15 maggio 1946, la nascita della prima regione italiana: la Sicilia

Le regioni sono ormai elementi fondamentali e imprescindibili nell’assetto istituzionale della Repubblica Italiana. Non tutti sanno, però, che la regione, quale ente territoriale con poteri e funzioni e dotata di un proprio statuto, nasce in tempi relativamente recenti.

In occasione Festa dell’Autonomia Siciliana -isituita nel 2010 come ricorrenza della promulgazione dello Stauto Siciliano– ripercorriamo i momenti salienti del processo che condusse alla nascita della prima regione italiana: la Sicilia.

Il dibattito sull’ente regione alla nascita del Regno d’Italia

Le discussioni riguardo una possibile istituzione delle regioni risalgono a poco prima dell’Unità d’Italia, quando il futuro Regno d’Italia deve scegliere tra l’accentramento, il regionalismo o il federalismo.

Camillo Benso Conte di Cavour (1810-1861), nel 1860, promuove una Commissione per prendere in considerazione delle forme di autonomia allargata, mentre per la Sicilia, in quanto territorio dotato di una particolare storia parlamentare e geografica, istituisce un Consiglio Straordinario di Stato per studiare idonee forme di autonomia.

La precoce scomparsa di Cavour e la paura di creare nuovamente delle pericolose divisioni territoriali e tante piccole patrie (dopo l’immensa fatica per unire politicamente la penisola italiana), sanciscono il fallimento di questi progetti.

Il federalismo – i cui fautori sono Carlo Cattaneo (1801-1869) e Vincenzo Gioberti (1801-1852)- resta un argomento di nicchia e poco considerato, così il Regno d’Italia si appresta a divenire uno Stato accentrato.

La situazione cambia radicalmente nel corso della Seconda guerra mondiale: il forte accentramento statale del regime fascista e gli orrori della guerra esasperano ancora di più gli animi dei siciliani.

Il Movimento Indipendentisa Siciliano

Andrea Finocchiaro Aprile (1878-1964), complice lo sbarco anglo-americano e l’implosione delle istituzioni fasciste, approfitta della precaria situazione politica per fondare il suo movimento indipendentista (MIS) e tentare di portare a termine una clamorosa separazione della Sicilia dall’Italia. Egli è un grande oratore, i suoi comizi riescono a fare breccia su tutte le classi sociali, sfoggiando un incredibile armamentario ideologico.

Il Movimento Indipendentista Siciliano, profondamente eterogeneo e supportato dai grandi latifondisti, raccoglie numerosi consensi presso il popolo siciliano e – attraverso l’operato di Finocchiaro Aprile – chiede il supporto degli anglo-americani per una Sicilia Repubblicana e indipendente dall’Italia, sotto un protettorato inglese o 49esima stella della bandiera americana.

Bandiera americana e siciliana – wikipedia.org

L’azione dei partiti antifascisti

Nel frattempo, i partiti antifascisti, riuniti nei Comitati di Liberazione Nazionale, contrastano il separatismo e propongono una Sicilia con uno statuto a larga autonomia all’interno dell’ordinamento italiano.

La partita è durissima, il MIS gioca tutte le sue carte attraverso una propaganda spietata, la costituzione dell’EVIS e la complicità di qualche generale AMGOT, simpatizzante per la causa separatista.

Ma è proprio la forza coinvolgente del MIS che permette ai tradizionali partiti antifascisti di vincere: essi sfruttano la paura del separatismo per pressare il governo centrale ed ottenere la tanto attesa autonomia regionale.

I partiti antifascisti esortano a gran voce il governo centrale, affermando come i siciliani non chiedono la separazione, ma bensì forme di larga autonomia in ragione delle peculiarità geografiche e storiche dell’Isola. Questa è la formula per risolvere il problema separatista.

La redazione dello Statuto Siciliano

In questo particolare contesto inizia il processo che porta alla redazione dello Statuto di autonomia regionale.  Salvatore Aldisio (1890-1964), in qualità di Alto Commissario per la Sicilia, nomina -il 1° settembre del 1945- una Commissione per la redazione di un progetto di Statuto per l’autonomia regionale della Sicilia.

Salvatore Aldisio – wikipedia.org

La Commissione è composta dai rappresentanti dei sei partiti antifascisti e da tre tecnici.

Nonostante la mancanza della cornice di riferimento (la scelta istituzionale tra Monarchia e Repubblica non è ancora avvenuta e non si poteva nemmeno conoscere la scelta tra Stato accentrato, regionale o federale), la Commissione lavora -con l’importante contributo di Gaspare Ambrosini (1986-1985)- tenendo conto di quattro progetti di autonomia, suddivisi in progetti di autonomia ristretta e progetti di autonomia allargata.

Tra il settembre e il dicembre del 1945, in sole 23 sedute, la Commissione termina il proprio lavoro approvando un testo composto da 39 articoli e due disposizioni transitorie.

La revisione e la promulgazione dello Statuto

Il suddetto lavoro passa alla Consulta Regionale che, dopo aver esaminato e discusso la bozza, approva il testo finale il 23 dicembre del 1945. La consulta non opera grandi cambiamenti, attuando solo piccole modifiche, fatta eccezione per pochi articoli, tra cui per gli art. 14 e 15 (riguardo la potestà legislativa).

L’art 39 (riguardante l’approvazione dello Statuto mediante decreto legislativo) provoca un accesso dibattito tra i consultori: le sinistre chiedono di modificare l’articolo e propongono di affidare l’approvazione dello Statuto alla Costituente, mentre la Democrazia cristiana e i suoi alleati sostengono che lo Statuto deve essere approvato il prima possibile con un decreto legislativo. Alla fine del dibattito, di stampo prevalentemente politico, la linea democristiana prevale: l’articolo 39 è approvato con 17 voti favorevoli e 12 contrari.

L’Alto Commissario Salvatore Aldisio trasmette lo Statuto siciliano al Presidente del Consiglio De Gasperi e, in seguito, alla Consulta Nazionale, ‹‹onde si pronunciasse su di esso nella forma e nel merito, nessuna nota di commento positivo o negativo accompagnava il testo trasmesso, al quale nessuna modifica era stata apportata.››.

Lo Statuto della Regione Siciliana viene dunque promulgato con il regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n.455 firmato da Umberto II e in un secondo momento convertito in legge costituzionale dalla legge costituzionale 26 febbraio 1948, n.2.

Questo atto sancisce formalmente la nascita della Regione Siciliana.

Regio Decreto Statuto Siciliano – retesicilia.it

 

Francesco Benedetto Micalizzi

 

Fonti:

M. Ganci, L’Italia antimoderata, radicali, repubblicani, socialisti, autonomisti dall’unità a oggi, Palermo, Arnaldo Lombardi Editore, 1996

D. Novarese, “Prima regione in Italia”. Dai progetti allo statuto regionale siciliano

Lo Statuto Siciliano:

ars.sicilia.it/Statuto2019.pdf

 

…la città di Messina subì un assedio nel settembre 1848?

Il mese di settembre è quel periodo dell’anno di transizione tra i fasti e la libertà della stagione estiva e la routinaria stagione autunnale/invernale. Non c’è metafora più appropriata per ripescare dal “grande libro della Storia” un evento che ha animato sogni e speranze dei nostri antenati messinesi: la rivoluzione del 1848, scoppiata nella città di Messina e nelle altre città dell’Isola dall’ardente desiderio da parte dei siciliani di conquistare l’indipendenza.

I sogni dei rivoluzionari iniziarono a spegnersi nel settembre 1848, a partire dalla riconquista della città dello Stretto da parte dell’esercito borbonico. Prima di addentrarci in questa leggendaria storia messinese è doveroso contestualizzare e narrare gli antefatti che condussero alle vicende del settembre di 172 anni fa.

Antefatto: il contesto storico e l’inizio della rivolta

Il nostro viaggio inizia nel 1847. La Sicilia faceva parte del Regno delle Due Sicilie, retto dalla dinastia reale dei Borboni.

Il malcontento nei confronti del sovrano Ferdinando II sfociò in alcuni tentativi di rivolta, prontamente soffocati, come quello del primo settembre a Messina. Si è dovuto aspettare il 12 gennaio 1848, giorno del compleanno del Re, per lo scoppio della storica insurrezione di Palermo, che avviò la rivoluzione siciliana, il primo dei moti rivoluzionari della cosiddetta primavera dei popoli europea.

Immagine raffigurante la rivolta di Palermo del 12 gennaio 1848 – Fonte: archiviostoricoeoliano.it

Pian piano tutte le città della Sicilia insorsero contro il dominio borbonico. A Messina, dopo l’insurrezione del 29 gennaio 1848, l’esercito napoletano fu costretto a rintanarsi nella cittadella fortificata, che non fu mai espugnata.

Una rivoluzione politica

La rivoluzione – per una ristretta élite – si fondava su aspirazioni politiche, quali la libertà e l’indipendenza della Sicilia dai Borboni, inquadrata in una federazione italiana di stati indipendenti. Per la maggior parte dei cittadini, però, si trattava di una rivolta di carattere sociale, volta ad ottenere migliori condizioni economiche.

L’élite liberale rivoluzionaria cercò di indirizzare la protesta sociale sui binari della rivoluzione politica: prima rifiutò la Costituzione promulgata dal Re e promessa dopo l’insurrezione di Napoli, poi, attraverso il Parlamento costituente dichiarò, il 13 aprile 1848, l’indipendenza della Sicilia e la decadenza del Re. I lavori del Parlamento portarono alla redazione dello Statuto Siciliano. Per dare attuazione alla nuova Costituzione fu offerta la corona della Sicilia a Ferdinando, Duca di Genova, figlio di Carlo Alberto di Savoia, che però rifiutò, vanificando, dunque, il lavoro dei costituenti.

Immagine che metaforicamente raffigura la cacciata dei Borboni dalla Sicilia – Fonte: archiviostoricoeoliano.it

Questo rifiuto, unito all’impegno dei Savoia nella guerra contro l’Austria fu uno dei principali motivi che intaccarono la solidità della rivoluzione.

Il primo attacco borbonico

A causa di questa situazione instabile, il 3 settembre 1848 iniziò la controffensiva dei Borboni, pronti a tutto pur di riconquistare la Sicilia. L’esercito napoletano, guidato dal tenente generale Carlo Filangeri, sbarcò a Messina e, coadiuvato da un fitto bombardamento, iniziò una sanguinosa battaglia, in cui furono coinvolti molti civili. L’esercito borbonico, più numeroso e organizzato, fu però respinto e costretto alla ritirata.

All’alba del giorno successivo il mare burrascoso impedì un nuovo sbarco delle truppe regie. Le giornate del 4 e del 5 settembre furono segnate dal violentissimo duello delle due artiglierie. Il cannoneggiamento della città fu una costante degli scontri e fu talmente intenso che valse al Re Ferdinando il celebre appellativo di Re Bomba.

Re Ferdinando II delle Due Sicilie, soprannominato il Re Bomba – Fonte: archiviostoricoeoliano.it

Nel frattempo, già dell’inizio della battaglia, i messinesi chiesero i rinforzi al Parlamento di Palermo. Furono inviati alcuni contingenti che però si sarebbero presto rivelati inadeguati.

Il secondo attacco

All’alba del 6, tornato il mare calmo, l’esercito borbonico sbarcò nel villaggio di Contesse, che capitolò dopo una estrema resistenza e una disperata lotta casa per casa. La difesa siciliana tentò di bloccare gli avversari sulla sinistra della fiumara di Bordonaro, attuando una disperata controffensiva, dagli esiti fallimentari. Le truppe regie conquistarono il villaggio di Gazzi in un’ora.

La giornata del 6 mostrò la disorganizzazione dei rivoluzionari, ancora in piedi grazie al supporto dei cittadini, pronti a battersi fino all’estremo. Il coraggio e l’ardore del popolo riaccese un lume di speranza quando, nella notte fallì miseramente l’attacco borbonico. Le truppe regie furono costrette a ritirarsi nella cittadella. I messinesi, però, non sfruttarono l’opportunità di dare il colpo fatale al nemico in fuga e con il morale a pezzi.

La città di Messina e la real cittadella (in basso al centro)  – Fonte: wikipedia.org

Lo scontro finale

Nonostante la sconfitta della notte, il comandante Filangeri credeva fermamente di avere la vittoria in pugno. Il 7 mattina partì l’offensiva decisiva.

Presto le truppe borboniche si trovarono di fronte a Porta Zaera e verso le tredici iniziavano l’ultima definitiva operazione contro l’estremo baluardo messinese costituito dal convento della Maddalena, che capitolò segnando la sconfitta dei messinesi.

Le truppe regie, nonostante la vittoria, non osarono subito occupare il centro della città, ritenuto pericoloso; per questo motivo il bombardamento durò altre sette ore.

Per concludere

La capitolazione della città dello Stretto segnò l’inizio della controffensiva dei Borboni, che riconquistarono Palermo il 14 aprile 1849, ponendo così fine alla rivoluzione siciliana.

Tra le numerose conseguenze, una che ci coinvolse più da vicino fu la nuova soppressione dell’Università di Messina, riaperta solo dieci anni prima dopo il lungo periodo di chiusura, conseguenza della rivolta antispagnola.

Una lapide commemorativa della rivolta di Messina del 1847-48 – Fonte: archiviostoricoeoliano.it

 

Mario Antonio Spiritosanto

 

Immagine in evidenza:

Raffigurazione della rivolta di Messina – Fonte: wikipedia.org

 

Bibliografia:

Finley M.I., Mack Smith D., Duggan C., Breve storia della Sicilia, Editori Laterza

http://www.arsbellica.it/pagine/battaglie_in_sintesi/Assedio%20di%20Messina.html

http://www.archiviostoricoeoliano.it/wiki/la-rivoluzione-del-1848

 

Per approfondire:

Ganci M., L’Italia antimoderata, Arnaldo Lombardi Editore

Pieri P., Storia militare del Risorgimento, Einaudi

http://www.ilportaledelsud.org/

http://www.messinacity.com/