Il coraggio di un uomo che ha trasformato la sua casupola in un Museo: Giovanni Cammarata, il “Puparo”

La casa Cammarata, la casa del cavaliere o semplicemente la casa del puparo è quanto rimane della casa monumentale di Giovanni Cammarata, artista di strada anzi “artista di Maregrosso”, come piaceva presentare se stesso.

Ma partiamo dalle origini.

Biografia

Giovanni Cammarata, conosciuto come “il puparo”, nasce a Messina il 29 giugno del 1914 nel quartiere della Palmara vicino al Cimitero. Sin da giovanissimo si interessa all’arte monumentale che lo porta a frequentare botteghe di grandi artisti occupati nel realizzare sepolcri commemorativi e le cappelle colossali del cimitero di Messina; oggi considerato uno dei più importanti cimiteri monumentali d’Europa ricco di opere d’arte invidiate dal resto del mondo.

Giovanni Cammarata
Giovanni Cammarata. Fonte: outsiderartsicilia.it

Negli anni si forma dapprima come cementiere impegnato a ricostruire la Messina post terremoto del 1908 secondo i criteri urbanistici antisismici moderni, con l’obiettivo di ripristinare la città del passato ricca di opere architettoniche e decorative della tradizione. Grazie a questi anni di formazione Giovanni scopre e affina la sua conoscenza artistica che gli tornerà utile qualche anno dopo.

Soldati italiani al fronte durante la seconda guerra mondiale. Fonte: GoConqr. Ph. Robert Capua
Soldati italiani al fronte durante la seconda guerra mondiale. Fonte: GoConqr. Ph. Robert Capua.

 

Ben presto, negli anni ’30, dovrà salutare i maestri bottegai perché chiamato ad arruolarsi come volontario durante la seconda guerra mondiale. Da questa guerra l’Italia ne esce sconfitta e lo stesso Giovanni, nel 1944,  verrà arrestato dagli inglesi e deportato nel campo di concentramento a Gaza.

Cammarata, costretto a scontare la sua pena detentiva nelle carceri asiatiche, inganna il tempo con ciò che gli riesce meglio fare: dare vita ad una fredda materia prima.

E’ proprio grazie alla costruzione di un castello in argilla che riuscirà a sbalordire le guardie, ammaliare le autorità e così ottenere la scarcerazione.

Il ritorno in patria e all’arte

Finita la guerra Giovanni emigra in Argentina tentando la fortuna, ma presto, nel 1955 , torna a Messina.

Via delle Belle Arti n°20. Fonte: Lettera Emme
Via delle Belle Arti n°20. Fonte: Lettera Emme

Fa la conoscenza di una bella e giovane donzella, Paola, e la sposa. Insieme a Paola e i tre figli vanno a vivere in quella che d’ora in avanti sarà battezzata dallo stesso Giovanni, Via delle Belle Arti n°20.

In poco tempo la dimora di Giovanni e Paola, sita in Via delle Belle Arti, diverrà una vivente galleria d’arte, fatta di storia e passione conosciuta negli anni come la casa del puparo.

Museo Cattolico Giovanni Cammarata

Opere di Giovanni Cammarata. Fonte: Le Scalinate dell'Arte. Credits: Dall'Archivio Sovrintendenza per i BB.CC.AA. di Messina (1999)
Opere di Giovanni Cammarata. Fonte: Le Scalinate dell’Arte. Credits: Dall’Archivio Sovrintendenza per i BB.CC.AA. di Messina (1999)

All’interno della sua casetta, si trovavano sculture colorate e fiabesche, ciottoli e vetri che immortalano sulle facciate di casa mosaici colorati.

Murales di Giovanni Cammarata. Fonte: istituto euro arabo. Ph. Sergio Todesco
Murales di Giovanni Cammarata. Fonte: istituto euro arabo. Ph. Sergio Todesco

L’artista trasformò l’ingresso di casa con figure rappresentanti l’antico Egitto, imprese eroiche della mitologia,  protagonisti omerici e illustrazioni sacre, un vero e proprio “Museo Cattolico Giovanni Cammarata”– così il cavaliere ( in onore delle armi) aveva ribattezzato la sua casa- con l’intenzione di risanare, trasformare quell’aria invasa dai rifiuti e poco illuminata, in una meta per turisti e in un mondo magico per  i più piccoli.

Giovanni combatte per difendere ciò che ama

L'interno della casa del Puparo. Fonte: Le Scalinate dell'Arte. Credits: Dall'Archivio Sovrintendenza per i BB.CC.AA. di Messina (1999)
L’interno della casa del Puparo. Fonte: Le Scalinate dell’Arte. Credits: Dall’Archivio Sovrintendenza per i BB.CC.AA. di Messina (1999)

Il sogno nel cassetto di Giovanni era quello di trasmettere agli altri il suo patrimonio artistico, proprio come fecero con lui i maestri delle antiche botteghe messinesi, e così maturò l’idea di istituire una scuola d’arte per i giovani. Ma il sogno di Giovanni non fu mai realizzato.

Purtroppo, negli anni ’70 si assiste ad un primo intervento regionale di sbaraccamento e il Cavaliere Cammarata riceve un duro colpo. La casa del Puparo occupa il suolo abusivamente e  gli viene ordinato di sgomberare l’area in cui ha abitato per oltre cinquant’anni ma, il coraggioso Cavaliere Giovanni, il Puparo, non cede e si batte; addirittura più volte si frappose tra la ruspa e le sue sculture vive, zampillanti di veemenza, intensità di affetti e di passioni.

Nel 2000 l’antropologo Sergio Todesco invita la Soprintendenza di Messina ad effettuare un’esplorazione fotografica delle opere di Giovanni Cammarata – ancora oggi queste foto fanno il giro del mondo – ma il tentativo del Dott. Todesco non andò a buon fine.

Ricognizione Fotografica, il Puparo e il suo castello. Fonte: Fonte: istituto euro arabo. Ph. Sergio Todesco
Ricognizione Fotografica, il Puparo e il suo castello. Fonte: Fonte: istituto euro arabo. Ph. Sergio Todesco

Qualche anno dopo, ormai alla soglia dei 90 anni, esattamente nel 2002, l‘associazione Mamertini si presenta a Giovanni offrendogli una tutela artistica. Ma il Puparo non arriva in tempo a godersi alcun intervento di salvaguardia,  morirà lo stesso anno e assieme a lui anche il suo museo; la casa verrà distrutta per fare spazio a quello che poi sarà il parcheggio di un esteso supermercato.

Iniziative in onore del Cavalier Puparo Cammarata

L’inatteso finale dall’amaro in bocca, ci descrive una pagina di storia del Puparo che ha combattuto per la sua arte e che lo vide sconfitto come il giorno in cui, al fronte combattente per l’Italia, venne arrestato. Sarà poi presto rivendicata dai numerosi interventi ed iniziative promosse per tenere in vita il suo ricordo.

Nel 2007, grazie alle manifestazioni del Machine Works e al Commissario Straordinario del Comune di Messina Gaspare Sinatra, si avvia un provvedimento di tutela contro i vandali per ciò che rimane nel marciapiede della zona, come testimonianza prepotente di una volontà che voleva a tutti costi proteggere l’arte da chi non la ama.

Nel 2011 un collettivo composto da sociologi urbani, storici d’arte e architetti  incrementa l’opera di tutela, proseguito nel 2012 dal collettivo Zonacammarata con l’associazione Lalleru, dando avvio ad un’opera di ricerca e divulgazione tra i cittadini attraverso convegni, lezioni e libri; a tutto ciò ha contribuito anche la scelta di stabilire nella Galleria d’Arte Moderna di Messina, due dei tre esemplari di giganti elefanti gialli costruiti dal puparo e ritrovati da Pier Paolo Zampieri e Mosè Previti.

Elefantini Gialli. Fonte: Osservatorio Outsider Art
Elefantini Gialli. Fonte: Osservatorio Outsider Art

Nel 2015 prendono avvio i lavori di restaurazione e nel 2016, grazie ai finanziamenti dell’Università di Messina, Zonacammarata e dell’Associazione Lalleru, si inaugura una campagna di Street Art con la realizzazione di quattro murales di artisti nazionali.

Mostra “Io Cammarata Giovanni l’artista di Maregrosso” a cura di Mosè Previti e Pier Paolo Zampieri. Fonte: Mutualpass
Mostra “Io Cammarata Giovanni l’artista di Maregrosso” a cura di Mosè Previti e Pier Paolo Zampieri. Fonte: Mutualpass

 

 

Di recente, nel 2019 il progetto “Dintorni – Luoghi Circostante per l’arte 2019” inaugura a Palermo una mostra “Io Cammarata Giovanni l’artista di Maregrosso” a cura di Mosè Previti e Pier Paolo Zampieri.

 

La tua arte è l’eredità di un mondo incantato

Ancora oggi passando da quella via si rimane catturati dagli ormai resti architettonici della casa del Puparo,  ornata dai murales, dai ciottoli e schegge di vetro colorate, da qualche castello ancora intatto che emula il ricordo di un giovanissimo Giovanni liberato dalle carceri asiatiche proprio grazie ad una scultura come quella.

Il Puparo. Fonte: LetteraEmme
Il Puparo. Fonte: LetteraEmme

Sicuramente il Cavaliere non avrebbe mai pensato un finale così drammatico per le sue creazioni, e chissà se invece sapeva bene che il popolo messinese non lo avrebbe mai dimenticato.

Cavaliere Cammarata,  la tua arte è un’eredità inestimabile senza tempo e attraverso essa, tu vivi ancora.

 

 

Elena Zappia

Fonti:

https://www.mutualpass.it/post/1082/1/a-palermo-la-mostra-io-sono-cammarata-giovanni-l-artista-di-maregrosso

http://www.lescalinatedellarte.com/it/?q=node/1764

 

Intervista a NessuNettuno: lo street artist messinese che ama il mare

Camminando per le strade delle nostre città spesso rimaniamo ipnotizzati dalla bellezza di opere d’arte a cielo aperto. Stiamo parlando dei capolavori della street art. A Messina la street art è legata ad un’artista dal nome abbastanza suggestivo: “NessuNettuno. Nicolò non ha bisogno di presentazioni prolisse: le sue opere parlano da sole. E lui stesso, oltre a saper usare la pittura per comunicare, pesa bene le parole, che gli vengono dal cuore.

Sono un siciliano a cui piace andare a mare. E che ama il mare, che ama la sua terra tantissimo. Per la Sicilia mi farei ammazzare.

Noi di UniVersoMe abbiamo avuto il piacere di incontralo davanti a un caffè e ad una birra e di intervistarlo.

©Fernando Corinto, Intervista a NessuNettuno – Messina 2020

 

Mario Antonio: Iniziamo con una domanda classica. Da dove è nata la tua passione per la street art?

È stata una cosa naturale. Ho iniziato nel 2015 con il progetto “Distrart”, grazie al quale abbiamo fatto le pensiline del tram. Da lì è nata la passione. E poi a me piace stare in strada, quindi comunque lo trovo naturale.

Corinne: Ci ha particolarmente colpiti un tuo progetto, denominato “Andiamo a mare?”, di cui fa parte una delle tue opere nella zona di Maregrosso. Da dove nasce questo progetto e che messaggio vuoi lanciare? In quali luoghi hai pittato (dipinto n.d.r.)?

“Andiamo a mare?” è un progetto che nasce per salvaguardare il mare. Il mare è l’elemento più significativo per noi messinesi; è sempre presente, perché in qualsiasi luogo di Messina ti trovi vedi sempre il mare. Il progetto vuole invogliare le persone a rispettare il nostro “liquido primordiale”. Perché dal mare nasce la vita, sin da tempi immemori. Di fronte al mare non c’è nessun Dio. L’uomo pensa di poter fare qualsiasi cosa con la natura, di farne una cosa propria, deturpandola, danneggiandola. In realtà non è così. È la natura che è padrona della vita. E allora di fronte al mare non si è nessuno. Il mio nome d’arte, NessuNettuno, deriva proprio da questo.

Una delle opere, appartenente al progetto “Andiamo a mare?”, situate nella zona di Maregrosso – Fonte: @nessunettuno (Instagram)

 

M: Quindi si può parlare di una funzione sociale della street art.

Sì. Inoltre il tuo lavoro deve essere soggetto all’approvazione delle persone del luogo. L’opera di Maregrosso, ad esempio, è nata dall’incontro con alcuni abitanti.

C: Un’altra opera che ci ha particolarmente affascinati è quella che si trova al reparto oncologico dell’ospedale Papardo. Da dove è nata l’idea di dipingere in questo luogo particolare? Cosa vuoi comunicare e trasmettere con questa tua opera?

Ho realizzato quest’opera insieme ad Andrea Spos.art, un mio amico artista di Milazzo, ed è stata commissionata dai dirigenti del reparto oncologico del Papardo. L’intento era allietare e dare un senso di leggerezza all’attesa dei pazienti che entrano a fare terapia. Il messaggio è stato accolto in maniera positiva.

L’opera nel raparto oncologico dell’ospedale Papardo – Fonte: @nessunettuno

 

M: Quindi a volte qualche ente ti commissiona un’opera.

Sì, è capitato. Fra le tante, quella che mi è piaciuta di più è stata commissionata per il carcere di Gazzi, dove insieme a cinque detenuti ho dipinto, per la prima volta, un murales all’interno dell’istituto. Abbiamo raccontato la storia di Giona, il profeta che viene mangiato dalla balena e che all’interno della pancia rielabora tutti gli sbagli e ciò che ha fatto nel corso della sua vita. Dopo averli rielaborati e dopo aver assunto consapevolezza di quello dell’uomo che è, di tutto il percorso che ha fatto, viene sputato fuori. È stata un’esperienza incredibile, perché il carcere è un ambiente al di fuori di qualsiasi contesto sociale.

La balena nel carcere di Gazzi – Fonte: @nessunettuno

 

M: Davvero molto bello. Procediamo con una domanda che un nostro redattore, non presente oggi, teneva molto a farti: l’atto di rovinare un’opera di street art può anche considerarsi esso stesso street art?

Certo! Perché comunque l’opera è alla mercé di tutti e di tutto. Quello che fai in strada non è destinato a un museo e quindi è soggetto all’usura del tempo e delle intemperie; un po’ come la vita, che a poco a poco ti consuma. Oggi c’è, domani no. È questa la bellezza della street art.

C: Quali sono i tuoi progetti artistici futuri, a parte quelli già in atto? Cosa pensi guardando al domani?

Penso di pittare per tantissimo tempo. Ora dovrei andare a Venezia a fare una mostra, dall’8 al 13 ottobre. Voglio continuare a lavorare e pittare soprattutto per il sociale, perché è quello che mi interessa di più.

L’opera “Cariddi”, situata ad Acquedolci (ME) – Fonte: @nessunettuno

 

M: Per concludere una domanda un po’ spinosa. Secondo te da cosa dovrebbe ripartire Messina?

Dal mare, o meglio dagli spazi limitrofi al mare. Messina è una città tutta costruita sul mare, quindi qualsiasi iniziativa si voglia far partire,  deve comunque essere legata alla riqualificazione del mare e delle spiagge. Inoltre bisognerebbe ripartire dall’insegnamento delle nostre tradizioni siciliane a scuola. Perché se conosci la tua cultura sei più propenso ad amarla e a rispettare anche le altre.

 

Corinne Marika Rianò, Mario Antonio Spiritosanto

 

 

Immagine in evidenza:

Una delle opere, appartenente al progetto “Andiamo a mare?”, situate a Maregrosso – Fonte: @nessunettuno. Oggi l’opera non è più visibile a causa dell’erosione che ha subito da parte degli agenti atmosferici, ma l’autore – come evidenziato nell’intervista – ha manifestato l’intenzione di non rimaneggiarla, considerando l’usura “naturale” come facente parte della street art.

Banksy strega Venezia

Venezia, la profezia di Banksy si è avverata.

In questi giorni a Venezia un’enorme nave da crociera è andata contro un battello turistico.

Lo “street-artist” più famoso del mondo aveva tentato di inviare un segnale, che però non è stato colto.

Una serie di quadretti firmati dall’artista anonimo per eccellenza, dal messaggio comunicativo apparentemente innocuo, in piazza San Marco,  raffiguravano in successione una nave da crociera dentro la splendida laguna.

Quando pensiamo a Venezia fascino, eterea bellezza, mistero e arte sono le sfumature compongono il ritratto di una delle città più uniche e particolari del mondo.

Venezia è una perla che, però, viene deturpata con violenza turistica dalle navi da crociera che attraccano nel porto della laguna.

Nei giorni scorsi la città dei canali è stata svegliata da un’improvvisa sirena.

La crociera MSC che doveva attraccare nel porto della città, a causa del motore in avaria accelera senza riuscire a fermarsi: il “mostro marino” lungo 275 metri e che pesa 65 mila tonnellate si è scontrato contro la barca fluviale River Countess, i cui passeggeri erano per lo più turisti.

Questo episodio ha sicuramente provocato come è ovvio, uno scossone, tanto che dal governo è giunta la decisione di trovare una soluzione definitiva per evitare incidenti del genere e allontanare le grandi navi dal percorso Bacino di San Marco – Canale della Giudecca.

L’arte, spesso sa essere anche ironica e cinica.

E’ trascorso davvero poco tempo dalla mostra artigianale ideata da Banksy interrotta dall’arrivo delle forze dell’ordine, che, non avendo consapevolezza di quanto stesse accadendo, chiedono, per mancata autorizzazione, la sospensione della’attività artistica.

In concomitanza, non casuale, con l’accaduto si teneva la Biennale di Venezia, la quale non si è premurata di invitare Banksy, che ha espresso la sua delusione sui social.

Ancora una volta, l’arte ha  dimostrato di essere molto più lungimirante ed accorta delle istituzioni.

Venezia è una cristalleria, è una bomboniera, piccola, romantica, senza tempo, piena di storia, ma come tutte le rarità più caratteristiche è altrettanto fragile, una gracilità che non si sposa con l’accoglienza di navi cosi grandi.

Preservare ciò che di più unico abbiamo è un dovere etico, dal vangelo secondo Banksy.

Antonio Mulone