Premio Nobel per la Fisica 2020: dalle galassie ai buchi neri

Stoccolma, 6 ottobre: il premio Nobel per la Fisica 2020 conferma ancora le teorie di Einstein.

Quest’anno la Reale Accademia di Svezia premia gli scienziati Roger Penrose, Reinhard Genzel e Andrea Ghez per i loro contributi al misterioso mondo dell’astrofisica. Tra galassie e buchi neri, curiosiamo un po’ più a fondo nei loro lavori.

Il contributo di Penrose

Pensatore libero, anticonvenzionale ed eclettico, Roger Penrose è un matematico e cosmologo inglese, vincitore del 50% del premio Nobel per la Fisica 2020 grazie ai suoi studi del 1965. Grazie a dei brillanti metodi matematici è riuscito a provare che la formazione dei buchi neri è una solida previsione della teoria della relatività generale. Egli ha dimostrato che, al centro dei buchi neri, la materia si addensa inesorabilmente a tal punto da divenire una singolarità puntiforme con densità infinita. Ha compreso anche che i buchi neri rotanti possono liberare enormi quantità di energia, sufficienti a spiegare l’emissione delle più potenti sorgenti di radiazione dell’universo, quali i quasar e i lampi di raggi gamma.

Prima fotografia di un buco nero.

Ma cos’è, in effetti, un buco nero?

Per provare a comprendere un concetto così complesso, esploriamo quanto teorizzato dal celebre Albert Einstein con la teoria della relatività generale del 1916. Essa si basa sul modello matematico dello spaziotempo elaborato da Minkowski, che ha introdotto la struttura quadridimensionale dell’universo: la posizione di ogni punto viene individuata non soltanto dalle tre coordinate dello spazio, ma anche dal tempo. In questo senso, ogni punto dello spaziotempo rappresenta un vero e proprio evento, verificatosi in un dato luogo ed in un preciso momento.

Abbandoniamo quindi le idee newtoniane di spazio e tempo assoluti e distinti e immaginiamo lo spaziotempo come una sorta di “tessuto universale”, in cui sono immersi tutti i corpi celesti esistenti. Questi, per definizione, possiedono una certa massa, proprietà fondamentale affinché si generi attrazione gravitazionale (e quindi un campo) sui corpi vicini. L’intuizione chiave di Einstein fu che un campo gravitazionale curvi lo spaziotempo. Più un corpo è massiccio, più è forte il suo campo gravitazionale, maggiori sono la deformazione che causa ed i condizionamenti che impone al moto dei corpi vicini.

Un buco nero è quindi una concentrazione di massa talmente imponente da far collassare lo spaziotempo su se stesso in un unico punto, chiamato singolarità. Attorno a questo si trova una porzione di spazio delimitata dal cosiddetto orizzonte degli eventi. Una volta oltrepassato tale confine, non c’è alcun modo né per la materia, né per le radiazioni, di sfuggire all’attrazione gravitazionale. Per scamparvi, infatti, dovrebbero raggiungere una velocità infinita.

Un po’ complicato? Per avere un’idea di ciò che accade, immaginiamo di lasciar scivolare una sfera su un telo elastico. Intuitivamente, esso cederà a delle deformazioni. Se adesso aggiungessimo un’altra sfera di massa minore, noteremmo che le curvature sarebbero trascurabili rispetto a quelle generate dal primo corpo. Il secondo, inoltre, essendo più leggero, tenderebbe a convergere sempre più velocemente verso il primo, il che è un po’ quello che accade ai corpi celesti che orbitano attorno al buco nero.

Deformazione dello spaziotempo a seconda della massa.

I lavori di Genzel e Ghez

I buchi neri sono fenomeni tra i più potenti e affascinanti dell’intero Universo. Viene da chiedersi dove sia il buco nero più vicino a noi, quanto sia esteso o quanto siamo distanti dal suo orizzonte degli eventi. I due scienziati Genzel e Ghez hanno risposto a queste domande.

Se dobbiamo a Penrose la dimostrazione teorica dell’esistenza dei buchi neri, è invece merito degli scienziati Genzel e Ghez il contributo sperimentale alla loro osservazione. Il tedesco Reinhard Genzel e la statunitense Andrea Ghez, vincitori del restante 50% del premio, hanno studiato per oltre due decadi il comportamento delle stelle situate in prossimità del centro della Via Lattea. In questa zona, nascosta alla vista da una densa nube di polveri interstellari, hanno visto come le stelle danzino attorno ad un buco nero supermassiccio, Sagittarius A*, un mostro di massa pari a 4 milioni di volte quella del Sole.

Ma c’è di più: la necessità di misure sempre più precise ha portato alla creazione di strumenti di tecnologia all’avanguardia, come il Very Large Telescope in Cile o l’interferometro infrarosso Gravity, grazie ai quali l’Europa detiene un ruolo da protagonista nel panorama della grande ricerca scientifica internazionale.

                             ESO’s Very Large Telescope (VLT) 

La scelta di assegnare il premio Nobel a questi lavori riconferma ancora oggi l’importanza e la validità della teoria della relatività di Einstein. Stuzzica l’immaginario collettivo sulla complessità ed il fascino del cosmo, fonte inesauribile di scoperte ed altrettanti interrogativi. Quindi naso all’insù ed occhi fissi alle stelle: i misteri del nostro Universo sono ancora tutti da scoprire.

Giulia Accetta

Giovanni Gallo

“La mafia dei pascoli”: affinché tutto questo sangue non sia stato versato invano

21 Marzo 2019. Messina. È stato presentato alla Feltrinelli Point  “La mafia dei pascoli”, il libro di Nuccio Anselmo e Giuseppe Antoci, con la prefazione di Gian Antonio Stella, edito da Rubbettino, che ricostruisce le infiltrazioni mafiose al Parco dei Nebrodi e racconta la lunga storia di Cosa nostra barcellonese.

Il libro,di stampo autobiografico, racconta di milioni di euro guadagnati per anni in silenzio da Cosa nostra. Parla di un business “legale” e inesplorato. Boss che riuscivano inspiegabilmente ad affittare tanti ettari di terreno nel Parco dei Nebrodi, in Sicilia, terrorizzando allevatori e agricoltori onesti, li lasciavano incolti e incassavano i contributi dell’Unione Europea perfino attraverso “regolari” bonifici bancari. Un affare che si aggirerebbe, solo in Sicilia, in circa tre miliardi di euro potenziali negli ultimi 10 anni. Soldi non spesi, appalti truccati, truffe ingegnose, guadagni esorbitanti. Che nessuno vedeva o denunciava. Nessuno vedeva, sentiva o parlava. Fino a quando in quei boschi tanto magici quanto dannati non è arrivato Giuseppe Antoci, che è riuscito ad estirpare via la mafia dal Parco realizzando un protocollo di legalità che poi è diventato legge dello Stato ed oggi è applicato in tutta Italia. Cosa nostra aveva decretato la sua fine. La notte tra il 17 e il 18 maggio 2016 Antoci è stato vittima di un attentato, dal quale è uscito illeso solo grazie all’auto blindata e all’intervento armato del vice questore Daniele Manganaro e degli uomini della sua scorta. Antoci, nel libro, racconta a Nuccio Anselmo la sua esperienza, e il coraggio di tanti altri servitori dello Stato che gli hanno consentito di andare avanti nella sua battaglia. E per comprendere meglio il contesto Anselmo ha scritto anche della catena di omicidi ancora irrisolti avvenuti in quelle terre, di Cosa nostra barcellonese e dei Nebrodi, del primo grande processo contro il racket dei clan tortoriciani e delle dinamiche mafiose del territorio.

Insieme agli autori, Anselmo e Antoci, hanno dialogato: Sebastiano Caspanello, giornalista, e Carmelo Scilla, avvocato.

Gli autori hanno deciso di destinare i loro diritti sul libro all’Associazione “Quarto Savona 15”, dal nome in codice dell’auto blindata fatta saltare in aria a Capaci il 23 maggio del 1992 durante la strage che uccise Giovanni Falcone, la moglie e gli uomini della sua scorta. L’associazione “Quarto Savona 15” è nata su iniziativa di Tina Montinaro, vedova di Antonio, caposcorta del giudice. L’obiettivo è quello di mantenere viva la memoria della strage di Capaci del 1992, “trasformando il dolore in azioni concrete”.

L’associazione non ha scopi di lucro, non ha connotazioni politiche né partitiche. Ne fanno parte studenti, docenti, imprenditori, professionisti, impiegati, dipendenti pubblici, giornalisti, appartenenti alle forze dell’Ordine.

Gabriella Parasiliti Collazzo