Emozioni di pancia: il collegamento fra l’intestino e la nostra mente

Vi è mai capitato di sentirvi meglio dopo aver mangiato una buona lasagna?
Potrebbe sembrare banale ma per la scienza non lo è. Recenti studi stanno facendo sempre più chiarezza sulla relazione che intercorre tra la flora batterica intestinale, chiamata anche microbiota”,  il benessere del nostro corpo e dei nostri stati d’animo.

Indice dei contenuti

  1. Cos’è il microbiota intestinale e che funzioni svolge
  2. Collegamento fra la pancia e la mente
  3. Quali sono i fili che li collegano?
  4. I “computer”
  5. La “tastiera”
  6. La nuova frontiera

Cos’è il microbiota intestinale e che funzioni svolge

Il nostro corpo è la casa di una miriade di microorganismi indispensabili per la vita e, una grandissima parte di essi, è situata nel nostro intestino.
Nell’apparato digerente, infatti, sono presenti numerosissimi batteri che fanno parte di un sistema complesso e organizzato: la flora batterica, di cui abbiamo parlato in un altro articolo.
La costituzione del microbiota intestinale è vastissima e conta circa 400 specie di batteri, ad esempio i lattobacilli.
Uno studio di Hao Wang e colleghi pubblicato nel 2018, mette in evidenza come il microbiota sia importantissimo per il benessere della mucosa intestinale: mantiene integro lo strato di cellule che la compone, protegge dagli attacchi di eventuali batteri patogeni grazie alla secrezione di sostanze antimicrobiche e adempie a funzioni metaboliche di sostanze che altrimenti sarebbero difficili (se non impossibili) da assimilare da parte del nostro corpo.
Da queste premesse ne consegue che la nostra salute passa prima da quella dei nostri graditi ospiti.

 

Sistema digerente, nel baloon flora intestinale. Fonte

Collegamento fra la pancia e la mente

Il microbiota ha suscitato notevole interesse nella comunità scientifica. La perturbazione della flora batterica (spesso dovuta anche all’abuso degli antibiotici) è causa di molte condizioni patologiche che variano dall’acuto al cronico, persino gravi conseguenze psicologiche che si riflettono nello spettro della depressione e dei disturbi d’ansia, come spiegato in uno studio del 2020 pubblicato da Klaus e Katharina Lange e colleghi del Department of Experimental Psychology dell’Università di Regensburg in Germania. In questo studio, i ricercatori, hanno evidenziato una differenza nella psiche tra topi normali e topi germ-free (privati di batteri). Questi ultimi soffrivano di ansia e depressione, manifestata come disinteresse nelle attività.

Quali sono i fili che collegano stato mentale e intestinale?

Ma come è possibile che vi sia una così forte connessione tra un gruppo di batteri e le emozioni?
Anche il nostro stato d’animo è completamente controllato dalla biologia e sembrerebbe che il microbiota intestinale abbia un ruolo in prima fila.
Lo stomaco e l’intestino tenue sono due degli organi che costituiscono l’apparato digerente. Per funzionare devono essere sia vascolarizzati che innervati. Il nervo che permette i movimenti muscolari intestinali (come la peristalsi) è il nervo Vago, il 10° nervo cranico a stretto contatto con le reti nervose del Sistema Nervoso Intestinale (SNI), che sembra essere un importante modulatore della struttura di elaborazione delle nostre emozioni: l’Amigdala.

I “computer”

Lo sviluppo delle emozioni (così come di ogni altro stimolo) è deputato al cervello e alle sue strutture che, come computer, elaborano le informazioni provenienti dalla periferia. Nel caso delle emozioni i “computer” sono principalmente l’amigdala, il talamo e la neocorteccia (che costituiscono insieme ad altre strutture il sistema limbico).
Gli organi di senso inviano lo stimolo al talamo che, a sua volta, lo trasferisce all’amigdala dove esso viene sviluppato.
L’amigdala è una struttura a forma di mandorla (da qui il nome) ed è coinvolta nella messa a punto della risposta emotiva. Essa, infatti, permette la traduzione dello stimolo precedentemente incamerato in una risposta che noi percepiamo come paura, stress, ansia, gioia, felicità etc.

 

La “tastiera”

Il microbiota intestinale è in grado di secernere delle sostanze, anche di scarto, che fungono da veri e propri neurotrasmettitori (le molecole che interagiscono con le cellule nervose). Questi, come una tastiera, dicono ai nostri neuroni cosa devono scrivere e come lo devono scrivere per proiettare i segnali ai nostri “computer” che li metteranno insieme.
Queste molecole entrano in contatto con il SNI il quale propaga al Vago influendo sull’amigdala e sulle strutture deputate alla risposta emotiva. L’effetto è anche legato alle molte sostanze prodotte dal microbiota che tengono sotto controllo l’operato di alcune molecole modulatorie nel nostro cervello (i microRNA o miRNA) come messo in luce da un lavoro del 2017 di Alan Hoban e Gerard Clarke. Eventuali alterazioni a carico dell’integrità del microbiota causerebbero, di riflesso, deviazioni del normale flusso di controllo degli stati d’animo, facendoci sentire più tristi, svogliati, meno produttivi e appagati. Dopo le evidenze sperimentali e i lavori sull’argomento, la relazione tra pancia e mente sembra essere sempre più chiara e con sempre più tasselli che si aggiungono al puzzle.

Descrizione anatomica del sistema limbico. Fonte

La nuova frontiera

I batteri intestinali, nostri amici, hanno fondamentale importanza nel mantenimento della salute generale dell’organismo. La ricerca sul microbiota sta prendendo sempre più piede offrendo come fine ultimo una terapia efficiente per contrastare gli effetti di un eventuale deficit di funzionalità della flora batterica, aprendo la via ad una nuova branca: la psicobiotica.
Tuttavia, la terapia più efficace è sempre la prevenzione al fine di  mantenere in salute il nostro micro-mondo senza il quale smetteremmo di esistere. Quindi, come prima cosa, bisognerebbe ridurre l’abuso degli antibiotici, mantenere una vita sana e una dieta equilibrata.

                                          Giovanni Bruno

 

Bibliografia:

Han, Sang-Kap, and Dong Hyun Kim. “Lactobacillus mucosae and bifidobacterium longum synergistically alleviate immobilization stress-induced anxiety/depression in mice by suppressing gut dysbiosis.” (2019): 1369-1374. https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/31564078/

Hoban, A.E., Stilling, R.M., M. Moloney, G. et al. Microbial regulation of microRNA expression in the amygdala and prefrontal cortex. Microbiome 5, 102 (2017). https://doi.org/10.1186/s40168-017-0321-3

Hoban, A., Stilling, R., Moloney, G. et al. The microbiome regulates amygdala-dependent fear recall. Mol Psychiatry 23, 1134–1144 (2018). https://doi.org/10.1038/mp.2017.100

Hao Wang, Chuan-Xian Wei, Lu Min & Ling-Yun Zhu (2018) Good or bad: gut bacteria in human health and diseases, Biotechnology & Biotechnological Equipment, 32:5, 1075-1080, DOI: 10.1080/13102818.2018.1481350 https://www.tandfonline.com/doi/full/10.1080/13102818.2018.1481350

Smith, Kristen S., et al. “Psychobiotics as treatment for anxiety, depression, and related symptoms: a systematic review.” Nutritional neuroscience 24.12 (2021): 963-977. https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/31858898/

Lange, K. W., Lange, K. M., Nakamura, Y., & Kanaya, S. (2020). Is there a role of gut microbiota in mental health?. Journal of Food Bioactives9. https://doi.org/10.31665/JFB.2020.9213

Flora Batterica Intestinale – My Personal Trainer

Wikipedia: Amigdala

 

Dormo o son desto?

sveglia

“Dormo o son desto?”, un recente studio ci spiega cosa succede al nostro cervello quando siamo lontani dal nostro letto.

“Se cambi cuscino, non riesci a dormire”, con questo detto Giapponese, Yuka Sasaki commenta i risultati dell’ultimo studio datato Aprile 2016, portato avanti insieme ad altri collaboratori della Brown University di Providence. Scientificamente noto come “effetto prima-notte” è quel fenomeno che ci porta a riposare male la prima sera trascorsa in un letto diverso da quello della nostra stanza.

Sarà capitato più o meno a tutti, dopo una notte trascorsa nel letto di una camera di hotel o di casa di un amico, di risvegliarsi un po’ intontiti e alquanto stanchi. L’obiettivo di questo team di scienziati era proprio quello di individuarne le cause e perciò hanno deciso di sottoporre 35 volontari a un esperimento consistente nel far trascorrere loro delle notti in laboratorio, al fine di monitorarne l’attività cerebrale. Tramite l’utilizzo di tecniche avanzate di elettro-magneto encelofalografia e di risonanza magnetica ad alta risoluzione, effettivamente qualcosa è venuto a galla. Durante tutte le ripetizioni dell’esperimento, infatti, si è apprezzata una continua attivazione di un particolare network dell’emisfero sinistro, nel corso della prima fase del sonno profondo, definito a “onde lente” e non riscontrabile invece nell’emisfero controlaterale. I ricercatori hanno inoltre evidenziato una maggiore responsività dell’emisfero sinistro a stimoli uditivi esterni rispetto al destro.

Dallo studio non è emersa una sostanziale asimmetria di attività cerebrale nelle altre fasi del sonno; ma soprattutto lo stesso network neuronale, che la prima notte era apparso significativamente più attivo nell’emisfero sinistro, a partire dalla seconda notte passata in laboratorio da parte dei volontari, non presentava alcuna differenza fra le due controparti. Il lavoro lascia ampi margini di ricerca, anche perché le analisi sono state effettuate considerando soltanto una fase del sonno e nei confronti di soli quattro networks cerebrali. Non è quindi da escludere che l’emisfero sinistro possa lavorare in alternanza con il destro, così come che altri circuiti nervosi siano particolarmente attivi durante la notte.

Questa scoperta, tuttavia, deve lasciarci a bocca aperta fino a un certo punto. Non siamo gli unici in natura a “vigilare” durante le ore notturne: infatti, il “Sonno Uniemisferico Alternato”, così è definita questa peculiare capacità cerebrale, anche se con le dovute differenze,  è già stata evidenziata in altre specie, delfini e balene innanzitutto, oltre che in alcuni volatili.

Quello evidenziato dalla Brown University potrebbe, quindi, essere un residuo dei tanti meccanismi di adattamento della specie che la natura ha messo in atto durante l’evoluzione. Il processo descritto, operato da queste specie, ha il fine di proteggere, di tenere in allerta l’animale anche durante le ore notturne, pronto a difendersi dall’assalto di eventuali predatori o di pericoli di varia natura. Il nostro organismo fa più o meno la stessa cosa: riconosce come potenziale pericolo una stanza, un letto o anche un cuscino diverso dal nostro, con l’obiettivo di prepararci a situazioni poco piacevoli ma rappresentando, soprattutto per chi viaggia spesso per lavoro, un disturbo a volte anche non poco fastidioso.

“Ma il cervello umano è molto flessibile e si adatta facilmente” ha aggiunto Yuka Sasaki, c’è  da contarci, quindi, che l’evoluzione, in un futuro non tanto lontano, possa risparmiarci questo spiacevole “effetto prima-notte”.

 

                                                                                                                                                   Andrea Visalli