Vertice tra Blinken e Lavrov. Diplomazia a lavoro per scongiurare nuova invasione in Ucraina.

Il vertice tra il Segretario degli Stati Uniti Antony Blinken e il Ministro degli Esteri russo Serghiei Lavrov ha aperto la stagione del dialogo volta a far fronte alle criticità attorno al possibile attacco di Mosca in Ucraina.

Mappa degli spostamenti delle truppe russe -Fonte:limesonline.com

L’incontro tenutosi a Ginevra venerdì 21 gennaio, ha provato a disinnescare la minaccia di un nuovo conflitto in Ucraina. La discussione è stata “franca e corposa”, con il Paese a stelle e strisce che ha più volte richiesto le prove che scongiurerebbero un devastante conflitto in Europa.

La possibile invasione della Russia

L’ipotesi di una possibile invasione russa si è fatta da diverse settimane sempre più concreta. Ciò a causa del posizionamento di migliaia di soldati russi al confine con l’Ucraina Orientale. L’ammassamento, iniziato lo scorso novembre, è stato definito a più riprese una seria minaccia alla realizzazione del cosiddetto allargamento a est” della NATO, un piano formulato nel luglio ’97 durante il vertice di Madrid.

Il possibile attacco della Russia -Fonte:blogsicilia.it

L’allora Presidente degli Stati Uniti, Bill Clinton, e i rappresentanti dei governi dei sedici membri decisero all’unanimità di invitare ad aderire alla NATO tre Paesi ex satelliti della vecchia Unione Sovietica e tra questi anche l’Ucraina. La decisione nacque per:

  • prevenire eventuali conflitti in Europa, limitando tensioni e focolai;
  • aumentare le truppe NATO di circa 200 mila unità, dando avvio ad un’alleanza più forte che costituirebbe un deterrente in più nei confronti di eventuali volontà di aggressioni armate ai Paesi membri;
  • garantire maggiore democrazia nei nuovi Stati aderenti. L’ingresso alla NATO impedirebbe dunque il ritorno a regimi autoritari e il tramonto del mondo diviso in due blocchi.

L’obiettivo di costruire equilibri nuovi e più duraturi ha destato preoccupazioni per una possibile operazione militare russa volta ad ostacolarlo.

Gli attacchi della Russia contro l’Ucraina

Attacco a Donbass -Fonte:contropiano.org

Gli attacchi da parte di Putin all’Ucraina non sono inaspettati, anzi negli ultimi 15 anni Mosca ha mostrato in diverse occasioni di essere pronta ad usare la forza per garantire la propria influenza sui Paesi vicini. Tra gli avvenimenti più eclatanti:

  • l’intervento della Russia nel 2008 volto a ricacciare le truppe georgiane che invasero l’Ossezia del Sud, regione autonoma del suo territorio che confina a nord con la Russia e che da tempo rivendicava il riconoscimento della sua indipendenza. L’esercito della Federazione Russa rispose con un intervento militare rapidissimo e in una settimana sconfisse le truppe georgiane respingendole fino quasi alle porte della capitale Tbilisi. Gli accordi firmati dopo la fine della battaglia il 15 agosto 2008, impegnavano la Georgia a rinunciare all’uso della forza contro l’Ossezia e l’Abcasia e la Russia a ritirarsi dal territorio georgiano. Subito dopo la firma, questa proclamò unilateralmente una zona cuscinetto attorno alle due repubbliche e il ritiro delle sue truppe non fu mai completato, facendo rimanere i rapporti tra i due Paesi particolarmente tesi;
  • la guerra dell’Ucraina orientale guerra del Donbass, inizialmente indicata come rivolta dell’Ucraina orientale. Conflitto iniziato il 6 aprile 2014 quando alcuni manifestanti armati si sono impadroniti di alcuni palazzi governativi e definiti dal governo Ucraino come terroristi finanziati da Mosca.

L’incontro delle potenze a Ginevra

Nonostante il punto di svolta non sia ancora trovato il filo del dialogo è rimasto aperto. Gli Stati Uniti stanno cercando una soluzione diplomatica sull’Ucraina, affermando una “risposta rapida e forte” nel caso di invasione Russa.

Le posizioni prese dai due governi sono molto distanti e le reciproche proposte risultano irricevibili da ambe due le parti. Se la Russia richiede che la NATO ritiri le proprie truppe da Bulgaria, Romania e dalle altre repubbliche ex sovietiche, gli Stati Uniti chiedono il ritiro delle decine di migliaia di militari russi ammassati al confine orientale ucraino.

L’incontro tra Blinken e Lavrov – Fonte:ilfoglio.it

L’invio di nuovi armamenti in Bielorussia (alleata della Russia) ha visto subito una controffensiva degli Stati Uniti che hanno già autorizzato Paesi come Estonia, Lettonia e Lituania a trasferire i missili anti-aerei Stinger alle forze ucraine. Ciò ha innescato inevitabilmente non solo la consegna di missili anti-carro Javelin dal Regno Unito alla Nazione come deterrente nei confronti della Russia, ma ha richiamato l’attenzione del Presidente francese Emmanuel Macron, il quale ha dichiarato di essere pronto a mandare i suoi soldati in Romania, se la NATO decidesse di rafforzare la sua presenza nel Paese.

Sebbene gli analisti stiano provando a comprendere le possibili future mosse del Cremlino, l’unica certezza consolidata è il terrore della Russia di perdere la propria sicurezza nazionale attraverso l’allargamento ad est della NATO. È quindi sulla fondamentale importanza data all’Ucraina che si imperna l’obiettivo russo. Lo si legge nell’analisi di un articolo pubblicato lo scorso luglio, che rivela proprio la volontà del presidente Putin di ostacolare l’espansione dell’organizzazione per ricreare un’unità tra russi e ucraini.

Le dichiarazioni di Joe Biden e l’intervento di Emmanuel Macron

Durante la conferenza stampa tenutasi mercoledì 20 gennaio alla Casa Bianca, il Presidente degli Stati Uniti, Joe Biden ha candidamente esposto che le posizioni su come agire ad un presunto attacco russo non sono affatto comuni all’interno dell’organizzazione.

La cupa constatazione ha destato dunque preoccupazioni, ponendo l’accento sulle divisioni interne alla NATO e sull’estensione e gravità che potrebbe avere l’intervento militare russo in Ucraina.

Bisognerebbe dunque valutare, nel caso di un attacco limitato, come dover agire senza destare ulteriori scontri interni su “cosa fare e non fare”. A seguito di tali dichiarazioni molti hanno letto tra le righe un “via libera” dato dal Presidente degli Stati Uniti all’aggressione russa.

Ucraina, Biden -Fonte:lastampa.it

A porre rimedio alla pessima uscita di Joe Biden è stato con un discorso di fronte al Parlamento Europeo Emmanuel Macron. Questi sostiene la necessità per l’Europa di costruire un sistema di sicurezza proprio, da condividere successivamente con gli alleati, in modo da garantire una risposta ferma e immediata all’aggressività di Mosca. Una risposta di questo tipo è innegabile che non vi sia mai stata finora e troppo spesso il Cremlino ha agito conscio dell’assenza del rischio di possibili ritorsioni.

 

Giovanna Sgarlata

Summit Usa-Russia: segni di disgelo. Ecco l’esito dell’incontro tra Biden e Putin

Dal vertice di Ginevra si sono mostrati segni di disgelo fra Usa e Russia. Sono state concordate le consultazioni sulla cyber security e si è dato avvio ad una dichiarazione congiunta, volta a garantire una stabilità nucleare per escludere l’esordio di una guerra atomica.

Stretta di mano tra Putin e Biden –Fonte:ilfattoquotidiano.it

La scorsa serata si è concluso l’incontro tra il Presidente americano Joe Biden e il Presidente russo Vladimir Putin, presso Villa La Grange, a Ginevra (Svizzera). Il vertice è finito in poco tempo, dopo quasi tre ore, rispetto alle previsioni della Casa Bianca. Al termine del colloquio, nonostante i toni siano stati cordiali, i due leader non si sono presentati alle conferenze stampa insieme, indicando così la permanenza, comunque, di tensioni elevate.

Esito dell’incontro

L’incontro è stato avviato nella consapevolezza dei rapporti minimi che viggono dai tempi della Guerra Fredda e, nonostante le questioni accumulate nel tempo abbiano inciso sulle relazioni tra Russia e Usa, il summit fra i due Presidenti ha avuto un “discreto successo”, vedendo anche la partecipazione dei rispettivi capi della diplomazia Antony Blinken e Sergei Lavrov.

Concluso il faccia a faccia tra Biden e Putin –Fonte:avvenire.it

I leader hanno trovato un punto di accordo sul tema del ritorno dei rispettivi ambasciatori e sulle consultazioni contro i cyber attacchi, pattuendo una linea di dialogo anche sulla questione della stabilità nucleare e fissando un possibile compromesso sullo scambio di prigionieri.

Sul caso dell’Ucraina, il capo del Cremlino auspica, altresì, che Kiev rispetti gli accordi di Minsk, ossia l’osservazione di quel protocollo stipulato per porre fine alla guerra dell’Ucraina orientale, raggiunto il 5 settembre del 2014 dai rappresentanti di Ucraina, Russia, Repubblica Popolare di Doneck (DNR), e Repubblica Popolare di Lugansk (LNR). Invece le due Potenze restano su due fronti discordi riguardo le tematiche dei diritti umani.

Le successive conferenze stampa hanno alimentato un moderato ottimismo, dato dal riconoscimento di una “responsabilità comune globale” e dell’esigenza di dialogare, anche quando non si trovano punti d’accordo.

La conferenza stampa di Vladimir Putin

Summit Usa-Russia –Fonte:rsi.ch

Il primo a rilasciare dichiarazioni ai giornalisti è stato Putin, confermando l’esito positivo del summit definendolo “costruttivo”:

“ha avuto luogo su una base di principi. Su molte posizioni le nostre valutazioni divergono. Ma credo che entrambe le parti cerchino un terreno fertile per trovare soluzioni comuni”

Il leader russo oltre ad annunciare il risultato concreto dell’incontro, ha affermato un eventuale adesione alla NATO e l’effettivo ritorno alle proprie ambasciate del russo Anatoly Antonov (nell’ambasciata di Washington) e dello statunitense John Sullivan (in quella di Mosca), i quali erano stati richiamati dopo le tensioni e le espulsioni dei mesi precedenti.

Il caso, che però ha ricevuto più attenzione, è stato quello dell’attacco al Colonial Pipeline, uno dei più grandi oleodotti degli Stati Uniti, che secondo i loro funzionari ha subito un attacco informatico il 7 maggio scorso, causando l’interruzione della sua attività che rifornisce circa metà della costa orientale del Paese, tra cui le città come Atlanta, Washington e New York. Si ritiene che il Colonial Pipeline e altre aziende siano state vittime degli attacchi “ransomware”, un tipo di malware (programma in grado di apportare danni ad un sistema infromatico) che limita l’accesso del dispositivo che infetta, richiedendo un riscatto da pagare per rimuovere la limitazione.

Nonostante gli esperti affermino che l’azione provenga dalla Russia, Putin ha negato l’origine della responsabilità del suo Governo, sostenendo invece una collaborazione con gli Stati Uniti sulle consultazioni sulla sicurezza informatica. Nonostante ciò Biden ha consegnato una lista delle 16 infrastrutture critiche che devono essere escluse da qualsiasi forma di aggressione informatica.

Si è poi parlato, della tematica calda dei diritti umani citando il leader dell’opposizione, Alexei Navalny, tenuto in prigionia per ragioni irrisorie, che se dovesse perdere la vita, secondo quanto espresso dal Capo della Casa Bianca, le “conseguenze sarebbero devastanti”. Il Presidente del Cremlino ha paragonato la sua politica contro gli oppositori come gli arresti avvenuti durante l’attacco al Congresso degli Stati Uniti dello scorso 6 gennaio. Paragone, che per Joe Biden, è risultato alquanto “ridicolo” poiché, come ha ricordato il leader democratico, Navalny e i suoi sostenitori lottavano per le elezioni libere in Russia, mentre i rivoltosi del Campidoglio avevano come obiettivo quello di ribaltare il risultato delle elezioni libere negli Stati Uniti.

Le dichiarazioni di Joe Biden

I rapporti USA-Russia devono essere stabili –Fonte:bluewin.ch

Dopo la conferenza stampa di Putin, è stata avviata quella diBiden sostenendo in poco più di mezz’ora che l’incontro è stato effettuato per evitare la presenza di errori ed incomprensioni future tra le due Nazioni. Il proposito su cui si fondava il colloquio si poneva come scopo l’identificazione di alcune aree di lavoro su cui ambe due i Paesi avrebbero potuto intervenire. Si sarebbero creati così rapporti tra Usa e Russia stabili, con l’onere di fondarsi sulla difesa dei valori democratici.

Si è poi parlato del potenziale rilascio dei due ex marine statunitensi, attualmente detenuti in Russia, tra cui risulta esserci Paul Whelan accusato di spionaggio e costretto 16 anni di prigionia, per il ritrovamento di una chiavetta USB contenete informazioni riservate. Sebbene l’ex marine si sia dichiarato non colpevole e affermi di essere stato vittima di una trappola, il tribunale russo lo ha condannato senza la produzione alcuna prova. Perciò per l’ambasciatore americano Sullivan, tale atto è da dichiararsi come una “beffa della giustizia” che lede gravemente i diritti umani.

Al fine di evitare i rischi di instabilità  si è a lungo discusso, secondo quanto riportato dal Presidente americano, dei passi essenziali per evitare il conflitto. È stato così concordata l’apertura di un dialogo e la creazione di un gruppo di esperti diplomatici al fine di cooperare per la realizzazione di una sicurezza strategica.

Giovanna Sgarlata

 

Joe Biden giura e inizia il suo mandato. Ecco come al day one gli USA stanno già cambiando

In un clima di grande protezione, a Washington il 20 gennaio 2021 è stata celebrata la cerimonia di insediamento del nuovo presidente degli Stati Uniti.

Insediamento di Joe Biden –Fonte:fanpage.it

Il giorno tanto atteso è finalmente giunto, Joe Biden è ufficialmente diventato il quarantaseiesimo presidente degli USA. Ha inizio una nuova fase della democrazia americana. Accanto a lui la sua vice Kamala Harris insieme per l’insediamento.

Cerimonia del giuramento: ecco come avviene

La cerimonia del giuramento del presidente e del vicepresidente segue un iter specifico, presso la sede del Congresso, Capitol Hill, in cui si vedono gli albori di ogni nuovo mandato presidenziale. Sebbene la carta fondamentale non la citi, è di consuetudine usare la Bibbia.

Kamala Harris ha giurato –Fonte:aplazio.it

Il primo a giurare è il vicepresidente, che pronuncia la formula applicata dal 1844 proclamata dai Senatori, dai Rappresentati e da altri responsabili di governo. Kamala Harris prima donna di origini afroamericane ed indiane ad ottenere questa carica ha prestato giuramento nelle mani del giudice della Corte Suprema Sonia Sotomayor e su due bibbie: una di Regina Shelton ritenuta dalla donna come una “seconda madre”, l’altra di Thurgood Marshall personaggio illustre per i diritti civili, recitando

“Giuro solennemente di sostenere e difendere la Costituzione degli Stati Uniti contro tutti i nemici, esterni e interni; di serbarle fedeltà e vero affidamento, senza alcuna riserva mentale o intenzione elusiva; e di bene e fedelmente adempiere ai doveri della carica che sto per assumere. Che Dio mi aiuti”.

seguita da quattro rulli di tamburi e fanfare e dall’inno “Hail, Columbia”.

Il giuramento di Joe Biden –Fonte:varesenews.it

A mezzodì inizia solennemente il mandato Joe Biden, la pronuncia della formula dell’articolo II, sezione 1 della Costituzione, è avvenuta tra mani del Capo della Corte Suprema John Roberts su un’antica Bibbia di famiglia tenuta dalla moglie Jill.

 “Giuro solennemente di adempiere con fedeltà all’ufficio di presidente degli Stati Uniti e di preservare, proteggere e difendere la Costituzione al meglio delle mie capacità. Che Dio mi aiuti”

Si è proceduto poi con quattro rulli di tamburi e fanfare realizzati dalla banda, l’inno “Hail to the Chief” e da ventuno salve d’obice della Presidential Salute Battery del terzo reggimento di fanteria degli Stati Uniti.

Il discorso del neopresidente

Discorso del Presidente Joe Biden –Fonte:ilfoglio.it

Tra l’ovazione e gli applausi, il discorso pronunziato da Joe Biden è stato molto incisivo

“Questa è la giornata dell’America, della democrazia, della storia, della speranza, la democrazia ha prevalso. Chiedo a tutti gli americani di aiutarmi nell’unire il Paese. Metterò tutta la mia anima per riunire la nazione, gli Usa hanno molto da fare in questo inverno di pericolo, molto da riparare e da risanare. Lo so parlare di unità può sembrare una folle fantasia in questi giorni. So che le forze che ci dividono sono profonde e reali. E so anche che non sono una novità. Ma l’unità è l’unica strada per andare avanti” 

Il presidente ha poi così continuato

“il virus ha fatto più vittime di quanti americani sono morti nella Seconda Guerra Mondiale, possiamo battere il virus. Vinceremo sul suprematismo bianco e sui terroristi interni. Sarò il presidente di tutti gli americani, mi batterò anche per coloro che non mi hanno sostenuto”. 

“Il mondo ci guarda. Ripareremo le nostre alleanze. Abbiamo il primo vicepresidente donna, Kamala Harris: non ditemi che le cose non possono cambiare. Difenderò la costituzione, l’America, lo farò tutto per voi. Insieme possiamo scrivere una storia americana di speranza e di unità. È il tempo del coraggio”

Con grande rammarico fa riferimento alle “dure prove” che il Paese è tenuto ad affrontare, come la pandemia, l’attacco alla democrazia e alla verità, le ineguaglianze, la crisi del clima e il razzismo sistemico.

A gran voce ha respinto la manipolazione dei fatti e la sua responsabilità del rispetto della verità, facendo trapelare sottovoce un implicito rimando alle azioni di Donald Trump.

Infine ha voluto dedicare un minuto di silenzio per le migliaia di vittime causate dell’epidemia. Con un ultima frase del suo discorso di inaugurazione ha voluto riconfermare la sua ferma posizione nel voler “proteggere la Costituzione, difendere la democrazia e l’America”.

Le parole di Kamala Harris

“Sono qui grazie alle donne che mi hanno preceduto”

Ha cosi twittato, la neo vicepresidente prima di insediarsi, ricordando tutte le generazioni di donne

“afroamericane, asiatiche, bianche, native americane che si sono battute per l’uguaglianza e la libertà e che continuano a combattere per i loro diritti”

Entrando a far parte così di quel piccolo olimpo rosa del governo americano.

Kamala Harris, la prima donna di colore in un ticket presidenziale –Fonte:repubblica.it

Sebbene Joe Biden fu il senatore più giovane della storia americana è anche il presidente più anziano con i suoi 78 anni (ne avevamo parlato qui). Egli, perciò potrebbe essere leader per un solo mandato, lasciando ampia strada alla sua vice, che secondo diverse fonti, in questi quattro anni che la attendono, dovrà studiare proprio da Commander in Chief, modificando il tradizionale ruolo dei duo.

La nomina della Harris rappresenterà grandi cambiamenti al Senato. Infatti è proprio il suo voto a designare l’andamento dell’ago della bilancia tra lo spaccato netto dei 50 democratici e dei 50 repubblicani alla seconda camera. Saranno proprio le sue decisioni, quindi ad indirizzare definitivamente l’azione dell’apparato legislativo.

 Protagoniste della cerimonia

Lady Gaga e Jennifer Lopez, regine dell’Inauguration Day –Fonte:vanityfair.it

Tra i personaggi di spicco presenti all’Inauguration Day di Biden e Harris, troviamo Lady Gaga, vivace sostenitrice durante la campagna elettorale d’autunno, che canterà l’inno nazionale americano, e Jennifer Lopez. Quest’ultima con grande emozione si è esibita con “This land is your land” e “America the Beautiful” due grandi classici del patriottismo a stelle e strisce. La popstar ha poi voluto rilasciare una frase in spagnolo, carica di un messaggio di unità al termine di una legislatura che aveva fortemente provato la compattezza del tessuto sociale statunitense.

“Una naciòn con libertad y justicia para todos”

Amanda Gorman –Fonte:huffingtonpost.it

Al Campidoglio è poi arrivata una poetessa, attivista contro le oppressioni degli afroamericani, Amanda Gorman. L’autrice nei suoi versi dedicati al Presidente, fa riferimento alle brutalità registrate a Capitol Hill il 6 gennaio sostenendo che si era assistito ad una “forza che frantumerebbe la nostra nazione piuttosto che unirla”.

Studio Ovale: la firma dei 17 ordini esecutivi

La firma dei 17 ordini esecutivi –Fonte:tio.ch

Nel suo “Day One Blitz” il neo presidente si è ritirato nello Studio Ovale, firmando ben 17 ordini esecutivi che mettono da parte molte decisioni del suo predecessore. Questi prevedono

  • Rientrare nell’accordo di Parigi sul clima, lasciato lo scorso anno
  • Bloccare il processo di ritiro dalla partecipazione all’Oms, avviato da Trump a seguito dell’inizio della pandemia
  • Creazione una task force che risponde dirittamente a lui, imponendo l’obbligo delle mascherine negli edifici federali e un rafforzamento della campagna di vaccinazioni.

Inoltre intende

  • Revocare il “muslim Ban” (negano l’accesso agli Stati Uniti ai cittadini di sette paesi: Somalia, Sudan, Iran, Iraq, Siria, Yemen e Libia)
  • Eliminare il muro col Messico e le esecuzioni federali
  • Mettere il blocco dell’oleodotto Keystone, infrastruttura gigantesca che percorre migliaia di chilometri attraversando i territori nativi degli americani, tra il Canada e gli Usa
  • Possibile riapertura delle trattative tra Washington e Teheran in merito al Piano d’azione congiunto globale (PACG), conosciuto come Trattato sul nucleare di Vienna del 2015
  • Annullare il bando dei transgender nell’esercito
  • Moratoria degli sfratti, dei fallimenti e del pagamento del debito per l’università
  • Proposta di una legge per fornire la cittadinanza ai dreamer (sono 800.000 immigrati portati negli Stati Uniti quando erano bambini da genitori clandestini) e clandestini.

La fine della legislatura di Trump

L’ormai ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump e sua moglie Melania hanno lasciato definitivamente la Casa Bianca.

Trump e Melania lasciano la Casa Bianca –Fonte:gds.it

Il Tycoon suo discorso di addio ha così annunciato

“È stato un onore e un privilegio essere il vostro presidente. Continuerò a lottare per voi. Auguro buona fortuna e successo alla nuova amministrazione”

Dichiara poi di non partecipare alla cerimonia del giuramento, a cui hanno preso parte solo Mike Pence e la moglie. Saluta poi sostenendo di voler “tornare in qualche modo”. Non è chiaro a cosa si riferisse il quarantacinquesimo presidente ma una cosa è certa adesso ci troviamo davanti all’alba di una nuova era che vedrà nuovamente la grande potenza americana protagonista dei concordati con gli altri paesi del globo.

Giovanna Sgarlata

USA: ricorrere al Venticinquesimo Emendamento. Sarebbe la prima volta nella storia

Il Governo americano – desideroso di chiudere al più presto questo difficile capitolo della storia americana – sta valutando di dichiarare l’Impeachment o di ricorrere al Venticinquesimo Emendamento della Costituzione, per rimuovere Trump, ma il vicepresidente Pence si mostra contrario.

Il venticinquesimo emendamento, la legge che può rimuovere Trump – Fonte:corriere.it

A due giorni dall’attacco a Capitol Hill, sede del Congresso statunitense, la scorsa serata la speaker della Camera, Nancy Pelosi, e il leader dei Democratici al Senato, Chuck Schumer, hanno sollecitato il vicepresidente a ricorrere al Venticinquesimo Emendamento, che consentirebbe, sia a lui stesso che alla maggioranza di governo di rimuovere il presidente dalla sua carica, per qualunque ragione quest’ultimo non fosse più in grado di svolgerla. L’incarico verrebbe assunto dal vicepresidente. Sarebbe la prima volta nella storia degli Stati Uniti.

Motivazioni

Le principali ragioni che spingono il governo a valutare questa linea di azione, riguarderebbero la responsabilità di Trump nell’aver incitato e sostenuto l’attacco al Congresso. Durante l’insurrezione, il presidente aveva annunciato ai rivoltosi, attraverso la pubblicazione di video nel suo account social, di tornare a casa ringraziandoli per il loro impegno:

“siete speciali, vi vogliamo bene”.

La risposta non è tardata da parte del CEO di Facebook Mark Zuckerberg che tramite un post ha annunciato di sospendere i profili social del Tycoon per almeno due settimane:

“il rischio nel continuare a permettergli di usare i nostri servizi in questo momento è semplicemente troppo grande”

Mark Zuckerberg sospende sine die gli account di Trump – Fonte:adginforma.it

Le decisioni che gli eventi impongono essere immediate, secondo Pelosi, evitano uno “spettacolo horror per l’America”.

Se Pence non approvasse il ricorso a tale Emendamento, i Democratici dichiarerebbero l’Impeachment, sebbene sia una procedura che richiede tempi più lunghi. Le accuse, in tal caso, potrebbero essere quelle di tradimento, corruzione o altri gravi crimini e misfatti.

Bisogna inoltre ricordare che per la condanna del presidente repubblicano è necessaria la maggioranza dei due terzi dei senatori. Quindi, alcuni membri del suo partito lo dovrebbero disconoscere per raggiungere queste quote elevate.

Risposta di Mike Pence           

Pence, dunque, per il momento, non sembra intenzionato ad accettare di ricorrere alla suddetta procedura, sostanzialmente perché per lui equivarrebbe a dover ripudiare quattro anni di governo, attuando, peraltro, una procedura mai usata nella storia degli Stati Uniti. Tutto ciò causerebbe non solo il respingimento per gran parte dell’amministrazione Trump e dei parlamentari Repubblicani, ma genererebbe anche conseguenze e ripercussioni per molti anni.

Ora c’è chi invoca i poteri a Pence – Fonte:avvenire.it

Secondo l’ex consigliere alla sicurezza della Casa Bianca, John Bolton, l’innesco dell’Emendamento sarebbe poco praticabile, perché se Trump scoprisse il progetto di Pence e del governo, potrebbe lasciare la carica prima che possano essere messi in atto le votazioni per la sua rimozione. Questo inoltre, si mostra difficile ad applicarsi per le dimissioni dall’Esecutivo di personaggi come la segretaria ai Trasporti, Elaine Chao, e quella all’Educazione, Betsy DeVos, ostili nei confronti del Tycoon, le cui assenze renderebbero ardua la ricerca della maggioranza.

Risulta perciò chiaro che l’attuazione di entrambi i procedimenti potrebbe, secondo due esperti del Lawfare Blog, “far scatenare la furia e l’azione vendicativa di Trump che genererebbe più danni”.

Nuova Amministrazione

Un secondo video è stato pubblicato dal Tycoon, nel quale presenta un tono molto diverso. Il presidente condanna irremovibilmente le violenze, spiegando che:

“Non rappresentano il nostro paese, e chi ha violato la legge dovrà risponderne. Abbiamo appena superato un’elezione intensa che ha provocato emozioni forti: ma ora i toni si devono abbassare.”

Trump ha, inoltre, dichiarato che si sta lavorando ad una transizione dei poteri ordinata e sicura, facendo trapelare dalla sue parole, per la prima volta, l’accettazione del passaggio ad una nuova amministrazione, ammettendo, dunque, tra le righe di aver perso le elezioni presidenziali.

Si dovrà attendere il 20 gennaio per assistere alla cerimonia di insediamento di Joe Biden alla Casa Bianca, noto come Inauguration Day. Intanto si attende con molta tensione tale giorno.

I big social bloccano gli account di Trump –Fonte:primaonline.it

Giovanna Sgarlata

Trump sotto il mirino di accusa. Quali sono i processi lo attendono fuori dalla Casa Bianca

Dalla Casa Bianca al Tribunale

Donald Trump si oppone a lasciare la Casa Bianca. Questa sua resistenza risiederebbe non solo in motivi di ordine politico ma anche personale. Il tycoon, infatti, perderà l’immunità presidenziale una volta esauritosi il suo mandato e ad attenderlo ci saranno diverse indagini che sembrano preoccuparlo.

Tutti i guai per Trump una volta persa l’immunità presidenziale – Fonte:parstoday.com

L’ex presidente repubblicano teme che la sconfitta alla poltrona possa recargli un futuro non tranquillo, che non riguarda la cronaca politica e mondana bensì quella giudiziaria. Egli è stato sotto i riflettori di diverse indagini che verranno riprese una volta ceduto il posto alla presidenza. La strategia che tenta di applicare si sviluppa nel mancato riconoscimento al legittimo successore della carica Joe Biden e a voler impugnare una battaglia legale motivata a ribaltare gli scrutini elettorali ma che ambisce soprattutto a non perdere i privilegi presidenziali.

Immunità presidenziale

Questa prerogativa però non è stata mai codificata, fu sempre accettata per evitare che il presidente subisca dei condizionamenti esterni che interferirebbero nello svolgimento dell’incarico. Ciò ha fatto si che Trump godesse dell’inattaccabilità per reati federali, illeciti che afferiscono alle leggi nazionali e a cui adesso potrebbe essere posto in esame.

Sono numerose le indagini mosse contro la sua persona. Ripercorriamo e analizziamo qui le più conosciute.

Indagine del procuratore Mueller

Tra i capi di accusa vi è il procuratore speciale Robert Mueller che non ha potuto incriminarlo al termine dell’inchiesta, sulle interferenze russe durante le elezioni presidenziali del 2016; nonostante ciò il presidente repubblicano non riuscì a svincolarsi dalle diffamazioni. Lo scenario che ci si potrebbe aspettare pertanto farebbe si che le investigazioni compiute dal Dipartimento di Giustizia, quelle promosse da Mueller e le udienze della Commissione per l’Intelligence possano rappresentare le basi per nuovi processi giudiziari che pongono Donald Trump al centro di ipotesi di reati di cospirazione con la Russia e di falsa testimonianza.

Russiagate, il procuratore Mueller pronto a interrogare Trump – Fonte:rainews.it

Questo quadro per molti analisti si mostra quasi utopico, poiché implicherebbe che l’amministrazione di Biden apra un violento scontro politico con un ex presidente uscente, che ha ottenuto l’approvazione di 70 milioni di elettori, contrapponendosi al suo volere iniziale di distendere il clima di tensione politica.

Indagine di Cyrus Vance

Più concreta, sembra essere secondo i giornalisti americani, l’accusa del procuratore distrettuale di Manhattan, il cui ruolo è strettamente vincolato alla politica. Ciò ha sollevato numerosi dubbi sulle reali intenzioni di Vance, i cui punti cardine della critica prendono in esame “The Donald” e la sua Trump Organization focalizzandosi su alcuni pagamenti in favore di due donne, che sostengono di avere avuto delle relazioni sessuali con Trump, al tempo già sposato con la moglie Melania. Il versamento in denaro che avrebbero ottenuto serviva per comprare il loro silenzio e arrivava direttamente dai fondi del comitato elettorale con la dicitura di “spese legali” aggravando la questione come reato di falsificazione dei documenti fiscali, compiuto direttamente dall’avvocato Michael Cohen, non che suo braccio destro, prima delle presidenziali del 2016.

Ma l’indagine di Vance, non si è limitata qui, ha ampliato l’inchiesta su temi come frodi bancarie, fiscali e assicurative, permettendo nel mese di luglio alla Corte Suprema di negare a Trump la protezione delle indagini penali, che fino ad ora credeva di possedere come diritto, permettendo alla pubblica accusa di visionare la contabilità fiscale dell’ex presidente e delle sue attività ponendo il braccio di ferro tra procura e difesa.

Procura di Manhattan avvia inchiesta contro Donald Trump – Fonte:lafiamma.com.au

Frode fiscale       

Un’altra calunnia pronta a scalfirlo riguarda, come è stato spiegato in diversi articoli del 2016 e del 2017 nel New York Times, la frode del fisco per il pagamento delle imposte federali di soli 750 dollari.

Frode fiscale, Trump finisce nel mirino dei pm – Fonte:ilgiornale.it

La situazione si complica maggiormente per la consuetudine dei candidati alla presidenza di non rendere sempre nota la dichiarazione dei redditi. Al netto del fatto il rappresentate repubblicano ha riferito che il suo operato è stato verificato dall’Agenzia delle Entrate, la quale non ha rilevato nulla di irregolare. Rimane la questione portata avanti da alcuni analisti finanziari, secondo cui Trump a fine mandato debba rimborsare ingenti prestiti, procedimento problematico, che indurrebbe in virtù della crisi accentuata dalla pandemia, a colpire gravemente il settore del turismo su cui il tycoon, magnate che svolge attività di impresa di un certo livello, pone molte prestazioni imprenditoriali.

In sede civile nell’anno 2007 è stata posta in essere un’altra accusa per frode dal procuratore generale di New York Letitia James. Questa indagava sulle attività della Trump Organization poiché ex avvocato personale dell’imprenditore Michael Cohen, ha mostrato in sede della commissione del Congresso la presenza di un incrementato del valore delle partecipazioni di Trump, utile per limitare l’uso di denaro nei prestiti e nelle assicurazioni, evidenziandone poi una sua diminuzione per pagare meno tasse sulla proprietà.

Caso di E. Jean Carroll

L’ex giornalista della rivista “Elle”, ha accusato il presidente repubblicano di essere stata aggredita sessualmente intorno alla metà degli anni ’90, dentro un camerino di un magazzino di Manhattan. Jean Carroll lo scorso anno, lo citò in giudizio per diffamazione a seguito della decisa negazione di Trump riguardo l’accaduto, ma soprattutto per l’accusa subita di essersi inventata tutto solo per incrementare le vendite del suo libro.

Trump, la giornalista Jean Carroll lo accusa di violenza sessuale – Fonte:ilmessaggero.it

Nonostante ciò l ’indagine continua a procedere in sede giudiziaria attraverso la richiesta del campione di DNA da confrontare con il materiale organico rinvenuto sugli abiti di Carroll, che indossava nel momento dell’aggressione.

“Buonuscita legale”

In vista della complicata macchina giuridica che si è mossa nei confronti del quarantacinquesimo presidente degli Stati Uniti, si sta tentando di negoziare, con l’aiuto della figlia Ivanka e del genero Jared Kushner, una “buonuscita legale” con il partito democratico. Sebbene si vuole tentare un accordo con l’entourage di Biden per un’amnistia, che gli permetterebbe di sfuggire definitamente all’incognita della sentenza di colpevolezza, si contrappone la strategia di Barack Obama, che insieme a George W. Bush vorrebbero persuadere i sostenitori repubblicani ad accettare il risultato, evitando la mobilizzazione di milioni di sostenitori  che farebbero leva sul disordine per opporsi all’eventuale condanna, ma al tempo stesso l’obiettivo è quello di portare  Donald Trump alla piena rassegnazione della propria sconfitta cedendo la poltrona presidenziale al nuovo presidente eletto.

Il ruolo oscuro di Ivanka nella questione delle tasse – Fonte:msn.com

Giovanna Sgarlata

Elezioni USA: Biden a pochi punti dalla vittoria. Ma bisognerà aspettare domani per la conferma del voto postale

Quali risultati si prospettano per i candidati Doland Trump e Joe Biden? Le strategie che hanno applicato durante la campagna elettorale, basteranno per il raggiungimento dei 270 voti necessari per presa della presidenza statunitense?

Elezioni americane 2020 – Fonte:malpensa24.it

Le elezioni presidenziali negli Stati Uniti, si svolgono attraverso un processo complesso e articolato che vede come “diretti votanti” 538 grandi elettori, delegati di ogni nazione il cui numero è proporzionale agli abitanti residenti in ciascuno stato. Questi risultano essere il punto cardine della votazione poiché andranno formalmente ad eleggere il presidente nel mese di dicembre. La vittoria alla presidenza perciò sarà garantita se il candidato otterrà almeno 270 voti.

La notte delle elezioni

Fra la notte del 3 e del 4 novembre si sono concluse le votazioni che per la vastità territoriale degli Stati Uniti si sono articolate in due turni: partendo dalla costa est fino a coprire gli stati della California e dell’Oregon.

Il racconto live della notte elettorale – Fonte:linkiesta.it

Nonostante i dati ricavati in circa 40 stati, non è stato possibile ipotizzare in quale direzione l’ago della bilancia tendesse poichè questi elementi non presuppongono il numero minimo necessario per ottenere la presidenza, ovvero 270. Risulta chiaro perché la campagna elettorale e l’attenzione dei media internazionali si siano mossi verso i cosiddetti “stati in bilico”, territori nei quali la preferenza di uno dei due candidati può propendere da una parte o dall’altra e pertanto vestono il ruolo di migliori indicatori per stabilire a chi andrà la carica presidenziale. Bisogna tener conto che per il particolare momento di emergenza sanitaria che tutto il globo sta attraversando, molti di questi voti sono giunti per posta o per seggi anticipati, segnando ulteriormente una grande incognita sull’andamento delle elezioni.

Elezioni USA 2020 swing states – Fonte:corriere.it

Quali sono gli stati in bilico

Uno fra tanti è la Florida, la cui composizione demografica rende le elezioni sempre molto simmetriche, ne seguono per le stesse motivazioni la Pennsylvania, l’Ohio, la Georgia, il North Carolina, il Michigan, l’Arizona, il Wisconsin, il Minnesota, l’Iowa, il Nevada, il Nebraska e il Maine.

USA 2020, Trump e Biden alla sfida finale – Fonte:notizie.tiscali.it

La campagna elettorale

È sempre stata simbolo mondiale del grande patriottismo americano, ma quella appena conclusa mostra le cicatrici di una società profondamente mutata. Sono venuti i mancare quei tratti che svelavano l’umanità e l’autenticità dei candidati. Stavolta se da un lato vi era il candidato democratico Joe Biden e suoi sostenitori che agivano in conformità delle norme per il contegno dell’epidemia da coronavirus, rispettando perciò il distanziamento fisico e usando le mascherine sul viso, dall’altro Donald Trump e i suoi si sono mostrati completamente discordi al rispetto regole sanitarie.

Elezioni USA 2020 – Fonte:ilfattoquotidiano.it

Cosa servirà a Trump e a Biden per vincere

Per tutta la durata delle elezioni presidenziali statunitensi i risultati ottenuti si sono mostrati molto equilibrati tra i due candidati. Sebbene ancora non ci siano verdetti effettivi, la posizione migliore è data Joe Biden che sembra avere la strada più spianata per la corsa alla presidenza. La scorsa notte se ne è avuta la conferma e sembra proprio che dopo la vittoria ottenuta in Winsconsin e in Michigan abbia raggiunto la quota di 264 grandi elettori. Gli basta il trionfo in Arizona che lo vede già in vantaggio. Con l’Arizona, infatti, il candidato democratico si è infatti posizionato a soli sei grandi elettori dalla quota di 270, la quota necessaria per vincere.

Elezioni USA 2020, perché può vincere Biden – Fonte:quotidiano.netPer lo sfidante Trump invece il percorso risulta un po’ più arduo dell’avversario, poiché ottenendone solo 216 dalla sua parte, in palio rimarrebbe solo lo stato in bilico del North Carolina.

USA, Trump inaugura la campagna elettorale –Fonte:eastwest.eu

Accusa mossa da Donald Trump

Se da un lato il candidato democratico invita alla pazienza per il conteggio finale delle schede elettorali e del voto postale, dall’altro il repubblicano agita gli animi portando alla luce la presenza di brogli, soprattutto per quel che riguarderà il voto postale al quale si è più volte opposto.

 Il presidente americano infatti scuote Twitter con l’hashtag #StopTheSteal e #FreeAndFairElections segnalando la presenza di truffe elettorali a danno dei suoi e minacciando di rivolgersi alla Corte Suprema.  Quest’ultima, lo ricordiamo, è politicamente schierata a destra. Trump, infatti, dopo il decesso del giudice della Corte Suprema Ruth Bader Ginsburg, paladina dei diritti civili e delle donne, ha subito nominato la magistrata del Settimo Circuito Amy Coney Barrett come nuovo giudice della più alta corte statunitense, confermata poi conferma dal Senato (anch’esso a maggioranza repubblicana) con 52 voti a favore e 48 contrari.

La nomina di Coney Barrett potrebbe spostare molto a destra la sensibilità giurisprudenziale della Corte Suprema, determinando una schiacciante maggioranza conservatrice di 6 a 3.

“La scorsa notte ero avanti, spesso saldamente, in molti stati chiave, in quasi tutti quelli governati e controllati dai democratici. Poi, ad uno ad uno, i vantaggi sono magicamente scomparsi, nel momento in cui sono state contate discariche di schede a sorpresa. Molto strano”

Come tenuto, Trump si è autoproclamato vincitore – Fonte:ilpost.it

Nel discorso tenutosi davanti a 250 sostenitori invitati alla Casa Bianca continua recitando:

 “Questa è una truffa nei confronti del popolo americano…eravamo pronti a vincere queste elezioni, e francamente le abbiamo vinte”

Risulta evidente la sua autoproclamazione, nei territori i cui esiti erano incerti o ancora in corso, come legittimo trionfatore presidenziale. Lo staff di Biden ribatte alle minacce del repubblicano dichiarando

“Trump rischia una sconfitta imbarazzante se ricorre alla Corte Suprema per le elezioni. Non avremo pace finchè ogni voto non sarà contato”

America in attesa

I risultati delle elezioni si stanno facendo attendere più del normale, la causa prioritaria è quella di evitare i contagi dall’epidemia da coronavirus.

L’anomalia di quest’anno, infatti, è stata che ben 102 milioni di elettori hanno votato via voto postale, sin dai giorni precedenti al 3 novembre,. Adesso, la questione è che ogni stato conteggerà i voti a  suo modo e saranno validi i voti che arriveranno anche nella giornata di domani che saranno stati inviati entro il 3 novembre.

Ma anche la complessità del sistema elettorale americano non rende le cose certe. Ancora meno la voter suppression che abbiamo analizzato qui. Lo scrittore Andrea Scanzi ha presentato come queste elezioni mettano in luce

“ l’eterna stortura di un sistema elettorale folle, contorto e un po’ ridicolo”

Si noti come viene posto in essere l’assurdità del principio “the winner takes all”, poiché vigendo in 48 stati il sistema elettorale maggioritario, in cui chi ottiene la maggioranza automaticamente si assicura il voto di tutti i grandi elettori di quel paese, mostra la costituzionalità dell’affidamento della vittoria al candidato che ha preso meno voti dello sfidante ma che ha conquistato maggiori elettori dalla sua parte. Bisogna perciò attendere che si concluda lo spoglio delle schede elettorali – che potrebbe concludersi tra alcune ore o forse addirittura giorni – i cui risultati segneranno l’inizio di un nuovo capitolo americano.

Intanto la percezione dell’Europa è che queste elezioni siano un grande referendum tra Trump sì e Trump no. 

Biden-Trump, testa a testa. La notte più lunga – Fonte:avvenire.it

Giovanna Sgarlata

Racconti e Poesie dal Midwest USA – KENT HARUF

Giovedì 11 aprile 2019. Messina. Via Giuseppe Garibaldi, 56. Libreria La Gilda dei Narratori. Un’immersione nelle atmosfere del Midwest statunitense. Partendo dai romanzi senza tempo di Kent Haruf, uno dei più grandi scrittori americani degli ultimi quarant’anni, ci si è immersi in questo affascinante mondo letterario grazie agli interventi di Roberta D’Amico ed Ignazio Lax, che hanno raccontato le storie e le gesta degli uomini e dei libri di questa Letteratura.

L’evento è stato reso ancora più suggestivo dal tappeto musicale e dalle letture poetiche a cura del collettivo “Altera“: Antonio Fede, Massimiliano Fede, Mariaconcetta Bombaci.

Pubblico attento per la narrazione di Vincoli. Una storia semplice ma intensa, come in tutti i romanzi di Haruf, che attraversa quasi un secolo di vita e traccia anche un bel quadro della conquista americana dell’ovest. A differenza degli altri romanzi, in questo c’è anche un piacevole risvolto noir che tiene incollati fino alla fine. Un viaggio nella storia di una famiglia delle pianure americane, narrata dalla voce della loro vicina, Sanders Roscoe. Un romanzo corale e travolgente, intenso e poetico, con cui Haruf inizia il suo viaggio nell’America rurale, teatro delle sofferenze e metafora della tenacia dello spirito umano, anticipando tutti gli elementi che rendono unica la sua poetica. Uno stile descrittivo e sublime caratterizza i personaggi. Si è in grado si percepire su di sé l’odore dei campi e di sudore dei protagonisti. Un romanzo duro ed estremamente vero, dà una perfetta idea della mentalità del luogo all’inizio del ‘900.

Non Resta che leggerlo.

Gabriella Parasiliti Collazzo