Ucciso dai talebani il leader dell’Isis-K che pianificò l’attentato all’aeroporto di Kabul

I talebani hanno ucciso il leader dell’Isis-k, fazione dell’Isis attiva in Afghanistan, che ideò e pianificò l’attentato terroristico suicida all’aeroporto di Kabul del 26 agosto 2021. Talebani e Isis sono in guerra da tempo e spesso si scontrano, soprattutto da quando le forze armate americane hanno lasciato l’Afghanistan.

È ciò che riporta il New York Times, che attraverso diverse fonti ha dichiarato che l’Intelligence americana afferma senza dubbio che la mente dietro l’attacco all’aeroporto di Kabul è stata uccisa.

Uccisione del leader dell’Isis-k

Secondo l’Intelligence americana l’uccisione sarebbe avvenuta nei primi di aprile durante un’operazione dei talebani in Afghanistan. L’addetto stampa del Pentagono, il generale Patrick Ryder, ha voluto precisare che gli Stati Uniti non sono stati coinvolti, in alcun modo, in questa operazione.

Le autorità americane però, non hanno comunicato il nome del leader. Il portavoce del Consiglio di Sicurezza nazionale, John Kirby lo ha definito “solo” come: “La mente dell’orribile attacco” dichiarando in un comunicato:

Era un leader chiave dello Stato islamico che non sarà più in grado di pianificare o compiere attentati

Si ricorda che fra le vittime dell’attentato c’erano 13 militari americani.

Non sono stati forniti neanche i dettagli dell’operazione.  Infatti, non si conoscono le dinamiche del fatto, in particolare: se è stato ucciso in un attacco mirato o se è morto in uno scontro armato tra i due gruppi.

L’Amministrazione Biden sta chiamando le famiglie delle 13 vittime americane, uccise nell’attentato suicida a Kabul, per comunicare loro ciò che è avvenuto.

Non ci hanno dato il suo nome, non mi hanno riferito i dettagli dell’operazione

Ha dichiarato Darin Hoover, padre del marine Taylor Hoover, vittima dell’attentato. Molto amareggiato ha inoltre dichiarato che la morte dell’assassino di suo figlio porta poco conforto e che lui e sua moglie hanno trascorso l’ultimo anno e mezzo piangendo, pregando e chiedendo giustizia sottolineando la responsabilità dell’amministrazione Biden nella gestione del ritiro.

Ma cosa era accaduto nell’agosto del 2021?

Attentato Terroristico suicida del 26 agosto 2021

 

Immagine tratta da un video rilasciato dal Dipartimento della Difesa che mostra i marines statunitensi all’aeroporto di Kabul prima dell’attentato. Fonte: New York Times

Nell’attacco suicida compiuto il 26 agosto 2021 all’aeroporto di Kabul alle 17:50 ora locale, furono uccise più di 180 persone, fra cui : civili, militari statunitensi e membri dei talebani.

L’attentato avvenne dopo pochi giorni dalla riconquista del potere da parte dei Talebani in Afghanistan. Proprio per questo l’aeroporto era pieno di persone che cercavano di scappare dal paese dopo il ritiro delle forze armate americane. Stati Uniti e Regno Unito avevano cercato di avvertire i propri cittadini di stare lontano dall’aeroporto perché alto era il pericolo di attentati ma la disperazione, delusione e paura per quanto stava accadendo era troppa. L’attacco fu compiuto da un attentatore che si fece esplodere accanto a Abbey Gate, l’accesso dell’aeroporto del lato orientale. L’attentatore venne poi identificato: Abdul Rahman Al-Logari. L’atto venne subito rivendicato dall’Isis-K.

Qui il video con le immagini dei momenti successivi all’esplosione:

https://www.rainews.it/video/2023/04/casa-bianca-la-mente-dell-attacco-aeroporto-kabul-ucciso-dai-talebani-e0d11e75-ee57-4dd8-bf13-e179c6619c38.html

Critiche all’Amministrazione Biden

Molte sono le critiche mosse nei confronti dell’Amministrazione Biden a seguito del ritiro delle truppe americane. Nell’agosto del 2021, dopo tale decisione, il Presidente USA ha dichiarato:

 “La nostra missione in Afghanistan non è mai stata pensata per costruire una nazione“ rispondendo alle critiche sul ritiro delle forze armate americane dopo vent’anni in Afghanistan. Ha inoltre riconosciuto che l’Afghanistan è caduto “ più rapidamente del previsto” ma dichiara di non essersi pentito della sua scelta.

  “Sono profondamente rattristato da ciò che stiamo affrontando, ma non sono pentito della decisione. Io non posso e non chiederò ai nostri soldati di combattere una infinita guerra civile in un altro Paese”.

Ciò che è stato criticato non riguarda solo la decisione in quanto tale, affermando come siano stati sottovalutati tutti i rischi ad essa connessi ma anche la gestione e le modalità del ritiro.

Dopo pochi giorni da queste dichiarazioni si è verificato l’attentato all’aeroporto di Kabul.

A seguito del ritiro delle truppe americane tutto il mondo assiste ad una continua violazione, repressione, soppressione dei diritti umani. Le donne afgane, la popolazione afgana vive un incubo senza fine.

 

Marta Zanghì

Strage a Kabul, più di 68 morti tra giovani studentesse liceali e residenti

Fonte: Il Post

Sabato pomeriggio tre esplosioni ravvicinate in un quartiere occidentale di Kabul, capitale dell’Afghanistan, hanno causato la morte di almeno 60 persone e centinaia di feriti, seppure il bilancio ufficiale delle vittime non sia stato ancora confermato. Si tratterebbe soprattutto di giovani studentesse corse fuori in preda al panico dal liceo Sayed Ul Shuhada che frequentavano. 

Nemmeno la natura delle esplosioni è stata ancora chiarita, anche se l’attacco – il più sanguinoso dell’ultimo anno – sembrerebbe in qualche modo collegato al ritiro delle ultime truppe americane nel Paese, ordinato diversi mesi fa dall’ex presidente statunitense Donald Trump. L’azione non è stata per il momento rivendicata.

Le dinamiche dell’attentato

A detta di Al Jazeera (rete televisiva satellitare con sede in Qatar) l’attacco è avvenuto alle 17:30 ora locale, proprio nel momento in cui le studentesse lasciavano le loro aule della scuola superiore, situata nel distretto di Dasht-e-Barchi. La scuola prevede tre diverse fasce orarie per maschi e femmine e la seconda delle quali, quella in cui è avvenuto l’attacco, era riservata alle ragazze.

L’obiettivo e l’orario non sono stati frutto di una scelta casuale, bensì meditata e finalizzata a massimizzare il numero di vittime. Le giovani ragazze si apprestavano infatti ad uscire da scuola, mentre i residenti erano in strada a fare acquisti per la festa musulmana di Eid al-Fitr, che segnerà la fine del mese di digiuno del Ramadan la settimana prossima. Considerato l’accaduto, il presidente afghano Ashraf Ghani ha parlato di «crimine contro l’umanità e i principi islamici» e ha ordinato alle forze di sicurezza di “rispondere” con forza.

La stima più recente citata dall’agenzia di stampa britannica Reuters attesta che siano morte almeno 68 persone, e che altre 165 siano rimaste ferite a causa delle esplosioni. Tuttavia, bisogna specificare che le cifre sono state fornite informalmente dai funzionari afghani ai giornali internazionali, senza ancora alcuna ufficialità. Il portavoce del ministero degli Interni afghano Tariq Arian ha inoltre avvertito che il tragico numero delle vittime potrebbe aumentare ulteriormente.

Su Twitter, la denuncia dell’attivista afghana Wazhma Frogh: «I nostri bambini non meritano tutto questo. Nessun bambino lo merita, questo è terrorismo internazionale».

https://twitter.com/FroghWazhma/status/1391059454129577987

L’accusa del presidente afghano ai Talebani

Secondo la versione più accreditata dai media locali, a causare le esplosioni sarebbe stata un’autobomba a cui sono seguiti due ordigni rudimentali. Un portavoce dei Talebani (gruppo islamista ramificato in Afghanistan) di nome Zabihullah Mujahid ha negato il coinvolgimento nella strage del gruppo, sostenendo che un simile massacro di civili può essere solamente opera del Daesh:

«i circoli sinistri che, per conto dello Stato Islamico, operano sotto le ali e la copertura dei servizi di intelligence dell’amministrazione di Kabul»,

hanno accusato i Talebani in un comunicato, prendendo le distanze dalla strage.

Autobomba esplosa a Kabul. Fonte: Avvenire

Ma il presidente afghano non si lascia convincere da tali argomentazioni e continua ad accusare – senza fornire però alcuna prova – i Talebani dell’escalation di violenza che sta attraversando il Paese in questo momento:

«hanno dimostrato ancora una volta che non solo non sono disposti a porre fine alla crisi attuale con mezzi pacifici, ma complicano la situazione per sabotare le opportunità di pace», ha detto.

Diversi analisti ritengono plausibile l’accusa, dal momento che la zona in cui sono avvenute le esplosioni è abitata per la maggior parte dagli Hazara, musulmani di minoranza sciita con i quali i Talebani non sono mai stati in buoni rapporti e che, pertanto, sono stati più volte presi di mira dallo stesso gruppo politico-terrorista. L’ultima volta lo scorso ottobre, quando in un’altra scuola ci furono ben 24 morti e 57 feriti. E ancora un anno fa, sempre nello stesso quartiere, fu attaccato un ospedale di maternità: allora morirono 16 persone, tra cui due neonati, neo mamme e ostetriche.

La ripresa degli attacchi dopo gli accordi

Si continua a combattere in Afghanistan, dove da mesi avvengono quotidianamente violenze e azioni collegate agli scontri tra forze governative e il gruppo estremamente radicale dei Talebani.

Gli attacchi sono ripresi dopo che, all’inizio del 2020, gli Stati Uniti avevano finalmente trovato un accordo – dopo faticosi negoziati – con il gruppo di fondamentalisti islamici, che prevedeva che gli americani lasciassero il Paese entro il 2021. Quanto ai Talebani, invece, essi si sarebbero dovuti impegnare a prendere le distanze da Al Qaeda, uno dei più noti gruppi terroristici al mondo e loro alleati, e a condurre trattative di pace col governo centrale afghano.

Gruppo di Talebani in Afghanistan. Fonte: Notizie Geopolitiche

Se inizialmente i Talebani avevano rispettato l’accordo avviando le trattative con il governo, negli ultimi mesi hanno ripreso gli attacchi nei confronti di quest’ultimo. Probabilmente complice il progressivo ritiro delle truppe dell’esercito statunitense stabilito dall’ex presidente americano Donald Trump.

A sostegno di tale ipotesi le parole del New York Times:

«Oggi, in molti – compresi i talebani, secondo i funzionari governativi afghani – ritengono che il frettoloso ritiro americano sia il segnale che gli Stati Uniti se ne andranno a prescindere dalle violenze compiute dagli estremisti».

Un Paese in allerta massima

 I livelli di violenza sono già aumentati considerevolmente – specialmente nell’ultima settimana – per via della scadenza della data concordata lo scorso febbraio a Doha dai Talebani con gli Usa perché le truppe straniere lasciassero l’Afghanistan: dal primo maggio Kabul e tutto l’Afghanistan sono infatti in massima allerta.

La data del ritiro è stata consapevolmente posticipata dall’amministrazione Biden all’11 settembre prossimo, quando saranno trascorsi ben due decenni dagli attacchi jihadisti alle Torri Gemelle, innescati poco dopo l’invasione americana dell’Afghanistan che portò al rovescio del regime talebano.

Fonte: AGI

Solamente nelle ultime 48 ore sono morti almeno 250 Talebani e altri 106 sono rimasti feriti durante i combattimenti con le truppe afghane in nove delle 34 province del Paese. In Afghanistan non si registrava un numero tanto alto di estremisti morti in così poche ore da due anni, a dimostrazione di come – nonostante i vari tentativi di far avanzare i colloqui di pace ormai da tempo in stallo – è in corso una diffusa intensificazione del conflitto nel Paese.

Gaia Cautela