The Flash: anche la DC arriva nel Multiverso ma è un fallimento!

The Flash
The Flash: un film godibile per passarsi un paio d’ore ma che allo stesso tempo lascia qualche delusione. – Voto UVM: 2/5

 

The Flash è un film DC del 2023 appena arrivato nelle sale cinematografiche. Il film è diretto da Andy Muschietti ed è appartenente al DC Extendend Universe (DCEU) iniziato nel 2013 con Man Of Steel (L’Uomo D’Acciaio). È il primo film stand-alone del Velocista Scarlatto ed ha come protagonista Ezra Miller. Nel cast sono presenti anche Michael Keaton, Sacha Calle, Michael Shannon, Ben Affleck, ecc.

Trama

Barry Allen/Flash (Ezra Miller) scopre che con la sua velocità può tornare indietro nel tempo ed ha intenzione di cambiare il passato, per evitare che si verifichi una tragedia che lo ha segnato. Il suo amico Bruce Wayne/Batman (Ben Affleck) cercherà di farlo ragionare ma Barry non lo ascolterà.

La manipolazione del tempo da parte di Barry porterà ad una collisione di diversi mondi paralleli e farà si che il protagonista si ritrovi in un universo in cui non esistono i Metaumani.

Come se non bastasse è minacciato dal Generale Zod (Michael Shannon), il villain che Superman ha sconfitto nel suo mondo. Solo che in questo, Superman non è mai arrivato sulla Terra. Barry cercherà di fermarlo e, visto che non esistono i membri della Justice League che conosce, si ritroverà degli alleati inaspettati: un Batman (Michael Keaton) diverso da quello che conosce e ritirato a vita privata, Supergirl (Sacha Calle), cugina di Superman e un’altra versione di sé stesso con i suoi stessi poteri

The Flash: il migliore film della DC?

Assolutamente no! La frase “The Flash è il miglior cinecomic DC, al pari del Cavaliere Oscuro” si è rivelata un’esagerazione, una strategia di marketing fallimentare.

The Flash è un film che se viene preso così com’è può rivelarsi un prodotto d’intrattenimento buono giusto per passarsi due orette e mezza. È un film divertente, abbastanza coinvolgente, a tratti drammatico e che lascia un bell’insegnamento.

“Le nostre ferite ci rendono chi siamo. Non dobbiamo tornare indietro a sistemarle. Non farti definire dalla tua tragedia”.

La frase detta dalla versione di Batman interpretata da Ben Affleck racchiude ciò che insegna questo film. Ed è proprio da qui che Barry parte per tentare di cambiare il passato ma questo porterà ad un impatto non indifferente per il Multiverso.

Un altro film sul multiverso?

Da un po’ di tempo a questa parte, quella del multiverso è una delle tematiche principali di molte case di produzione. Se n’è appropriato, con non poca fatica, il Marvel Cinematic Universe, ad esempio, con Ant-Man And The Wasp Quantumania (qui la mia recensione); è presente nella trama del premio Oscar 2023: Everything Everywhere All At Once (ne parliamo qui), riuscendo a sorprendere (o meglio, “sconvolgere”) il pubblico.

Anche la DC, ora, è entrata nel Multiverso e tutto sommato lo fa discretamente, dando delle spiegazioni piuttosto sensate e ripescando alcuni volti iconici della storia del cinema che faranno riaccendere la nostalgia alle vecchie generazioni.

I camei presenti…FAN SERVICE?

E qui ci si avvicina ad un enorme paradosso: nonostante The Flash insegni che il passato fa parte dell’uomo e che è fondamentale superarlo per andare avanti, nello stesso film si punta anche ad un effetto nostalgia ripescando personaggi che hanno fatto la storia dei cinecomics.

Per esempio, il Batman di Michael Keaton: chi è nato e cresciuto negli anni 80 e 90, ricorda i due film di Tim Burton molto fumettistici, con le colonne sonore di Danny Elfman e con un protagonista come Keaton che si è saputo calare nel personaggio ed ancora oggi, ci riesce. I fan noteranno di sicuro il citazionismo ed allo stesso tempo, altri penseranno che sia un Fan-service non necessario.

Non è questo il caso, perché il ruolo di Keaton è contestualizzato. Interpreta un Batman stanco, maturo ma allo stesso tempo demotivato. Sarà l’arrivo di Barry che gli farà ritrovare la motivazione per uscire dalla sua bat-caverna.

Allo stesso tempo e nonostante appaia solo per pochi minuti, anche il Batman di Ben Affleck fa la sua bella figura, sia nelle scene action coinvolgenti che nei dialoghi. Si presenta come una figura più equilibrata e più saggia rispetto al Batman di Keaton. Peccato per il suo limite di tempo!

Entrambi si presentano al pubblico con due versioni di Batman interessanti e rientrano nella natura del personaggio nonostante il passato simile e la storia differente. Ma la presenza dei due Batman non toglie il piacere di vedere altri camei inaspettati di personaggi amati dal pubblico.

The Flash
Poster del film “The Flash”. Prodotto da: DC Studios.

Ne vale la pena?

Il film è “godibile” ma presenta dei difetti che rendono impossibile chiudere un occhio. Per via dei lunghi tempi di produzione, del continuo aumento del budget per la realizzazione del film, delle modifiche della sceneggiatura, dei passaggi di ruolo dei pezzi grossi della Warner e dei problemi psicologici (e legali) dell’attore protagonista, si vede che la pellicola è stata soggetta a vari cambiamenti.

Ma non può essere questa una giustificazione: basti guardare la pessima CGI!

Allo stesso tempo, però, ci sono dei pregi come la colonna sonora, una regia gestita abbastanza bene da Muschietti e la buona scrittura di personaggi come i due Batman e la Supergirl di Sacha Calle.

Il protagonista Ezra Miller, invece, se la cava nel suo ruolo, ma certe volte è fin troppo sopra le righe.
Se non ci si fa aspettative è un film divertente che però, viste le dichiarazioni recenti, ha lasciato delle delusioni.

Quale sarà il futuro della DC?

Oltre ad averlo etichettato come il miglior film della DC dai tempi del Cavaliere Oscuro (anche meno!), il neo-presidente dei DC Studios James Gunn ha dichiarato che “The Flash” sarebbe stato una sorta di soft-reboot per “chiudere” il vecchio universo condiviso dei personaggi DC che si è visto negli ultimi anni e gettare le basi per quello nuovo che sarà gestito da Gunn stesso.

Ebbene, non è così. Il finale è strano e non apre a nessun reboot. Inoltre, c’è dell’amaro in bocca per via della scarsa gestione del vecchio universo nei confronti di tutto quel potenziale sprecato!

Staremo a vedere, in futuro, cosa Gunn avrà in serbo per noi!

 

Giorgio Maria Aloi

Quando muore davvero un eroe?

Quasi ogni eroe che sia mai apparso sulle pagine di un fumetto ha incontrato il suo fato ultimo. Che sia per il decorso di una malattia, o per la lotta contro un acerrimo nemico, o per un eroico sacrificio. Ma qual è davvero il significato di queste morti? Perché alcune restano ancora nella storia della letteratura a fumetti e molte altre vengono spesso derise dai lettori? Cercando una risposta a questa domanda, riguardiamo assieme come è nato il concetto di morte nei fumetti supereroistici e perché siamo oggi qui a parlarne.

Tavola dal fumetto “The night Gwen Stacy died” edito da Marvel Comics.

Una delle prime morti a fumetti è quella di Gwen Stacy, compagna in pianta stabile di Spider Man. Negli anni settanta non si riteneva ancora possibile fare fuori un personaggio così importante, e farlo con la fidanzata di Peter Parker ha rappresentato una mossa inaspettata. Arrivare ad ucciderla fu, davvero, una mossa epocale, tanto che il Gwen Stacy è tra i pochi personaggi a cui viene dato, ancora oggi, un trattamento speciale, essendo rimasta morta dagli anni ’70.

Ed arriviamo qui ad uno dei punti centrali delle morti fumettistiche, ovvero il fatto che durano poco!

Morte e resurrezione

Nel 1992 fu scritta la prima vera morte utilizzata come pretesto di marketing, quella di Super Man.
L’editore DC Comics preannunciò questo arco narrativo con largo anticipo per ottenere più buzz mediatico possibile. Secondo alcuni fu questo il momento in cui la morte di un eroe cominciò a perdere di significato.

Utilizzata solo per creare trambusto tra i lettori e togliersi di mezzo scomode dinamiche che non permettono totale libertà creativa. Un esempio perfetto è la “morte” di Peter Parker, precedente alla nascita dell’uomo ragno superiore: il Dottor. Octopus ruba il corpo del tessiragnatele e ne prende il ruolo diventando un antieroe con molte poche remore. Il ragno originale non ci ha messo molto a tornare e ciò, essendo scontato per tutti, ha tolto davvero qualunque elemento di sorpresa al lettore, eliminando il peso emotivo della perdita.

È questo il motivo che spinge molti a non essere più colpiti da questi eventi, ormai considerabili davvero, solo un espediente per aumentare le vendite.

Tavola dal fumetto “La morte di Superman” edito da DC Comics. Fonte

Può essere solo banalità?

Lo abbiamo detto anche prima, esistono delle morti iconiche ancora oggi ben ricordate. Chiediamoci allora il perché. Nel momento in cui perdiamo un eroe sappiamo già che tornerà, allora, cosa ci rimane per emozionarci?

Molto banalmente, le cause dell’evento in sé: come ha incontrato la morte il nostro eroe, per mano di chi, quali erano i moventi, a cosa ha portato, qual è stata la reazione di chi aveva attorno e anche quali sono stati gli effetti sulla storia andando avanti. In una serie a fumetti del 2018 sull’incredibile Hulk ad opera di Al Ewing si affronta il tema dell’immortalità, mostrando quello che è possibile fare con un personaggio.

Facendo un esempio fuori dal fumetto ma rimanendo in casa, parliamo del film Logan – The Wolverine (2017): una pellicola straziante che ci pone davanti ad un eroe decadente e alla sua avventura accanto ad un personaggio che assume il ruolo di figlia. Si tratta di un esempio perfetto di “addio” ad un supereroe: emotivo e con un importante impatto sui personaggi e sulla storia a lui successiva.

Affrontare le conseguenze narrative e drammatiche della fine di una vita è qualcosa di molto delicato; fare fuori un personaggio può spesso risultare banale ed è per questo che ci auguriamo spesso che il mietitore di anime non lavori mai troppo in questi mondi immaginari.

Tavola del fumetto “Hulk l’immortale” edito in da Marvel comics. Fonte

Più di uno strumento di marketing

La morte è sempre più spesso un evento creato apposta per riavvicinare fan del fumetto ai negozi. Ma può in realtà rivelarsi una grande occasione per sviscerare aspetti di quel personaggio mai affrontati. Molte persone hanno sollevato lo scudo di Capitan America, ma solo dopo che questo veniva gettato da Steve Rogers e Bruce Wayne, come ben sappiamo, non è stato l’unico Batman mai esistito.

È irrealistico pensare che uno strumento narrativo così efficacie non venga più utilizzato solo perché banale. Ci auguriamo solo che non diventi ancora di più una moda e sia usato con parsimonia!

 

Matteo Mangano

È davvero possibile? Uno sguardo alla scienza dei supereroi

Non importa se sei giovane o vecchio, uno studente o un avvocato di famiglia praticante, i film sui supereroi sono divertenti, stimolanti e pieni di riferimenti scientifici, che sembrano rendere il film ancorato alla realtà. Tuttavia, non significa che ogni riferimento sia del tutto veritiero. Diamo un’occhiata più da vicino alla scienza dietro questo fantastico mondo.

   Indice dell’articolo:

Spider-Man ferma un treno in movimento

 

Spider-Man fa tutto ciò che un ragno può: ma la sua ragnatela sarebbe abbastanza forte da fermare un treno in movimento?

Fotogramma che ritrae la scena del film www.nerdburger.it

In questa scena, tratta dal film del 2004, l’arrampicamuri impedisce ad un treno sopraelevato in fuga di schiantarsi, lanciando una rete di ragnatele per rallentarlo. Quando l’abbiamo visto per la prima volta, siamo rimasti molto colpiti dalla resistenza alla trazione delle ragnatele.
Quanto sono forti davvero? Considerando la velocità del treno, le sue dimensioni, la massa, la distanza che ha percorso e quanta ragnatela è stata sparata, si può affermare che: affinché quel treno si fermi sui suoi binari, la ragnatela di Spidey dovrebbe avere una trazione di forza di 1.000 mega Pascal o 145.000 psi.

Studi scientifici

Gli studenti di fisica dell’Università di Leicester effettuando un calcolo,  hanno dimostrato che la forza della ragnatela di Spiderman è proporzionale a quella dei veri ragni. Inoltre, hanno scoperto che la forza che le ragnatele di Spider-Man esercitano sul treno è di 300.000 Newton e che il modulo di Young (o rigidità) delle stesse è pari a 3,12 giga Pascal. Questo è molto ragionevole per la seta di ragno, che varia da 1,5 giga Pascal a 12 giga Pascal nei ragni tessitori. La tenacità della ragnatela è stata calcolata in quasi 500 mega joule per metro cubo. Ciò risulta essere in linea con la ragnatela di un Darwin’s Bark Spider, un ragno tessitore che vanta la ragnatela più forte attualmente conosciuta.

Darwin’s Bark Spider

Il ragno

È stato concluso che la tessitura del supereroe è davvero un equivalente proporzionale di quella di un vero ragno e, di conseguenza, sarebbe possibile per lui fermare un treno in movimento. Analogamente, una ragnatela ridimensionata a un campo da calcio potrebbe facilmente fornire il lavoro per fermare un aereo in volo.
Alex Stone, 21 anni, uno degli studenti, ha affermato: “Si dice spesso che le ragnatele siano più forti dell’acciaio, quindi abbiamo pensato che sarebbe stato interessante vedere se ciò fosse vero per la versione ingrandita di Spiderman. Considerando l’argomento, siamo rimasti sorpresi di scoprire che la ragnatela è stata ritratta accuratamente.”
I ricercatori dell’Università del Wyoming hanno sviluppato un modo per incorporare i geni che filano la seta di ragno nelle capre. Sono stati in grado di raccogliere grandi quantità di proteine ​​della seta dal latte delle capre. Chissà se in futuro potremo avere un vero Peter Parker.

Entanglement quantistico

In Ant-Man and the Wasp, siamo stati introdotti al concetto di entanglement quantistico attraverso la connessione di Scott Lang con Janet Van Dyne. Si ritiene che la sua psiche si sia impigliata con quella di Janet, il che gli ha permesso di vederla attraverso se stesso.
L’entanglement quantistico è un fenomeno della meccanica quantistica in cui gli stati quantistici di due o più oggetti devono essere descritti in riferimento l’uno all’altro, anche se i singoli possono essere spazialmente separati. Ciò porta a correlazioni tra le proprietà fisiche osservabili dei sistemi.
Ad esempio, è possibile preparare due particelle in un unico stato quantistico, così che si possa osservare sempre da un lato uno spin-up e dall’altro uno spin-down e viceversa, nonostante sia impossibile prevedere quale insieme di misurazioni verrà osservato.

Rappresentazione dell’entanglement quantistico ©Jacopo Burgio


Di conseguenza, le misurazioni eseguite su un sistema sembrano influenzarne altri istantaneamente coinvolti con esso. Ma l’entanglement quantistico non consente la trasmissione di informazioni classiche più velocemente della velocità della luce.
Le correlazioni previste dalla meccanica quantistica, osservate sperimentalmente, rifiutano il principio del realismo locale, ovvero che le informazioni sullo stato di un sistema dovrebbero essere mediate solo dalle interazioni nelle sue immediate vicinanze.

Evidenze reali in fisica

La cosa interessante è che l’idea dell’entanglement quantistico è un fenomeno reale in fisica. Infatti, se un oggetto si sovrappone alle funzioni dell’onda quantistica di un altro oggetto, si parla di entangled. Pertanto, anche se le due entità fossero allontanate il più possibile senza ingarbugliarle, resterebbero connesse tra loro influenzandosi vicendevolmente.
L’entanglement quantistico ha applicazioni nelle tecnologie emergenti dell’informatica quantistica e della crittografia quantistica, ed è stato utilizzato per realizzare sperimentalmente il teletrasporto quantistico. Gli scienziati, oggi, stanno lavorando con questo principio nella speranza di creare un supercomputer quantistico.

L’armatura di Iron Man e il suo funzionamento

L’idea della tuta di Iron Man è plausibile e in qualche modo realistica. Il problema, tuttavia, è che la nostra attuale tecnologia non è così sviluppata da consentire le abilità mostrate da Tony Stark. Per volare Iron Man usa stivali da jet e raggi repulsori. Gli stivali jet forniscono la maggior parte della spinta necessaria tale da fargli raggiungere velocità supersoniche. I raggi repulsori, situati nei palmi delle mani, forniscono stabilità insieme a lembi dispiegabili posti in varie sezioni della tuta.

Rappresentazione dell’armatura di Iron Man ©Jacopo Burgio

La propulsione

La terza legge di Newton afferma che “per ogni forza c’è una forza uguale e contraria“. È proprio questo principio che fa avanzare gli aerei a reazione e i razzi che vanno sulla Luna. Affinché il razzo raggiunga la destinazione, ha bisogno di una forza opposta che sia più forte della gravità. In pratica, tale forza, si ottiene utilizzando gas ad alta velocità che vengono espulsi verso il basso.
Per Iron Man è la stessa cosa: affinché la tuta si muova verso l’alto, deve espellere i gas verso il basso. Questo sembra accadere nel momento in cui vediamo polvere e fogli di carta volare quando Iron Man è sospeso in aria, durante i primi test della sua tuta.

I gas

Ma da dove vengono quei gas? In un razzo, il gas è vapore acqueo che proviene dalla combustione dell’idrogeno e dell’ossigeno contenuto nel serbatoio del carburante, ma per Iron Man non c’è produzione di gas poiché la potenza dell’armatura deriva da un ordigno nucleare. Possiamo però notare alcune scie di fumo nero dietro la tuta volante: questo non è molto coerente.
Dal momento che non ci sono emissioni di gas con un reattore nucleare, rimane l’opzione dei turboreattori: un reattore che aspira l’aria dall’alto e la spinge verso il basso. Fondamentalmente è ciò che fanno gli elicotteri. Ma ancora una volta, questo non è possibile quando, nel primo film di Avengers, la tuta sta andando nello spazio dove non c’è aria per spingere o addirittura sott’acqua.

Propulsore ionico

L’unica opzione rimanente è quella di un propulsore ionico, che utilizza un elettromagnete per accelerare gli ioni (particelle cariche) e spingerli. Quindi, la propulsione del dispositivo è generata dalla spinta degli ioni. Questo potrebbe funzionare a patto che Stark abbia un’enorme riserva di ioni nella sua tuta e un propulsore ionico estremamente potente: una spinta tipica di un tale motore equivale a 50-250 millinewton, che è bassa quanto la forza di soffiare con la tua bocca!
Ci vorrebbero circa 4000 propulsori ionici per sollevare un uomo di 100 kg, senza alcuna corazza e senza le 500 tonnellate di carburante ionico che sarebbero necessarie a tutti questi propulsori.
L’ipotesi dell’utilizzo di un propulsore ionico non è quindi plausibile. Funzionano solo nello spazio, dove non c’è resistenza dell’aria: la spinta potrebbe essere molto bassa, ma se alimentata abbastanza a lungo, accumula la velocità e dopo alcuni giorni la navicella si muove a velocità letteralmente astronomiche.

L’alimentazione

Il problema, tuttavia, è l’energia necessaria per il volo sostenuto. Non solo volare in giro costa una notevole quantità di energia, ma anche la tuta stessa. Il computer con cui Stark parla (Jarvis) deve costantemente utilizzare tonnellate di energia oltre a quella necessaria per far muovere l’armatura. Una versione reale dell’armatura di Iron Man richiederebbe più energia di quella che può produrre una centrale nucleare. Ma le tecnologie di oggi non sono sicuramente a quel livello di complessità ed efficienza. Tanto è vero che lui utilizza come fonte di energia un reattore Arc, un reattore nucleare a fusione fredda, che abbiamo già trattato in un precedente articolo.

Considerazioni finali

Detto questo, la forza richiesta per dare sollevamento a un oggetto di diverse centinaia di libbre sarebbe considerevole. Con l’equazione F=ma, sappiamo che per accelerare l’oggetto la forza dovrebbe essere più forte. Di conseguenza, con il progredire del volo, l’accelerazione dovrebbe essere ancora continua se non più forte. Dato che l’energia che la tuta richiede è enorme e considerando la legge di conservazione dell’energia (nessuna energia può essere prodotta o distrutta), non è possibile avere abbastanza energia da produrre/convertire per l’uso dell’armatura.
Concludendo, la propulsione dell’armatura di Iron Man come viene fissata nei film rimane un mistero per la scienza, ma non ancora per molto. Infatti Adam Savage qualche anno fa, ha creato un prototipo funzionante dell’armatura formata da quattro minisuperturboreattori.

Conclusioni

I film sui supereroi ci hanno fatto e continueranno a farci sognare e ad essere fonte di ispirazione per la scienza. È solo questione di tempo che tutto ciò che non è ancora realtà, lo diventi.

Ogni grande progresso scientifico è scaturito da una nuova audace immaginazione.

 

Gabriele Galletta

Wanda Vision: l’autorialità della cultura pop

Voto UVM: 4/5

A distanza di più di un anno dalla sua ultima produzione, il Marvel Cinematic Universe (MCU) ritorna in grande stile con il prodotto più autoriale mai fatto in questi 13 anni di attività.

Wanda Vision, nella programmazione dei prodotti della fase 4 dell’universo cinematografico Marvel, avrebbe dovuto essere il quinto (Black Widow, Eterni, Shang Chi, Falcon and the Winter Soldier), ma, a causa della pandemia e dei molteplici rinvii del film sulla Vedova Nera, è stato deciso che fosse il prodotto iniziale della suddetta fase.

La serie (ambientata subito dopo le vicende di Avengers Endgame) è stata realizzata nel modo più inaspettato possibile per un prodotto del suo genere: infatti, la parte iniziale della serie è una celebrazione della sitcom americana, che si evolve con il passare degli episodi, passando dagli anni 50 agli anni 80-90, fino alla più che naturale (ma contestualmente di ottima fattura) trasformazione in cinecomic.

 

Poster della serie

Ritroviamo Elizabeth Olsen, nei panni di Wanda, e Paul Bettany, nei panni di Visione, ma con uno spazio ad essi dedicato, ovviamente maggiore, in cui i due talentuosi attori riescono a dare il meglio di loro stessi immergendosi totalmente nel mood mutevole della serie. In particolar modo Elizabeth Olsen riesce a esprimere nel migliore dei modi tutte le sfaccettature del personaggio da lei interpretato, passando dal comico al drammatico con una naturalezza sconvolgente.

La serie ci porta a Westview, dove Wanda e Visione vivono la più classica delle vite da coniugi che veniva rappresentata nelle sitcom di metà secolo scorso, dove, tra battute e situazioni comiche, si insinua sempre più, con il passare degli episodi, un senso di stranezza e surrealtà, con un incedere sempre maggiore, fino al raggiungimento delle molteplici rivelazioni, che faranno capire la reale natura sia di Westview sia delle vite così perfette ma, al tempo stesso, irreali di Wanda e Visione.

Il prodotto segue lo schema di distribuzione, ormai consolidato, della piattaforma di Disney+ di un episodio a settimana, mossa vincente in quanto riporta lo spettatore alla bellezza del teorizzare (in particolar modo dopo l’introduzione di un personaggio specifico) su ciò che avverrà nell’episodio successivo, o su come tutta la serie influenzerà il macroverso del MCU; questi aspetti non si vedevano nel panorama delle serie tv dai tempi di un vero e proprio cult come Game of Thrones.

La Marvel attinge a piene mani dai fumetti più noti dei due personaggi, riadattandoli alla serie e, più in generale, al mondo narrativo cinematografico della Casa delle Idee, dal Visione: Un pò peggio di un uomo/un pò meglio di una bestia di Tom King, al celebratissimo House of M di Brian Bendis.

 

Copertina del numero 1 di House of M – Fonte: Wikipedia

L’insieme non è tuttavia privo di difetti, in quanto l’introduzione di personaggio in particolare (non lo menzioniamo per evitare un enorme spoiler) non viene giustificata e approfondita nella narrazione della serie, lasciando lo spettatore alle più disparate speculazioni o al pensare che il tutto possa risolversi nell’essere del mero fan service; inoltre, il finale non risulta incisivo come il resto della serie.

In conclusione, Wanda Vision è una scommessa più che vinta da parte dei Marvel Studios, che riescono, con il loro prodotto di fascia più pop, a creare una serie autoriale magistralmente scritta e recitata che non manca di tutte le sfere che hanno reso celebre la categoria nell’ultimo decennio abbondante, ma che si evolve nell’avere una propria identità alzando l’asticella delle aspettative verso i prodotti successivi della piattaforma stessa.

Adesso non resta che vedere cosa Marvel e Disney abbiano in serbo per noi con le prossime serie.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                               Giuseppe Catanzaro

Black Panther

Se volete passare un San Valentino differente giorno 14 febbraio uscirà in sala Black Panther.

Il film della Marvel trae origine dall’omonimo supereroe apparso per la prima volta nel 1966 su Fantastic Four n. 52.
Pantera Nera è il sovrano e protettore del Regno di Wakanda, nazione dell’Africa subsahariana tra le più ricche e tecnologicamente avanzate della Terra. È dotato di abilità sovrumane dopo averingerito “l’erba a forma di cuore” , spesso combatte affianco degli Avengers.
La trama del film vede T’Challa (Chadwick Boseman) tornare a casa a causa della morte del padre, diviene così re del Wakanda.
Wakanda è una città ricchissima ed molto più evoluta rispetto al mondo intero, è un luogo semi mitico, definita la “città dorata”.
T’Challa deve combattere due nemici che cercano di detronizzarlo Erik Killmonger (Micheal B. Jordan) e M’Baku e così veste i panni di Pantera Nera. Farà squadra con l’agente della CIA Everett K. Ross (Martin Freeman) e con il corpo speciale wakandiano delle Dora Milaje, tra le quali figura anche l’amata Nakia (Lupita Nyong’o).

Il regista del film è Ryan Coogler (Creed) e l’ensamble è la crème della crème degli attori afroamericani, ai nominati aggiungiamo l’immensa Angela Bassett (Malcom X, AHS, La musica del cuore), il grande Forest Whitaker (L’ultimo re di Scozia, Goodmorning Vietnam),  Daniel Kaluuya (candidato quest’anno all’oscar come miglior attore protagonista per “Get Out!- Scappa!”), Letitia Wright e Danai Gurira (The Walking Dead).

La critica internazionale  ha acclamato questo film:
il NYT “L’etnia è importante in Black Panther, molto importante non solo in termini manicheistici di buoni /cattivi, ma anche come modo di esplorare preoccupazioni umane più ampie come il passato, il presente e l’abuso di potere. Anche solo questo rende il film molto più riflessivo sul modo in cui funziona il mondo di un mucchio di film mainstream.”
Collider invece “Black Panther non è un trionfo solo perché è un film importante e senza precedenti, ma anche perché è un film di supereoi pazzesco e splendido da vedere. Un equilibrio delicato e impressionante. Ci sono dei difetti, ma sono frutto dello stile Marvel – il film dura 20 minuti di troppo e ci sono troppi villain minori, ma sono piccoli difetti che non distolgono l’attenzione dal successo di Coogler.”

Il pubblico su Rotten Tomatoes gli ha dato un punteggio di 99%.

Insomma non resta che andare a vederlo per poter concordare o meno.

 

Arianna De Arcangelis