Kennedy moriva 60 anni fa: uno zoom sul politico

John Fitzgerald Kennedy nasce il 29 maggio del 1917 a Brookline nel Massachusetts. La sua famiglia aveva origini irlandesi; suo padre Joseph Kennedy era il presidente della commissione Borsa e Finanze a Wall Street.

Nel 1937 John Kennedy si laurea ad Harvard e durante la Seconda Guerra Mondiale partecipa come volontario in Marina. Congedato con onore, decise di intraprendere la carriera politica in parte anche per compensare il vuoto lasciato dal popolare fratello Joseph Jr., deceduto in guerra. Si confronta con il candidato repubblicano Richard Nixon nel primo dibattito presidenziale trasmesso alla televisione.

Qui Kennedy trasmise al pubblico un’immagine sicura e composta a differenza del suo rivale. Nel novembre del 1960  il nuovo Presidente degli Stati Uniti d’America divenne proprio Kennedy. E’ stato il primo Presidente ad essere nato nel XX secolo ed il più giovane a morire mentre era in carica.

“Non chiedete cosa il vostro Paese può fare per voi; chiedete cosa potete fare voi per il vostro Paese”.

Vita privata di Kennedy

Il 12 settembre 1953 John Kennedy sposa Jacqueline Bouvier detta Jackie:  con lei ha avuto ben quattro figli. Le morti premature dei suoi figli, gli omicidi dello stesso John (assassinato nel 1963) e del fratello Robert (assassinato nel 1968), oltre alla lobotomia per un ritardo mentale alla sorella Rosemary (che la danneggiò a livello sia fisico che mentale) hanno diffuso la credenza della maledizione dei Kennedy.

Kennedy
Kennedy con la moglie. Fonte: Toda Matéria

Sono state molte le amanti di John negli anni, tra queste anche personaggi di spicco di Hollywood come l’attrice Marilyn Monroe (Blonde): le note di Happy Birthday Mr. President” sembrano risuonare ancora oggi tra le mura del Madison Square Garden di New York. La performance, avvenuta dieci giorni prima dell’effettivo compleanno di Kennedy, è ancora oggi ricordata. Marilyn Monroe indossava il suo famoso abito color carne, impreziosito da una cascata di duemilacinquecento perline luccicanti cucite a mano. A cause delle voci in merito alla liason amorosa tra Marilyn Monroe e il presidente, i servizi segreti si erano occupati di distruggere tutte le prove di quell’incontro.

Politica interna e riforme sociali

John ha promosso leggi a favore dell’istruzione e contro la discriminazione razziale nei luoghi pubblici e nelle scuole. Con la sua ‘’Nuova Frontiera’’ infatti, Kennedy sostenne l’integrazione razziale e i diritti civili. Chiamò inoltre a sé durante la campagna elettorale del 1960 la moglie dell’imprigionato reverendo Martin Luther King, guadagnandosi il consenso della popolazione nera alla sua candidatura.

Kennedy fece  pressione affinché gli Stati Uniti guidassero l’esplorazione dello spazio. Chiese al Congresso di finanziare il Programma Apollo per oltre 22 miliardi di dollari, con lo scopo di portare un uomo statunitense sulla Luna entro la fine del decennio.

“nessuna nazione che aspiri a essere alla guida delle altre può attendersi di rimanere indietro nella corsa per lo spazio, abbiamo scelto di andare sulla Luna e di fare altre cose, non perché sono facili, ma perché sono difficili”.

Politica estera: i rapporti con l’Unione Sovietica

John Kennedy, in piena Guerra Fredda, si disse favorevole al disarmo nucleare e una politica distensiva nei confronti del blocco sovietico. Kennedy considerava Berlino parte della Germania Federale, mentre i tedeschi la volevano libera. La costruzione del Muro di Berlino fu allora la risposta che rendeva impossibili le fughe.

Il confronto più drammatico tra le due potenze ebbe luogo a Cuba: Kennedy cercò subito di soffocare il regime di Fidel Castro. Lo sbarco alla Baia dei Porci (Bahìa de Cochinos), l’avventuroso tentativo di invasione effettuato il 17 aprile 1961 si risolse in un insuccesso completo. Il giorno seguente gli assalitori si resero conto della situazione insostenibile e fu ordinato il ritiro.

La celebre frase «Ich bin ein Berliner», pronunciata il 26 giugno 1963 a Berlino Ovest dal Presidente Kennedy, aveva l’intento di comunicare alla città di Berlino e alla Germania stessa, seppur entrambe divise, una sorta di vicinanza e amicizia degli Stati Uniti.

Kennedy
Kennedy in auto. Fonte: National Geographic

22/11/63: l’assassinio

Il 22 novembre 1963 Kennedy fu ucciso a Dallas in un attentato il cui colpevole non fu mai realmente identificato. Kennedy si trovava in visita ufficiale nel Texas. Mentre il Presidente e sua moglie Jacqueline salutavano la folla, diversi colpi di arma da fuoco furono esplosi da un fucile in direzione della vettura: uno di essi colpì JFK alla testa. Responsabile dell’assassinio venne ritenuto Lee Harvey Oswald, un impiegato. Dopo la morte di Kennedy, venne immediatamente eletto nuovo presidente Lyndon Johnson.

John Kennedy non è stato soltanto un personaggio storico e un uomo di potere, ma è entrato nell’immaginario collettivo, insieme alla sua famiglia, come un vero e proprio mito. Oggi ricorrono i 60 anni dal suo assassinio: i proiettili che quel giorno lo assassinarono colpirono al cuore la sua nazione e sconvolsero anche tutto il mondo intero.

Kennedy nella cultura contemporanea

Il mistero dell’assassinio del presidente Kennedy affascina ancora il grande pubblico. Questo è uno dei motivi per cui sono presenti così tanti esempi di adattamento cinematografico o letterario a questo singolo avvenimento. Si pensi già solamente al noto romanzo di Stephen King 22/11/63: il libro, portato anche sul grande schermo con una serie adattamento con James Franco e George McKay (1917), racconta il viaggio nel tempo di Jake per evitare l’uccisione del presidente.

La morte di Kennedy viene analizzata nel cinema da vari punti di vista: il dramma Jackie con Natalie Portman nel ruolo di Jacqueline Kennedy ne è un esempio. Il film, diretto dal regista Pablo Larrain (Spencer), analizza l’avvenimento con un focus sulla first lady.

Sarebbero moltissimi gli altri esempi da ricordare. Qui ci limiteremo a sottolineare come questo evento abbia colpito nel profondo la comunità mondiale e come ancora oggi la morte di un grande presidente come Kennedy venga ricordata in tutto il mondo.

 

Carmen Nicolino

Il cinema è nato a Messina

Il cinema a Messina nacque in un epoca contemporanea alla prima proiezione cinematografica avvenuta a Parigi.

Dal febbraio del 1897 Messina fiorisce di locali cinematografici in pianta stabile e di conseguenza si fa strada un primordiale quanto efficace mezzo pubblicitario, la locandina cinematografica affissa nelle strade o nelle vetture delle imprese mobili, che raccoglieva tutte le informazioni utili per l’evento cinematografico così  affacciando la società messinese del tempo ad una nuova forma di arte.

Cinématographe Lumière. © Musèe des arts et mètiers-Cnam/photo studio Cnam.

 

Il primo cinema a pianta stabile si ha con l’apertura del Reale Cinematografo Lumière in Via S. Camillo, successivamente tra il 1905 e il 1908 si registrano la Sala Italia in Corso Vittorio Emanuele con trasferimento di sede nel periodo invernale in Piazza S. Giacomo, a seguire s’inaugura l’Edison Cinématographe  allo Chalet in Corso Vittorio Emanuele. Il Cinematografo imperiale” in via Cardines e il  Cinematografo Mignon ad opera di Ernesto Mastrojeni sino ad essere inaugurato il “Moderno” al palazzo Cianciafara e il “Cinematografo Iris”.

Nel periodo post terremoto sorgono diversi cinema tra cui: il cinema “Progresso”; l’indimenticabile cinema “Trinacria” e il cinema più frequentato da giovani e famiglie il cinema “Star” ad angolo tra la via Consolare Vecchia e via Bonino, trasformato in un supermercato. Infine l'”Eden cinema-concerto” nel quale il giovane Giovanni Rappazzo inventa il cinema sonoro.

 

Il Cinema Teatro EDEN-Messina. Fonte: Pinterest
Il Cinema Teatro EDEN-Messina. Fonte: Pinterest

 

Insomma, Messina zampilla di nuovi locali che racchiudono l’arte del cinema.

A seguire il cinema messinese è perfezionato dal Cinematografo Lumière che presenterà i suoi film in tre occasioni: al Teatro La Munizione nell’ottobre 1898, al Reale Cinematografo Lumière in Via S. Camillo nel 1898 e al Teatro di Villa Manzini nel 1905.

Preceduto dalla prima cassetta che proiettava delle immagini in movimento, il Kinetoscopio di Edison, il vero apparecchio cinematografico inaugurato a Messina fu il Kinefotografo di origine inglese registrato in una strada adiacente al Teatro Vittorio Emanuele, periodo coincidente con il Cinematografo dei fratelli Lentini. Sono questi gli anni in cui i registi utilizzano apparecchiature per riprendere scene dal vivo, come accadde per Lo sbarco dei passeggeri dal Ferry-Boat, Il convegno dei ciclisti messinesi allo Chalet.

Kinetoscopio di Edison. Fonte: occhiovolante.it

 

Fu altresì frequente la realizzazione di film a soggetto, all’indomani del terremoto del 1908,  come Dalla pietà all’amore (Il disastro di Messina). Negli anni dieci e quaranta del ‘900, Messina inaugura i film d’epoca in cui viene risaltato il magnifico paesaggio che divide lo Stretto dalla penisola e che ancora oggi incanta i cittadini e migliaia di turisti. Sono diversi i registi che includono scene dell’attraversamento dello stretto come al tempo fu la scelta di Giuseppe Tornatore in L’uomo delle stelle.

Il cinema a Messina introduce anche un’altra novità non ancora registrata sul territorio, la presenza di cinecircoli e associazioni culturali cinematografiche. Già a partire dagli anni ’30 esisteva un CineGUF interamente gestito e dedicato agli studenti universitari che diede vita anche alla produzione di documentari.

 

L’attrice Jayne Mansfield al Rassegna Internazionale del Cinema di Messina e Taormina nel ’62. Fonte: Taorminafilmfest

 

Infine, nel dopoguerra fu inaugurato il Circolo messinese del cinema che cambiò denominazione negli anni.

Ma il vero periodo aureo del cinema messinese del dopoguerra, si ebbe grazie alla vicinanza di Taormina protagonista di diverse edizioni cinematografiche con una fama che conserva ancora oggi.

Siamo così giunti ai giorni nostri in cui, grazie a questo excursus storico-cinematografico, possiamo vantare che il cinema è nato a Messina.

Sarebbe interessante organizzare una serie di eventi da “tuffo nel passato” da trascorrere nei cinema storici ancora presenti sul territorio messinese,  riproponendo un film di quegli anni.

 

Elena Zappia

Fonti:

Storia e civiltà Messina, Ed. GBM, 1997, Messina

Paradiso, Contemplazione e Pace

Il declivio della catena montagnosa, dolcemente digradante verso il Faro, è popolato da villini deliziosi, mentre occhieggiano, tra il verde smeraldino dei vigneti e quello cupo degli agrumeti, le piccole case coloniche. E si traversa una serie di villaggetti, poveri ma gai e pittoreschi, dai nomi curiosi, taluno d’origine germanica che rimonta ad un’età cavalleresca come il Ringo, altri che riportano le tracce della dominazione araba come Ganzirri, alcuni di origine greca come Rodia e tanti altri di carattere soavemente religioso come Paradiso, Pace, Contemplazione…             

La Civiltà Cattolica, Volume 63, Edizione 1

È questo il panorama che si apre agli occhi degli osservatori, una volta superato il confine immaginario fra la parte più urbana di Messina e la riviera.

Collocate esattamente dopo le “colonne d’Ercole” ed estese fino al torrente Sant’Agata, si susseguono lungo tutta la costa, fra spiagge, barche di pescatori e i luoghi che accolgono la movida estiva messinese, le frazioni “ultraterrene” di Paradiso, Contemplazione e Pace.

Ma cosa si cela dietro questa artistica e particolare scelta di toponomastica?

Paradiso

 

Villaggio Paradiso
Villaggio Paradiso negli anni ’70. Fonte: https://pin.it/73oDjmx

 

Ebbene, la questione è molto più semplice di ciò che ci viene suggerito. Nessun intervento dantesco, né tantomeno divino, ha collaborato nell’attribuzione di queste denominazioni. L’edenica Paradiso, secondo un’ipotesi dell’erudito gesuita Placido Samperi, deve il suo nome a Villa Paradiso.

Una villa sontuosa, con tanta dovizia di copiose fontane, artificiose spalliere di mortine, gelsomini, limoni, arance e per l’abbondanza di ottimi frutti da meritare un tale nome.

Il cavaliere Raimondo Marquett fece edificare la magione su di un podere che aveva acquistato alle pendici dei monti Peloritani, nella contrada di Belviso.

Qui, dal 1648 fino alla sua morte, ne fu il duca per volere del re Filippo IV di Spagna. La residenza godette di un notevole prestigio: i viceré e altri ospiti illustri vi si recavano e vi soggiornavano con piacere prima dell’ingresso in città.

Al suo interno, Villa Paradiso nascondeva diverse meraviglie storiche, naturalistiche e artistiche: oggetti rari e bizzarri, come fossili, strumenti astronomici e apparati liturgici

Himera, romanzo dello scrittore locale Nando Romano, prende proprio spunto da questa sorta di wunderkammer, ruotando intorno alla figura del Signor Paradiso, ispirato al proprietario Raimondo Marquett.

Un’altra interpretazione, invece, attribuisce l’origine del nome ad un oratorio esistente nella zona e dedicato alla Madonna del Paradiso, di cui oggi, sfortunatamente, non resta traccia.

Il Paradiso ai giorni nostri

Il villaggio ha perso da tempo la sua maestosità e le sontuose ville padronali affacciate sulla riviera che sono state sostituite e affogate da un mare di cemento.

La cementificazione iniziò poco dopo la Seconda Guerra Mondiale, quando Villa Costarelli, detta anche Villa Luce, venne rasa al suolo per lasciar posto ad un esclusivo complesso residenziale.

Villa Costarelli ad inizio '900.Fonte: https://i.pinimg.com/736x/78/80/05/788005c92f4d1d8e81f1cef7584ee266.jpg
Villa Costarelli ad inizio ‘900.Fonte: https://i.pinimg.com/736x/78/80/05/788005c92f4d1d8e81f1cef7584ee266.jpg

 

Seguirono, poi, le costruzioni realizzate fra gli anni ’70 e gli anni ’80, e le lottizzazioni previste dalla variante al piano regolatore generale del 2002.

 

Il Paradis Hotel
Il Paradis Hotel negli anni ’70. Fonte: https://pin.it/4Zvd7Tb

 

Della vera Paradiso, oggi, non resta che il quartiere delle cosiddette “Case Basse”, anch’esso minacciato dagli appetiti dei privati.

Contemplazione: ieri e oggi

Continuando lungo la via Consolare Pompea, un tempo attraversata da un tram a vapore che giungeva sino a Villafranca, incontriamo l’altrettanto celestiale Contemplazione.

Questa prende il nome dalla chiesa dedicata alla Madonna della Contemplazione.

 

Il Paradis Hotel
Chiesa della Madonna della Contemplazione  Fonte: https://www.ganzirri.it/IMG/arton63.jpg?1189606428

 

L’antica costruzione sorgeva nella salita di Fondelli e sorse nel secolo XVII, per volere di una famiglia privata che la mise a disposizione per l’esercizio del culto.

Nel 1908, venne danneggiata dal terremoto e successivamente restaurata dai Frati Minori di Portosalvo che, nei giorni festivi, continuarono ad officiarla.  Svolse le funzioni parrocchiali fino al 13 maggio 1960, quando la Chiesa Cuore Immacolato di Maria venne inaugurata.

Dopo la sua apertura, l’edificio venne abbandonato a se stesso e lasciato al degrado. Anche Contemplazione, come Paradiso, può vantare di un suntuoso trascorso.

Ne è testimonianza Villa Florio, attribuita a Ernesto Basile e rappresentante uno dei pochi esempi di liberty puro in città. Il villaggio è oggi meta di molti turisti e, con le sue spiagge dorate e un mare trasparente, rende giustizia al suo nome.

Riviera Contemplazione
La Riviera di Contemplazione vista dal terrazzino sulla spiaggia del Bar Gravino negli anni ’70. Fonte: https://pin.it/6p9hKzP

Pace

 

Pace
Uno scorcio di Pace e della Chiesa Santa Maria della Grotta
Fonte: https://www.parrocchiadipace.it/wp-content/uploads/2019/04/cropped-11985418294_24fe7bb5b2_k.jpg

 

Il lieto borgo è così denominato, proprio come la vicina Contemplazione, per la chiesa, ormai scomparsa, intitolata alla Madonna della Pace. Ancora presente, invece, è la simbolica Chiesa Santa Maria della Grotta o Santa Maria delle Grazie. Verosimilmente edificata sul tempio di Diana, sito sulla strada verso capo Peloro, la chiesa nacque come oratorio nel 1500.

Da qui, l’Ordine dei Frati Predicatori divulgò la devozione verso il dipinto miracoloso della Vergine, invocata con il titolo Madonna della grotta proprio in virtù della grotta in cui venne lasciato arenare per sua stessa volontàTrasformata in un tempio nella prima metà del 1600, con il trascorrere dei secoli, i vari proprietari la arricchirono e impreziosirono oltre lo sfarzo.

 

Chiesa di Santa Maria della Grotta
La Chiesa di Santa Maria delle Grazie alla Grotta in una fotografia di Ledru Mauro del 1890 circa
Fonte: https://www.pinterest.it/pin/782711610216687197/

 

L’edificio resistette al terremoto del 1783, ma non ebbe la stessa fortuna con quello del 1908. Venne, in seguito, fatto riedificare, ma solo nel 1931, sullo stesso modello del tempio originario.

 

Villa Pace
Villa Pace. Fonte: https://www.messinamedica.it/wpcontent/uploads/2019/11/VILLA-PACE-1024×547.png

Una preziosa eredità

La dimensione surreale della frazione di Pace è alimentata dalla maestosità dell’omonima villa. Villa Pace è stata, in passato, sede degli eventi e dei ricevimenti della facoltosa borghesia cittadina.

Si rese celebre per l’ospitalità offerta a illustri personaggi, legati alla storia sociopolitica della città, come il Kaiser Guglielmo II e diversi esponenti di Casa Savoia. Acquistata e rivenduta da vari proprietari, nel 1922, l’Università, al fine di proteggere i beni custoditi e adibirla a centro convegni e mostre, ottenne la residenza a “costo 0”, direttamente dal Tribunale di Messina.

Il 28 giugno 2003, la famiglia Imbesi, l’Università e l’Ordine dei Farmacisti inaugurano a Villa Pace il Museo storico della Farmacia del Mediterraneo che, grazie ai numerosi cimeli e documenti donati dal luminare docente Antonio Imbesi, aumenta il suo valore storico-culturale.

Durante il suo soggiorno, un diplomatico tedesco descrisse Villa Pace come il luogo dell’anima. D’altronde, come poterlo contraddire?

Paradiso, Contemplazione e Pace in poesia

Paradiso, Contemplazione e Pace, con il loro ricco patrimonio paesaggistico, artistico e culturale, hanno influenzato non poche menti.

Qui di seguito, è riportato un estratto della poesia Fra contemplazione e paradiso, dello scrittore Vincenzo Consolo, che ne è la perfetta rappresentazione.

Ora mi pare d’essere, ridotto qui tra Pace e Paradiso, come trapassato, in Contemplazione, statico e affisso a un’eterna luce, o vagante, privo di peso, memoria e intento, sopra cieli, lungo viali interminati e vani, scale, fra mezzo a chiese, palazzi di nuvole e di raggi. Mi pare ora che ho l’agio e il tempo di lasciarmi andare al vizio antico, antico quanto la mia vita, di distaccarmi dal reale vero e di sognare. Mi pare forse per questi bei nomi dei villaggi, per cui mi muovo tra la mia e la casa dei miei figli. Forse pel mio alzarmi presto, estate e inverno, sereno o brutto tempo, ancora notte, con le lune e le stelle, uscire, portarmi alla spiaggia, sedermi sopra un masso e aspettare l’alba, il sole che fuga infine l’ombre, i sogni, le illusioni, riscopre la verità del mondo, la terra, il mare, questo Stretto solcato d’ogni traghetto e nave, d’ogni barca e scafo, sfiorato d’ogni vento, uccello, fragoroso d’ogni rombo, sirena, urlo.

Valeria Vella

Fonti:

https://www.letteraemme.it/perche-i-luoghi-di-messina-si-chiamano-cosi-paradiso-contemplazione-e-pace/

https://www.messinamedica.it/2019/11/messina-nascosta-villa-pace/

https://www.wikiwand.com/it/Pace_(Messina)

https://www.wikiwand.com/it/Paradiso_(Messina)

Il “Castellaccio”: fra storia e misteri

A 150 metri sul livello del mare, a vegliare la città di Messina da un arcano nemico vi è il misterioso Castellaccio, una delle fortezze più antiche della città e luogo pregno di misteri e di storia.

La storia 

Di grande importanza strategica, in quanto punto di controllo e di avvistamento, il forte prende nome dalla sottostante vallata di Gravitelli, in passato zona impervia ed isolata.

Come racconta Giuseppe Buonfiglio Costanzo nella sua “Messina Città Nobilissima” (1606) il Castellaccio ha origini antichissime.

Per secoli fu diffusa la convinzione che fosse stato Orione in persona a edificarlo e non senza fondamento dati i reperti archeologici, risalenti all’età preellenica, ritrovati nel sito.

Il vicerè Giovanni De Vega, nel 1547, lo fece ricostruire in fascine e legname e, nello stesso secolo, l’architetto Antonio Ferramolino, autore anche del Castello del SS. Salvatore e del Forte Gonzaga, lo ridusse in forma quadrata.

Nel 1674, durante la rivolta antispagnola, il forte venne preso d’assalto dai messinesi e utilizzato come osservatorio. Da qui il suono di una cannonata preannunciava ai cittadini dei pericoli imminenti.

Durante i moti del ’48, i messinesi lo riconquistarono e mantennero fino al secolo successivo, quando anche il Castellaccio subì il terremoto che devastò Messina un ventennio dopo.

Il secondo conflitto mondiale lo danneggiò ulteriormente e i successivi interventi finirono per stravolgerne irreversibilmente l’iniziale natura architettonica.

È il caso del 1949, quando il Castellaccio divenne sede di Villa Pia e reinaugurato come “Città del Ragazzo”.

Padre Nino Trovato di fronte la Città del Ragazzo, fondata nel Forte Castellaccio – Fonte: gsud.cdn-immedia.net/2021/10/me_citta_ragazzo.jpg

Qui, “orfanelli”, ragazzi e giovani provenienti da famiglie e dai contesti più disagiati, ospitati dal responsabile del progetto, padre Nino Trovato, trovarono nel Castellaccio una casa e un lavoro.

L’edificio, come scrive l’architetto Nino Principato, fu ampiamente manomesso. Al suo interno, inoltre, venne edificata una palazzina con finestre in falso stile gotico, che mal si accordano con il carattere generale della struttura originaria, di cui, ormai, rimane ben poco.

Il castello degno di un horror

I messinesi non apprezzano particolarmente questo monumento e da decenni, complice il decadimento della struttura, credono che il luogo sia maledetto.

A conferma di ciò, il macabro scenario che fa da benvenuto ai visitatori: un pupazzo di Babbo Natale impiccato all’ingresso, simboli esoterici tracciati su porte e pavimenti e, sulla volta della cappella, un pentacolo.

Babbo Natale “appeso” all’ingresso dell’edificio – Fonte: letteraemme.it/wp-content/uploads/2017/03/castellacci012.jpg

Un inquietante presagio di attività paranormale, confermata dalle numerose segnalazioni di rituali occulti e di sconcertanti apparizioni.

Fra queste, quella del fantasma di una suora, di cui circola anche un video sul web, che ha attirato l’attenzione di un gruppo di ricercatori del paranormale, il MAP.

Ghostbusters in azione al Castellaccio – Fonte: messinatoday.it/attualita/nuove-presenze-castellaccio-indagini-map.html

Dalle loro indagini risulta una fitta documentazione, contenente registrazioni che riportano la voce disperata di una donna, sospiri e lamenti, risate e vagiti infantili.

Il 24 novembre 2020, l’emittente britannica BBC ha mandato in onda una puntata dal titolo One night in a ‘haunted’ Sicilian castle”, ambientata proprio al Forte Castellaccio.

Una serie di immagini, interviste e testimonianze raccontano del viaggio all’interno del castello, atto a decretare la veridicità della storia.

Il Castellaccio in poesia 

Il poeta, giornalista e storico messinese Pasquale Salvatore, le cui opere sono sconosciute ai più, enfatizza il valore culturale del luogo nella sua emblematica poesia “Castiddazzu”:

Cu’ carriò la petra e la quacina,

cu travagghiò pi gghisari sti mura,

facènnumi cchiù forti, d’ura in ura,

dormi, e non s’arrispigghia a la matina:

dormi, di trenta sèculi…

O Missina,

tu intantu addivintavi gran signura!

Ma poi ti vosi ‘nterra la svintura,

mentri, cu’ potti, ti mintìu ‘ncatina.

Lu foristeri ora cchiù non ti vanta;

l’aria libbera tò cchiù non cci coli.

Ed oramai di tia nuddu si scanta…

Ma, addritta e fermu, supra sta muntagna,

iò cci cantu, a cù voli e a cù non voli:

Missina cc’era, e Roma era campagna.

 

Panorama dal Castellaccio negli anni ’60 – Fonte: pinterest.it/pin/782711610222408061/

 

Valeria Vella

Fonti:

visitme.comune.messina.it/it/luoghi/castellaccio-di-messina

balarm.it/news/tra-sospiri-notturni-e-risate-di-bambini-a-messina-c-e-un-castello-degno-di-un-thriller-118998

letteraemme.it/lemittente-inglese-bbc-a-messina-in-cerca-di-fantasmi-al-forte-castellaccio/

curiosauro.it/2022/03/12/i-fantasmi-di-forte-castellaccio-a-messina/

Immagine in evidenza:

Il “Castellaccio” – Fonte: profilo facebook “Messina Attività Paranormali”

In ricordo di Franz Riccobono

La città di Messina e l’intero mondo della cultura sono in lutto per la prematura scomparsa di Franz Riccobono, storico e cultore delle tradizioni popolari messinesi.

Colpito dal Virus SARS-CoV-2, da giorni ricoverato in terapia intensiva presso A.O.U. “Gaetano Martino” (Policlinico) – nosocomio messinese-, lo storico si è spento all’età di settantanove anni lo scorso 16 marzo.

Nella Basilica Cattedrale Protometropolitana di Santa Maria Assunta si è svolta la cerimonia funebre per dare un ultimo saluto a Franz.

Biografia

Classe ’43, Franz nacque a Patti in provincia di Messina.

Intraprese gli studi universitari, iscrivendosi alla facoltà di Economia e commercio presso l’Università degli Studi di Messina, dove si laureò nel 1970.

Appena laureato convolò a nozze con l’amata Messina, uno sposalizio appassionato tra  storie di reperti storici e tradizioni, che ha sin da subito condiviso con gli stessi concittadini.

Franz
Franz Riccobono- Fonte: Messinaweb.Eu

Attività

Dal 1971 al 1997 svolse l’incarico di funzionario presso l’Università degli Studi di Messina; da lì in poi la vita di Franz si arricchì tra impegni sociali e attività culturali.

Consulente della Fondazione Famiglia Piccolo di Calanovella, consulente dell’Istituto Italiano dei Castelli Sicilia, Vicepresidente della Fondazione Patrimonio UNESCO Sicilia, componente del Consiglio Regionale dei Beni Culturali, socio fondatore dell’associazione “Amici del museo di Messina”, e protagonista delle scoperte archeologiche, ha aperto una bottega divenuta sin da subito punto di riferimento non solo per gli storici messinesi ed italiani, ma anche per tutti coloro che almeno una volta nella loro vita rimasero affascinati dal suo ammaliante modo di raccontare Messina.

La bottega
La bottega – Fonte: Profilo Facebook di Franz Riccobono

Opere

Ebbe per maestri, il professore e socio dell’Istituto di Preistoria e Protostoria, Aldo Segre – scomparso all’età di cento anni – e il naturalista Adolfo Berdar, che formarono un Franz intrepido, sostenitore della sua terra, tanto da fare di quella Messina non solo la terra natia ma anche la protagonista di tutte le sue storie intrise di novità e tradizioni.

Una Messina viscerata, raccontata, decantata in oltre cinquanta opere interdisciplinari.

Per oltre cinquant’anni si dedicò ad attività di volontariato e realizzò ben quindici eventi tra musei e mostre permanenti.

Da ultimo, nel maggio 2021, Messina lo vide protagonista come relatore per un incontro organizzato a Palazzo della Cultura “Antonello da Messina”– il maggio dei libri- per la presentazione del suo libro “Il mare sui muri”.

Insomma, la sua morte lascia l’amaro in bocca, allo stesso modo, sia agli amici più stretti, sia ai meri conoscenti.

Locandina evento
Locandina evento presentazione libro “Il mare sui muri” – Fonte: Comune di Messina

In ricordo di Franz…

Leggiamo insieme qualche commento per ricordare Franz.

Il fumettista messinese Lelio Bonaccorso

“Ci ha lasciati un uomo eccezionale, un amico la cui scomparsa mi sconvolge e mi addolora non poco. Aspettavo solo il momento in cui Franz Riccobono riaprisse il suo negozio, uno spazio culturale meraviglioso, una dimensione parallela in cui potevi ascoltare racconti incredibili e vedere e toccare scorci di storia antica e recente. Messina perde un pezzo importantissimo, una persona che davvero amava questa città e che metteva la divulgazione culturale al centro della sua vita. Tante volte le sue consulenze sono state importanti ed essenziali, anche per i miei libri. Oggi vorrei solo che gli si intitolasse uno spazio, un museo, affinché tutto il materiale e la memoria storica che Franz custodiva possa essere fruibile a tutti. Lui ne sarebbe stato felice, perché quel patrimonio è davvero parte della nostra storia e non deve andare perduto. Faccio le condoglianze alla famiglia e auguro al mio caro amico Franz un buon viaggio. Spero davvero tu possa starci vicino perché abbiamo ancora bisogno del tuo supporto”.

La Cisl Messina

“Con la morte di Franz Riccobono, Messina perde un pezzo importantissimo della sua memoria storica, il custode della magia di questa città. Lo ricordiamo sempre con una passione immensa per la storia della nostra città, per il suo patrimonio artistico e soprattutto culturale. L’appello è quello a non dispendere quanto ha fatto Franz Riccobono per Messina”.

Il Presidente della Regione Nello Musumeci

«La prematura scomparsa di Franz Riccobono mi addolora profondamente e costituisce una grave perdita anche per la città di Messina e per la cultura siciliana, con Riccobono se ne va uno studioso, un ricercatore e un collezionista tenace, instancabile, appassionato e geloso custode delle proprie idee. Profondo conoscitore della propria città, della quale era inguaribilmente innamorato, ha dedicato a Messina diverse pubblicazioni e centinaia di iniziative. Franz mi aveva contagiato l’amore per la Zona Falcata e la necessità del suo recupero. Era entusiasta del lavoro che in tal senso avevo avviato in questi anni col governo regionale. Ed ora che non è più tra di noi, riconsacriamo l’impegno a completare il lavoro iniziato, in omaggio alla sua memoria. Alla moglie va il cordoglio mio e del governo siciliano».

 

Ci accodiamo al desiderio di molti, chiedendo la cura e la salvaguardia dell’intero suo patrimonio, affinché Franz  possa continuare a vivere e, insieme a lui, anche quella porzione di Messina che solo lui riusciva a rendere speciale.

 

Elena Zappia

Fonti:

https://www.edas.it/autore/franz-riccobono/#:~:text=Si%20%C3%A8%20laureato%20nel%201970,popolari%20e%20storia%20del%20territorio.

http://unescosicilia.it/wp/wp-content/uploads/2014/09/Franz-Riccobono.pdf

https://www.unime.it/sites/default/files/locandina_61.pdf

https://messina.gazzettadelsud.it/foto/cronaca/2022/03/16/messina-il-covid-stronca-il-prof-franz-riccobono-67c20c5e-277f-4dbe-9d3c-af7b3e96ea6e/

https://www.messinatoday.it/cronaca/covid-morto-franz-riccobono.html

Giornata della Memoria 2022. Coltivare la memoria è un dovere civile

27 gennaio 1945, Auschwitz. Durante un’operazione, nel mentre della Seconda Guerra Mondiale, delle truppe sovietiche dell’Armata Rossa, viene scoperto e vengono aperti i cancelli di quel posto che era come un inferno sulla terra. Il mondo, per la prima volta, scoprì cosa accadesse nei campi di concentramento, tra cui, appunto, quello presso la cittadina polacca di Oświęcim, Auschwitz per i nazisti.

 

I cancelli del campo di concentramento di Auschwitz (fonte: ilpost.it)

Ideati inizialmente per sterminare la popolazione ebraica, all’interno di questi luoghi, noti anche come lager, trovarono la morte anche slavi, rom, persone di colore, disabili, omosessuali e avversari politici, oltre che circa 6 milioni di ebrei, principali bersagli.

In questa data, dunque, ricordiamo ogni anno tutte le vittime innocenti di questo genocidio noto comeOlocausto” (“sacrificio”) oShoa” (“tempesta devastante”), espressione usata per la prima volta nella Bibbia, nel libro di Isaia, per indicare una forma di sacrificio praticata nell’antichità in cui la vittima veniva interamente bruciata.

Gli avvenimenti storici

Tra il 1933 e il 1945, morirono uccise dai nazisti circa 15-17 milioni persone.

Adolf Hitler a capo del Partito Nazionalsocialista Tedesco dei Lavoratori, dopo esser salito al potere in Germania nel 1933, diede inizio a quel programma politico che fu causa di tutto. Intendeva porre la Germania nazista come erede storica del Sacro Romano Impero e del moderno Impero tedesco. Perciò istituì il “Terzo Reich(letteralmente “Terzo Impero”). Il 30 gennaio 1933, divenne cancelliere del Reich e, nonostante inizialmente fosse a capo di un governo di coalizione, si liberò velocemente dei partiti alleati, per accentrare nella sua persona tutto il potere, esecutivo e legislativo, nel giro di un solo anno, ponendo le basi per il regime totalitario di estrema destra, ispirato a ideologie come quelle nazionalistiche – in cui ritroviamo i concetti di “razza” e “superiorità ariana”e connotato da un’aggressiva politica estera, dovuta al gran risentimento della Germania per il funesto esito del primo conflitto mondiale.

L’invasione della Polonia fece degenerare le tensioni in Europa, dopo che la Germania iniziò la sua espansione, per cui Regno Unito e Francia dichiararono guerra.

Ebrei costretti ad indossare il simbolo distintivo per essere riconosciuti (fonte: Rai News)

Da quel momento in poi, i nazisti perseguitarono e assassinarono moltissime persone, tutti considerati nemici del Reich, non solo, dunque, gli ebrei per completare lasoluzione finale”.

Il razzismo era uno strumento importantissimo per i nazisti – più di quanto lo fosse per i fascisti, che lasciarono maggiore libertà personale ai cittadini – per combattere comunismo e capitalismo, odiatissimi, di cui principali autori erano considerati gli ebrei, accusati di star mettendo in atto una vera e propria cospirazione contro il mondo. Un alto numero di persone di origine ebraica lavorava nell’alta finanza angloamericana e molti erano stati tra gli esponenti della rivoluzione bolscevica; perciò, per i nazisti, anticomunismo e antisemitismo finirono per combaciare.

Per questo venne messa a punto la “soluzione finale”, per cui vennero sterminati i due terzi degli ebrei che vivevano in Europa.

Istituzione della Giornata della Memoria

L’1 novembre 2005, a conclusione della 42esima riunione plenaria dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, venne istituito il Giorno della Memoria, fissando la ricorrenza al 27 gennaio. Quello stesso giorno di sessant’anni prima, nel 1945, le truppe sovietiche guidate dal maresciallo Ivan Konev e dette “Fronte ucraino”, dell’Armata Rossa, impegnate nella offensiva Vistola-Oder in direzione della Germania, scoprirono e in seguito liberarono il campo di concentramento di Auschwitz.

Foto in cui si possono notare le condizioni disumane in cui erano costretti a vivere i deportati nei campi di concentramento (fonte: ANSA)

Trovarono ad aspettarli circa 7000 prigionieri in condizioni disumane. Scoprirono i forni crematori e i resti delle centinaia di esseri umani nelle fosse comuni scavate in fretta dalle SS primati scappare e compiere la “marcia della morte” con migliaia di deportati trascinati con sé.

Furono circa un milione le persone che morirono all’interno e non solo ebrei.

Nonostante i sovietici avessero liberato, circa sei mesi prima, il campo di concentramento di Majdanek e conquistato, nell’estate del 1944, anche le zone in cui si trovavano i campi di sterminio di Belzec, Sobibor e Treblinka, questi erano stati precedentemente smantellati dai nazisti, nel 1943. Fu stabilito che la celebrazione della Giornata coincidesse, dunque, con la data in cui venne liberato quello che era il lager più grande mai costruito.

L’Italia ha formalmente istituito la giornata commemorativa nello stesso giorno. Prima, erano state proposte altre date, con le quali si sarebbe sottolineato ancor di più le responsabilità anche italiane nello sterminio e altre tramite cui si sarebbe fatto risaltare, invece, il forte antifascismo che dilagò in Italia in contrapposizione al fascismo. Infine, però, per la portata evocativa che aveva assunto negli anni Auschwitz, si optò per concordare il 27 gennaio.

 

La senatrice Liliana Segre, sopravvissuta ad Auschwitz, e il valore della memoria

In Italia, abbiamo ancora testimoni in vita di quegli orrori, tra cui la senatrice Liliana Segre, deportata e sopravvissuta ad Auschwitz, la quale ogni anno si impegna affinché tutti possano mantenere vivo il ricordo di quell’atrocità, vissute anche in prima persona, e di conseguenza far sì che una simile cosa non si ripeta mai più.

Per la ricorrenza di oggi, 27 gennaio 2022, settantasette anni dopo la fine dell’incubo, la senatrice ha voluto rivolgersi in particolare ai giovani studenti italiani: «Se non saremo sempre vigili, attenti, informati, solidali e attivi, il passato potrebbe accadere ancora e ridiventare futuro».

La senatrice Liliana Segre, sopravvissuta ad Auschwitz e alla “marcia della morte” (fonte: fanpage.it)

Eppure, l’odio, seppur non così diffuso, continua a vivere tra negazionisti dell’Olocausto e razzisti, in tutto il mondo. La senatrice ha fatto riferimento anche ad episodi recenti: il funerale avvenuto poco tempo fa, a Roma, durante il quale una bara è stata avvolta in una bandiera nazista e l’aggressione a Livorno di due ragazzine quindicenni ai danni di un dodicenne perché ebreo.

La stessa senatrice continua ad esser vittima di razzismo, ricordiamo l’episodio delle minacce ricevute pochi mesi fa, dopo essersi sottoposta alla vaccinazione anti-covid. Sotto la foto che la ritraeva durante la vaccinazione, pubblicata sui social per sensibilizzare sull’importanza di immunizzarsi, delle persone, poi individuate dalla polizia postale, si sono scatenate con commenti trasudanti sentimenti antisemiti e profondo odio razziale.

«Coltivare la memoria è un dovere di ogni società che voglia dirsi civile. Curare il senso della storia, situare il proprio essere in una prospettiva di lungo periodo che permetta di muoversi meglio nel presente, di vedere meglio i pericoli sulla scorta appunto dell’esperienza, questo il compito di tutti e di ciascuno. La memoria è una componente indispensabile di una personalità ricca, vigile, sensibile, democratica.».

È importante non dimenticare mai, anche se non abbiamo vissuto direttamente quell’incubo, portando avanti la missione dei sopravvissuti anche quando non ci saranno più, perché il ricordo diventi un monito sempre presente nelle nostre menti e ci faccia essere un’umanità diversa, migliore.

 

Rita Bonaccurso

L’obelisco egizio del Duomo di Messina

Messina è una città antichissima: la tradizione (per calcolo del grande Francesco Maurolico attraverso la cronologia di Eusebio da Cesarea) pone la sua nascita nell’anno 1765 a.C. (!), una datazione confermata dall’odierna ricerca archeologica (alla quale per la prima volta appunto in tema di preistoria diedero grande impulso i membri del Circolo Archeologico Codreanu tra cui Franz Riccobono). Eppure, a Messina scarseggiano lasciti dell’antichità, monumenti che riportino al tempo più lontano della sua esistenza, e quelli che ci sono sono praticamente nascosti o poco valorizzati o non divulgàti.

Un pezzo importantissimo e antichissimo, nonché misteriosissimo, della nostra storia si trova proprio sotto i nostri occhi, ma forse l’avremo visto innumerevoli volte senza accorgercene (assurdo per quanto sia!): avete mai guardato sopra le colonne angolari oltre le quali si apre l’abside, nel nostro Duomo? Se non l’avete fatto, fatelo: troverete due “pietre egizie”.

L’abside del Duomo di Messina e le due pietre egizie – Fonte: colapisci.it

Pietre egizie a Messina?

L’occhio sano e dotato, e un buono zoom d’una macchina fotografica, possono facilmente osservare due piccoli obelischi che si ergono proprio al di sopra di quelle colonne, sorreggendo l’arco a sesto leggermente acuto dell’abside.

Delle due, solamente una reca scolpite figure di chiarissimo stile egizio, e ben visibili, oltre a dimostrare una perfetta levigazione del materiale; l’altra, meno precisa nella fattura ma comunque aggraziata, è ornata da figure di stile chiaramente diverso, somiglianti più vagamente a quelle dell’arte egizia.

Leggere queste cose può risultare impressionante, sono parole difficili da credere, ma si tratta della verità. Se vi capitasse d’osservare da vicino, vi accorgereste che c’è una figura d’Iside o Hathor con le corna di mucca, un’altra forse di Maat con le ali spiegate, e che i riquadri sono tutti circondati da geroglifici.

È risaputo che molti materiali con cui fu eretto il Duomo in principio furono recuperati dall’area dei laghi del Peloro, presumibilmente smontando l’antico tempio che si ergeva nel “terzo lago”; la diffusa consapevolezza di questo fatto ha dato da pensare che dunque questi pezzi d’“arte egizia” possano provenire proprio dai laghi, e che dunque lo stesso edificio dedicato all’ignota deità acquatica o ctonia (di cui parlava Solino) fosse allora un tempio egizio. Se questo fosse vero, la storia di quell’area s’infittirebbe.

Ora che avete letto e probabilmente la vostra curiosità è stata fomentata, vi svelo un’altra cosa: quelle che ci sono dentro il Duomo non sono gli originali, ma due copie, là collocate in sostituzione degli originali, che ora si trovano al Museo Regionale di Messina.

©Daniele Ferrara – Uno dei due obelischi, Museo Regionale di Messina 2021

Sconosciute anche ai sapienti

Rincresce estremamente e profondamente dovere dire che la posizione in cui si trovano non è lontanamente adeguata a reperti di tale importanza: si ergono nei giardini, a sinistra rispetto all’ingresso principale, davanti alle porte dei magazzini. In poche parole, le due pietre egizie sono poco accessibili all’attenzione di chi visita il riposo della nostra storia, e per giunta esposte alle intemperie, che a lungo andare deteriorano e deterioreranno la fine e antica opera scultorea di quegli obelischi. È una posizione, occorre dirlo, che riflette perfettamente e fedelmente lo scarsissimo interesse dei nostri organi ufficiali di cultura per questi due monumenti, o meglio residuo di monumento. Una curiosità: accanto, nel medesimo luogo, c’è forse l’unica statua esistente di Madonna della Lettera, che non a caso gode d’egualmente povera attenzione.

Oltretutto, questa, è la condizione generale in cui versa il patrimonio storico di Messina in troppi casi: abbandonato dalle istituzioni che possono salvarla, ma costantemente indicato e trattato da altri studiosi, che poi però vengono sistematicamente attaccati e tacciati di tuttologia.

Sono stati effettuati pochissimi studî su questi importantissimi reperti; tra questi occorre segnalare quello del noto storico messinese Alessandro Fumia, instancabile autore di molteplici ricerche sulla nostra identità in tutte le direzioni. Conducendo un’attenta analisi, egli ha rilevato elementi accostabili al periodo achemenide dell’Egitto e tracciato ipotesi sul tempio che qui sorgeva.

Finora tuttavia la risposta definitiva (o quasi) sui reperti è ben lontana, probabilmente proprio per l’assenza di un vero confronto sull’argomento tra le menti erudite che possa, a via d’aggiustamenti e compromessi sui varî dati rilevati, mediare fino alla conclusione più probabile di questo enigma storico, del quale trarrebbe giovamento Messina stessa, che languisce per la poca conoscenza che ha di sé stessa la sua popolazione.

Fonte: strettoweb.com

Un obelisco egizio… ellenistico

Senza la presunzione d’avere il parere risolutivo ma con l’assoluta sicurezza di quanto affermo, voglio fornire anch’io una teoria su questi due obelischi, che ho potuti osservare entrambi da vicino durante una visita. Uno solo degli obelischi è veramente antico, ma non bisogna farsi ingannare: non è veramente egizio, o almeno non appartiene ai secoli dell’Egitto “classico”, ma è di periodo ellenistico (fra 323 a.C. e 500 d.C.). Questo mi sento di dirlo per un dettaglio inequivocabile: tra le figure ce n’è una maschile rappresentata frontalmente nell’atto dell’anasyrma, ossia la sollevazione della veste che in questo caso scopre i genitali, tipico del dio Afrodito o Ermafrodito, maschio dall’aspetto femmineo, che si accompagna ad Afrodite, non certo un dio egizio bensì greco e diffusosi in età ellenistica. Quanto ai geroglifici, finora mai interpretati, sono forse quelli l’elemento che più di tutti urge studiare, per comprendere se contengano davvero concetti di senso compiuto o se siano invece semplici ornamenti scolpiti in un tempo in cui nessuno più capiva gli originali; ma senza uno studio egittologico, e senza porre al riparo questi manufatti dalle intemperie, la verità non verrà mai raggiunta. Probabilmente, questo piccolo obelisco è stato direttamente intagliato in questa città o nelle vicinanze per ornare un tempio adibito a qualche culto egizio (ce n’erano in tutto l’Impero Romano) oppure è stato scolpito in Egitto ma sempre in epoca ellenistica e poi è stato trasportato qui; l’altro pezzo, invece, è probabilmente una copia modellata da un ottimo scalpellino in periodo normanno, forse nella fabbrica del Duomo, per fare coppia con l’altro e a sua immagine.

©Daniele Ferrara – L’obelisco ellenistico, in cui è raffigutato l’atto dell’anasyrma, Museo Regionale di Messina 2021

Se effettivamente quel piccolo obelisco provenisse dal tempio dei laghi non è facile dirlo, per essere così bisognerebbe porre che esso sia stato costruito direttamente in periodo ellenistico o che in tal epoca il nume adorato sia stato egittizzato e quindi onorato attraverso l’arte egizia, ma prima di quelle di Giulio Solino (III secolo d.C.) non abbiamo altre notizie sul luogo sacro. Dicerie, meno fondate, si sono tramandate anche sull’esistenza d’un antico culto egizio a Santa Maria Alemanna, ma ancòra ce n’è di strada da fare verso la verità.

Che aspettate? Andate a vedere sia le copie nel Duomo che gli originali al Museo!

 

Daniele Ferrara

 

Immagine in evidenza:

Fonte: colapisci.it

I parlamentari d’Italia eletti a Messina: Francesco Crispi

Torna il filone legato ai Parlamentari d’Italia eletti a Messina con il primo Presidente del Consiglio meridionale della storia del Regno: il siciliano Francesco Crispi, candidato ed eletto nel collegio plurinominale (sono eletti diversi -non soltanto uno- candidati) di Messina alle elezioni della XVII legislatura, il 23 novembe 1890.

Come succede ancora oggi con il meccanismo delle pluricandidature, l’allora Presidente del Consiglio fu eletto anche in altri quattro collegi siciliani -tra cui quello di Palermo-; per questo motivo qualche mese dopo a Messina si svolsero le elezioni suppletive, vinte da Ernesto Cianciolo, deputato della città dello Stretto dalla XVII alla XX legislatura.

Origini e gioventù

Francesco Crispi nasce nel 1818 a Ribera, paese nei pressi di Agrigento, da una famiglia di origini albanesi. Il nonno Francesco era di Palazzo Adriano, cittadina costruita alla fine del XV secolo da esuli albanesi in fuga dai turco-ottomani.

Nel 1829 Crispi diventa alunno del famoso seminario italo-albanese di Palermo; durante questo periodo -grazie alla supervisione del cugino Giuseppe, rettore del seminario- riceve una formazione prettamente classica e si appassiona fortemente alla Storia.

Dopo qualche anno si iscrive alla facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Palermo e qualche anno dopo conosce Rosina D’Angelo, sua futura moglie.

Nel 1839 una tragedia scuote la vita di Crispi: la moglie -già madre della prima figlia Giuseppa- muore poco dopo aver dato alla luce il secondogenito Tomasso, che sarebbe morto qualche giorno dopo essere nato; nel mese di dicembre dello stesso anno anche Giuseppa perde la vita.

Qualche mese prima della grave tragedia familiare, Crispi aveva fondato un giornale, “L’Oreteo”; tramite questa esperienza era entrato a contatto con il mondo politico del tempo e, soprattutto, con gli ambienti antiborbonici.

Dopo aver conseguito la laurea nel 1843, tenta l’avvocatura a Napoli, considerata a quel tempo tra le città più liberali della penisola.

L’elezione di papa Pio IX (1846) aveva fatto crescere il fermento negli ambienti liberali e rivoluzionari  di cui faceva parte Crispi, tantochè nel 1847 viene mandato a Palermo per organizzare -appunto- la rivoluzione in Sicilia.

Francesco Crispi- Fonte: agi.it

La rivoluzione siciliana

La sommossa contro i Borboni scoppia il 12 gennaio del 1948 ed il governo provvisorio, presieduto da Ruggero Settimo, assegna a Crispi la guida del Comitato della Difesa.

Dopo i primi successi in campo militare, i comitati vengono riorganizzati diventando una sorta di ministeri provvisori e Crispi viene posto al comando del comitato di “Guerra e Marina”.

Contestualmente fonda il suo secondo giornale, chiamato “L’Apostolato, per esprimere le proprie tesi riguardo il futuro prossimo dell’Isola. Crispi sosteneva che la soluzione migliore sarebbe stata quella federale e sottolineava l’importanza di dare una base legale alla rivoluzione siciliana; in tal senso propone il ripristino della vecchia Costituzione siciliana del 1812.

Queste posizioni, che abbracciavano una svolta federalista, creano non pochi attriti tra Crispi e i componenti dei comitati rivoluzionari, fautori di una soluzione totalmente indipendentista.

Il 29 marzo del 1849 i Borboni sferrano un nuovo attacco per reimpossessarsi della Sicilia. I comitati rivoluzionari  -a causa di numerose spaccature interne- si fanno trovare impreparati ed il 14 aprile l’ammiraglio Baudin offre, a nome del governo francese, una mediazione per la pace;  la Camera siciliana è fondamentalmente costretta ad accettare, viste le pesanti sconfitte militari subite.

Crispi amareggiato e contrario alla pace si imbarca su una nave diretta a Marsiglia, lasciando provvisoriamente la Sicilia.

Francesco Crispi (1818-1901) a metà ottocento – Fonte: wikipedia.org

La spedizione dei Mille  e la svolta “unitaria “

Dopo aver girovagato per l’ Europa, tra Piemonte, Malta e Londra, Crispi intensifica la sua corrispondenza con Mazzini e con altri esuli di parte democratica; questo lo porta ad abbandonare l’ideale dell’autonomismo siciliano ed ad abbracciare la soluzione unitaria.

Nel 1860 contribuisce significativamente a convincere Garibaldi riguardo la spedizione dei Mille: Crispi è -difatti- la mente politica della spedizione, sia per la sua esperienza da amministratore sia per la sua idea di ritardare l’annessione dei territori conquistati fino alla liberazione di Roma e Venezia.

Proclamata l’Unità, viene eletto alla Camera dei deputati; inizialmente tra le fila dei mazziniani, successivamente aderisce alla Sinistra storica, ritenendo ormai la Monarchia unica garanzia di unità. Con la caduta della Destra storica diventa Presidente della Camera (1876) e, successivamente, Ministro degli Interni (1877), carica da cui si dimette per l’accusa di bigamia, avendo sposato Lina Barbagallo nel ’78 e Rosalia Montmasson nel ’54 a Malta.

La “spedizione dei Mille” in un celebre quadro di Guttuso – Fonte: quotidiano.net

Gli ultimi incarichi e la morte

Torna al Ministero degli Interni nel 1887 nel governo di Depretis, al quale succede poco dopo come Presidente del Consiglio. Al governo sostiene la Triplice Alleanza e combatte fortemente la Francia; inoltre è promotore dell’espansione coloniale italiana in Etiopia (trattato di Uccialli del 1889), rivelatasi fallimentare in seguito alla pesante disfatta di Adua.

Mosso da una forte considerazione di sè e dell’ Italia, ma racchiuso dentro ideali ormai in via di superamento, Crispi esaurisce le sue forze in vani conati di grandezza, anticipando, in un certo senso, motivi ripresi successivamente dal nazionalismo e dal fascismo.

Muore a Napoli ad 83 anni nel 1901, dopo anni di sofferenze e gravi problemi alla vista.

 

                                                                                                                                                   Emanuele Paleologo

Fonti:

it.wikipedia.org

treccani.it

dati.camera.it/apps/elezioni

 

Il Processo ai Chicago 7: cronaca di uno dei più grandi processi politici della storia americana

Due ore di pellicola in cui ci si sente realmente spettatori di un vero processo -Voto UVM: 4/5

Nonostante la pandemia abbia caratterizzato tutto il 2020 e stia continuando ad accaparrarsi anche buona parte del 2021 con i cinema ancora chiusi, non possiamo dire tuttavia di essere rimasti a corto di grandi produzioni cinematografiche trasmesse dalle varie piattaforme streaming.

Una di queste è Il Processo ai Chicago 7 da una produzione del genio di Spielberg, regia e sceneggiatura firmate da Aaron Sorkin, reduce del successo ai Golden Globe e con ben 5 nominations per gli Oscar 2021.

Vicenda storica

Questa pellicola, la prima con cui inauguriamo la nostra maratona dedicata agli Oscar 2021, narra una vicenda realmente accaduta: una pagina di storia occidentale in cui è protagonista la nazione più “democratica” del mondo.

Siamo a Chicago nell’agosto del 1968, in piena rivoluzione giovanile e studentesca a seguito del maggio francese. “Impera” il movimento culturale e pacifista degli hippie:  cresce l’impegno politico all’interno delle università e, in seguito alle proteste studentesche, le nuove generazioni stanno maturando una certa autonomia ideologica. Forse il mondo sta cambiando.

Ma è anche l’anno in cui il Presidente Johnson, succeduto a Kennedy, incrementa il numero di truppe da inviare in Vietnam. Sullo sfondo abbiamo anche le proteste degli afroamericani che lottano per i loro diritti sia attraverso il movimento delle Pantere Nere, sia attraverso l’ala più pacifista di Martin Luther King che quell’anno stesso troverà la morte.

“Anni 60” contro una classe dirigente ancora “anni 50″.

Fonte: Gli acchiappafilm- Scena dello scontro con la polizia

A Chicago, nell’occasione della Convention democratica per scegliere il candidato che dovrà sfidare Nixon alle prossime elezioni presidenziali, molti giovani di diversa estrazione sociale, culturale e anche ideologica si riuniscono con l’unico intento di protestare pacificamente contro la guerra in Vietnam. Purtroppo incontreranno manganelli e gas lacrimogeni. Vi saranno feriti e oltre 700 arresti, ma solo sette tra i manifestanti subiranno un processo con l’accusa di cospirazione e di aver istigato la rivolta.

 Struttura del film

Ne esce fuori un legal drama, o per dirla all’italiana un “giudiziario americano” con tutte le caratteristiche del genere: dall’ambientazione nell’aula del processo e negli uffici giudiziari, polizieschi e penitenziari ai colori della fotografia tendenzialmente più cupi, per poi passare ad una spiccata dialettica che Sorkin attribuisce a ciascun personaggio sia esso imputato, difensore, giudice, pubblica accusa o teste che depone.

Fonte: Io Donna- il giudice Julius Hoffman in aula (Frank Langella)

La maggior parte del film è dedicato alle udienze che vedono come protagonisti i sette imputati che sono i due hippie Abbie Hoffman (Sacha Baron Cohen) e Jerry Rubin (Jeremy Strong), i due studenti del movimento SDS (Students for a Democratic Society) Tom Hayden ( Eddie Redmayne) e Tennis Davis ( Alex Sharp),  i fabbricanti di piccoli ordigni rudimentali Lee Weiner (Noah Robbins) e Jhon Froines ( Daniel Flaherty), l’attivista pacifista David Dellinger (John Carroll Lynch) e “l’ottavo” imputato poi escluso dal processo Bobby Saele (Yahya Abdul Mateen II), uno dei capi delle Pantere Nere che non aveva partecipato attivamente, ma viene arrestato semplicemente perché “nero”.

Fonte: Rivista Studio- Bobby Seale con il legale William Kunstler (Mark Rylance)

Il regista si serve poco della finzione; si basa invece sulle trascrizioni delle udienze dibattimentali di quello che è stato uno dei più grandi processi politici della storia americana. Difficile non notare come agli imputati venga negato il diritto ad un equo processo davanti ad un giudice di parte già pienamente propenso a condannarli.

Vengono fuori le storture di un sistema giudiziario fortemente politicizzato: giudici e procuratori generali (pubblica accusa) sono eletti dal Congresso dietro nomina del Presidente. E ancora ci saranno depistaggi e corruzione: insomma un processo politico alle intenzioni.

D’altro canto Sorkin metterà in luce anche le varie fazioni e gli scontri ideologici esistenti all’interno dei movimenti giovanili di attivisti. Da un lato abbiamo Abbey Hoffman, interpretato in modo encomiabile da Sacha Baron Cohen, membro del Partito Internazionale della Gioventù,  convinto di demolire l’establishment con la rivoluzione culturale. All’opposto abbiamo il più moderato e politically correct Tom Hayden, che snobba il proselitismo degli anarchici e pacifisti hippie come Hoffman; secondo lui la rivoluzione passa attraverso l’impegno politico che porti poi  giustizia e uguaglianza al popolo. Nonostante tutto l’obiettivo dei due è uguale: cambiare il sistema.

Fonte: Wired- Tom Hayden

Con un cast d’eccezione in cui vi è anche la partecipazione straordinaria di Michael Keaton, Il Processo a Chicago 7 conquista 5 meritatissime nominations agli Oscar nelle categorie miglior film, miglior attore non protagonista a Sacha Baron Cohen, miglior fotografia, miglior montaggio e miglior sceneggiatura originale.

                                                                                                                                                                                                Ilenia Rocca

I parlamentari d’Italia eletti a Messina: Giuseppe Mazzini

Torna il filone legato ai Parlamentari d’Italia eletti a Messina con una personalità di grande spicco, uno dei Padri del Risorgimento italiano: stiamo parlando di Giuseppe Mazzini.

Primi anni di vita

Nato a Genova il 22 giugno del 1805, già da ragazzino manifesta un forte interesse per le tematiche politiche e sociali. Dopo essersi iscritto all’Università- prima alla facoltà di medicina e poi a quella di legge- nel 1827 pubblica il suo primo scritto, un saggio letterario dal titolo “Dell’amor patrio di Dante “.

Giuseppe Mazzini- Fonte: Cronologia.it

Il legame con la Carboneria

Poco dopo aver conseguito la laurea entra a far parte della Carboneria, un’ associazione segreta rivoluzionaria nata nella prima metà dell” ‘800 nel meridione italiano. Basandosi su ideali liberali, i Carbonari si battevano affinché i governi assoluti, in cui il potere del sovrano era privo di limiti, si trasformassero in governi costituzionali; negli anni ’30, con l’influenza politica del filosofo Filippo Buonarroti, si fecero strada all’interno della Carboneria anche ideali repubblicani, democratici – con il riconoscimento della sovranità popolare – e socialisti.

Esilio a Marsiglia e fondazione della “Giovine Italia

Il 13 novembre 1830 Mazzini  viene arrestato a Genova per la sua affiliazione alla Carboneria. Successivamente, per mancanza di prove, viene rilasciato, costretto, però, a scegliere tra il “confino” e l’esilio; Mazzini sceglie l’esilio e si trasferisce a Marsiglia, in Francia.

Nel 1831, con la collaborazione di altri esuli, dà vita ad una nuova formazione politica chiamata la “Giovine Italia”. Questa differiva per alcune caratteristiche dalla Carboneria : gli obiettivi politici erano pubblici, pur agendo in clandestinità; inoltre Mazzini voleva superare uno dei limiti della Carboneria ,ovvero la mancanza di un forte appoggio da parte della popolazione. Contestualmente al movimento politico infatti, nasce una rivista – anch’essa chiamata la Giovine Italia – con l’obiettivo di far avvicinare quante più persone agli ideali ed ai progetti mazziniani.

L’iniziativa ha buon successo e ben presto l’associazione si estende anche nell’ambito militare. Per la sua attività rivoluzionaria, Mazzini viene condannato a morte in contumacia il 26 ottobre 1833 dal Consiglio Divisionale di Guerra di Alessandria.

La Repubblica Romana

Sulla scia dei moti rivoluzionari del 1948 che coinvolsero tutta l’Europa, a seguito di una rivolta interna nei territori dello Stato Pontificio, Papa Pio IX  è costretto alla fuga. Il 9 febbraio 1849 nasce la Repubblica Romana. Il patriota Goffredo Mameli telegrafa a Mazzini: “Roma Repubblica, venite!”. Il 9 Marzo Mazzini entra a Roma e poco dopo entra a far parte del triumvirato che governerà la Repubblica Romana con Aurelio Saffi e Carlo Armellini. L’esperienza romana dura poco: il  4 luglio 1849 l’intervento militare di Napoleone III costringe i patrioti alla resa.

“Morte di Luciano Manara” di Filippo Vittori (Museo del risorgimento, Milano)- Fonte: beniculturali.it

L’elezione alla Camera nel collegio di Messina

Dopo aver contributo all’unificazione dell’Italia, osteggiando, però, i Savoia e la Monarchia, Mazzini va nuovamente in esilio a Londra.

Ma il 25 febbraio 1866 accade un evento inatteso: Giuseppe Mazzini viene eletto alla Camera dei deputati nel collegio elettorale Messina I con 476 voti al ballottaggio dell’elezione supplettiva della IX legisaltura (la II del Regno d’Italia). Ovviamente la notizia desta scalpore, soprattutto per le due condanne a morte sopracitate, che rendevano il patriota Genovese ineleggibile.

A Firenze – allora capitale del regno – la Giunta si trova in difficoltà nel decidere se convalidare o respingere l’elezione di Mazzini. L’opinione pubblica si spacca in due, nonostante il movimento repubblicano facesse sentire la propria voce inneggiando fortemente ad una amnistia e alla conseguente ratifica dell’elezione.

Il 2 marzo del medesimo anno è lo stesso Mazzini, tramite una lettera inviata e pubblicata su numerose testate giornalistiche italiane, ad esprimersi su quanto accaduto. Nella lettera l’esule ringraziava animosamente i cittadini messinesi, ma rifiutava la poltrona per non dover giurare fedeltà alla Monarchia italiana.

Nonostante la formale rinuncia di Mazzini, il governo italiano avrebbe dovuto comunque esprimersi ufficialmente sull’elezione messinese. Su un totale di 298 votanti ben 191 deputati si dichiaravano contrari annullando, di fatto, la volontà dell’elettorato della città dello Stretto.

Sessanta giorni dopo la città di Messina, chiamata alle urne per scegliere un nuovo deputato, rielegge, contro ogni previsione, Giuseppe Mazzini. Dopo una nuova discussione il 18 Giugno la Camera annulla nuovamente l’elezione, chiamando ancora una volta i cittadini messinesi alle urne.

Il 18 novembre la caparbia città peloritana elegge per la terza volta Mazzini con la quasi totalità dei consensi, piegando definitivamente il governo italiano al suo volere. Tre giorni dopo, infatti, la Camera convalida l’elezione decretata dai messinesi.

Villa Mazzini di Messina- Fonte: picclick.it

Il rientro in Italia e la morte

Mazzini ovviamente non cambia la propria posizione in merito all’elezione avvenuta a Messina e non farà  mai parte del Parlamento italiano; tuttavia, grazie alla battaglia vinta dalla città, ottiene un salvacondotto per fini politici.

Nonostante questa deroga, quando il patriota genovese tenta di raggiungere la Sicilia, per abbracciare la popolazione che con fermezza ed orgoglio l’aveva eletto deputato, viene arrestato a Palermo, per via della condanna a morte che non era mai stata cancellata.

Dopo alcuni anni nuovamente in esilio, Mazzini muore sotto falsa identità a Pisa nel 1872.

La città di Messina ad imperitura memoria ha dedicato al Padre del Repubblicanesimo il parco centrale della città e una scuola, situata vicino Piazza Duomo.

Il busto di Mazzini, all’interno della Villa a lui deicata a Messina – Fonte: wikipedia.org

       

Emanuele Paleologo

 

Fonti:

sicilians.it

treccani.it

dati.camera.it/apps/elezioni