TEDx Capo Peloro 2021: R-Evolution

La caratteristica principale delle buone idee è la loro capacità di migliorare la realtà una volta diffuse. Per questo, da anni, l’organizzazione no profit TED, acronimo di  Technology, Entertainment and Design, si occupa di condividere “Ideas worth spreading”, idee che meritano di essere divulgate, attraverso una serie di interventi eccezionali e ospiti d’eccezione.

Dalla prestigiosa conferenza annuale Ted, che si svolge a Long Beach in California, per permettere alle idee di circolare liberamente, è nato il progetto Tedx: organizzazioni indipendenti, nelle città di tutto il mondo, che offrono la possibilità  di partecipare, a livello locale, alla magica esperienza di una conferenza TED.

Così dalla California TED arriva in Sicilia, passando per una piccola x.

Antonio Micari, TEDx CapoPeloro – I presentatori dell’incontro al Palacultura – Messina, 2021

Il 4 Dicembre, infatti, il Palazzo della cultura di Messina, ha ospitato l’edizione Tedx Capo Peloro 2021, tornata a svolgersi dopo una pausa di un anno, con il titolo: “R-evolution”.

Il titolo prende le mosse dalla riflessione sugli interrogativi e le sfide che il periodo storico che stiamo vivendo ci pone. Solamente negli ultimi due anni, infatti, tutto il mondo è stato costretto a confrontarsi con significativi e inaspettati cambiamenti: proprio per questo, il tema di questo Tedx ruota attorno al bisogno di comprendere quali strade percorrere e quali risorse utilizzare, perché dall’inaspettato e dal cambiamento si possa trarre qualcosa di sorprendente. Leggiamo sul sito dell’evento:

È necessaria un’evoluzione o una rivoluzione? Oppure dovremmo parlare di qualcosa di diverso che incarni entrambe le soluzioni?

L’evento, organizzato da Startup Messina e patrocinato dal Comune di Messina, ha visto come ospiti 7 speakers, incaricati di illuminare queste domande attraverso il racconto di sorprendenti ed emozionanti soluzioni, passando dall’ambito scientifico a quello artistico, dall’ambito sociale a quello ambientale, sorprendendo continuamente l’ascoltatore con esperienze e contenuti sempre differenti.

Antonio Micari, TEDx Capopeloro – Mario Mirabile durante il suo intervento sul palco – Messina, 2021

Gli ospiti dell’evento

Il primo degli ospiti, Mario Mirabile, cofondatore, vicepresidente esecutivo e project manager di South Working (lavoro agile dal sud) ha ottenuto un cambiamento nel modo di concepire il lavoro a distanza, donando nuove possibilità alla propria comunità, con un focus su sostenibilità e diseguaglianze socioeconomiche, presentando le testimonianze di ragazzi e ragazze che sono rimasti o sono tornati, con nuove possibilità lavorative, nel proprio territorio.
Anche Lelio Bonaccorso, tra gli speakers, fumettista ed illustratore per Marvel, DC comics e Disney, pubblicando oltre che in Italia in Francia e negli Usa, ha scelto di spendere le proprie risorse artistiche ed economiche nel suo territorio, rimanendo a Messina. Durante l’intervento ha chiarito quanto questa decisione sia stata per lui di vitale importanza: nonostante il contesto non sembrasse il più adatto per la sua crescita professionale, è riuscito a far crescere il suo territorio attraverso la sua creatività e a realizzarsi internazionalmente raccontando le sue storie. Ha dedicato quindi una parte del suo discorso al potere della narrazione e a come essa guidi la nostra esistenza.
Di narrazioni ci hanno parlato Letizia Bucalo Vita, comunicatrice sociale, fundraiser e creativa che ci ha raccontato una storia nuova sul dono, dalla parte di chi non ha voce, sul no profit e le possibilità offerte dal fundraising; e Rocco Rossitto, giovane Communication e Marketing Manage, presentandoci il Brand activism, un’evoluzione dell’idea di impresa: una riflessione sulla volontà delle aziende di impegnarsi a favore di una giusta causa.

Temi scientifici e artistici sembrano fondersi nel racconto di Salvatore Savasta, professore ordinario di Fisica presso l’Università di Messina e teorico di fisica della materia, che ci ha guidati nell’indeterminabile mondo della fisica quantistica, scortandoci sino alla porta delle nuove tecnologie e forme artistiche, mostrandoci come la tecnologia quantistica ci aiuti sia migliorando la nostra vita di tutti i giorni attraverso strumenti come gli smartphone e i pc.
Arte e natura nell’inaspettato legame artistico tra piante e suono nell’intervento e nelle sperimentazioni  dello speaker Enzo Cimino, Sound designer, che ci ha mostrato come spesso il nostro legame con la natura sia più concreto di quello che pensiamo, mostrando come l’interazione tra piante ed uomo  possa raggiungere un altro livello; e la riflessione sul tema fondamentale dell’acqua e del cambiamento climatico tenuta da Donatella Termini, professoressa ordinaria di Ingegneria Idraulica presso l’Università di Palermo, che ci ha parlato di come i rischi ricollegati all’innalzamento delle temperature possano portare a danni irreparabili sia per noi che per la natura che ci circonda.

Gadget dell’evento. Fonte: Instagram TEDxCapopeloro 

Cosa ci è rimasto?

Ci si può sentire spaesati dall’insieme di tutti questi interventi, può sembrare di non riuscire a decifrare le coordinate del cambiamento e improvvisamente delle tante realtà che ci circondano. Potremmo azzardare un nome per questa sensazione, prendendo in prestito le parole della storica Tiffany Watt Smith nel suo Ted del 2017: Dépaysement, una parola che evoca il disorientamento che si prova quando si è in un posto sconosciuto, un posto familiare che diventa improvvisamente strano. Il Dépaysement è sconvolgente ed emozionante allo stesso tempo ci dice Tiffany Watt Smith e noi ci portiamo a casa dopo questo TEDx Capo Peloro lo spaesamento, ma anche quella meravigliosa sensazione di fiducia ed entusiasmo per una bella scoperta.

Oggi evoluzione e rivoluzione sono senz’altro temi importanti di cui discutere alla luce non solo della recente crisi sanitaria, ma anche del nostro dovere comune nel costruire un mondo futuro per le prossime generazioni, all’insegna di un equilibrio tra noi stessi e la natura intorno a noi.

Matteo Mangano, Martina Violante

La squadra UniVersoMe-Messina, 2021                                                                 

TEDxCapoPeloro 2019: idee, emozioni, casa.

Se dovessi racchiudere in una parola cosa è stato per me il TEDxCapoPeloro 2019 mi troverei in difficoltà. Credo anche che sia impossibile, proprio perché i TED talks sono per natura un insieme di “ideas worth spreading”, idee che vale la pena diffondere, esperienze diverse che accendono lampadine diverse e che fanno luce su un concetto in comune. Il TEDxCapoPeloro è riuscito ad accendere molte di queste lampadine attorno al concetto di “casa”. Ne ha illuminato l’esterno, il giardinetto, ma anche le stanze, le porte, la tavola. E così ognuno dei fortunati presenti ha potuto farsi un’idea nuova di “casa”, magari ha cambiato l’idea precedente, o forse ancora ha rafforzato l’idea di sempre.

Il TEDxCapoPeloro dal titolo “Casa: equilibrio tra radici e desideri” si è svolto con grande successo sabato 23 novembre presso il Cinema Iris. Sono stati infatti numerosi i partecipanti, chi alla prima esperienza (come chi sta scrivendo) e chi invece aveva già partecipato al TEDx dello scorso anno, che sono stati invitati a ragionare sul concetto di casa: la casa come luogo di affetti, del quotidiano, del lavoro, casa come elemento naturale da preservare, casa negata e casa da inventare. I ragazzi di Startup Messina sono stati efficaci nel proporre speaker che hanno saputo offrire, tramite la loro esperienza di vita, un’idea propria di casa che fosse al contempo estremamente versatile e condivisibile.

©Cristina Geraci , TedEx CapoPeloro – Speaker ed organizzatori – Messina, 2019

In ordine, il primo talk dal titolo “Chiedimi se sono felice” di Francesco Biacca, CEO di Evermind, una storia di ritorno nella propria terra, la Calabria, da un’esperienza lavorativa “grigia e monotona”. La Calabria come punto di arrivo e di partenza per la valorizzazione del tempo tramite lo smart working. Racconta di come migliori esponenzialmente la produttività lavorativa se il lavoro si integra alla vita in modo sinergico, e di come, in questo concetto innovativo di lavoro, siano importanti i legami affettivi, i colori della propria terra, i sapori di casa.

©Cristina Geraci , TedEx CapoPeloro – Francesco Biacca – Messina, 2019

Poi Lucy Fenech con “La rigenerazione è reale solo quando è condivisa”. Ci racconta della Farm Cultural Park di Favara, un piccolo comune di provincia di Agrigento che ha saputo rinascere dall’abbandono e dall’incuria grazie alla capacità delle persone che lo abitano di trasmettere quel “sogno comune” di vita nuova. Così Lucy ha acquistato la prima casa, poi la seconda, poi la terza, con l’obbiettivo di ristrutturarne le mura e rigenerarne la funzione. Ha così creato la prima shared house della Sicilia, Casa Lupita. Ci tiene a sottolineare che tutto ciò non sarebbe stato possibile senza la gentilezza e la disponibilità dei suoi vicini adottivi, che si prendono cura della casa e dei suoi inquilini quando lei non c’è: sono l’esempio operante di quell’idea di casa come condivisione.

©Cristina Geraci , TedEx CapoPeloro – Lucy Fenech – Messina, 2019

Dario Distefano, con “Abitare il cambiamento”, cattura subito la mia attenzione perché chiede: “Dematerializziamo il tempo ed i luoghi grazie alla rete e alla tecnologia sempre meno fissa, allora perché abitare un luogo preciso?”, ed in effetti non ci avevo mai pensato! Dario è fondatore e amministratore della startup Area srl e Archicart che progetta e costruisce pareti e tetti di cartone con cui realizza case montabili e smontabili, modificabili nella funzione, nel gusto e nel luogo in cui, di volta in volta, possono essere disposte. Ci invita a riflettere su quanto possa essere dannoso continuare a cementificare, a costruire palazzi e strutture che presto saranno inutilizzati, saranno sempre meno adatti alle varie attività dell’uomo che stanno cambiando troppo velocemente, anche per la Silicon Valley. Le sue strutture in cartone ondulato ridisegnano il concetto di casa dandogli un obbiettivo lungimirante di ecosostenibilità e versatilità.

©Cristina Geraci , TedEx CapoPeloro – Dario Distefano – Messina, 2019

Carmelo Isgrò, biologo e fondatore del Museo del Mare di Milazzo, ci racconta la storia del capodoglio Siso. Una storia che ha inizio nell’estate 2017, con un capodoglio intrappolato in una rete da pesca illegale al largo delle Eolie, che ne causa la morte. Lo spiaggiamento avviene a Capo Milazzo, dove Carmelo lo vede per la prima volta e capisce che in quella carcassa c’era ancora una vita che doveva essere salvata: il messaggio che quel capodoglio portava con sé. Così per due settimane si occupa del recupero delle sue ossa, processo che testimonia anche quanta plastica il cetaceo avesse ingerito durante la sua vita. A fine 2018 Siso è finalmente pronto per essere esposto nella sua nuova casa: il Bastione di Santa Maria nel Castello di Milazzo. In Siso vive anche il ricordo di Francesco (soprannominato Siso, appunto), amico di Carmelo che lo aveva aiutato nella sua impresa, e che era stato vittima di un pirata della strada pochi giorni dopo lo spiaggiamento. Oggi lo scheletro racconta tante storie, quella del capodoglio, dell’inquinamento, quella di Francesco, quella di Carmelo, ed è testimonianza di vita, di riscatto e di casa.

©Cristina Geraci , TedEx CapoPeloro – Carmelo Isgrò – Messina, 2019

Marina Arena, professore associato di Tecnica e pianificazione urbanistica presso il Dipartimento di Ingegneria dell’Università di Messina e Membro del Consiglio Regionale Urbanistica, nel suo talk “Abitare per esistere” racconta il problema delle periferie e delle baraccopoli messinesi. In questi luoghi, in cui la vita si svolge in condizioni inimmaginabili rispetto a quella che si svolge a qualche metro di distanza, nel centro città, la mortalità neonatale è quattro volte superiore, mentre l’aspettativa media di vita è di sette anni in meno. Con il suo progetto di rivalutazione delle periferie messinesi ha già distribuito le prime case, scelte dagli inquilini stessi. Il video-intervista in cui più famiglie ritrovano un luogo da poter chiamare “casa” è commovente.

©Cristina Geraci , TedEx CapoPeloro – Marina Arena – Messina, 2019

Infine Maria Cristina Laurà, Responsabile del Servizio Affari Istituzionali e Promozione dell’Autorità Portuale di Messina racconta del suo progetto che ha trasformato il porto da punto di sbarco e smistamento per tanti migranti, a punto di partenza per una nuova vita per gli stessi. Racconta di come fosse paradossale vedere spesso incrociarsi le navi da crociera, piene di turisti pronti a visitare una città dopo l’altra, con le navi della Marina Militare, delle Ong, dei pescherecci carichi di migranti. Da qui l’idea di includerli nella comunità e nella città nel modo più significativo possibile. Passa la parola ad Emmanuel Wakman Amoah, un migrante tra i primi ad essere coinvolti in questo sogno. E’ stato salvato, istruito ed oggi lo potete trovare, con tanti altri migranti, negli info point agli sbarchi delle crociere, a dare tutte le informazioni sulla nostra (e loro) città, sui trasporti, sulle attrazioni ed i monumenti. I turisti esteri vedono semplicemente dei ragazzi messinesi con un francese ed un inglese fluido, i turisti italiani -dice con sottile amarezza- li guardano con un po’ più di scetticismo. Un finale col botto.

©Cristina Geraci , TedEx CapoPeloro aderisce a Posto Occupato – Messina, 2019

Ogni talk del TEDxCapoPeloro 2019 è riuscito ad accendere tante di quelle lampadine di cui dicevo all’inizio, ed ognuno ha fatto luce nel proprio concetto di casa. Ha saputo divertire, ha saputo far riflettere ed emozionare. Ed il mio concetto di casa? Prima di questo TEDx non avevo nemmeno sentito la necessità di definirlo, lo davo per scontato ma non avrei saputo dirlo a parole, figuriamoci scriverlo. Ora credo invece che sia cruciale conoscere e delineare cosa significhi “casa”, per me e per chiunque. Oggi casa è ovunque esistano relazioni vere, profonde, fondate su fiducia, rispetto, e tanta voglia di volersi bene. Il tetto e le mura, con queste prerogative, si ergeranno da soli. E per te, cos’è casa?

©Cristina Geraci , TedEx CapoPeloro – La squadra UniversoMe – Messina, 2019

Antonio Nuccio

Odi et amo Messina, una casa che sta stretta

Se mi venisse chiesto come definirei la terra di cui sono originaria, la Sicilia, unitamente alla mia città natale, cioè Messina, risponderei proprio citando i versi di una canzone popolare abruzzese che nell’immaginario collettivo si attribuisce di solito alla versione più nota rivisitata da Modugnoio vado via. Amara terra mia, amara e bella. Ho sempre interpretato queste parole un po’ come un appello, un composto grido di denuncia di un fenomeno che coinvolge tutti coloro che non si sentono più rappresentati dal luogo in cui si è nati e cresciuti e dove per natura si tenderebbe a restare. Può un luogo rivelarsi amaro e bello allo stesso tempo? Se sì, perché?

©RobertoInterdonato, libreria di Heidelberg, 2019

In effetti può sembrare paradossale, eppure è indice di ciò che riguarda una realtà, quella del sud e di Messina, che attanaglia centinaia di cittadini decisi a lasciarsela alle spalle, per costruire più dignitosamente la propria vita altrove. Ormai non se ne fa mistero, e i telegiornali, i programmi televisivi e le testate giornalistiche nazionali, al meridione e al settentrione, ne parlano frequentemente. Ognuno dice la sua, tra polemiche, punti di vista, giudizi, critiche più o meno costruttive. Ciò che al di là di tutto e senza dubbio non è edificante è stare in silenzio. Occorre riflettere, e non smettere mai di confrontarsi, sperando di smuovere le coscienze e scuotere gli animi di chi ha più potere rispetto all’autrice di questo articolo, per contribuire a cambiare le cose.

Sulla scia, tra l’altro non programmata, di due precedenti editoriali redatti dai miei colleghi Alessio Gugliotta e Giulia Greco, proseguo la digressione sul tema, come fosse un fil rouge, che evidentemente non capita a caso. Questo dibattere comune è sintomo di un disagio esteso in modo capillare nella generazione dei cosiddetti millennials. Senza alcuna intenzione di sfociare nella retorica, è arrivato anche per me il momento giusto di pubblicare i pensieri che annoto, raccolgo e conservo da quattro anni, e che sento il dovere morale di pubblicare in occasione del mio ultimo editoriale: una personalissima lettera d’addio che indirizzo a chiunque nelle mie parole possa ritrovarsi traendone ispirazione e conforto, ma anche a chi in tutta libertà voglia assumere una posizione diversa e contraria, che invito a manifestare e motivare. Dare risalto ad argomenti che risulteranno “scomodi” per alcuni non mi turba.

Un pretesto che mi ha fornito lo spunto per questo editoriale è stato l’argomento scelto per la seconda edizione del TEDxCapoPeloro dal titolo “Casa: Equilibrio tra radici e desideri”. Essendo molto sensibile alla tematica, ho voluto partecipare con motivazione all’evento, che si è tenuto il 23 novembre scorso. La locandina reca un approfondimento: “Cosa vuol dire casa nel 2019? Cosa vuol dire casa quando si vive in un posto dove è più facile partire anziché restare? La casa come luogo degli affetti, del quotidiano e del lavoro. La casa come elemento naturale da rispettare, preservare e proteggere. Una casa che garantisca al tempo stesso protezione, sicurezza, comfort e benessere. Casa negata e casa da inventare, costruire e immaginare. Spesso altrove, a volte in un luogo che solo dopo anni riesci a chiamare casa. Qual è la casa che ci aspetta? Esiste già la casa che abiteremo? La casa è un luogo fisico o solo il nostro posto nel mondo?”.

©CristinaGeraci, TEDxCapoPeloro, Messina, 23 novembre 2019

Non appena ho scoperto che la tematica sarebbe stata affrontata in questo modo, mi sono sentita subito in sintonia con le idee che intendevo destinare all’editoriale, e mi sono ripromessa che avrei fatto menzione del TEDxCapoPeloro, come ulteriore elemento a supporto delle mie teorie. Così come auspicato dagli organizzatori, l’evento riesce nei suoi intenti. Apprezzo lo storytelling proprio perché stupisce, emoziona, e fa riflettere. In particolare, è il talk di Carmelo Isgrò a suggerirmi input stimolanti. Il biologo messinese dall’esperienza professionale eclettica ed eterogenea, rende poliedrico anche il significato del termine “casa”. Lo fa partendo dalla definizione di “casa”, e rendendosi conto che è un concetto che cambia a seconda delle specie di esseri viventi che abitano un determinato tipo di spazio. Lo speaker giunge anche alla conclusione che agli occhi dell’uomo stesso, “casa” ha concezioni molto relative. E se ci pensiamo bene, è proprio vero. Forse si tende a dare per scontato o a sottovalutare la declinazione di “casa”, senza accorgersi che mai come nel secolo attuale, la sua accezione è diventata invece sempre più labile, instabile, precaria.

Proprio avantieri ho letto che i koala sono una specie a rischio di estinzione a causa, tra le altre, della perdita del loro habitat naturale e dei cambiamenti climatici. Un habitat quindi può diventare inospitale, nel momento in cui vengono meno le condizioni minime necessarie per far vivere un certo tipo di soggetti che lo popolano. Quello dei koala e di altri animali è un caso estremo che purtroppo accade, anche per colpa dell’uomo, ma di questo passo ci andremo vicini anche noi esseri umani se continuiamo a maltrattare l’unica nostra vera casa: il pianeta, di cui siamo ormai più parassiti che graditi ospiti. Ma restringiamo il cerchio a Messina e proviamo a capire perché sono partita da così tanto lontano per spiegare il termine “casa”.

Da quando ho conseguito il diploma di scuola superiore ho avviato un percorso di crescita costituito da molte esperienze positive, alcune rinunce, una manciata di scelte sofferte e anche errori. Ora che di tempo ne è passato, posso fare un bilancio analizzando il presente con nuovi occhi, adesso più consapevoli, maturi e lucidi. In quattro anni, ogni volta che ho lamentato le condizioni in cui versa Messina – occupa da anni gli ultimi posti nella classifica delle città italiane per qualità della vita, oltre a essere definita la città più disoccupata d’Italia sulla Gazzetta del Sud e in emergenza di disoccupazione su MessinaToday – mi è stato detto e ho letto di tutto. Tra capri espiatori e colpevoli, si addossa la responsabilità della crisi del mezzogiorno, in particolare di Messina in questo caso, un po’ a tutto: alla mentalità dei messinesi, all’immigrazione, alla mafia, alla politica (che spesso corrisponde alla precedente), al fatto che il nord si arricchisce attraverso il sud e ne mina la crescita avallandone l’arretratezza. Segue chi individua una cattiva amministrazione del turismo, chi afferma che in fondo “a Messina non c’è nenti”, e chi più ne ha più ne metta.

©GiusyBoccalatte, Imperial War Museum, Londra, 2014

Tra dichiarazioni fondate e altre più discutibili, quando palesavo la mia voglia di andarmene dalla falce della Sicilia, alcuni mi rispondevano: “ma chi te lo fa fare? Almeno laureati qui”, oppure “criticare ciò che non va ma desiderare di lasciare Messina è da incoerenti, perché equivale a non avere il coraggio di restare per cercare di cambiare le cose”. Ammetto che quest’ultimo commento mi ha sempre infastidita, alimentando sensi di colpa e giudizi che come catene hanno anche se parzialmente contribuito a ritardare e rimandare la mia partenza. Poi un giorno mi sono svegliata, stanca più mentalmente che fisicamente, e come folgorata da un’illuminazione ho capito: quando di possibilità te ne dai e se ne danno troppe a un luogo, non vivi più, ma sopravvivi soltanto. È inevitabile che poi arrivi il momento in cui senti l’esigenza impellente di dare una svolta alla tua vita, scartando tutto ciò che non ti fa più stare bene, perché a prescindere che il problema possa anche essere la tua crisi identitaria e qualsiasi parte del mondo potrebbe non andarti bene, percepisci che qualcosa dove ti trovi adesso non funziona più, e che abiti un posto che non senti più casa tua e che ti sta stretto.

©CristinaGeraci, Francesco Biacca, TEDxCapoPeloro, Messina, 23 novembre 2019

Sono giovane e ho sicuramente tanto da imparare ancora e di cui essere davvero sicura, ma ho una certezza: Messina non mi rende più felice. La posizione geografica privilegiata in cui sorge non è più sufficiente. Il mare e le bellezze naturali che offre non mi bastano più, se ci si investe poco. Osservo alcune zone della città con sconcerto. Le vedo trascurate, povere di innovazione e di opportunità. Quando al mio ultimo anno di liceo, in letteratura inglese, mi sono imbattuta nello studio di “Gente di Dublino”, ho paragonato Messina alla capitale irlandese, al modo in cui Joyce la raccontava e descriveva come città paralizzata. Ecco, è così che vedo Messina adesso: statica, poco vivace, martoriata, sfruttata e rassegnata al suo destino. Mi sento appartenere a una categoria di altri miei coetanei che si alzano dal letto senza ricordare più un sogno, spenti, privi di speranza e fiducia in una politica losca e marcia, cancro di una terra in cui non c’è spazio per tutti, appannaggio di pochi e a favore di coloro che sempre hanno avuto e sempre avranno, a volte gli stessi che lasciano Messina e il sud più per moda che per necessità di affermarsi onestamente.

Forse mi verrà detto che non mi so accontentare, che non mi so adattare, e che avrei avuto comunque la voglia di esplorare il mondo e formarmi altrove, anche se Messina fosse stata migliore. Probabilmente è vero. Per mia personalità avrei sicuramente cercato un posto più conforme ai miei interessi e al mio stile di vita, e infatti è un altro tra i motivi che mi spinge a fare le valigie piene di tutto ciò che ho vissuto fino ad adesso e che mi servirà, per sradicare le radici da Messina, trasformarle in ali, e poi piantare nuove radici nei posti in cui andrò. Le mie prime radici però non verranno mai dimenticate. Non è mia intenzione rinnegarle o vergognarmene. Ma saranno conservate più nel mio cuore e nella mia mente. Tendere al cosmopolitismo non significa vantarsi di aver viaggiato in modo meramente turistico in mille posti del mondo, bensì vuol dire vivere quei posti apprezzandone le differenze culturali e vedendole come occasione per capire il proprio ruolo nel mondo e sviluppare una cittadinanza attiva. Non si fa peccato a sentire di abitare il mondo più che una casa singola.

©GiusyBoccalatte, Wild Duck, Dublino, 2019

La mia curiosità e il mio carattere spigliato e intraprendente mi hanno sempre agevolata e spinta a cogliere tutte le possibilità di viaggio di varia durata che mi si sono presentate fino ad oggi, realizzate prevalentemente grazie a progetti associativi e convenzioni, oltre che all’aiuto della mia famiglia. Non si tratta di nulla di eccezionale, nulla di lussuoso, nulla da ostentare. Per me non erano vacanze, ma viaggi di scoperta che mi hanno consentito di farmi portatrice della mia nazionalità e della mia Messina, senza annullarla, ma cercando di capire nuovi punti di vista che potessero allargare i miei orizzonti e rendere la mia mentalità più elastica e sostenibile. Ho seminato tante case tanti quanti sono i posti che ho visitato. Ritrovo casa in tutti quei posti dove ho lasciato pezzi di me e pezzi di cuore, che ho colmato con tutto ciò che la gente di quei luoghi e che quei luoghi stessi mi hanno donato.

A ogni ritorno, mi sono sentita straniera in quella che prima ritenevo essere la mia unica casa, fino a scoprire di trovarmi forse nel posto sbagliato per me, che non mi lascia esprimere come vorrei, che non sempre tira fuori il meglio di me, e che soffoca le mie ambizioni. I sogni non devono essere calpestati, quindi forse bisogna piantarli in un terreno più fertile per coltivarli. I koala purtroppo non hanno più le condizioni favorevoli per vivere, e forse potrebbe non esserci possibilità di salvezza per loro. Noi uomini, pur causando un male che danneggia l’intero ecosistema, siamo più fortunati e possiamo spostarci. C’è chi direbbe che le rivoluzioni si fanno restando a casa propria. Io dico invece che la vera rivoluzione è cambiare sé stessi, in qualsiasi posto, e riscoprirsi per conoscere meglio sé stessi e il mondo. Solo a questo punto i cambiamenti possono avvenire più facilmente, e magari, tornando un giorno nella propria casa natale, portare la propria esperienza per migliorare le cose.

 

Giusy Boccalatte

Fonte dell’immagine in evidenza: Daniele Passaro