Vecchie ossa, nuovi animali

Il mondo della paleontologia, così come quello della scienza in generale, è in continua evoluzione. Animali che abbiamo imparato a conoscere nel corso degli anni possono, di colpo, cambiare fisionomia e diventare qualcosa di completamente diverso.

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I fossili cambieranno sempre ai nostri occhi

D’altronde è davvero poco quello che può riemergere dai fossili che arrivano a noi: resti frammentati di organismi che non hanno, spesso, nessun legame con gli esseri viventi di oggi.
Pensiamo ad un animale con l’Hallucigenia: sembra un verme ma capire dov’è l’inizio del suo corpo e dov’è la sua fine non è stato semplice, così come capire se le punte che lo ricoprivano fossero le sue zampe o se si muovesse con i tentacoli sul lato opposto del suo corpo. Si tratta, forse, del caso più emblematico di enigma paleontologico, e ci aiuta a capire perché dare un’identità fissa ad un fossile sia una scelta sbagliata.

L’evoluzione dell’Hallucigenea. Fonte:HALLUCIGENIA HISTORY

Se si bazzica sull’internet non sarà difficile trovare discussioni di appassionati che prendono spesso posizione sulle nuove scoperte, alleandosi con queste e cancellando dalla loro memoria tutti i processi che hanno portato a ciò.
Considerare corretto e privo di errori uno studio solo perché è stato l’ultimo ad essere pubblicato è un errore sempre più comune ad oggi.

Abbiamo già parlato delle scoperte fatte sullo Spinosauro in un nostro articolo, ma citiamo di nuovo questo dinosauro, perché oggetto di continue modifiche alla sua fisionomia e al suo comportamento.
Il paleontologo Paul Sereno ed il suo team, sono stati gli ultimi a fare modifiche al paper precedente del 2020, riportando questo animale dall’acqua alla terraferma in pianta stabile. Probabilmente non sarà neanche l’ultima volta che rivedremo una reinterpretazione così radicale.

L’evoluzione dello Spinosauro dal 900 ad oggi. Fonte: Reddit

 

Le nuove scoperte su un predatore marino

L’esempio più recente che abbiamo oggi di analisi che ribaltano un immaginario vecchio decenni è quello del Dunkleosteus, un antico pesce della classe dei placodermi, i primi animali provvisti di mandibola e mascella. Ritrovato negli strati rocciosi appartenenti al Devoniano, viene considerato il pesce col morso più potente mai esistito.
Si tratta di un animale reso famoso dal suo aspetto così diverso dai pesci che vediamo noi oggi. Il fatto che si tratti di uno dei primi animali capaci di mordere davvero fa sì che il suo aspetto sembri molto più primitivo rispetto a quello degli animali a cui siamo abituati: una grande armatura ossea sul cranio, un morso enorme e dimensioni stimate altrettanto grandi.

Sono state proprio queste ultime ad aver subìto un cambiamento un mese fa circa con un paper pubblicato da Russel K. Engelman, studioso del dipartimento di Biologia alla Case Western Reserve University. Il gruppo di animali a cui appartiene l’esemplare studiato si trova, potremmo dire, a metà strada tra pesci cartilaginei (i moderni squali e razze, per esempio) e i pesci ossei e ciò comporta alcune difficoltà nel ritrovamento dei suoi resti: la cartilagine infatti è considerabile un tessuto molle, e così come gli organi interni o il rivestimento esterno al corpo è suscettibile all’azione degli agenti esterni. In poche parole, non arriva integro a noi attraverso la fossilizzazione. Gli unici resti che abbiamo di antichi peschi cartilaginei, infatti, sono spesso i denti che venivano persi di continuo e ricostruiti da questi animali.
Del Dunkleostues abbiamo quindi il capo e ossa della zona toracica. Non abbastanza per capire davvero le dimensioni dell’animale. Di conseguenza, si è finora utilizzato il classico metodo della comparazione con altri animali simili, o considerati tali, ma come in molte altre occasioni ha portato a degli errori dovuti alle differenti proporzioni corporee tra i vari animali.

Immagine del Dunkleosteus. Fonte: Wikipedia

 

Il nuovo metodo di misurazione

Il nuovo studio propone quindi un nuovo metodo di misurazione: mettere in relazione il margine esterno dell’orbita oculare al margine posteriore del capo. Gli studiosi hanno trovato questa misurazione più funzionale nel caso dello studio dei pesci, perché questa è l’area dove si raccolgono, branchie, cervello e orbite: tutti questi elementi sono infatti limitati nelle dimensioni dalla grandezza del resto del corpo. Se le branchie non sono proporzionate agli organi potrebbero non mandare abbastanza ossigeno, e le proporzioni tra testa, rostro e narice sono state utili per capire le abitudini alimentari e comportamentali di moltissimi animali.

Cranio fossile del Dunkleosteus. Fonte:Wikipedia

Il risultato di questa ricerca? Il Dunkleosteus è passato da una dimensione stimata, in età adulta, di 5-8 metri ad una di 3-3,5 metri.
Questa misurazione riduce l’aspettativa che questo animale non avesse rivali nelle acque del Devoniano ed apre alla possibilità che più predatori abitassero nello stesso habitat.

Conclusioni

Ciò che vogliamo comunicarvi con queste scoperte è la grande malleabilità che dobbiamo dare alle nostre interpretazioni di questi animali. Considerare la ricostruzione di un animale come eterna è sempre sbagliato: ciò che spesso il pubblico non riesce a capire è che gli studi scientifici sono comunque portati avanti da esseri umani, che lavorano a partire dal lavoro di altri loro colleghi cercando di fare congetture e interpretare pochi frammenti di conoscenza per ricostruire intere strutture. E questo vale soprattutto in paleontologia, quando bisogna ricostruire un intero animale partendo da una misera vertebra.

Matteo Mangano

Riferimenti

How I met your Spinosaurus Aegyptyacus

Lo Spinosauro Hollywoodiano contro l’animale che conosciamo oggi (meno le fiamme). Fonte: frame dal film Jurassic Park 3 (sinistra), arte ad opera di Davide Bonadonna (destra)

Lo Spinosauro è un animale ormai divenuto iconico. La sua cresta dorsale e le sue dimensioni lo hanno reso uno degli animali preistorici più rappresentati nel corso degli anni, già a partire dalla sua scoperta più di un centinaio di anni fa, fino alla pubblicazione del 2020 sulla rivista Nature. Ciò che lo ha reso famoso è stato poi anche il grande processo di rivisitazione di cui è stato protagonista: partendo, come molti altri suoi simili, da un immaginario di mostro antidiluviano è stato trasformato più volte in un animale che assomigliava sempre meno a quello a cui eravamo prima abituati. Ma com’è cominciato questo processo di rivisitazione?

Le varie interpretazioni dello Spinosauro nel tempo. Fonte: illustrazione ad opera di ttorroo

La storia della scoperte

Il primo reperto fossile fu ritrovato nel 1912: l’autore della scoperta fu Ernst Stromer, paleontologo tedesco. La spedizione che lo vide protagonista ebbe luogo in Egitto e cominciò nelle sue intenzioni come una ricerca di fossili di mammiferi: il suo fu un evidente miss-calcolo dovuto all’ignoranza della scienza di allora, ma ciò gli permise di addentrarsi in sedimenti appartenenti al tardo Cretaceo e di scoprire le prime ossa dell’animale. La storia di questa scoperta verrà però ricordata anche per un altro motivo: i bombardamenti sulla città di Monaco durante la seconda guerra mondiale mireranno infatti il museo che conservava i resti. Si dovranno attendere decenni prima di tornare ad avere tra le mani un’ulteriore testimonianza. Ma l’antico nord Africa celava ancora segreti.

A partire dal 2005 in poi, fino alle scoperte del 2018, il Marocco ha regalato tantissime istantanee sul Cretaceo superiore: un intero ecosistema è venuto a galla da quello che era anticamente un letto fluviale sul quale nuotavano oltre che lo Spinosauro tante altre specie di coccodrilli e molti grossi pesci, probabili prede predilette del famoso predatore. Qui è nascosto il segreto che fino ad allora era rimasto celato: la vita acquatica dell’animale.

In Marocco 100 milioni di anni fa

Nizar Hibrahim, giovane paleontologo marocchino, ha nel 2014 portato alla luce delle nuove scoperte a partire dalle le sue ricerche portate avanti proprio nel Kem Kem, formazione rocciosa ad ovest del Marocco risalente a 100 milioni di anni fa. Le ossa trovate furono il primo scheletro parziale rinvenuto dopo un centinaio d’anni e mostrò inoltre la famosa spina dorsale dell’animale, così come le zampe posteriori larghe e sottili utilizzate probabilmente per muoversi su terreni fangosi e sul fondale dei fiumi, un po’ come farebbe un moderno airone, ma anche mascelle simili a quelle di un coccodrillo e utili senz’altro per cacciare sott’acqua prede schive come i pesci giganti rinvenuti nel suo stesso habitat. Ma le scoperte non finirono qui e come detto lo stesso sito fu ancora protagonista di nuovi scavi.

I due scheletri del 1915 e del 2014/2018. Fonte: thesauropodomorphlair

Se Hibrahim nel 2014 portò avanti la tesi del primo dinosauro che mostrava adattamenti certi alla vita semi acquatica, nel 2018 altri scavi misero ancora più in risalto questa idea. 131 frammenti di cui 36 vertebre furono ritrovati nello stesso luogo dei primi scavi e portarono avanti la ricostruzione a partire dalle ossa dello stesso esemplare: la coda mostrava adattamenti ancora più spinti alla vita acquatica, con una superficie molto simile a quella che troviamo in animali come le anguille o in rettili come i coccodrilli, in cui il movimento in acqua è portato avanti proprio dal moto orizzontale della coda piatta, che quindi non era usata solo per bilanciare il peso, come in molti altri dinosauri in cui era poco mobile e tozza.

Hibrahim (in basso a destra) nel 2018 col suo team. Foto: Paolo Verzone Fonte: National Geografic

Nuove lezioni dagli antichi fossili

Questo è uno dei casi in cui la paleontologia sorprende anche gli studiosi: sebbene come detto gli adattamenti ad una vita acquatica fossero già stati ipotizzati, una scoperta del genere non era stata preventivata nemmeno dagli stessi studiosi, che già credevano in una ricostruzione della coda dello Spinosauro in linea con ciò che già era stato trovato in altri suoi parenti dello stesso gruppo.

La copertina di Nature con la ricerca pubblicata nel 2020. Foto: Fabio Manucci, Davide Bonadonna Fonte: Copertina Nature 7/5/2020 

La scoperta di queste ossa è senz’altro testimonianza di come il mondo in cui viviamo sia sempre pronto a stupirci e di come non dovremmo mai limitare le nostre aspettative. I fossili sono sempre stati una finestra sul mondo odierno capaci di renderci sempre più consapevoli di quello che ci circonda. Lo Spinosauro è solo uno degli ultimi mostri divenuti animali concreti: a partire dal cosiddetto Rinascimento dei dinosauri negli anni ’50, ’60 del ‘900, la connessione tra dinosauri e uccelli si è fatta sempre più concreta e i primi sono diventati, partendo da rettili colossali lenti e ottusi, animali svelti a sangue caldo, mentre gli altri sono ora gli ultimi superstiti ed eredi dei giganti del mesozoico che popolano ancora la terra portandosi dietro l’eredità dei loro antichi cugini.

Ricostruzione dello Spinosauro nel suo habitat. Foto: Davide Bonadonna Fonte: National Geografic

                                                                                                                                                                                      Matteo Mangano