Tao Film Fest 69: Abel Ferrara si racconta e racconta il suo rapporto con l’Italia

– Quanto della tua vita metti nei film che fai?
Infinito!

È stata questa la risposta data dal grande regista Abel Ferrara alla domanda di un giornalista, durante la sua masterclass al Taormina Film Festival 69 (qui le nostre recensioni).

Durante l’incontro, Abel si è messo a proprio agio, scherzando col pubblico, rispondendo ai messaggi di James Franco e dando consigli ai fotografi su dove posizionarsi. Insomma, si è sentito subito a casa!

E non c’è da meravigliarsi se si pensa che da ben dieci anni, Abel Ferrara ha spostato la sua residenza in Italia, e più precisamente a Roma, città di cui è innamorato.

“In Italia si mangia ad orari precisi, ci si siede con un piatto di pasta. In America non lo capiscono, loro mangiano un panino senza smettere di lavorare. Ora che vivo da dieci anni qui, capisco che lo stile di vita italiano è molto più sano e naturale”.

Del resto, nel momento probabilmente più intimo di tutto l’incontro, Abel “si racconta”, affermando che l’Italia è il paese che lo ha salvato dall’alcolismo e dalla tossicodipendenza. Parlandoci poi del suo periodo a Napoli, dov’è rinato in una piccola comunità, e del rapporto con il nonno paterno, di origine italiana:

“Ero molto legato a lui mentre crescevo nel Bronx, è stata una figura importante per me. Mio nonno è nato vicino Napoli. C’è una sorta di connessione spirituale con quel luogo.”

Abel Ferrara
Abel Ferrara, con Barrett Wissman (direttore esecutivo del Taormina Film Festival 69) durante la masterclass a Casa Cuseni. @ Nando Purrometo

Senza tralasciare il modo in cui ha scoperto la figura di Padre Pio, a cui ha dedicato il suo ultimo film con Shia LaBeouf, presentato al Festival del Cinema di Venezia:

“A Napoli ho scoperto che Padre Pio e Maradona sono i santi patroni dei malavitosi e degli spacciatori. Ogni volta che andavo a comprare droga, c’era una statua di Padre Pio e mi chiedevo chi fosse”.

Pasolini, il vero maestro di Abel Ferrara

Ed è immediato il focus su Pasolini, considerato da Ferrara il suo maestro:

“Pasolini era un personaggio complesso: era contro il consumismo ma poi lo praticava. Sapeva che si può combattere contro il fascismo ma non contro il capitalismo, ed è vero. Lui lo aveva già capito cinquant’anni fa”.

Non si può dare torto a Mr. Ferrara, Pasolini fu un vero e proprio visionario. Era lui a dire, cinquant’anni fa, che l’avvento del consumismo capitalistico avrebbe rovinato il mondo. Sapeva che da quel momento in poi la popolazione, schiava della globalizzazione, non sarebbe stata più felice, perché alla continua ricerca di quel “sogno frustrato” che mai avrebbe potuto raggiungere.

Ed era sempre Pasolini a contestare il nuovo sistema educativo, anch’esso vittima di quel consumismo capitalistico, che avrebbe spogliato le nuove generazioni del pensiero creativo, dello spirito critico e d’osservazione. Per lui, il sistema educativo fallimentare sarebbe stato l’inizio della tragedia!

Abel Ferrara: Pasolini (2014)
Un frame del film “Pasolini” (2014) del regista Abel Ferrara. In proiezione durante il Taormina Film Fest 69.

Abel utilizza una metafora per spiegare il linguaggio di Pasolini: “È luce del sole che attraversa la polvere”. E nel suo film “Pasolini” (2014), fa pronunciare a Pier Paolo, interpretato magistralmente da Willem Dafoe, testuali parole:

“Narrative art, as you well know, is dead.”

Che sia il cinema, dunque, la nuova arte narrativa? Per Abel Ferrara lo è, in particolar modo in Europa:

“In America si aspettano sempre qualcosa di perfettamente dritto. In Europa mi posso esprimere meglio. Qui posso fare rock ‘n’ roll”.

Non poteva di certo mancare qualche parola per il suo amico e attore meticcio, Willem Dafoe, che al momento, stando alle parole del regista, sta girando un film segreto, di cui nessuno sa niente. E che lo stesso Abel ha paragonato, scherzando, a Marco Polo:

“Lui viaggia tantissimo, lavora con la Marvel, gira film indipendenti, ma poi torna sempre.”

Il regista si sofferma, infine, sul processo di realizzazione del film, definito come un continuo divenire, come il Panta rei di Eraclito:

“Ci sono dei film che prima odi e poi, dopo 15 anni arrivi a scoprirne il senso. Ma il film non cambia, siamo noi a cambiare!”

 

Domenico Leonello

Tao Film Fest 69: Bella Thorne e Khaby Lame

La quinta serata della kermesse taorminese ha visto all’opera una serie di registi emergenti, presentati dall’illustre ospite Bella Thorne. Sono stati proiettati dieci cortometraggi dai temi e dalla tecnica più disparati che hanno dato mostra a diversi talenti. Nel pomeriggio del giorno dopo, abbiamo avuto l’opportunità di assistere ad una masterclass tenuta da Khaby Lame, influencer italiano che vanta milioni di follower sui social.

Influential Shorts di Bella Thorne

Il primo corto che abbiamo visto era FIFA: a love letter to Rwanda diretto da Adriana Lima. Si tratta di una produzione legata al grande ente calcistico che mette in correlazione molte realtà locali legate al calcio, nate grazie al patrocinio di Gianni Infantino, il Presidente della FIFA, presente anche durante l’evento. Il film si è concentrato anche sulla realtà del Rwanda, situato in Africa. Infatti, ci sono molte scene dove viene spiegato e descritto l’immaginario simbolico, elemento importante che fortifica il senso di appartenenza degli abitanti.

Bella Thorne sulla passerella a Taormina. ©Federico Ferrara

I corti:

Good Intentions tratta la storia vera di un assassinio avvenuto tra le strade di Londra, diretto da Yasen Atour, famoso per la partecipazione in The Witcher e The Rings Of Power; cerca di raccontare al pubblico la storia di un ragazzo e una ragazza, appartenenti a due culture diverse, lui senegalese e lei indiana. Il tema centrale è proprio questo, la differenza, lo scontro e gli ideali di entrambe le famiglie.

The One tratta di una normale giornata madre-figlio nel parco, e si rivela una storia tutt’altro che tipica. Tuttavia, alla fine si svela (turning point) un thriller psicologico di alto livello che esplora il tentativo di interpretare Dio nell’era della tecnologia, con un incredibile plot twist finale. Peccato per la messa in scena un po’ troppo lenta all’inizio e precipitosa nel finale. Diretto da Nina Dobrev, famosa per il suo ruolo in The Vampire Diares, e interpretato da Madeline Brewer, Indya Moore e Ryan-Kiera Armstrong.

Paint Her Red è stato diretto da Bella Thorne, con il quale fa il suo ingresso nel mondo della regia. Interpretato anche da lei e Juliet Sterner, il corto rappresenta l’allegoria grottesca della crescita, fin dalla più tenera età, all’interno dello show business. Risulta dominante, dunque, l’alterità dell’immagine come pretesto per mostrare cosa si nasconde dietro le immagini auliche delle star.

Citiamo anche gli altri corti della rassegna di ieri sera: Sis di Miranda Haymon, I Am Khabane di Khaby Lame, Burrow di Leaf Lieber, Serpentine di Eva Vik, Don’t Go Too Far di Maram Taibah e Paint Her Red di Bella Thorne.

Adriana Lima sulla passerella. ©Federico Ferrara

Khaby Lame: il ruolo dei social media

Alle 13 di oggi, abbiamo ascoltato le parole dell’influencer riguardo la gestione e l’utilizzo dei social media, in particolare Tik Tok. Ha esordito raccontando la sua storia personale, la quale è ampiamente rappresentata nel suo cortometraggio sopracitato. Tra discorsi motivazionali dove incita i giovani a farsi avanti senza paura nella vita, ha condiviso delle riflessioni che hanno suscitato una certa emozione nel pubblico presente. Gli stessi presentatori, si sono congratulati per la sua tenacia e umiltà.

Khaby Lame. ©Federico Ferrara

Ha risposto anche a delle domande del pubblico, tra cui molti giovanissimi. Tra queste, una gliela abbiamo fatta noi riguardante la possibilità di partecipare a un film della Marvel, vista la sua partecipazione (cameo) al film Wakanda Forever. Ci ha risposto che vorrebbe vedere se stesso come un eroe che riesce sempre a trovare la soluzione a tutti i problemi all’interno della trama, che riesca anche a controllare i poteri della natura intorno a sé.

Federico Ferrara
Gabriele Galletta
Matteo Mangano
Asia Origlia

Tao Film Fest 69: A Thousand and One

 

A Thousand and One
A Thousand and One: una pellicola tanto drammatica ed avvincente da far commuovere il pubblico. – Voto UVM: 4/5

 

La quarta serata della sessantanovesima edizione del Taormina Film Festival (qui parliamo di un’altra premiere) è stata incentrata su una pellicola tanto drammatica ed avvincente da far commuovere il pubblico: A Thousand and One. La pellicola, diretta dalla regista americana A.V. Rockwell.

A Thousand and One racconta il dramma di Inez, e la dolorosa separazione dal figlio Terry; uscita di prigione, Inez è costretta a visitare il proprio bambino in pochi brevi momenti, fin quando non decide di portarlo con sé. Rapisce il bambino per poterlo crescere ad Harlem, quartiere di origine di Inez. Terry diventa grande, ma la realtà è destinata a venire fuori.

Nel cast ritroviamo l’attrice e cantante americana (nata ad Harlem) Teyana Taylor nel ruolo di Inez, il giovanissimo Aaron Kingsley Adetola nei panni del piccolo Terry e William Catlett come Lucky.

A Thousand and One: la realtà di Harlem

Elemento interessante di A Thousand and One è il modo in cui la regista fa emergere la realtà sociale di quartieri poveri e con molta criminalità come la Harlem nei primi anni 2000, prima della crisi economica del 2007/2008. In una città ricca come lo era e lo è New York, vengono mostrati gli invisibili, coloro che lottano per la sopravvivenza a pochi isolati da uno dei quartieri finanziari più ricchi del mondo. La città finisce per essere, dal punto di vista della regista, un terzo protagonista.

L’aspetto dei cambiamenti sociali viene reso chiaro allo spettatore attraverso estratti di telegiornali, di discorsi di due sindaci della città: Rudolph Giuliani, sindaco dal 1994 al 2001, e Michael Bloomberg, sindaco dal 2001 al 2013. Queste due figure hanno contribuito a modificare la realtà di questi quartieri, non sempre però a vantaggio della povera gente.

Il periodo di grande espansione del mercato immobiliare nei primi 2000 ha avuto le sue ripercussioni in quartieri come Harlem, dove si è puntato ad una riqualificazione della zona, con rinnovamenti edilizi. Questo fattore è mostrato in A thousand and one, dove nel 2005 molti edifici della zona vengono comprati e ricostruiti, e le famiglie, tra cui anche gli stessi Inez e Terry, vengono messi in condizione di dover lasciare obbligatoriamente la loro casa.

Il miglioramento della zona è continuato, ad avviso della regista A.V. Rockwell e dell’attrice Teyana Taylor, fino al presente. Al giorno d’oggi Harlem non è più il quartiere governato dalla criminalità ed in cui la gente viveva di precarietà, ma in questa riqualificazione le persone della zona, i neri specialmente, non sono stati considerati ed inclusi in questo processo di cambiamento.

Il montaggio “intimo” di A. V. Rockwell: nostalgia da cinepresa

Il film riprende, stilisticamente parlando, il genere del cinema underground, merito anche del direttore della fotografia Eric Yue e dei due addetti al montaggio: Sabine Hoffman e Kristan Sprague.

La regista A. V. Rockwell è stata capace, tramite primi campi molto “intimi”, a rappresentare la condizione dei singoli personaggi, in particolar modo della protagonista, Teyana Taylor.

A Thousand and One ricorda molto quei “vecchi” film girati con macchina da presa e pellicole da 35 mm. (o meglio, super 35 mm.). Anche se, la regista stessa ha affermato, durante la sua masterclass al Taormina Film Festival 69, di aver girato tutto con una videocamera ALEXA Mini LF.

La durata media delle inquadrature (o average shot length, ASL), è invece di 3 secondi circa, arrivando a 7/8 secondi, per le scene più struggenti. Innovativo per un film di genere drammatico, soprattutto perché gli conferisce una velocità maggiore e non fa perdere l’attenzione allo spettatore.

A Thousand and One
Da sinistra: Teyana Taylor e A. V. Rockwell, rispettivamente protagonista e regista di “A Thousand and One” al Taormina Film Fest 69, durante prima europea del film. @ Nando Purrometo

Inez: una figura guida per la stessa regista

La protagonista femminile Inez è costruita come una figura forte, determinata. La stessa regista Rockwell, alla masterclass tenutasi al Taormina Film Fest, afferma di ispirarsi molto al personaggio di Inez, di vederla come una figura importante per l’empowerment femminile. Inez riesce a lottare per il proprio figlio e per rialzarsi ad ogni problema ed avversità.

L’impatto del personaggio di Inez è chiaro per il pubblico specialmente per il suo ruolo di madre, quindi nel rapporto con Terry. Lei lotta per poter crescere il proprio figlio, per potergli dare una vera famiglia e proteggerlo dall’infanzia che lei ha dovuto vivere. Inez arriva ad andare contro la legge, contro il sistema di affidamento per il suo bambino.

Una figura così tenace e disposta a qualsiasi sacrificio per il proprio figlio non può che generare empatia nel pubblico.

“No matter where you come from, you have the strength to find Inez in you” – A.V. Rockwell durante il Festival

 

Ilaria Denaro
Domenico Leonello