Il dono dello spettro autistico: Michelangelo Buonarroti, l’artista universale che liberava gli angeli

Cari lettori, in questo terzo appuntamento della serie Il dono dello spettro autistico, che si propone di mettere in luce le potenzialità dei neurodivergenti senza spettacolarizzarle, viaggeremo molto indietro nella storia della cultura con Michelangelo Buonarroti.

Pittore, scultore, architetto e poeta italiano che, sin dal Rinascimento, ci insegna che “diverso” non è mai “sbagliato”, bensì possibilità di essere infiniti.

Ritratto di Michelangelo Buonarroti, di Daniele da Volterra 
Ritratto di Michelangelo Buonarroti, di Daniele da Volterra 

Vita

Michelangelo Buonarroti, nato a Caprese nel 1475, è soprannominato Divin Artista” e definito Artista universale”.

Visse il Rinascimento italiano, e già in vita fu riconosciuto dai suoi contemporanei come uno dei più grandi artisti di tutti i tempi.

Michelangelo cresce in un ambiente toscano segnato dalla sua appartenenza a una famiglia di modesta estrazione. La sua infanzia è caratterizzata da difficoltà che lo portano ad avvicinarsi all’arte sin da piccolissimo.

A Firenze, all’età di tredici anni, entra nella bottega di Domenico Ghirlandaio, dove apprende la pittura e le tecniche rinascimentali. Ma l’aspirazione alla scultura emerge sin da subito come la sua vocazione predominante.

Nel 1496, a ventun’anni, si trasferisce a Roma, dove realizza la “Pietà”, scultura che segna l’inizio della sua fama.

Avvoltosi nella solitudine, a Roma, inoltre, Michelangelo entra in contatto con le più alte sfere artistiche e religiose, rimanendo sotto la protezione di cardinali e papi.

Nel 1501, torna a Firenze, dove realizza la celebre statua del “David”, un’opera che lo consacra come scultore di prim’ordine.

Sempre qui, poi, subisce anche il suo primo contatto con la politica locale e con i Medici. Gli commissionano vari lavori, ma il suo legame con loro sarà sempre turbolento e segnato da tensioni.

Nel 1505, Michelangelo torna a Roma e, durante il suo soggiorno, si distingue anche come pittore, decorando la “Cappella Sistina”, un’opera titanica che mostra il suo genio visionario, anche frutto di una lotta interiore per raggiungere la perfezione.

Morirà a Roma nel 1564, all’età di ottantotto anni, lasciando una lista di opere molto più lunga di quelle citate, e un’eredità di capolavori che non solo segnerà la storia dell’arte, ma anche quella della complessità umana, in cui si intrecciano visioni grandiose e tratti di inconsueto approccio alla società.

Buonarroti riusciva a percepire, scoprire e, infine, liberare dalla pietra l’anima di un oggetto apparentemente inanimato.

Lo stesso artista scrisse:

Ho visto un angelo nel marmo ed ho scolpito fino a liberarlo.

Ed è forse con questa citazione che si può esprimere la sua essenza di artista e persona, la cui unicità ha dato vita all’immenso dei suoi capolavori.

La Pietà di Michelangelo, Basilica di San Pietro, Roma
La Pietà di Michelangelo, Basilica di San Pietro, Roma

La Pietà

Michelangelo Buonarroti ha saputo scolpire, dipingere e plasmare la storia dell’arte come pochi.

La Pietà, realizzata tra il 1498 e il 1499, è una delle sue prime opere e mostra un controllo assoluto sul marmo.

La scultura è alta 174 cm, larga 195 cm e profonda 69 cm ed è oggi collocata nella Basilica di San Pietro.

La delicatezza con cui è rappresentato il corpo morente di Cristo, pur nella sofferenza, e la discrezione di Maria, che lo tiene in grembo, è una fusione di perfezione tecnica e carica emotiva.

La composizione spaziale è incredibilmente equilibrata: il corpo di Cristo, in diagonale rispetto a Maria, crea un gioco di linee che guida lo sguardo dell’osservatore, come se volesse catturare l’essenza del dolore cristiano.

La mano sinistra della Madonna è aperta e rivolta verso lo spettatore, a significare che tutto si è compiuto e nulla più è in suo potere.

Da notare la giovane età della donna, che stravolge quella che era stata l’iconografia raffigurata fino a quel momento, vicina a quella del Cristo morente, a rappresentare la purezza, la santità e l’incorruttibilità.

Il volto rassegnato della Vergine esprime il superamento delle fattezze terrene e il raggiungimento della bellezza ideale.

L’estrema levigatezza della superficie marmorea, nonostante la veste drappeggiante di Maria che contrasta il corpo nudo del figlio, conferisce un effetto mimetico straordinario, paragonato da Vasari a un miracolo.

La volta della Cappella Sistina e il Giudizio Universale 

Interno della Cappella Sistina, Musei Vaticani, Città del Vaticano, Roma
Interno della Cappella Sistina, Musei Vaticani, Città del Vaticano, Roma

Il genio di Michelangelo si manifesta anche nella Cappella Sistina, che ha una larghezza di oltre 13 metri, una lunghezza di 40 metri e quasi 21 metri di altezza.

Un capolavoro che, tra il 1508 e il 1512, ha rivoluzionato il concetto di affresco.

Vista da fuori, la Cappella Sistina assomiglia a una fortezza, solida e austera, con finestre strette e nessun parato decorativo.

Tanto è semplice l’esterno quanto ricca e preziosa la decorazione interna. Con il lavoro di Michelangelo, la volta non è più solo una superficie decorativa, come in precedenza, ma un palcoscenico dove si svolge la tragedia umana e divina.

Buonarroti accetta l’incarico di eseguire nove scene tratte dalla Genesi, insieme alle figure di profeti, sibille e antenati di Cristo. Queste non sono più statiche, ma sembrano quasi vibrare di energia.

Dal punto di vista figurativo, tutta la volta è un inno al corpo umano, alla sua forza, bellezza, capacità espressiva. Ogni tipo di torsione viene sperimentato, ogni muscolo messo in evidenza. I colori sono accesi, brillanti e cangianti.

Tra i suoi affreschi, spiccano la Creazione di Adamo e la Separazione della luce dalle tenebre, che mostrano non solo una tecnica straordinaria, ma un’interpretazione radicale della Bibbia. Michelangelo riesce a mettere in scena non solo l’arte figurativa, bensì una filosofia visiva, dove ogni gesto, ogni linea, racconta una storia di lotta e redenzione.

Con il Giudizio Universale, dipinto venti anni più tardi, l’artista supera ogni limite.

Le figure, ora quasi deformate dall’intensità emotiva, sembrano spingersi fuori dal muro, come se volessero uscire dal contesto sacro per invadere il nostro mondo.

L’affresco di Michelangelo, realizzato tra il 1536 e il 1541, rappresenta un vortice azzurro che parte dal Cristo giudice al centro, con Maria accanto a lui come mediatrice. Intorno, i santi martiri con gli strumenti della loro morte, che diventano simboli di salvezza, e angeli che risvegliano i morti. A destra, i demoni trascinano i dannati verso l’Inferno, mentre nelle lunette gli angeli mostrano e conducono in gloria gli strumenti della Passione.

ll sacrificio di Cristo è necessario alla salvezza dell’uomo.    

Il David

David di Michelangelo, Galleria dell'Accademia, Firenze
David di Michelangelo, Galleria dell’Accademia, Firenze

Il David (1501-1504), scolpito nel marmo di Carrara, è l’emblema della perfezione fisica e morale dell’uomo rinascimentale.

Eppure dietro a quell’integrità c’è una tensione palpabile, un’energia che preannuncia l’azione.

Oggi, è ubicata nella Galleria dell’Accademia a Firenze.

Le dimensioni sono: altezza 5,17 m, basamento 1,07 m, statua 4,10 m.

La posizione del corpo nudo del protagonista, come da tradizione classica, è chiastica: il braccio sinistro è piegato verso la spalla, sulla quale il David poggia la fionda e corrisponde alla gamba destra in tensione, sorretta dal puntello. Su questa poggia l’intero peso del corpo. Il braccio destro è rilassato, nonostante la mano regga il sasso. La gamba sinistra, rilassata anch’essa, sporge leggermente verso l’esterno, poggiando il piede sul limite estremo del basamento; il tallone è sollevato ad indicare che si sta preparando al movimento.

L’eroe, infatti, non è scolpito nel momento del trionfo, ma nell’attimo prima della battaglia contro Golia. Il corpo non esprime solo forza fisica, quanto una forza interiore, che si traduce in un senso di controllo assoluto.

Michelangelo ha lavorato per mesi su questo blocco di marmo, estrapolando ogni muscolo, ogni vena, ogni fibra del corpo umano. Le proporzioni, studiate con precisione, non sono più solo anatomia: sono l’immagine di un uomo che affronta il destino con consapevolezza e determinazione. La scultura diventa così un messaggio di potenza, ma anche di introspezione.

Non finito 

 

I Prigioni di Michelangelo, Galleria dell'Accademia, Firenze 
I Prigioni di Michelangelo, Galleria dell’Accademia, Firenze 

In un’epoca in cui la perfezione estetica era il massimo ideale, Michelangelo ha saputo spingersi oltre anche nel concetto di non finito.

Le sue opere incompiute, come i Prigioni (1513-1516) o i Non Finito degli anni successivi, sono il risultato di qualcosa di irrisolto, di un progetto che non si conclude mai.

Qui, il blocco di marmo sembra resistere all’arte stessa, però è proprio questa resistenza a dare vita a una nuova poetica. La figura emergente dal marmo incompleto non è solo una “non finita”, ma una promessa di completezza che non verrà mai realizzata.

C’è un contrasto potente tra la materia grezza e ciò che prende forma: l’artista non la plasma, la lascia nascere, quasi in un dialogo continuo con la pietra.

Questa scelta non è solo estetica, ma una riflessione sul processo creativo, sull’incapacità dell’uomo di raggiungere la perfezione e sull’eterno conflitto tra la forma e il caos.

Michelangelo dimostra che, nel non finito, l’arte è viva, pulsante, mai definitiva.

Michelangelo e lo spettro autistico

Lettera di Michelangelo a Vasari, Palazzo Medici Riccardi, Firenze
Lettera di Michelangelo a Vasari, Palazzo Medici Riccardi, Firenze

Michelangelo Buonarroti è un personaggio misterioso della storia della nostra cultura.

Viveva in un mondo a parte, tutto suo.

Le sue opere, dalla maestosità della Cappella Sistina al monumentale David, sono il risultato di una visione unica, quasi ossessiva, dove ogni gesto e ogni forma sembrano esplodere da una realtà che solo lui riusciva a vedere.

Alcune testimonianze dicono che fosse difficile da avvicinare e che avesse un rapporto controverso con i propri committenti. Preferiva la solitudine alla compagnia, spesso concentrandosi per lunghi periodi di tempo solo al lavoro.

Inoltre, le lettere del pittore mostrano un certo distacco emotivo, così come un innegabile grado di irritabilità quando le sue opere venivano criticate o si trovava sotto pressione.

Dei tratti che oggi potremmo interpretare come neurodivergenti, ma che, ai suoi tempi, venivano giudicati come “decisamente strambi” dai suoi contemporanei.

Se Michelangelo fosse vissuto nel XXI secolo, probabilmente qualcuno avrebbe parlato di lui come una persona Asperger. Ma, chiaramente, non possiamo fare diagnosi retroattive.

Quel che è certo è che la sua genialità è figlia anche di quella diversità che lo rendeva lontano dai canoni. Perché, alla fine, è proprio essere “diversi” che spesso consente di lasciare il segno nel mondo.

Fonti:

https://www.studenti.it/cappella-sistina-storia-descrizione-analisi-affreschi-michelangelo.html

https://www.studenti.it/pieta-di-michelangelo-descrizione-analisi.html

https://www.studenti.it/david-di-michelangelo-descrizione-e-analisi.html

https://it.m.wikipedia.org/wiki/Michelangelo_Buonarroti

Il dono dello spettro autistico: Andy Warhol, il padre della Pop Art

Essere autistici non è un limite, bensì un dono.

Questa serie di articoli, oggi al primissimo numero, vi narrerà di grandi personaggi che hanno fatto la cultura del mondo e di come il loro appartenere allo spettro autistico li abbia condotti a scrivere le pagine della nostra storia.
Per l’autrice del filone il dono dello spettro autistico, “diverso” non è mai “sbagliato”.

Cari lettori, accomodatevi! Ve lo dimostrerò solo scrivendone.

Rappresentazione di un cervello neurodivergenteFonte: https://www.dirime.com/wp-content/uploads/2022/12/Il-dibattito-sulla-neurodivergenza-tra-priorita-e-nuove-narrazioni.jpg
Rappresentazione di un cervello neurodivergente
Fonte: https://www.dirime.com/wp-content/uploads/2022/12/Il-dibattito-sulla-neurodivergenza-tra-priorita-e-nuove-narrazioni.jpg

 

Neurodivergenza e spettro autistico

A fine 2024, l’informazione scientifica corre repentina e, fortunatamente, leggiamo e sentiamo parlare sempre più spesso di terminologie come “neurodivergenza” o “neuroatipico”.

Ma cosa significano queste parole?

Nella sconfinata eterogeneità umana, ci accorgiamo che molteplici persone condividono un determinato numero di caratteristiche rispetto ad altre, quelle che la società ci impone come concetto di “normalità”, ovvero un’utopia.

Se è vero che la maggioranza degli individui percorre uno sviluppo neurologico che può essere considerato tipico, una parte minore della popolazione (che alcuni situano tra il 15 e il 20%), invece, condivide uno sviluppo neurologico sotto certi aspetti differente dalla maggioranza, descritto da un punto di vista statistico come atipico.

Queste persone sono definite neuroatipiche o neurodivergenti. Tra loro possiamo trovare individui autistici, ADHD, con disturbi specifici dell’apprendimento, eccetera.

Nell’ultima edizione del DSM (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali) ormai non si parla più di autismo” ma di disturbi dello spettro autistico”. Una definizione, che indica una serie di condizioni caratterizzate da difficoltà di comunicazione e interazione sociale, e da comportamenti limitati e ripetitivi che possono affliggere un soggetto, che elimina la classificazione in tipologie, riportata nella versione precedente del manuale.

Tenendo presente che questa classificazione dell’autismo in tipologie è ormai obsoleta, la penultima edizione del DSM dedicava una trattazione ai disturbi pervasivi dello sviluppo, i quali comprendevano nello specifico: autismo, sindrome di Asperger, sindrome di Rett, disturbo disintegrativo dell’infanzia e disturbo pervasivo dello sviluppo non altrimenti specificato.

Il DSM-5 distingue, in base a dei parametri, tre livelli di gravità dell’autismo: livello 1, un tempo detto anche ad alto funzionamento; livello 2, ovvero medio funzionamento; e livello 3, che chiamavano basso funzionamento.

Andy WarholFonte: https://hamiltonselway.com/wp-content/uploads/2017/08/Warhol.jpg
Andy Warhol
Fonte: https://hamiltonselway.com/wp-content/uploads/2017/08/Warhol.jpg

Andy Warhol, il padre della Pop Art

Andy Warhol è stato uno dei più importanti artisti americani del XX secolo, ed è riconosciuto come il padre della Pop Art.

Cambiò l’idea stessa di artista, che per la prima volta divenne imprenditore di sé stesso.

Warhol era dotato di un’abilità comunicativa non comune e di una grande capacità di osservazione, costruendosi, grazie a queste, un’immagine da “divo”, prima che di semplice artista.

Nasce a Pittsburgh il 6 agosto 1928. Sin dai primi anni della sua vita, sviluppa una vocazione per l’arte, che lo porterà a dedicarvisi a 360º. Spazia dalla pittura alla grafica, dall’illustrazione alla sceneggiatura, fino alla regia e molto atro.

La sua carriera ha inizio a New York, quando comincia a lavorare come grafico pubblicitario presso alcune riviste, come Vogue e Glamour.

Dal mondo della comunicazione esordì il suo tratto distintivo: il linguaggio impersonale, volto a fare un tipo di arte che fosse registrazione “oggettiva” della realtà.

Innumerevoli le sue opere, di cui ne passeremo in rassegna solo poche delle più iconiche giusto per farvi assaggiare il genio del personaggio e della persona dietro al personaggio.

Andy, durante la sua vita, circondato da altri con cui scambiare suggerimenti ed idee, lavorò alla Factory con ritmi serrati, da “catena di montaggio”.

La Factory era una open house,  uno “spazio ideologico” libero, dove le nozioni della Pop Art diventavano vita giornaliera.

Il gruppo era un nucleo con un linguaggio comune, uno stile fondato sull’accettazione di qualsiasi comportamento, senza pretese o giudizi. Chiunque era invitato a partecipare e, per questo, da qui nacquero e passarono diversi personaggi di spicco dell’epoca, tra cui Bob Dylan, David Bowie e Keith Haring.

Nel giugno 1968, Warhol e il suo compagno vennero feriti con una serie di colpi d’arma da fuoco dalla femminista Valerie Solanas. L’incidente danneggiò tutti i principali organi interni dell’artista e segnò profondamente la sua vita, facendolo sentire a tutti gli effetti un “sopravvissuto”.

Andy Warhol morì a New York, avvolto nel suo velo di “mistero” e timidezza, il 22 febbraio 1987, in seguito a un intervento chirurgico alla cistifellea.

Dopo la morte, la sua fama crebbe a tal punto da renderlo il secondo artista più comprato e venduto, dopo Pablo Picasso.

Quattro lattine di Coca Cola, Andy Warhol
Quattro lattine di Coca Cola, Andy Warhol

 

Opere del genio

Tramite tecniche di produzione industriale come la serigrafia su tela, Andy raffigurava oggetti di uso comune e alla portata di tutti i ceti sociali in serie, alterandone il colore, come detersivi, zuppe Campbell o Coca-Cola. Secondo le sue ideologie, infatti, l’arte doveva essere di immagini oggettive e “pronte alla consumazione”. Come un prodotto da supermercato, insomma.

Ben presto gli oggetti e le persone da lui raffigurati diventarono icone del modo di vivere americano.

Dittico di Marilyn, Andy Warhol, 1962
Dittico di Marilyn, Andy Warhol, 1962


Tra le persone raffigurate nelle opere del maestro di questa Pop Art, ricordiamo, per esempio, Marilyn Monroe.

Andy era così interessato a mostrare nelle sue opere prodotti di largo consumo che non poteva perdere l’occasione di mostrare l’attrice come un altro prodotto della cultura popolare, come si può vedere nel suo primo lavoro sull’attrice “Dittico di Marilyn”.

Non si trattò di un vero e proprio ritratto, quanto piuttosto della riproduzione della sua immagine pubblica, diffusa dai media, sempre in serie, per compiacere gli ammiratori.

Sleep, Andy Warhol, 1963
Sleep, Andy Warhol, 1963

La pratica del distacco emotivo fu principale nel modus operandi di Warhol: anche i suoi prodotti cinematografici ne sono testimonianza.

Uno dei suoi lavori d’avanguardia, “Sleep”, del 1963, mostra un uomo che dorme per cinque ore e venti. Girato senza sonoro, con caratteristiche che rallentano e amplificano l’immagine del film, che viene percepito in un tempo lunghissimo e oggettivamente.

Diagnosi e controversie

Esperti come Judith Gould, direttore del principale centro diagnostico per l’autismo nel Regno Unito, insistono sul fatto che sia palese che Andy Warhol fosse autistico, seppur la sua è solo una diagnosi post mortem.

In fin dei conti, il mantra dell’artista è ben chiaro: fissazione e ripetizione dei concetti, distacco emotivo, impersonalità.

Gran parte del lavoro dell’artista verte sulla ripetizione, sulla quale solitamente si concentrano i comportamenti delle persone autistiche.

Nelle interviste, inoltre, è facile notare che il padre della Pop Art replicava quasi sempre alle domande con risposte monosillabiche. Forse prova della sua dislessia verbale, comune tra le persone nello spettro?

Tuttavia, non è unanime il pensiero che Andy fosse autistico. Coloro che sostengono questa diagnosi postuma suggeriscono che il diverso modus operandi di Warhol sia stato calcolato nel tentativo di “aumentare il senso del suo mistero”.

Fonte: https://www.metododanielenovara.it/wp-content/uploads/2024/03/Ripensare-le-diagniso-sullautismo-scaled.jpg
Fonte: https://www.metododanielenovara.it/wp-content/uploads/2024/03/Ripensare-le-diagniso-sullautismo-scaled.jpg

Non bisogna guardare alla diagnosi di spettro autistico come un difetto della persona in questione o qualcosa che necessariamente segnerà in maniera negativa la sua esistenza, ma come un punto di forza, di acuta distinzione dalla massa.

Notate bene, affermando ciò non intendo “spettacolarizzare” questa condizione umana, bensì ricordare che una neurodivergenza, una diversità, non definisce l’individuo.

Magari, neurodivergente che stai leggendo, la tua serrata abitudine di uscire di casa tutti i giorni esattamente alle 7.44 del mattino, oggi, potrebbe essere vista come un’ossessione… Ma chissà che diventi il tuo marchio di fabbrica, il tratto distintivo della tua popolarità, domani.

Fonti:

https://specialisterneitalia.com/autismo-neurodiversita-e-neurodivergenza/

Autismo e disturbi dello spettro autistico: di cosa si tratta?

https://www.finestresullarte.info/arte-base/andy-warhol-vita-opere-padre-della-pop-art

https://it.m.wikipedia.org/wiki/Andy_Warhol

Le 30 persone nello spettro autistico più famose della storia