack “Joliet” Blues (John Belushi) e Elwood Blues (Dan Aykroyd) che con una serie di concerti, reati ed altri espedienti cercano di raccogliere 5000 dollari per evitare la chiusura dell’orfanotrofio nel quale sono cresciuti. Il film divenne subito un cult, ed i personaggi di Jack ed Elwood con i loro vestiti neri e gli occhiali da sole Ray-Ban Wayfarer diventarono delle icone in tutto il mondo.

La band dei Blues Brothers in realtà nacque già ai tempi del Saturday Night come parte integrante di vari sketch. Negli anni seguenti il gruppo musicale ha pubblicato anche un album e dopo il successo del film tenne concerti in tutto il mondo. Ancora oggi la band è attiva, e nel 2004 si è esibita anche in Italia al festival di Sanremo.

A sinistra Dan Aykroyd e a destra John Belushi nel film The Blues Brothers mentre cantano Everybody needs somebody – Fonte: youtube.com

I problemi con la droga

John Belushi, parallelamente alla sua ascesa nel mondo dello spettacolo, nel 1973 iniziò ad assumere stupefacenti. Durante gli anni del Saturday Night la sua condizione di dipendenza si aggravò al punto tale che John, ogni volta prima di esibirsi con i Blues Brothers, faceva uso di cocaina in quanto riteneva che questa migliorasse le sue prestazioni.

Nonostante tutti gli aiuti ricevuti dalla moglie e dai colleghi, in primis proprio da Dan Aykroyd, la notte del 5 marzo del 1982 John Belushi morì per overdose. La cantante Cathy Evelyn Smith, completamente ubriaca, sbagliò le porzioni delle sostanze e con una siringa gli iniettò uno speedball (mix di cocaina ed eroina) causandone la triste dipartita.

Di lì a poco Belushi avrebbe dovuto prendere parte ad un film scritto dall’amico Aykroyd: Ghostbusters – Acchiappafanstasmi. La sua parte in seguito andrà a Bill Murray.

Destino crudele?

No. Purtroppo John stesso ha contribuito alla propria scomparsa.

Bisogna riconoscergli il talento ed il genio, ammirarne la comicità ed apprezzarne i lavori, ma non si può accettare una morte del genere come spesso sfortunatamente accade a grandi artisti nel mondo del cinema e della musica.

Belushi in soli 7 anni di carriera televisiva e con alcuni film al cinema aveva stupito il mondo, chissà cosa avrebbe combinato in 40 anni…

Vincenzo Barbera

 

 

Sons of Anarchy, un affresco della vita criminale

 

Sons-of-Anarchy-logo

Quando verrà il momento, dovrà dire ai miei figli chi sono realmente. Non sono una brava persona. Sono un criminale e un assassino. I miei figli devono crescere odiando la mia memoria.

– Jax Teller

Ricetta per una buona serie Tv: storia interessante, personaggi convincenti e che sia tecnicamente godibile. Di solito, nell’approcciarmi ad una nuova serie, questi sono gli elementi base che mi convincono ad iniziarla o meno. Ma una serie è anche di più. Per convincermi nel proseguire la visione ci sono altri fattori chiave come possono essere le tematiche trattate, l’evoluzione dei personaggi e della trama orizzontale. Questo fa sì che il prodotto che ne esce fuori sia un capolavoro, come un bel quadro. Ecco, partendo da questa semplice premessa, parliamo un po’ di Sons of Anarchy, serie che ho sempre visto (superficialmente) con molta diffidenza.

La storia è ambientata a Charming, una fittizia cittadina della California. Le vicende girano intorno ad un club di motociclisti, appunto il Sons of Anarchy Motorcycle Club, Redwood Original (SAMCRO). I personaggi principali sono il giovane protagonista (Jax) e il patrigno presidente del club (Klay). Le vicende della storia girano per lo più intorno a loro due e intorno a personaggi femminili come Gemma che è sia la moglie di Klay che la madre di Jax e come Tara che è la ragazza di Jax che ha un rapporto di amore e odio con la suocera. Insomma una famiglia piuttosto incasinata. Il club è immischiato nel commercio illegale di armi ed in altre attività criminali. Nel corso delle stagioni vedremo i SAMCRO scontrarsi con altri club rivali, con i vari fornitori d’armi, con la polizia, i federali e con alcune forze politiche che vogliono far progredire la cittadina di Charming.

Una volta iniziata la storia ci rendiamo conto che Sons of Anarchy è molto più complessa di così. I personaggi sono caratterizzati alla perfezione, la loro evoluzione non è mai lasciata al caso. I rapporti che si creano tra di loro sono unici e ben differenziati. La trama orizzontale è credibile e colma di cliffhanger. Il livello recitativo è alto così come l’aspetto tecnico (regia, fotografia, ecc…). Una mezione particolare va fatta alla colonna sonora che accompagna la serie per tutte e sette le stagioni. Guardando Sons of Anarchy si ha una sicurezza: ogni episodio avrà una canzone straordinaria che renderà il tutto più epico.

Sons of Anarchy così nel corso delle stagioni si è rivelata non solo una semplice serie a tinte crime o gangster ma una storia capace di affrontare tematiche quali il rapporto tra padre e figlio, il concetto di famiglia, la moralità delle azioni commesse viste dal punto di vista di un criminale (consapevole di esserlo). Ci saranno personaggi che amerete e personaggi che vorrete morti. Ci saranno momenti emotivamente intensi e che vi faranno riflettere. Ci saranno momenti in cui non vorrete credere ai vostri occhi per come si evolve la vicenda e momenti che rimarranno impressi nella vostra mente, come le frasi diventate ormai un cult.

C’è, a mio avviso, un invisibile filo che collega il primo episodio della prima stagione al finale della serie. Questo filo è rappresentato dal rapporto che c’è tra un padre e un figlio. È il tema più affrontato in tutta la serie. Questo avviene tra Jax e Klay, i loro scontri sono sempre memorabili. Tra Jax e John Teller (padre biologico di Jax morto quando lui era piccolo), attraverso le lettere lasciate da quest’ultimo. Infine tra Jax e i suoi figli, ai quali vuole lasciare un futuro migliore. Ed in fondo è questo quello che mi fa scegliere di vedere una serie Tv e che mi convince a continuarla. Questo invisibile filo, tessuto alla perfezione dagli autori, che alla fine comporrà un bellissimo quadro. Una volta finita la visione vi potrete lentamente allontanare da questo quadro e, ammirandolo nel suo insieme, potrete apprezzare al meglio quel gran capolavoro che è.

Nicola Ripepi