Il ruggito de “I Leoni di Sicilia”

 

Con “I Leoni di Sicilia” Paolo Genovese, da grande domatore, riesce a raccontare una storia di potere e di riscatto. – Voto UVM: 3/5

 

Il 2023 non è ancora finito e Paolo Genovese continua a stupirci! Dopo Il primo giorno della mia vita (uscito nelle sale lo scorso 26 gennaio), il regista romano arriva su Disney+ con I Leoni di Sicilia.

La serie, tratta dal romanzo bestseller della scrittrice trapanese Stefania Auci, racconta la storia della famiglia Florio che partì da Bagnara Calabra nei primi dell’800, per arrivare a Palermo, facendosi strada tra difficoltà e pregiudizi.

Gli episodi sono in totale otto. I primi quattro si incentrano principalmente sull’arrivo della famiglia calabrese nella capitale siciliana. Vengono messi in evidenza il loro adattarsi ad un nuovo stile di vita (dal punto di vista lavorativo ma anche e soprattutto umano) e la crescita di Vincenzo (interpretato da Michele Riondino), figlio di Paolo (Vinicio Marchioni) e Giuseppina.

I restanti quattro, invece, vedono protagonista un Vincenzo adulto che investe tutto sul mestiere che ha scelto di portare avanti con ostinazione, creatività e spiccata intuizione.

Due donne, due mentalità

Il regista romano nella sua ultima fatica evidenzia un aspetto in particolare: la posizione delle donne.

Definite come oggetto di proprietà del padre o del marito non avevano diritto a prendere nessuna posizione. E su questo aspetto il regista costruisce un confronto tra due protagoniste con posizione e mentalità differenti: Giuseppina (Ester Pantano / Donatella Finocchiaro) e Giulia Portalupi (Miriam Leone), moglie di Vincenzo.

La prima, innamorata di Ignazio ma costretta a sposare Paolo, desidera per il figlio una donna con un titolo nobiliare così da tenere alto il nome della famiglia (inizialmente non prenderà benissimo la sua relazione con Giulia).

La seconda la si può descrivere con la definizione data dall’attrice, ovvero:

“libera, sincera e appassionata”

Si tratta, infatti, di una donna avanti con i tempi: la sua mentalità proiettata verso il futuro le permetterà di aiutare il marito in momenti delicati, sul lavoro e non solo.

Sempre l’attrice la definisce come una donna in conflitto con la società patriarcale dell’epoca, che prende posizioni contro la famiglia per amore, in primis, verso se stessa, poiché sceglie che vita vivere, a differenza di Giuseppina.

I Leoni di Sicilia
I Leoni di Sicilia. Fonte: Vanity Fair. Distribuzione: Disney+

Vincenzo Florio: un vero “leone di Sicilia”

Il fulcro de “I Leoni di Sicilia” è sicuramente Vincenzo Florio che dopo la morte del padre e dello zio, è destinato a diventare l’uomo di casa, ritrovandosi a gestire gli affari di famiglia. Caratterialmente sarà un vero “leone” dal ruggito inconfondibile.

Vincenzo è stato abituato fin da ragazzo a guardare avanti, al progresso nell’ambito dell’edilizia e dell’imprenditoria. La sua storia con Giulia oscilla tra amore e scandalo: avranno due figlie prima del matrimonio.

All’arrivo di Ignazio (Eduardo Scarpetta), il figlio maschio da lui tanto atteso, non ha più vie di scampo e asseconda il volere del padre, consapevole di una scelta infelice.

“Mia amata Giulia, senza di te non sono nessuno”

È proprio in questa frase che è racchiuso tutto il suo amore per la moglie. Lui stesso ammette più volte di non poter vivere senza di lei, nonostante i tanti conflitti.

Il ritorno, da grande domatore, di Paolo Genovese

La colonna sonora è come un salto nella contemporaneità: non solo i titoli di coda sono accompagnati da Durare di Laura Pausini (singolo contenuto nell’album Anime Parallele), ma nel corso dello sceneggiato possiamo ascoltare anche Supermassive Black Hole dei Muse e Vorrei che fosse amore di Mina.

Paolo Genovese, da grande domatore, riesce a far ruggire i suoi “leoni”, facendo raccontare loro una storia di potere e di riscatto, e facendo arrivare il messaggio che per arrivare in alto bisogna contare principalmente su se stessi e sulle proprie forze!

 

Rosanna Bonfiglio

Palermo è una città che vuole essere raccontata: Stefania Auci e il suo libro da record “Leoni di Sicilia”

 

°SofiaCampagna Libreria Bonanzinga, Messina 2019

 

Nessuno di noi è qui senza ricordarsi della sua storia… E’ come un albero senza radici e un albero senza radici, alla prima folata di vento, cade! parla così Stefania Auci, suscitando applausi ed assensi attorno a lei; autrice di “Leoni di Sicilia”, romanzo storico presentato alla Libreria Bonanzinga il 22 maggio scorso. La scrittrice, palermitana per adozione e siciliana fin nel midollo, pronuncia le sue parole in modo concitato, come il buon Sud, appassionato e vigoroso, insegna.

Leoni di Sicilia, il suo terzo romanzo, è edito dalla casa editrice Nord e le sta facendo, letteralmente, scalare le vette delle classifiche di vendita. Nel suo mattoncino da 500 pagine, Stefania racconta l’ascesa della famiglia Florio, originari di Bagnara Calabra e trasferitisi a Palermo in seguito ad un disastroso terremoto.

I Florio, Ignazio e Paolo, aprono una bottega di spezie, una “putia”, che sarà poi ereditata da Vincenzo, diventando, in brevissimo tempo, padroni del mercato palermitano e, ramificando la loro attività commerciale, di gran parte della Sicilia. Insieme ad una scalata imprenditoriale, la famiglia Florio compie quella, più complicata e sicuramente più insidiosa, arrampicata sociale; attraverso quello che Stefania e Anna Mallamo, sua brillante interlocutrice, chiamano “muro di gomma, ma pur sempre muro”, in una società della Palermo bene che non è disposta ad aprire le porte ai nuovi arricchiti, per di più quando stranieri.

Ma facciamo un passo indietro…

E’ l’estate del 2015 quando un amico tenta di convincere l’autrice a buttarsi su una storia importante “tu hai una buona penna” le dice, “tu sei pazzo” risponde lei, giocando su un’autoironia semplice, pura; a settembre di quell’anno lei lo richiama “ci ho pensato: voglio scrivere la storia dei Florio”, “tu sei pazza” a questo punto è lui a dirlo; Stefania ricorda questa storia come un aneddoto felice, una semplice chiacchierata tra amici che l’ha portata, anni dopo, a venir tradotta in tutto il mondo.

 

°SofiaCampagna Libreria Bonanzinga, Messina 2019

 

L’autrice confessa quanto sia stato difficile, innanzitutto, scrivere un romanzo storico e approcciarvisi in particolar modo in Italia, per la difficoltà nel reperire i materiali di ricerca, “se un giorno vi volete buttare sul romanzo storico, scrivete agli americani” afferma con quel suo tipico e ben riconoscibile tono ridente. E’ una critica velata, vera ma certamente un po’ bonaria, caratteristica, dico io, di chi è siciliano fino in fondo.

Stefania si rammarica, anche e forse soprattutto da docente, di quante persone non conoscano la storia d’Italia. Nel suo piccolo, che non resterà tale a lungo, prova a far conoscerne un pezzo, una storia e tre  generazioni, legate intimamente al Sud d’Italia. Una storia di successi e sofferenze, di sentimenti taciuti, negati dall’impossibilità di venir fuori da anime troppo acerbe, che seppur amano, non riescono a dirlo. Un romanzo un cui la psicologia è affidata ai gesti, una psicologia quindi molto asciutta. Asciutta come i suoi personaggi, indagati nelle zone d’ombra,  come spiega Anna, ma proprio per questo vincenti, tenaci, reali e quindi ben riusciti “i nostri mostri sono il concime della nostra fantasia.” Particolare attenzione è riservata a Vincenzo e al suo modo di amare, approcciandosi con le persone, amare o per meglio dire, non amare. “Per lui l’affetto coincide col possesso” racconta l’autrice “Non riesce a dire -ti amo amore mio-”

Il libro segue una scansione rigorosamente cronologica. Ogni capitolo si apre con il nome di una merce: pizzo, seta, zolfo… cosicché l’indice di “Leoni di Sicilia” potrebbe diventare uno tra i più romantici ed evocativi di tutti i tempi. La scrittura è precisa “Io sono un po’ disordinata quando parlo” dice Stefania “ma nel romanzo sono diventata rigorosa, seria, attenta alle ricerche. Per raccontare una storia di questo tipo non potevo fare un inizio in medias res. Le prime due pagine le ho scritte al passato, poi le ho riviste e ho pensato -voi fate schifo-, così le ho riscritte al presente”.

La lingua, infatti, è vista come segno inconfondibile di appartenenza e quella scelta dall’autrice per Leoni di Sicilia non fa eccezioni “il dialetto è abbastanza filtrato; per dare tridimensionalità era necessario agire sulla lingua. La ricchezza linguistica che ha il dialetto siciliano è inimmaginabile, prendete la parola -camurrìa-, come fai a spiegarlo?!”. Stefania continua a far emozionare chi è lì per ascoltarla ma anche a far sorridere grazie al suo temperamento vivace e la battuta sempre pronta.

La scrittrice spiega infine che i Florio riescono a diventare borghesi ma “quando arrivano a questo livello perdono la capacità imprenditoriale”.

 

°SofiaCampagna Libreria Bonanzinga, Stefania Auci, Messina 2019

 

“A che punto sei con il secondo libro?” le chiede quindi Anna. “Ci stiamo lavorando” risponde Stefania, in modo conciso ma determinato. Il secondo libro vedrà i Florio immersi, non più nel mondo dei signorotti e nobili siciliani, ma in una società cambiata a cui i Florio dovranno far fronte, dopo l’Unità d’Italia.

Leoni di Sicilia è un romanzo in cui le sensazioni e gli odori, più ancora dei profumi, lasciano percezioni inconfondibili. Dove ciascuna parola non dice mai di più, ma evoca… Dove la storia cruda e spietata si mescola e confonde con l’immaginario romantico di una Palermo che fa sognare.

 

Ilaria Piscioneri