Ibn Jubayr e la città di Messina in epoca normanna

  • Viaggio nella città dello Stretto del 1184

La città di Messina vantava, fino ad un paio di secoli orsono, un ruolo senza eguali nello scacchiere politico ed economico del Mediterraneo.

Nonostante la sua importanza in epoca medioevale come centro nevralgico dei contatti tra la pars occidentalis et orientalis del mare nostrum, la sua storia, purtroppo, presenta alcuni momenti bui, generati dalle scarse fonti a disposizione degli studiosi. E anche quando le testimonianze storiografiche effettivamente sono presenti, è bene analizzarle con particolare attenzione e neutralità al fine di evitare possibili cadute di stile.

In questo articolo sarà riportata con dovuti riferimenti l’immagine che Ibn Jubayr, poeta e viaggiatore musulmano che visitò la Sicilia nel 1184, ebbe della città di Messina al suo approdo sui lidi siciliani. Osserveremo, grazie ai suoi scritti, come un musulmano vedeva una terra un secolo prima appartenuta alla sua gente, che adesso è governata da dei cattolici provenienti dal Nord.

La Sicilia, Tabula Rogeriana. Library of Congress, Geography and Map Division, Washington.
Nell’immagine possono essere riconosciute le principali città della Sicilia come Messina, Balarm (Palermo), Sirakusa, Kasr Iani (Enna)

Partenza da Acri

Il viaggio del nostro poeta inizia, seppur con qualche difficoltà, la sera del 18 ottobre 1184 dalla città di cristiana di Acri, Israele.

La partenza era prevista per il 6 di ottobre, ma del vento non ve n’era traccia. I viaggiatori che desideravano navigare verso Ovest, raggiungendo il Maghreb (Africa nord-occidentale), la Sicilia o al-Andalus (Penisola iberica), erano costretti ad aspettare il vento di Levante che, secondo Ibn Jubayr, soffia verso aprile e la metà di ottobre.

Così il nostro poeta aspetta sulla terraferma, speranzoso, che il vento arrivi a far gonfiare le vele. Ed ecco che, all’alba del 18 ottobre, i venti spingono la nave a largo, lasciando però il nostro poeta a terra. Così Ibn Jubayr, preso dal panico, noleggia una nave e parte all’inseguimento della fuggitiva. La sera del 18 ottobre il poeta raggiunge la nave che lo avrebbe dovuto portare, attraverso il mare nostrum, verso l’isola di Sicilia, dominata dai Normanni.

Ibn Jubayr, viaggiatore musulmano attraversa il Mar Mediterraneo
Ibn Jubayr, viaggiatore musulmano, attraversa il Mar Mediterraneo.
Immagine realizzata con IA
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L’ arrivo in Sicilia

Dopo due mesi di viaggio, durante il quale il nostro viaggiatore ha costeggiato le isole di Creta e del Peloponneso, affrontando fame, sete e la morte di alcuni suoi compagni di viaggio, la nave giunge in prossimità della “Montagna di Fuoco”. Così Ibn Jubayr chiama l’Etna.

A causa del forte vento che attraversa lo Stretto di Messina, la nave che ha condotto i viaggiatori attraverso il Mar Mediterraneo si riversa contro la costa, il timone va in frantumi e l’abisso sembra richiamare la nave a sé.

Prontamente i marinai dislocano le scialuppe e fanno approdare sulla terraferma ciò che è più importante: donne, bambini e bagagli. Ma le scialuppe non possono tornare indietro a salvare gli uomini bloccati sulla nave.

Con lo stupore dei musulmani a bordo, il re di Sicilia Guglielmo II arriva con i suoi uomini ad osservare la situazione. Egli ordina ai traghettatori di salvare quegli uomini, pagandoli con cento tarì (moneta d’oro di ispirazione araba) dalla tesoreria reale.

Messina secondo Ibn Jubayr

Ibn Jubyar è solito affermare, una volta giunto in una nuova città siciliana, auguri di una pronta reconquista islamica. Ed è proprio usando una di queste frasi “formulari” che inizia a descrivere la città dello stretto del 1184.

DELLA CITTÀ DI MESSINA NELL’ISOLA DI SICILIA
«DIO LA RESTITUISCA [AI MUSULMANI]!»

Una volta approdato sulla costa, ciò che si presenta agli occhi del viaggiatore musulmano è un crocevia di merci, popoli, idee. Messina è la tappa dei pellegrini che vogliono arrivare in Terra Santa, o dei crociati che intendono conquistarla. È emporio commerciale, scalo di mercanti provenienti da tutto il Mediterraneo e oltre. È realtà pulsante, in continuo fermento.

Ibn Jubyar descrive Messina come «luogo di periodico ritrovo dei mercanti infedeli e meta di navi provenienti da tutti i paesi, frequentatissima per l’abbondanza di merci a buon mercato». Ai suoi occhi la città è sporca del sudiciume cristiano, in cui nessun musulmano sognerebbe di porvi dimora. La città, ci informa, è la più popolosa in Sicilia dopo Palermo, a tal punto che essa stessa sembra contenere a fatica i suoi abitanti.

Il mare è l’elemento di cui Messina è padrona, e il nostro poeta lo intuisce dalle numerose navi attraccate al porto, che egli definisce «il più meraviglioso di tutti i porti dei paesi marittimi». Qui, i bastimenti, ovvero grandi navi mercantili, possono attraccare direttamente alla banchina, ed essere scaricati senza l’ausilio di piccole barche.

Questo facilita le operazioni di carico e scarico, poiché i marinai, salendo su tavole di legno, arrivano direttamente sul ponte delle navi. La profondità del porto naturale di Messina garantisce un sicuro approdo alle grandi navi che tutt’oggi solcano le acque dello Stretto.

Personalità arabe alla corte normanna.
Immagine generata con IA.

Struttura sociale della città

Conclusa la descrizione fisica della città, in cui sono menzionati i colli che si elevano alle sue spalle, Ibn Jubayr ci fornisce un’importante testimonianza della struttura sociale della città.

Egli, infatti, incontra ‘Abd al-Masīḥ, eunuco di corte, con cui intrattiene una conversazione.

Cosa ci fa un arabo alla corte del re Guglielmo II, membro della dinastia di coloro che cacciarono la sua gente dalla Sicilia? Perché un re cattolico permetterebbe ad un infedele di ricoprire un ruolo di rilievo a corte, mentre dall’altra parte del Mediterraneo le due fedi si scontrano in lunghe e sanguinose guerre in nome dell’unico dio?

Presto a dirsi, è utile allontanare chi non condivide le nostre idee, ma se ha qualcosa che ci interessa, o da cui trarre vantaggio, le divergenze religiose o ideologiche passano in secondo piano. Per i regnanti normanni se il musulmano è un abile burocrate, o un brillante studioso, si può pure chiudere un occhio. Ciò che importa è che in pubblico egli non dia sfoggio della sua blasfemia.

Questo è ciò che Ibn Jubayr lascia trasparire, mentre riporta il dialogo con l’eunuco. «Egli ci confidò i suoi più intimi segreti dopo essersi assicurato, con circospezione, che fossero stati allontanati dalla sala tutti i servitori di cui avesse sospetto».

L’eunuco ha paura di essere visto mentre parla l’arabo e chiede con cortesia ai viaggiatori di dargli notizie del mondo che ha ormai lasciato e le cui tracce, ormai, sono confinate entro le mura delle stanze private. L’arabo e l’Islam in città sono banditi, e un qualsiasi musulmano si sente straniero.

Per i funzionari musulmani nella terra di Sicilia, continua l’eunuco, l’unica benedizione è incontrare pellegrini musulmani di passaggio, proventi da quel mondo tanto rimpianto che hanno abbandonato, con cui scambiare preghiere e doni. Loro, infatti, non possono godere appieno dell’Islam, in quanto aggiogati al potere cristiano, al potere normanno.

La presenza di un palazzo reale a Messina, dove risiedono eunuchi di corte e alloggiano tutte personalità eccelse, tra intellettuali e studiosi, che dal mondo arabo arrivano a Messina, denota un ruolo di spicco della città nel panorama degli spostamenti umani del tempo.

Messina non è soltanto un porto commerciale, è la base di una flotta militare da cui partono spedizioni di conquista, è meta di viaggi che attraversano il mondo arabo e il mondo cristiano.

Con il dialogo dell’eunuco termina la descrizione che il nostro viaggiatore fa della città di Messina, dominata per due secoli dagli arabi musulmani, da cento anni controllata dai normanni cristiani.

 

Fortunato Nunnari

 

Bibliografia:
• Ibn Jubayr, Viaggio in Sicilia, a cura di Giovanna Calasso, Adelphi, 2022

https://www.adelphi.it/libro/9788845936975

Tra storia e mito: nel cuore della città di Messina

La Sicilia è stata fin dall’antichità luogo di conquiste e invasioni. La sua posizione strategica, al centro del Mediterraneo,  ha fatto sì che l’Isola fosse culla di moltissime culture, spesso nate dall’incontro di più popoli. La sua storia appare dunque complessa e porta con sé non solo importanti avvenimenti ma moltissimi miti e leggende, tutt’ora ricordate e amate dai cittadini. Per quanto riguarda la nostra città, moltissimi sono i miti nati per spiegare fenomeni atmosferici e particolarità dello Stretto, ma altrettanti sono quelli legati alla storia e ai personaggi che hanno reso Messina la città ricca di cultura e tradizione come la conosciamo oggi.

Vediamoli insieme.

L’origine di Messina e di Capo Peloro

La città di Messina fu fondata da varie popolazioni provenienti dall’Antica Grecia. Tra queste ultime è importante ricordare i Siculi, popolo a cui si deve l’antico nome della città: Zancle. L’origine del nome ha molto a che fare con la forma a falce (Zanklon in greco) del braccio di San Ranieri, una penisola sabbiosa in cui era ubicato lo storico porto di Messina, famosa oggi per la Statua della Madonna della Lettera, patrona della città.

Il nome attuale si deve invece ad Anassila, tiranno che occupò poco più tardi entrambe le sponde dello Stretto. L’uomo -originario della Messenia- rinominò infatti la città in onore della propria patria.

Il braccio di San Ranieri – Fonte: wikipedia

Messina è però legata anche a un’importante figura leggendaria: il gigante Orione, figlio di Poseidone. Si racconta che fu proprio lui a fondare la città e, in particolare, la zona di Capo Peloro, dove fece ergere un tempio dedicato al culto del padre.

Orione fondatore di Messina (dettaglio della Fontana di Orione) – ©Luciano Giannone, Messina 2019

Questo stesso luogo è inoltre legato alle vicende di Annibale: il condottiero fece uccidere lì uno dei suoi timonieri perché convinto di essere stato tratto in inganno e guidato verso un golfo senza uscita, nel punto in cui le coste di Sicilia e Calabria sembrano, infatti, unirsi. Dopo essersi accorto dell’errore commesso intitolò all’uomo un promontorio e ordinò di costruire una statua, come segnale per i naviganti che sarebbero giunti lì dopo di loro.

Mata e Grifone tra arabi e normanni

Un’altra leggenda conosciuta da tutti i messinesi è quella dei giganti Mata e Grifone, le cui statue di cartapesta vengono portate in processione per le vie della città nel periodo di Ferragosto. La loro storia potrebbe essere legata a ben due importanti avvenimenti che vedono come protagonista proprio Messina.

La prima ipotesi ci riporta al periodo in cui i saraceni, popoli provenienti dalla penisola Araba, invasero la Sicilia, intorno al 970 d.C. Protagonista della storia è un invasore moro, Hassas Ibn-Hammar, che giunto nell’isola si innamorò della cammarota Marta (in dialetto messinese Mata). L’uomo si convertì per poter sposare la donna e tramutò il suo nome in Grifo (da cui appunto Grifone).

I giganti Mata e Grifone – Fonte: archivio di AEGEE-Messina

 

La seconda ipotesi si ricollega invece a un fatto realmente accaduto: l’arrivo nell’isola nel 1190 -in occasione della Terza Crociata- di Riccardo Cuor di Leone, re di Inghilterra. Siamo nella Messina normanna, nel periodo in cui parte del potere è però ancora nelle mani dei greci. È in questo scenario che il re fece costruire una fortezza (oggi Sacrario di Cristo Re) denominata Matagrifone come monito a difesa dei cittadini. Il nome della costruzione prende origine dal verbo latino mateare (“uccidere”) e da grifoni (nome con cui venivano definiti a Messina i greci). Secondo quest’ipotesi le statue non ricorderebbero dunque due innamorati quanto, piuttosto, la “Messina trionfatrice” (Mata) e un servo greco sconfitto (Grifone).

Le donne dei vespri siciliani

Nel 1266 la Chiesa affidò la Sicilia a Carlo I d’Angiò, figlio del re di Francia. Questa scelta creò parecchi malumori e scontri nell’isola tanto da sfociare il 29 marzo 1282 nei Vespri Siciliani: scontri tra i francesi di Carlo e gli aragonesi, chiamati a regnare dagli stessi siciliani.

È importante ricordare il 5 luglio di quell’anno, giorno in cui Carlo giunse nell’isola e pose l’assedio a Messina. A quest’avvenimento sono infatti legate moltissime leggende che vedono, questa volta, protagoniste delle donne coraggiose alla difesa della propria città.

Tra queste è inevitabile ricordare Dina e Clarenza, due dame messinesi ma soprattutto due eroine che si opposero alle minacce degli angioini durante la notte dell’8 agosto: le due donne respinsero gli attacchi dal Colle della Caperrina, Dina lanciando sassi contro i nemici e Clarenza suonando le campane del campanile per avvertire l’intera città.

Dina e Clarenza nel campanile del Duomo di Messina – Fonte: discovermessina.it

Sempre in relazione all’assedio di Messina è importante nominare la leggenda della Dama Bianca. Si racconta infatti che apparve ai soldati una donna che con il suo mantello bianco respinse le frecce dei nemici proteggendo la città. Qualche anno dopo un frate ricevette in sogno la richiesta della donna di far costruire un santuario in suo onore nel luogo in cui avrebbe fatto volare una colomba bianca. Il giorno seguente una colomba volò proprio sul Colle della Caperrina e fu lì che venne costruito il Santuario della Madonna delle Vittorie, conosciuto oggi come Santuario della Madonna di Montalto.

Sia Dina e Clarenza che la colomba con il santuario sono raffigurate nel campanile del Duomo di Messina.

Colle della Caperrina e Santuario della Madonna di Montalto – Fonte: immaculate.one

 

Il ruolo delle tradizioni

Come spesso accade non è semplice distinguere la realtà dal mito, perché la storia della città li racchiude entrambi ed è capace di suscitare un sentimento di appartenenza nel cuore dei cittadini: tendiamo a riconoscerci in quelle storie, in quei personaggi, in quelle vicende che, seppur così lontane e intrise di miti, riusciamo facilmente a sentire profondamente vicine e totalmente nostre. A cosa servono dunque le tradizioni? Non a rimanere ancorati al passato, senza riconoscerne gli errori, quanto piuttosto a ritrovare un senso di appartenenza nel presente e riconoscere quei valori necessari per il futuro.

Cristina Lucà

Fonti:

discovermessina.it

gazzettadelsud.it

athenanova.it

Immagine in evidenza: I vespri siciliani di Francesco Hayez – Fonte: wikipedia