DÉBÂCLE CUS

Nella tredicesima giornata del campionato di terza categoria il Cus Unime è ospitato dalla capolista Real Zancle, nel campo “Filari” di Rometta. La partita comincia alle ore 15,00 e il direttore di gara Sig. Buda di Messina ha l’importante ruolo di tenere in pugno una partita che può valere una stagione per entrambe le compagini.

Primo tempo nettamente a favore dei padroni di casa che, facendo valere il fattore campo, giocano bene la prima metà di gara, mettendo più volte alle corde la formazione universitaria. Il risultato lo dimostra: 2 a 0 per il Real Zancle, trascinato da una doppietta (meravigliosa) del suo numero 7 Venuti. Prima rete su una punizione di seconda con la complicità di un poco fortunato Battaglia, il quale si fa ingannare sul suo palo. Il secondo gol è da cineteca. Scambio a due e dai 25 metri e Venuti spara un missile imprendibile per chiunque, traversa e gol.

Nel secondo tempo il Cus prova a reagire d’orgoglio e il Real Zancle prova esclusivamente a difendere il doppio vantaggio, riuscendoci anche fortunatamente. Infatti la più nitida occasione per riaprire la partita capita sulla testa di Condò a metà della ripresa, ma la traiettoria della sua incornata da palla inattiva si stampa sulla traversa. I minuti finali scorrono tanto velocemente per il Cus, quanto lentamente per il Real Zancle.

Si conclude dunque 2-0 il big match della giornata, che consegna al Real Zancle 3 punti importantissimi che potrebbero far immaginare un tentativo di fuga in testa alla classifica. Brutta invece la disfatta della formazione di Mister Smedile che soffre dannatamente le pesanti assenze causate dalle squalifiche dopo gli spiacevoli episodi dello scorso turno.

Il Cus Unime adesso deve rialzare la china e ha l’occasione per farlo già domenica prossima, quando in casa (Campo Bonanno, ore 14,30) verrà ospitato il Cariddi, squadra che occupa il penultimo posto della classifica.

Formazione CUS (4-5-1):

Battaglia; Rodà, Iacopino, Arena, Morabito; Condò, Lombardo, Tiano, Papale, Insana; Caputo.

Panchina: Bruno, Russo, Al Hunaiti, Cardella, Creazzo, Singh, Oliva.

Allenatore: Smedile.

 

PAGELLE:

Battaglia 5: Si ritrova in campo senza aspettarselo, dall’infermeria è costretto a catapultarsi in campo, complice l’incidente di Zito e l’ormai consueta assenza e incostanza di Bruno ed è costretto a farlo stando male. Non ha spinta nelle gambe e le misure giuste. Il tutto si traduce in indecisione e timidezza…. SPAESATO

Iacopino 6,5: Solita partita perfetta , prova a tirare su una squadra con l’umore sotto i piedi inseguendo tutti e tutto ciò che si muove e spazzando palloni dovunque, ma ciò non basta. Perde le staffe per 10 minuti nei quali avrebbe falciato anche la gamba di un suo compagno…. FURIOSO

Arena 6: Un centrale anomalo, molta corsa anche da centrale e un po’ troppo avanzato in alcuni momenti, ma non sbaglia quasi nulla . Unica pecca la gamba tesa evitabile che porta al gol dell’1-0, ma questa grinta fa parte del suo gioco…. PRECIPITOSO

Morabito 6: Esordio dopo tanta fatica e tanta dedizione alla maglia del Cus, ma la sfortuna ha voluto metterci lo zampino. Ordinato e concentrato, ma poi è costretto a stendere un avversario e si fa anche male alla spalla. I restanti minuti sono un misto di sofferenza e voglia di non mollare, fino al 45esimo…. STREMATO

Rodà 5,5: Pronti via e spazzata per guadagnarsi il rispetto, poi inizia a soffrire la tecnica dell’avversario, fin quando non comincia ad ascoltare il capitano e riesce a coprire un po’ meglio, senza, però, riuscire a portarsi una tibia a casa…. INOFFENSIVO  

Tiano 6: Primo tempo ampiamente sufficiente, paga la poca copertura dei compagni di reparto e a fine primo tempo resta negli spogliatoi lui, sacrificandosi per tutti….. AGNELLO SACRIFICALE

Lombardo 5,5: Inizia il match con tanta voglia, prende palla la smista bene e lo si vede vincente su alcuni contrasti. Poi segnano gli avversari, perde il compagno di ruolo e si spegne la luce….. ALTALENANTE

Papale 6: Esordio stagionale. Difficile entrate subito nelle dinamiche di una squadra e mettersi nel nucleo delle stesse. Si ritrova in un ruolo non suo e infatti il più delle volte si trova troppo decentrato e tendente sulla fascia, ma ha i colpi per poter incidere nel Cus. Bellissima la conclusione dopo pochi minuti….. SACRIFICATO

Insana 5: Niente, sono troppi gli amari in corpo, meno incisivo del solito, meno dinamico e pochi spunti sulla fascia. Una volta nel match si riesce a smarcare ma gli viene tolta la palla da un distratto Caputo…. INCONCLUDENTE  

Condò 7: Unico oltre al capitano a mettere una grinta inimmaginabile, ha benzina nelle gambe e si vede. Tanta corsa, tanti scambi con i centrocampisti ed è l’unico che riesce a dare supporto al troppo isolato Caputo. Sfortunato quando il suo colpo di testa impatta sull’incrocio, invece di riaprire il match…. LOTTATORE

Caputo 5: Ci mette tantissima voglia, ma purtroppo l’inesperienza tattica e la poca vicinanza e sostegno dei compagni lo penalizzano tantissimo. Ha un fisico prorompente e dovrebbe imparare a usarlo meglio. Sfiora la rete dell’1-0 ma infondo a lui che gliene frega, il contratto con l’Abercrombie lo mantiene lo stesso…. LA POTENZA È NULLA SENZA IL CONTROLLO

Oliva 6: Entra con la grinta giusta e per i primi 15 minuti in cui gioca è ovunque. Poi fallisce una semplice palla messagli in mezzo da Creazzo e smette di essere grintoso e incisivo….. MOTIVATO

Creazzo 5,5: Gli hanno tappato le ali sin da subito, gli avversari capiscono che potrebbe essere l’arma in più e iniziano a stuzzicarlo con i mezzucci da terza categoria e lui ci casca, perdendo tempo e concentrazione….. INESPERTO

Al Hun… Al Huna…. Al…. Osama 6: Entra e riesce a dare brio all’attacco e tanta cattiveria e ignoranza. Sfiora il gol battendo a rete invece di servire il solissimo Cardella a centro area, ma sarebbe cambiato poco a 60 secondi dalla fine del match. Fa capire che se c’è da mettere qualcosa, lui può mettere…. UNA BOMBA!

Smedile 5: punta ancora sul suo consueto 4-5-1, scelta che però questa volta si rivela sbagliata e quando se ne rende conto è troppo tardi. Martedì tornerà al Filari a portare un tavolino nuovo per lo spogliatoio degli Ospiti….. IRASCIBILE

Mirko Burrascano

 

Sotto il cielo c’è una gran confusione.

Il caos regnava prima ed è solo aumentato col nuovo anno.

noemi554266_396001393827287_301528613_n-f7613La confusione è amica dei potenti, getta sabbia negli occhi della maggioranza e scredita gli “investigatori della verità”.
Il caos è mezzo favorito per difendersi spostando l’attenzione su fatti per i quali l’incidenza è teoricamente pesante e permettendo così di agire verso il fine reale.
Si attaccano prima i magistrati e il sistema giudiziario per poi passare alla stampa divulgatrice di falsità e costantemente opposta al potere di turno.
Lavoro non facilitato da quella cerchia di giornalisti e comuni cittadini che , un po’ per divertimento un po’ per la retribuzione , diffondono il falso e tendono alla calunnia. Questa è questione antica lo stesso Umberto Eco in una intervista con Livio Zanetti alla fine degli anni Novanta criticava certa stampa di titoli ingannevoli o falsi scoop.
C’è bisogno di buon senso di discernimento per destreggiarsi nel bombardamento di informazioni a cui siamo sottoposti quotidianamente, l’errore è comunque in agguato.

Mentre gli spettri della xenofobia e nuovi nazionalismi aumentano di forza e dilagano in Europa  in Italia c’è un’istinto di “coprirsi gli occhi”.
Il 1968, l’anno in cui Pier Paolo Pasolini teneva settimanalmente la rubrica “Il caos”  in cui documentava e rifletteva sulle questioni di quegli anni, sembra una realtà estranea da quella odierna.
La politica preferisce parlare di “scissioni” “dimissioni” “nuove elezioni” e non di compromessi in virtù di fini superiori e comuni.
Se una faccia della medaglia è l’ immobilismo politico dall’altra il caos : in mezzo mondo milioni di donne e uomini si ribellano, gridano no ai soprusi dei governi e aspirano ad un cambiamento, le piazze si riempiono e si fa politicaCrk-PPLWIAEtu4b

Hobsbawm nel suo “Secolo breve” che iniziava cronologicamente con lo scoppio della prima guerra mondiale parlava di fallimento di ideologie e presenza di uomini forti e terminava con la prima guerra del Golfo.
Il saggio si conclude con una riflessione  sulla possibilità di una implosione o esplosione della società conosciuta fino ad allora e avverte che il futuro non può essere una semplice continuazione del passato. 

Per i greci Χάος era un “immenso spazio vuoto”  l’opposto di ciò che è ora per noi, e per i filosofi il luogo in cui il si attinge per la formazione dell’ordine.
E’ in questo spazio vuoto che si inseriscono le novità.
La molteplicità può portare a soluzioni uniche ed adatte a sciogliere i nodi. Trovando i punti di contatto, eliminando il superfluo e il nocivo, tutto sta nella capacità della formazione sociale di “capare” il necessario. 

Il pluralismo può confluire in univocità : l’Europa può ridefinire gli elementi fondamentali e proporre adeguati modelli meritevoli del suo eterno (fino ad ora) soprannome  di  “patria della democrazia”.

Arianna De Arcangelis

Quando girare con un Super 8 era bello da morire

Nel lontano 1979, in Ohio, un giovane ragazzo di nome Joe Lamb (Joel Courtney) perde la madre in un incidente di fabbrica.
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La scena si apre proprio sulla veglia di quest’ultima, con Joe in lacrime, seduto su un’altalena che assiste inerme ad un ospite (Ron Eldard) appena arrivato cacciato dal padre del ragazzo (Kyle Chandler), facente parte del comando di polizia locale.

Passati quattro mesi, Lamb sembra apparentemente aver superato la morte della madre e insieme al suo migliore amico Charles Kaznyk (Riley Griffiths) ed altri suoi compagni di scuola Cary McCarthy (Ryan Lee), Martin Read (Gabriel Basso) ePreston Scott (Zach Mills), decidono di girare un film per un concorso cinematografico, trattando una storia basata su degli zombie e un detective che indaga su di essi.
Charles riesce ad aggiungere al gruppo una ragazza molto popolare a scuola, Alice Dainard (Elle Fanning), per interpretare la moglie del detective. Così, gruppo riunito, si danno appuntamento a mezzanotte per dirigersi verso una stazione ferroviaria per girare una scena precisa del futuro film, approfittando del passaggio del treno per rendere la scena più emblematica.
Tutto tranquillo finché Joe nota un pick-up dirigersi verso le rotaie in direzione del treno. Nel momento stesso in cui avvisa i suoi amici, avviene l’impatto devastante, talmente impetuoso da far deragliare il treno e far letteralmente volare tutti i vagoni che si disperdono nella zona circostante. Verificata la situazione di tutti i componenti della “produzione”, per fortuna interamente illesi, si dirigono verso il pick-up, dove trovano alla guida un loro professore scolastico, Thomas Woodward(Glynn Turman) che puntandogli una pistola contro gli intima di scappare e di non parlarne con nessuno, pena l’incolumità loro e delle loro famiglie.

Stasera-in-tv-Super-8-di-JJ-Abrams-su-Italia-1-8Con “Super 8”, per chi non ne fosse a conoscenza, si intende un tipo di formato cinematografico nato nel 1965. Ed è proprio da questo che il noto regista J.J. Abrams prende il nome per il suo film del 2011, prodotto anche da Steven Spielberg.
Perché proprio “Super 8”? Fondamentalmente al centro delle vicende c’è proprio la cinepresa e la necessità di creare un film, per cui sebbene si marginale, è proprio essa ad essere la protagonista ed il motore del film.
Il lavoro di Abrams è pieno del suo stile, tratti caratteristici ed altre componenti che lo rendono assolutamente particolare. Per i più, sembra ricordare lavori quali “Lost”, intramontabile e leggendaria serie tv curata proprio dal suddetto regista. Scindendo dalle componenti fondamentali come fotografia e regia, che sono senza dubbio curate e discutibili solo con note positive, la narrazione nonostante tratti temi che almeno in teoria potrebbero risultare contrastanti, riesce a creare un connubio perfetto rendendo ciò che sembra impossibile, quasi plausibile.
Un lavoro egregio che, sicuramente, non renderà Super 8 un film perfetto, ma assolutamente un opera piacevole e bella da vedere. Che, in sostanza, questo è ciò che importa.

 

Giuseppe Maimone

 

Un cult del cinema : Pulp fiction

“Quando devo scrivere una sceneggiatura io parto sempre dalla musica dei titoli di testa. Diventa il ritmo del mio film!”

pulp-fictionAprite Internet, cercate Miserlou di Dick Dale, mettete su le cuffie e preparatevi ad essere proiettati in uno degli universi più adrenalinici, frenetici e coinvolgenti che il cinema abbia mai partorito.

Benvenuti in “Pulp Fiction”!

PS: si prega di indossare gli occhialini protettivi, ci saranno parecchi schizzi di sangue…

È il 1994 quando nelle sale cinematografiche di tutto il mondo viene affisso un manifesto raffigurante una provocante ragazza con gli occhi di ghiaccio e il caschetto nero (Uma Thurman) che regge una sigaretta in una cupa stanza da letto; in cima, una scritta gialla a caratteri cubitali: “PULP FICTION”, diretto da Quentin Tarantino, con Samuel L. Jackson, John Travolta, Bruce Willis, Tim Roth.
In poco tempo diventerà uno dei Cult della cinematografia mondiale di tutti i tempi, uno di quei film che ogni amante del cinema deve aver visto almeno una volta nella sua vita.

La storia è divisa in tre episodi che non seguono l’ordine cronologico (l’ordine della fabula), ma si intrecciano tra di loro riprendendo lo stile già usato da Tarantino nel suo precedente film “Le Iene”. Il risultato di questa scelta è una sorta di smarrimento tra i dialoghi convulsi e i colpi di scena che, come in un climax, accresceranno la suspense attimo dopo attimo:

1) Vincent Vega e Jules Winnfield

Sono due gangster al servizio del boss Marsellus Wallace, interpretati rispettivamente da John Travolta e Samuel L. Jackson, che avranno il compito di recuperare una misteriosa valigetta sottratta al proprio capo da un gruppo di ragazzi. Arrivati nel loro appartamento i due killer faranno fuori tutti i giovani tranne uno, che viene rapito per essere portato al cospetto del boss. In questa scena si colloca per la prima volta nel film il famoso monologo che Jules era solito recitare prima di uccidere le sue vittime, tratto da un “particolare” passo biblico “Ezechiele 25:17”, che effettivamente risulta ispirato, in parte, da un “Credo” di arti marziali del famoso Sonny Chiba, attore e regista di film orientali, particolarmente amato da Tarantino. Durante il viaggio in macchina verso il locale dove si sarebbero incontrati con Marsellus, inavvertitamente Vincent spara alla testa dell’ostaggio imbrattando la macchina di sangue e cervella. I due gangster saranno costretti a ripulire lo scempio con l’aiuto di Mr. Wolf (Harvey Keitel)…

2) Vincent e Mia Wallace

A Vincent viene dato il compito di uscire con la moglie di Marsellus, Mia Wallace (Uma Thurman), ma prima di raggiungerla a casa si dirige dal suo spacciatore di fiducia per comprare una grossa dose di eroina che in parte consumerà prima dell’incontro. I due andranno a cenare al “Jack Rabbit Slim’s”, locale in stile anni 50’ dove, dopo aver discusso per qualche minuto su temi banali e non, saranno coinvolti in una gara di ballo sulle note di “You Never Can Tell” di Chuck Berry, una delle scene più conosciute di questo film…

3) Butch Coolidge e Marsellus Wallace

Nel locale in cui Vincent e Jules incontrano Marsellus Wallace dopo aver recuperato la valigetta, Butch Coolidge (Bruce Willis), famoso pugile ormai al termine della sua carriera, sta avendo un colloquio con lo stesso boss che lo invita a perdere il suo prossimo incontro in cambio di una grande quantità di denaro, ma nonostante l’incontro sia truccato, Butch, mosso da un forte sentimento di orgoglio, non solo non andrà al tappeto, ma vincerà il round per KO, uccidendo il proprio avversario…

Anche in questo, così come in tutti i film di Tarantino, possiamo apprezzare alcuni dei punti di forza del suo stile di regia: l’inquadratura p.o.v. dall’interno di bauli o bagagliai; le lunghe scene di dialoghi faccia a faccia dove gli attori “cantano” le proprie battute; i primi piani sui piedi delle attrici, tra le quali la stessa Thurman; i fiumi di sangue che macchiano indelebilmente la pellicola del film; i continui collegamenti alla sua difficile infanzia.

Risulta davvero difficile recensire un film del genere senza cadere nella banalità o nei tanto temuti spoiler. Pulp Fiction è il capolavoro di un regista che nei suoi film mischia alla perfezione genio e sregolatezza; che riesce a calare nella vita di tutti i giorni violenza e sangue rendendoli parte integrante della vasta gamma di emozioni e sensazioni che proviamo nella nostra esistenza, nonostante spesso cerchiamo di evitarli; che fa della sessualità uno dei punti di forza dei suoi film senza mai mostrare una scena di nudo, bastano gli occhi, la musica, i sospiri.

È un film da vedere e rivedere più volte per assaporarne sempre meglio le sfaccettature; per capirne il senso bisogna macchiarsi del sangue di questo capolavoro e sentirlo pienamente nostro, essere parte del mondo semplice e reale, seppur folle e cruento, che questa pellicola ci mostra.

Giorgio Muzzupappa

Mediterraneo luoghi e miti. Capolavori del Mart al Museo di Messina.

Mettiamo da parte la solita frase “a Messina non c’è niente” e la critica per qualunque attività o iniziativa che venga promossa.
Un’ oasi bella e permanente c’è : il Museo Interdisciplinare Regionale recentemente inaugurato con l’ espansione dei locali.
Dobbiamo aspettare Aprile per poter fruire della esposizione completa delle opere del nostro museo ma una visita oggi è più che opportuna.


mediterraneo-messina_mostra-1newIn questa cornice incantata, nei locali della Filanda Barbera-Mellinghoff, è in esposizione temporanea la mostra “Mediterraneo luoghi e miti. Capolavori del Mart”.

Si conferma la collaborazione con il Mart (Museo di arte moderna di Trento e Rovereto) che già l’anno scorso aveva esposto qui “L’invenzione Futurista. Case d’arte di Depero”.
La mostra si dipana in una serie di opere eseguite nel ‘900 e declina i temi fondamentali del XX secolo e il legame con il Mediterraneo : dall’archeologia passando per l’amore, il cibo fino alla migrazione. L’allestimento stesso è diviso per tematica.
Ci accolgono le foto di Mimmo Jodice, segue De Chirico, ci sono Carrà, Boetti e i suoi arazzi, Sanfilippo, ci sono le donne di Massimo Campigli col suo tratto geometrico quasi infantile ma profondamente incisivo nel nostro “io” e c’è Renato Guttuso.

E’ una mostra di altissimo livello e lo spettatore si perde in questo viaggio per il Mediterraneo con piacere, sarà scosso e portato a riflettere su ieri ed oggi : d’altronde l’arte, spesso, ha anche questo fine.
Come tutte le cose belle purtroppo ha una fine : avete tempo fino a giorno 5 Marzo 2017 per andare a visitare questa esposizione.
Cogliete la palla al balzo e vedete tutto il museo, non usate la scusa che la nuova area non è totalmente aperta.

A Messina ci sono attività, c’è la bellezza e l’ arte. Il museo ne è l’esempio principale.
Impariamo a vivere questa realtà, a rispettarla e ad esserne curiosi.

Qui gli orari di ingresso: 

Chiuso il lunedì. 

Da martedì a sabato dalle 9 alle 19 (ultimo ingresso 18.30). 

Domenica e festivi dalle 9 alle 13 (ultimo ingresso alle 12.30)

Arianna De Arcangelis

L’assoluta felicità

Charles-Eugène-Plourde-Se-non-trovi-la-felicità

Nel momento in cui mi chiedo quale sia la risposta alla quotidiana domanda “cos’è la felicità?” , la prima parola che riesco a scovare è, probabilmente, “utopia”; se poi, cerco nel fondo del mare di definizioni – errate o incomplete che siano – che la mia mente associa alla parola felicità, forse la accosterei ad un momento, ad un’emozione o, addirittura, ad una persona.

Altrettanto spesso, mi ritrovo ad accontentarmi della risposta quasi rapida e inevitabilmente superficiale che mi do.

Ma per il resto del tempo, nei momenti in cui non mi pongo questo interrogativo, qual è la risposta?

Tra i metafisici, coltivare la virtù più elevata era il gradino da salire per raggiungere l’ambita ed elevata eudaimonia – letteralmente, lo spirito buono o più comunemente, la felicità.

Nietzsche, d’altro canto, proporrebbe la teoria della felicità come forza vitale e lottatrice; come colei che non limita la libertà ed afferma il suo essere, senza ricadere nell’effimera condizione di pigrizia e di staticità.

È forse, quindi, il più cospicuo di un modello concettuale o è una figura da imitare?

Soffermandomi sul sorriso di un bambino che gioca, sulla mia famiglia che scherza a tavola o su un mio collega che si laurea, ogni teoria viene sbaragliata dal concetto dell’attimo.

Ritorno, allora, a trovare una soluzione diversa ad un quesito apparentemente insulso.

Ma se la felicità è un attimo, è fallace: un momento è lì e la vedi con gli occhi; la tocchi con gli angoli di bocca rivolti verso il cielo.

E per ognuno, la felicità è un istante diverso, è soggettiva.

Dunque, non solo è l’illusione di un momento ma ricade nella propria realizzazione – o per meglio dire – nelle scelte.

Ci sono.

La felicità è capire cosa vogliamo che, di per sé, rappresenta uno stato relativo di gioia e che raggiunge il suo stato assoluto nel momento in cui si ottiene quello che ci si prefissa come un obiettivo.

Magari, per quella ragazza che sta sorridendo davanti ad uno schermo di un cellulare, l’apice sarà un bacio; per quell’uomo che è stato appena licenziato, sarà un posto di lavoro; per quella donna con il pancione, sarà tenere tra le braccia la sua piccola creatura.

E dopo aver raggiunto questa vetta, cosa c’è?

Poi c’è un’altra felicità, un altro obiettivo o, piuttosto, un nuovo sogno.

Riassumendo, collegando, cercando fra i miei pensieri la risposta a “che cos’è la felicità?” credo sia questa: la felicità è un sogno, fugace ma continuo.

Jessica Cardullo

Abbatti Lo Stereotipo- Gli studenti di Professioni Sanitarie

l_46eoBentornati signori e signore su Abbatti lo Stereotipo! Questa settimana ci schieriamo in favore degli Studenti di Professioni Sanitarie: discriminati da tutti che manco Salvini quando se la prende Fedez, considerati i servetti e le brutte copie degli studenti di Medicina meritano, finalmente, giustizia!

  1. Tanto volevi fare medicina, ti sei accontentato

Oh, santa pace. Questa affermazione, per uno studente di Professioni Sanitarie, è come il mantra che i testimoni di Geova ripetono piazzati dietro la tua porta la domenica mattina: ‘’ricordati che devi morire’’.

‘’Ricorda che volevi fare medicina, ma ti sei accontentato’’.

Se possibile, verrà scritto loro sulla lapide: ‘’Voleva fare medicina, è entrato in professioni sanitarie’’.

Ma perché questa mera convinzione? Ci avete mai pensato che, magari, non volevo fare il medico? Che, magari, ho davvero il desiderio di essere una terapista dei bambini, una logopedista, un infermiere, un fisioterapista? Che, magari, 14 anni di studio se li fa tua sorella monaca chiusa in monastero e non io? Che, sempre MAGARI, la medicina mi fa schifo? No, tanto per chiedere.

E, anche se avessi provato medicina e non ho superato i test, MAGARI, mi sono innamorato lo stesso di questa altra professione?

Basta, comunque. Puoi dormire sogni tranquilli, o villico: non sono fatti che ti riguardano ma NO, non tutti volevamo fare Medicina. Fattene una ragione. L’unica che si è accontentata qua è tua mamma, rassegnata al fatto che ha partorito un mezzo imbecille.

  1. Ah, ma il test di ingresso è facile! È semplice superarlo!

Come no! Certo, con i test di medicina ci sono alcune differenze, ma la preparazione è la stessa in termini di argomenti da affrontare. E poi, sapete che i posti disponibili per l’iscrizione al corso di laura sono pochi? In fisioterapia, solamente 1 studente su 14 sarà ammesso.

Quindi, sappiate che non è semplice. No.

  1. Che fai? Ma perché, fa parte di professioni sanitarie? Ma è un lavoro quindi?

No. È uno sport. Invece che aver fatto pallavolo, io ho deciso di fare il Tecnico Radiologo. Faccio il salto ad ostacoli tra le Tc. Pratico il lancio del mezzo di contrasto contro vento.

Invece che aver iniziato a praticare nuoto, mi diletto all’allenamento dei muscoli facciali. Per questo ho scelto Logopedia: voglio diventare un body builder solo dei muscoli della faccia.

Ah, per non parlare di Fisioterapia. Sai, andare in Giappone a fare la geisha costava troppo, quindi ho deciso di ripiegare su fisioterapia.

Non è per essere antipatici però se ti dico che seguo il corso di laurea in baby-sitteraggio dei tuberi di patate, EVIDENTEMENTE, un giorno, se tutto va bene, sarà il mio mestiere. A domande retoriche come siamo?

(c’è una cosa meravigliosa che si chiama Google. Se tu scrivi parole anche a caso, trova le risposte alle tue domande.)

  1. Lo hai fatto perché non volevi nessuna responsabilità vero? Ti piace vincere facile!

Chiaramente, lavorando in un ambiente atto ad aiutare la gente a stare bene, mi sembra ovvio che io abbia deciso di fare il fisioterapista perché, mensa mai gli rompo due ossa o gli provoco uno stiramento muscolare, non mi venga detto nulla. Perché, sempre chiaramente, se io faccio male a qualcuno pace, non sono un medico, sono un ortofrutticolo.

È proprio per questo, sì. Mi sono alzato una mattina ed ho pensato:’’ Sai che ti dico? Voglio un lavoro che mi dia poche responsabilità. L’ingegnere? Nah, faccio crollare i palazzi. L’avvocato? No, poi se faccio finire qualcuno in galera… Il pescivendolo? Mhm, e se per caso vendo del pesce con il mercurio e il mio cliente muore per intossicazione?!? No, no, meglio evitare. Ah, ci sono! Faccio l’infermiere! Che se mi scappano 10 cc in più di un farmaco e quello crepa, amen, Rip, pace all’anima sua.”

  1. Ma vale lo stesso indossare il camice in reparto e usarlo per rimorchiare?

Oh, eccome se vale.

Anche se poi non sai spiegare in breve alla/o sconosciuta/o cosa studi… e rimandi l’approccio al post-laurea.

Elena Anna Andronico

Jessica Cardullo

Per un appello in più

WhatsApp-Image-2017-01-23-at-15.35.04-840x420Com’è che dice quella canzone? Ah sì “ti lamenti, ma che ti lamenti, pigghia lu bastuni e tira fora li denti”.
Uno degli obiettivi principali di ogni programma delle liste presentatesi durante le elezioni, era l’aggiunta dell’appello di Marzo che era stato eliminato per il calendario d’esami dell’A.A.2016/2017. Tanto hanno fatto e tanto hanno detto, che i neo eletti consiglieri di giurisprudenza hanno ottenuto l’aggiunta di un post-appello per la sessione invernale.
Il sit-in organizzato il 23 gennaio davanti ai cancelli della facoltà di Giurisprudenza, al grido degli hashtag #ridatecilappello e #MAVpagatoappellonegato, ha ricavato i suoi frutti per la gioia (e aggiungerei anche salvezza) di tutti gli studenti di Piazza Pugliatti.
Giorno 1 febbraio il direttore del dipartimento De Vero, in seduta di consiglio straordinaria (alla quale, però, non hanno potuto partecipare i rappresentanti degli studenti perché ancora non proclamati) ha proposto ai professori l’aggiunta di nuove date per sostenere gli esami; questi ultimi hanno deliberato a favore dell’introduzione del post-appello per tutte le materie relative alla sessione di Febbraio.
Nel comunicato ufficiale del Consiglio dei rappresentanti di Giurisprudenza, i consiglieri hanno esposto le modalità di prenotazione: “Ferme restando le date prefissate da calendario (sia per gli appelli che per i termini di prenotazione) i docenti, il giorno stesso del loro esame daranno la possibilità a tutti coloro i quali vogliano usufruire del Post-appello, di presentarsi in altra data da loro comunicata lo stesso giorno.
Sottolineamo che è necessaria comunque la presenza il giorno della prima data prevista da calendario per via delle difficoltà, da parte del sistema esse3, nella registrazione delle assenze, per cui gli studenti che vogliano usufruire del suddetto Post-appello dovranno comunque recarsi il giorno dell’esame prestabilito e comunicare la loro volontà di sfruttare la data successiva che verrà comunicata il giorno stesso (L’intervallo sarà, presumibilmente, tra i 7/10 giorni).
Purtroppo su questa situazione i docenti non possono fare altrimenti e si sono premurati di sottolineare ciò, ferma restando questa loro apertura rispetto le esigenze da noi portate avanti.”
Inoltre, chi si presenta all’appello ufficiale di Febbraio sostenendo l’esame, anche se ritirato, non potrà sostenerlo nelle date del post-appello, che dovrebbero rientrare tra il 20 ed il 28 Febbraio (salvo discrezione del professore). 
Questo risulta un grande traguardo raggiunto dagli studenti e per gli studenti. Certo non è nel mese di Marzo, nè risulta un appello ufficiale che verrà aggiunto con certezza nei calendari degli anni a venire, ma è sempre un passo avanti, che sicuramente non si fermerà qui. Come ci disse una volta il Magnifico RettoreGli studenti SONO l’Università”: che sia in concreto così. Ad maiora! 
Giulia Greco

“Appello si, appello no, se famo du spaghi”

71gu332b-NL._SX355_C’è da chiedersi: poteva essere tutto evitato? Poteva andare diversamente? Ogni azione che compiamo ci porta, in modo irrimediabile, ad una serie di eventi che poi formano il quadro generale di una qualsiasi situazione attualmente vissuta, ma prima, cambiando qualche passaggio, era possibile variare il finale? Lasciando stare roba come l’effetto farfalla, il non incrociare i flussi e mai fare viaggi nel tempo da soli ma sempre in gruppo, è davvero possibile risalire alle cause effettive del nostro presente?

Me lo sono chiesto quando per la prima volta mi sono interfacciato con la spinosa questione dell’appello di marzo a giurisprudenza che da giorni ormai, più di una settimana, occupa le pagine telematiche dei social. Dove sta il disagio? Dove sta la verità? Probabilmente non sono quesiti a cui effettivamente si può rispondere, considerando le due campane (ragazzi ed amministrazione centrale). Due domande, però, giornalisticamente parlando, è lecito farsele. La storia non parte mica adesso, neanche da settembre scorso, siamo nel 2015 circa e si vota per il calendario unificato. In senato infatti dirigenza e portavoce degli studenti sistemano nuovamente l’assetto degli esami da collocare nei mesi dell’anno accademico, considerando lo svolgimento delle lezioni e le tempistiche delle prove, oltre che il carico di studi e la preparazione necessaria.

Un lavoro che alla fine vede l’accettazione del piano d’esami come lo conosciamo oggi, suddiviso per facoltà e con una media di due appelli per sessione, invernale, estiva, primaverile ed autunnale, con qualche piccola concessione per gli studenti fuori corso. In senato, quel giorno, ovviamente, anche le rappresentanze studentesche, che pongono il loro “placet” sul progetto (secondo il verbale, su 5 senatori 3 erano favorevoli, uno astenuto e uno contrario). Da qui in poi è il caos, il provvedimento scatena il panico tra le associazioni e si arriva alla richiesta dei giovani di giurisprudenza: due date a marzo che possano essere collocate in due venerdì del mese, così da non ostacolare il lavoro dei docenti in aula. Dopo un sit–in e vari incontri però la linea è sempre la stessa: nulla si farà, almeno per ora. Nei prossimi giorni gli studenti avranno un altro colloquio con Perconti, prorettore alla didattica, per cercare nuovamente di mediare. Ci vorrà quindi tempo, ancora, e la scena è decisamente incrinata.

Un appello in più a marzo sarebbe una possibilità davvero tangibile per i ragazzi di smaltire il carico di studi su più livelli, ma l’amministrazione non vede di buon occhio lo spostamento di lezioni e l’allargamento della sessione perché, come dichiarato dallo stesso rettore Navarra, “il calendario didattico è ampio”. Si sfonda quindi una porta aperta o si cerca solo una vetrina universitaria? Armando Falliti e Alessandro Salvo, rappresentanti di giurisprudenza, ai microfoni di radio UniVersoMe hanno spiegato come non ci sia nessuna passerella, anzi, una vera e propria battaglia aperta per i diritti degli studenti. Secondo la dirigenza UniMe, invece, la richiesta è ingiustificata.

La domanda però reale, lasciando stare gli altri quesiti, è: il problema sta a monte? De Vero, direttore del dipartimento di giurisprudenza, ha certamente un ruolo fondamentale all’interno della vicenda, ma va considerata la scelta sbagliata dei ragazzi in senato. Perché non prevedere lo spazio limitato per gli studenti sotto esami? Perché votare un calendario che si sapeva, perché era prevedibile, non avrebbe soddisfatto le matricole? Perché quindi non lottare più in senato e meno in piazza, ai tempi, per delle date che fossero pregnanti o per un’elasticità maggiore per un inserimento di esami straordinari? Hanno realmente risposto tutti, rettore, prorettore, direttore di dipartimento, rappresentanti degli studenti ma dall’ambiente senatorio tutto tace. Insomma, è finita a mangiata comunitaria, dove “vogliamo l’appello, e si, ci mettiamo tutti insieme a chiederlo”, ma perché allora non farla prima, questa mangiata comunitaria, ed evitare adesso di apparecchiare? Che poi, alla fine, una bella mangiata è stata fatta ed il conto lo hanno pagato gli altri. Chi vuole intendere intenda, chi non comprende si prenoti all’appello di febbraio, che poi se ne parla a giugno.

Claudio Panebianco

Assassin’s Creed: molto “assassin” e poco “creed”

Assassin’s Creed, come ben noto, è un film liberamente ispirato alla gloriosa serie videoludica omonima targata Ubisoft.asscreedposter

Senza troppi convenevoli, un discreto lavoro di fotografia ci accoglie nel 1492, precisamente in Spagna. Qui assistiamo a quello che sembrerebbe essere una sorta di rituale alla quale fanno parte gli “Assassini”, riconoscibili per via del loro caratteristico abbigliamento, con dialoghi interamente in lingua spagnola. Assistito a questo evento, ci catapultiamo in tempi più moderni (1986 per la precisione) in una scena incentrata su un ragazzino che, dopo aver cercato invano di fare del parkour con la sua bicicletta, corre a casa scoprendo il corpo esanime della madre, con accanto il padre (Brendan Gleeson) abbigliato nel classico modo degli assassini. Il ragazzino visibilmente stupito dall’accaduto chiede spiegazioni al padre, che semplicemente gli intima di correre poiché “li hanno trovati”. Un ennesimo “gap” temporale e ci ritroviamo nel 2016, dove per la prima volta veniamo introdotti alla figura del vero protagonista del film Callum Lynch (Michael Fassbender), costretto in una cella di prigione con la compagnia di un sacerdote in procinto di concedergli l’estrema unzione. Capiamo dunque che Callum è condannato a morte per omicidio e si appresta ad andare al “patibolo”. Ricevuta l’iniezione letale, sembrerebbe davvero finita per il nostro protagonista, ma a sorpresa, soprattutto di quest’ultimo, si ritrova ancora in vita con una donna accanto (Marion Cotillard), che gli rivela di essere apparentemente morto per il resto del mondo, ma di assoluta importanza per il progetto di cui lei è la direttrice.

Come è facile comprende, Assassin’s Creed di Justin Kurzel, è assolutamente un film commerciale. Nonostante abbia cercato di prendere le distanze dal videogioco, con una storia di pura fantasia che non riprende nessuna narrazione del prodotto originale, il risultato è abbastanza deludente. Gli eventi presentati risultano essere abbastanza confusi e difficilmente incastrabili fra loro, pur seguendo una sorta di processo causa-conseguenza. Il problema fondamentale è riscontrabile nella quasi nulla possibilità di immersione dello spettatore nelle vicende, errore importante visto il tipo di pubblico che richiama nelle sale il titolo stesso, ovvero molti videogiocatori che nel gioco hanno passato ore ed ore su, non uno ma molteplici titoli della saga. Punibile è anche il lavoro sui personaggi troppo distaccati fra loro e con ruoli, ad eccezione dei protagonisti, difficili da identificare ad un punto tale da riconsiderare la loro utilità, benché essa potesse essere più o meno necessaria. Ciò che può essere escluso da commenti troppo severi sono la fotografia e la regia, che risultano pertinenti, soprattutto per il primo elemento.

Assassin’s Creed aveva un ottimo potenziale e la possibilità di far capire come le trasposizioni cinematografiche di videogiochi non siano da considerare necessariamente scadenti. Un esempio recente può essere “War Of Warcraft”, che sembra aver inaugurato questa nuova tendenza, non considerando il passato con “Lara Croft”, ma purtroppo il film in questione fallisce anche da questo punto di vista. Per tutti gli “Assassini” di tutto il mondo: ci sarà un’altra occasione per rendervi giustizia.

Giuseppe Maimone