Farmaci agnostici: il futuro dell’oncologia

Recentemente nel campo dell’oncologia sono stati introdotti dei nuovi promettenti farmaci detti “agnostici“. Come funzionano? Qual è la differenza rispetto agli altri farmaci attualmente in uso?

Per poter capire come funzionano, iniziamo col parlare del perché ci si ammala di cancro.

Perché ci si ammala di cancro?

Il cancro è ad oggi una patologia assai diffusa e l’incidenza dei tumori nei decenni è andata aumentando. Ma da cosa nasce un tumore?
I tumori sostanzialmente possono essere definiti come una crescita incontrollata di cellule “impazzite”.
Normalmente, infatti, tutti i nostri tessuti si rinnovano, le cellule vecchie vengono sostituite da cellule nuove. In questo modo il nostro organismo riesce a riparare i vari danni che subisce.

Tuttavia, quando una cellula non riesce più a percepire i segnali di “stop”, continua a dividersi e moltiplicarsi, invadendo i tessuti vicini e lontani. Per quale motivo accade?
Perché ha subito delle mutazioni tali da farle perdere i freni inibitori o potenziarne l’attività moltiplicativa.

Perché avvengono le mutazioni?

Le mutazioni che causano il cancro hanno molteplice origine.

Possono essere congenite, come in varie sindromi caratterizzate da aumentata incidenza di tumori (dovute a mutazioni nelle cellule germinali dei genitori).

Possono essere provocate da cattivi stili di vita, includendo fumo, alcolismo, obesità, sedentarietà, ecc. Tutte condizioni che fanno sì che vengano rilasciate sostanze “velenose” o pro- infiammatorie. Nel tempo, esse danneggeranno le cellule, spingendole a replicarsi di più, con più probabilità di mutare.

Fonte: medimagazine

Possono essere causate da agenti esterni come virus (epatite, HIV, HPV e altri), radiazioni ionizzanti, veleni, pesticidi ecc., che attraverso particolari meccanismi possono danneggiare il DNA della cellula.

Ancora, possono essere casuali, in quanto la massima parte delle nostre cellule si moltiplica ripetutamente nell’arco della nostra vita. Ad ogni moltiplicazione c’è un certo tasso di errore nel copiare il DNA della cellula progenitrice. Questo, moltiplicazione dopo moltiplicazione, può portare ad un accumulo di errori che prima o poi può esitare in cancro.

Aggiungiamo poi che, grazie ai progressi della medicina, la vita media ha subito un’enorme allungamento rispetto al passato (si è passati da un’aspettativa di vita media di 50 anni negli anni ’20, agli attuali 81-85 anni). Più viviamo, più è probabile subire mutazioni per i fattori sopra elencati.

L’oncologia come cura attualmente il cancro?

Il razionale della terapia in oncologia sta nell’eliminare tutta la massa tumorale. Questo lo si può fare con interventi chirurgici, in genere quando il tumore è agli stadi iniziali (per questo è importante la prevenzione, per “prendere un tumore in tempo”), oppure usando radioterapia, chemioterapia e farmaci biologici, insieme alla chirurgia o qualora il tumore sia inoperabile in quanto ha dato metastasi in zone del corpo difficili o impossibili da raggiungere.

Con la chemioterapia si vanno ad usare farmaci che colpiscono tutte le cellule che si moltiplicano velocemente.
Ecco perché si hanno degli effetti collaterali ai capelli, alla pelle, all’intestino e in altre sedi. Infatti, i tumori sono costituiti da cellule impazzite che si moltiplicano in fretta, per cui con questi farmaci si riesce a colpire abbastanza bene un tumore, seppur con i numerosi effetti collaterali.

Fonte immagine: medicina online

L’avvento della genetica, dei supercomputer e l’avanzamento della tecnologia hanno poi portato a creare dei farmaci chiamati “biologici”, in quanto costituiti da molecole in grado di interagire in modo mirato con i recettori e gli enzimi delle cellule tumorali.

Studiando per esempio i tumori del seno, si è visto che molti presentano la mutazione del recettore HER2, per cui per questi tumori si può usare un farmaco specifico che blocchi tale recettore (Trastuzumab), facendo sì che si abbiano meno effetti collaterali al resto del corpo.

Per ogni tumore, inoltre, l’AIOM (Associazione Italiana di Oncologia Medica) redige delle linee guida da seguire (una per ognuno, che sia seno, colon, polmone, prostata, cervice, ovaio ecc.). Sono stilate seguendo le più moderne evidenze scientifiche in ambito internazionale (American Joint Committee on Cancer, PubMed ecc.).

Fonte immagine: AIOM

Se per esempio viene scoperto che per il tumore al colon ad un certo stadio è più efficace la combinazione chemio + farmaco molecolare + intervento, verrà raccomandato di seguire questo protocollo piuttosto che il precedente.

Cosa cambia con i farmaci agnostici?

Finora si è seguito il “modello istologico” nella cura dei tumori, ovvero dopo aver analizzato il tumore al microscopio, si identifica a che tipo di tessuto appartiene e si tratta di conseguenza.
Ma oggi in oncologia sta iniziando a prendere piede il “modello genetico”.

Analizzando infatti dei marker specifici, per ogni mutazione, come ad esempio il deficit di riparazione del mis-match repair DNA (dMMR), l’instabilità dei microsatelliti (MSI-H), l’espressione di molecole come PD-L1, si può capire quale categoria di pazienti risponderà o meno ad esempio all’immunoterapia, indipendentemente dalla sede del tumore.

Ancora, fusioni di geni NTRK1/NTRK2/NTRK3 sono dei grandi esempi di mutazione genetica “driver” (ovvero che dà inizio alla trasformazione tumorale della cellula). Inibendo questi geni, si hanno importanti risposte terapeutiche, indipendentemente dall’età del paziente e dal tumore di origine.

Tra i tanti nuovi farmaci disponibili troviamo ad esempio il Pembrolizumab. È un anticorpo monoclonale capace di bloccare l’azione di PD-L1, molecola attraverso cui i tumori riescono a sfuggire al sistema immunitario.
Questo farmaco si può usare nel tumore del polmone, nei tumori della testa e del collo, nei linfomi di Hodgkin, nel cancro dello stomaco e della cervice. Non importa la sede, ma solo la sovra-espressione del PD-L1, per poter iniziare la terapia.

Fonte immagine: alcase Italia

Ancora, il Larotrectinib, un inibitore delle tropomiosina chinasi TrkA, TrkB e TrkC. Viene usato in tutti i tumori con la fusione dei geni NTRK, tra cui polmone, melanoma, tumori gastrointestinali stromali, colon, sarcomi dei tessuti molli, tumori delle ghiandole salivari, ecc.
Non importa dove sia il tumore: se tra le sue mutazioni c’è la fusione dei geni NTRK, questa molecola funzionerà.

Conclusioni

I progressi della ricerca hanno portato la medicina a non dare più semplicemente cure uguali per certe malattie. Oggi si parla infatti di “Tailor made medicine” ovvero “medicina cucita sulla persona”.

Sia dal punto di vista biologico che psicologico, le persone, come le loro malattie, per quanto simili, hanno delle piccole differenze. Per curare al meglio ogni individuo è bene andarle a ricercare. In questo modo, si capirà quale sia la terapia migliore per quella malattia, ma soprattutto per quella singola persona.

Roberto Palazzolo

Endometriosi: nuove speranze dal mondo della ricerca

L’endometriosi è una patologia insidiosa, a eziopatogenesi non ben definita, e spesso sottodiagnosticata.
Ne soffrono in Italia almeno tre milioni di donne, alcune delle quali con una sintomatologia così grave da essere invalidante.
Tuttavia la maggioranza della popolazione è all’oscuro della sua esistenza.

Ma di cosa si tratta esattamente?

La malattia

L’endometriosi è la presenza anomala (o detta in gergo medico ectopia) di tessuto endometriale in altre sedi che non siano l’utero.
Gli organi più colpiti sono: ovaie, tube, peritoneo, vagina, intestino.

Come nell’endometrio normale, anche in quello ectopico avvengono delle modifiche causate dagli ormoni durante il ciclo mestruale, con sanguinamenti e fenomeni di irritazione e cicatrizzazione.
Questo causa dolore pelvico, spesso durante i rapporti sessuali, rigonfiamento addominale, infertilità, astenia, nonché un grave distress psicologico.
Il distress è dovuto anche a uno stigma che ancora permane nei confronti delle pazienti, ritenute da alcuni medici esagerate nel riportare il dolore, e al ritardo nella diagnosi e nella somministrazione delle cure.

Prospettive di trattamento

Solitamente il dolore cronico da endometriosi viene trattato con farmaci anti-infiammatori (preferibilmente FANS) al bisogno, o si intraprende una terapia ormonale sostitutiva.
Quest’ultima sembra avere un beneficio sia in termini di diminuzione del dolore che di aumento della fertilità nelle donne che ricercano una gravidanza.

Si può ricorrere, nei casi più gravi e refrattari, alla terapia medica e al trattamento chirurgico con rimozione delle lesioni qualora esse vengano individuate.
In situazioni estreme, anche la menopausa chirurgica può essere un’alternativa per attenuare i sintomi, nonostante non sia quasi mai presa in considerazione nelle donne fertili, anche su richiesta della paziente stessa.

Novità dal mondo della ricerca

Un recente studio, pubblicato sulla rivista scientifica Cell Reports, apre a nuovi orizzonti sul fronte della terapia per l’endometriosi, in particolare per la variante causata da una mutazione del gene ARID1A, caratterizzata da una elevata gravità e da un impatto molto negativo sulla fertilità. Come ribadito, le cause dell’endometriosi sono avvolte da mistero e la scoperta del ruolo di questo gene è stato un ulteriore passo avanti per la loro comprensione.

Cosa comporta la mutazione di ARID1A?

Essenzialmente, una mutazione di questo gene porta all’attivazione di alcuni enhancers, proteine che vanno a stimolare delle porzioni del genoma cellulare, che correlano con una disregolazione della normale funzione endometriale.
Questa disregolazione a sua volta può portare all’impianto in sede anomala del tessuto uterino, a causa dell’acquisizione da parte delle cellule di un fenotipo invasivo. Inoltre, è stata rilevata una associazione tra ARID1A e p300, una proteina che regola la trascrizione genica, la maturazione e la crescita cellulare.

Ipotesi terapeutica e speranze per il futuro

Appare dunque evidente come, se si trovasse un farmaco capace di agire su questi enhancers, si riuscirebbe a mitigare, se non del tutto curare, l’endometriosi ARID1A correlata.
Qui viene in aiuto la target therapy, cioè una terapia creata ad hoc per agire su un determinato bersaglio molecolare.
In questo particolare studio il target era P300, che una volta silenziato andava a bilanciare gli effetti della mutazione di ARID1A e della patologia.
Questo è solo il trampolino di lancio per ulteriori scoperte in campo farmacologico. Si auspica che le pazienti che soffrono di endometriosi possano ottenere al più presto il riconoscimento e le cure che meritano.

Maria Elisa Nasso