Spagna, successo della destra alle amministrative. Sánchez anticipa le elezioni a luglio

Sono ore di fermento quelle che sta vivendo la Spagna, dopo le elezioni amministrative che hanno visto recarsi alle urne, lo scorso week-end, circa 22 milioni di cittadini sui 35,5 milioni aventi diritto (64% di affluenza), per il rinnovo di più di ottantamila consigli comunali e per i parlamenti di 12 delle 17 comunità autonome.

La sconfitta dei socialisti

Il risultato delle elezioni, che segna forse un punto di svolta nella politica del paese, ha spinto il Premier Pedro Sánchez ad annunciare nella mattinata di lunedì, al Palazzo della Moncloa di Madrid,  lo scioglimento del Parlamento – Las Cortes – per indurre elezioni anticipate il prossimo 23 luglio. 
Il Premier ha anche annunciato le proprie dimissioni ma resterà in carica fino alla data sopracitata.

Il Partito socialista operaio spagnolo (Psoe), espressione del Governo, è stato superato in ben nove regioni e in molti comuni importanti quali, ad esempio, Valencia, Siviglia e l’Extremadura. Stessa sorte è toccata agli alleati di Podemos, il partito della sinistra radicale di Pablo Iglesias, che hanno perso tantissimo consenso.

I risultati delle urne

Gli scrutini hanno evidenziato una netta vittoria della destra con il Partito popolare (PP) che, con il 31,5% dei consensi, ha superato il Psoe fermo al 28,1%, mentre la terza forza in campo è risultata essere Vox, partito di estrema destra, con il 7,2%.  

Pedro Sánchez – fonte: Heraldo.es

La decisione del Premier

In una conferenza stampa, il Premier ha annunciato alla nazione la propria volontà – già comunicata al Re Felipe VI – affermando:

Ho preso questa decisione in vista dei risultati delle elezioni regionali e comunali. […] Il significato del voto veicola un messaggio che va oltre. Assumo in prima persona i risultati e credo sia necessario dare una risposta e sottoporre il nostro mandato alla volontà popolare. Il nostro Paese si appresta a svolgere una responsabilità molto importante in quanto è la presidenza di turno del Consiglio dell’UE. Tutto ciò consiglia un chiarimento degli spagnoli sulle forze politiche che dovrebbero guidare questa fase e sulle politiche da applicare. Esiste un solo metodo infallibile, che è la democrazia. La cosa migliore è che gli spagnoli prendano la parola per definire senza indugio il corso politico del Paese.

Le parole dei vincitori

Se da una parte la delusione tra i socialisti del Psoe e gli esponenti degli altri partiti di sinistra è enorme, dall’altra è altrettanto grande la gioia e la soddisfazione del PP e di Vox che potranno ricoprire ruoli di rilievo nelle più grandi città della Spagna. È il caso, come riportato dal quotidiano El Paìs, di Madrid, dove il PP è stato il più votato in tutti i distretti e il governatore Isabel Diaz Ayuso ha trionfato ottenendo il terzo mandato consecutivo, mentre Vox ha raggiunto il 9% delle preferenze.

La netta vittoria dei partiti di destra esprime, senza mezze misure, i sentimenti della popolazione spagnola che, non soddisfatta delle riforme proposte e attuate da Sanchez e dai suoi ministri, spera in un cambio di rotta riponendo la fiducia nei partiti che finora hanno rappresentato l’opposizione parlamentare.

Feijóo e altri esponenti del Pp – fonte: El Paìs

Il leader del PP, Alberto Núñez Feijóo, si è detto estremamente contento e soddisfatto del risultato ottenuto, dichiarando:

“La Spagna ha iniziato un nuovo ciclo politico, il mio momento arriverà presto, se gli spagnoli lo vorranno”.

Prospettive future per la Spagna

Tali parole preannunciano la volontà della destra di puntare alla vittoria nelle elezioni politiche previste per il 23 luglio e di porre fine al “Sanchismo”. Tuttavia, l’ormai ex Premier non avrà, di certo, nessuna voglia di abdicare in favore degli avversari, ma farà di tutto affinché il popolo spagnolo, in questi pochi mesi, riacquisti fiducia nei confronti dei socialisti e degli alleati, tra i quali ci potrebbe essere Sumar, l’organizzazione guidata da Yolanda Dìaz che ha registrato quest’ultima come “partito strumentale” con l’obiettivo di riunire gran parte delle forze politiche di sinistra.

Mentre si defila il partito Ciudadanos che, ieri, tramite le parole del segretario Adrian Vasquez ha annunciato:

Il messaggio delle elezioni è stato chiaro: il centro liberale in Spagna non ha ottenuto un sostegno sufficiente. Il modo migliore per difendere lo spazio liberale è non partecipare alle prossime elezioni del 23 luglio.

Qualora il Partito Popolare dovesse trionfare anche nelle elezioni previste in estate, il panorama politico europeo prenderebbe una direzione ben delineata, verso destra, alla luce dei recenti successi dei partiti che hanno trionfato in nazioni importanti come l’Italia e la Svezia.
Inoltre, la Spagna dal 1° luglio sostituirà proprio il paese scandinavo alla Presidenza del Consiglio dell’Unione europea, che viene esercitata a turno dal governo dei vari stati membri dell’UE per una durata di sei mesi.

Tuttavia, in attesa di scoprire quale sarà il verdetto delle prossime elezioni, una cosa è certa: il futuro della Spagna è già iniziato.

Giuseppe Cannistrà

 

In Spagna si parla di supermercati pubblici per contrastare l’inflazione

Spagna

L’idea arriva da Ione Belarra, Ministra del Welfare state e leader del partito di sinistra radicale Podemos, alleato di governo con i socialisti di Pedro Sanchez in Spagna. Podemos si era già fatto portavoce di questa politica con il suo ex leader e fondatore Pablo Iglesias, all’inizio dell’anno; Per molti analisti politici spagnoli in questa occasione si sta tentando di farne un cavallo di battaglia elettorale vista la vicinanza di due importanti appuntamenti con gli elettori: le amministrative del 28 Maggio e le politiche in autunno.

Un attacco all’oligopolio alimentare presente in Spagna

La proposta arriva durante un comizio elettorale nell’Estremadura, dove tra poche settimane voteranno per le amministrative. Dopo aver sottolineato l’importanza di mettere in atto un intervento pubblico in ogni settore strategico del paese, la ministra Ione Belarra ha lanciato la proposta di una catena di supermercati dal nome Prezzo Giusto con l’obiettivo di abbassare i prezzi degli alimenti, di proteggere i piccoli e medi produttori agricoli, ma soprattutto di fronteggiare l’oligopolio alimentare presente nel paese. La ministra va all’attacco accusando l’imprenditore Juan Roig (CEO della catena di supermercati Mercadona) di possedere il 25% del mercato e di utilizzarla per speculare sui prezzi dei beni alimentari, con margini di guadagno del 63%. Sempre secondo Ione questo aumento arbitrario dei prezzi riguardante i generi alimentari, provoca un incremento del 5% dell’inflazione generale.

Ma chi è Juan Roig?

Juan Roig è un imprenditore a capo di un gruppo che controlla 1.400 punti vendita da lavoro a 95000 dipendenti e fattura 19 miliardi di euro l’anno. A febbraio un articolo di El Mundo lo ha definito l’imprenditore più influente in Spagna. Per ciò che riguarda l’inflazione, la media spagnola ad Aprile si aggira al 4,1% contro il 7 % europeo. Tuttavia le accuse della leader del partito Podemos sono veritiere: il contributo più ampio all’inflazione nazionale arriva dal settore alimentare (+13,6%)

Molte le critiche, anche dall’Italia

A contestare la validità ed il possibile successo di questa iniziativa è stato il giornalista del Foglio, Luciano Capone attraverso un tweet:

A rispondere, il giorno seguente è proprio il fondatore del partito Podemos Pablo Iglesias:

Nessun tipo di risposta ai dubbi del giornalista Italiano, solo l’accusa di appartenere alla setta neoliberista italiana responsabile della crisi nel paese…

Giuseppe Calì

Diritti sulla sessualità e riproduttività. In Spagna arrivano la “Ley Trans” e la legge sull’aborto

Lo scorso 16 febbraio per la Spagna è stata una “giornata storica”. Finalmente, dopo interminabili  battaglie, il Parlamento spagnolo ha approvato due importanti normative a tutela degli diritti e delle libertà, per le persone Lgbtq+ e le donne. “La Ley Trans es ley”, questa la frase pronunciata con orgoglio da Irene Montero, ministra delle Pari opportunità e rappresentate del partito spagnolo Unidos Podemos, di fronte al Congresso dei deputati a Madrid.

Autodeterminazione di genere per chi ha più di 16 anni, riforma sull’aborto e congedo mestruale retribuito per le donne: queste le normative promosse dall’attuale governo spagnolo di centrosinistra. Un grande passo in avanti per il paese, ma le critiche e le forti opposizioni non sono mancate. Vediamo nel dettaglio cosa è stato approvato e quali sono invece le direzioni intraprese da molti altri paesi.

La “Ley Trans”, per l’autodeterminazione di genere, è stata un trionfo

Con poco più di 191 voti a favore, 60 contrari e 91 astensioni, la normativa per l’uguaglianza reale ed effettiva delle persone trans e per la garanzia dei diritti delle persone Lgbtq+ è stata approvata.

La legge riconosce qualcosa di semplice, che se sei trans hai diritto ad affittare un appartamento o a divertirti in un luogo pubblico senza essere discriminato. Permetterà alle persone di non avere paura di dire chi sono!

Queste le parole della ministra Montero, che ha festeggiato avvolta nella bandiera simbolo (bianca, rosa e azzurra) della comunità, insieme ad un cospicuo gruppo di storici attivisti. Tra i tanti, Uge Sangil, donna trans e presidente della Federazione Statale Lgtbi+ spagnola, che ha scritto in un tweet:

La legge permetterà di chiedere gratuitamente, a chiunque abbia compiuto 16 anni, la modifica del proprio sesso all’anagrafe senza autorizzazioni giudiziarie o certificati medici-psicologici che attestino la disforia di genere o i due anni di trattamento ormonale in precedenza invece richiesti. Questa diritto oltremodo è estendibile ai giovani tra i 14 e i 15 anni, solo se però presentano l’approvazione di almeno un genitore. Mentre tra i 12 e i 14 anni, c’è bisogno dell’autorizzazione del giudice. La normativa proibisce oltretutto terapie di conversione e mette in atto misure contro l’omofobia nei diversi ambiti della società.

La legge non comporta nessun pericolo per i minori e non va contro le lotte dei femminismi

Ma alcuni movimenti femministi, come il Contra el Borrado de las Mujeres e il Movimiento Feminista de Madrid, non la pensano allo stesso modo di Uge Sangil. Questi ritengono che il consentire ad ogni uomo di registrarsi all’anagrafe come donna, senza nessuna prova medica di transizione, porterà a rendere la legge sulla “violenza di genere” come “carta straccia”. Il partito di estrema destra Vox, invece, ha parlato di un “allarmante” aumento dei casi di omosessualità e transessualità. La Montero sostiene che qui si tratti proprio di “Lgbtifobia”.

Riforma sull’aborto e congedo mestruale

A Madrid però non si è parlato solo di transessualità, ma anche di salute sessuale-riproduttiva e d’interruzione volontaria di gravidanza. Infatti, è stata approvata una riforma della legge sull’aborto. Grazie a quest’ultima le ragazze dai 16 anni in su avranno la possibilità di abortire, senza il necessario consenso dei genitori o dei tutori legali. Modificando quindi la misura voluta dai conservatori nel 2015, i quali davano questa opportunità solo dai 18 anni in su. La legge introduce un registro degli obiettori di coscienza ed elimina l’obbligo dei tre giorni di riflessione dal momento della decisione.

 

La ministra delle Pari opportunità Irene Montero
La ministra delle Pari opportunità Irene Montero, Fonte: ELLE

All’interno della stessa legge è stato introdotto un ulteriore incentivo, che fa della Spagna il primo paese europeo ad averlo concesso. Il congedo retribuito alle donne per il ciclo mestruale invalidante, insieme alla distribuzione di forniture gratuite di prodotti per l’igiene femminile nelle scuole, nei carceri e nei centri per le donne. Il congedo prevede un permesso retribuito di tre giorni al mese, bisognerà semplicemente presentare un certificato medico. Sarà lo Stato a farsi carico dei giorni di malattia. Come dichiara la ministra Montero “il cammino non finisce qui”.

Ma a che punto sono gli stessi diritti nel mondo?

In Europa sono ancora pochi i paesi che consentono l’autodeterminazione di genere. La Danimarca è stato il primo paese europeo a concederlo nel 2014. La Scozia ha abbassato l’età minima dai 18 anni ai 16, per poter chiedere il cambiamento legale. Riforme simili le possiamo riscontrare in Finlandia, Belgio, Portogallo, Norvegia e Svizzera. Non molto possiamo invece dire per tali diritti in Italia, che per il cambio di genere prevede attualmente la rettificazione chirurgica.

Sul versante extra-europeo la situazione non è migliore. Secondo quanto riporta il The Washington Post ,in Arkansas (Stato al sud degli Stati Uniti) è stato imposto un divieto che blocca le cure di genere per i minori, il denominato Malpractice Bill. Quest’ultimo pone ai medici il divieto di fornire terapie ormonali di conferma di genere o bloccanti della pubertà a chiunque sotto i 18 anni. Nessun intervento chirurgico può essere effettuato nello stesso Stato. Dalle parole del senatore repubblicano Gary Stubblefield:

L’idea che gli adolescenti, per non parlare dei bambini piccoli, siano in grado di prendere decisioni così sconvolgenti è assurda. Una società che permette loro di fare questo, è una società profondamente rotta.

In materia di congedo mestruale, nel mondo ci sono aziende e istituzioni che lo permettono, ma sono pochi i paesi che lo riconoscono istituzionalmente. Tra questi è previsto in Scozia, in Corea del Sud, a Taiwan o in Zambia (dove le donne non mandano nemmeno un preavviso o un certificato medico). In Italia, nonostante il dibattito sia aperto dal 2016 siamo ancora indietro, solo l’Università di Padova distribuisce gratuitamente prodotti per l’igiene femminile. Mentre per l’aborto sono oggi circa 24 i paesi che ancora lo vietano del tutto, soprattutto nelle aree del continente Africano. Secondo i dati del Guttmacher Institute nel mondo si stimano all’incirca 25 milioni di aborti clandestini, che purtroppo provocano la morte di molte donne ogni anno.

Parlare in tema di salute sessuale, riproduttività, uguaglianza di genere non è semplice. Le disparità sono molte ancora oggi ed evidenti. Di certo il mondo sta cambiando e continuerà a farlo. Ci saranno attivisti che lotteranno, oppositori che protesteranno. Sarebbe però significativo che in tutto questo nessuno venga mai privato della propri diritti di libertà e dignità.

Marta Ferrato

Spagna: approvata la nuova legge contro i Pro Vita: sarà reato minacciare o intimidire chi sceglie di abortire

Il Senato spagnolo ha approvato la modifica del Codice penale: sarà considerato reato intralciare o intimidire chi ricorrerà all’aborto.

L’aborto in Spagna -Fonte:favacarpediem.wordpress.com

La legge, promossa dal Premier del Partito Socialista Pedro Sanchez e già approvata dalla Camera, ha ricevuto il voto favorevole del Senato mercoledì 6 aprile. Con la sua ufficiale entrata in vigore sarà qualificato come reato il tentativo di importunare o intimidire una donna che si reca in una struttura sanitaria per abortire.

La legislazione spagnola: ecco cosa ha previsto negli anni

Il diritto all’aborto è stato riconosciuto, e dunque depenalizzato, nel 1985. Fino ad allora in Spagna era considerato reato qualsiasi interruzione della gravidanza anche per stupro, malformazione fetale e grave rischio per la donna. Con il suo riconoscimento è stato fatto un importante e decisivo passo in avanti nella garanzia della salute e del benessere delle donne nonché ovviamente la loro autodeterminazione.

La piena legalizzazione del ricorso a tale pratica, fino alla quattordicesima settimana di gestazione ma in alcuni casi specifici anche fino alla ventiduesima, è stata legittimata però solamente nel 2010.

Fumetto pro aborto -Fonte:corrieredibologna,corriere.it

La forte tradizione cattolica del Paese ha fatto sì che le donne incontrino spesso numerosi ostacoli qualora scelgano di ricorrere a tale soluzione. Ostacoli posti anche dai numerosi movimenti “anti-scelta” e dall’elevato numero di medici obiettori di coscienza.

Uno studio dell’Associazione spagnola delle cliniche autorizzate per l’interruzione della gravidanza (ACAI) ha visto una percentuale sempre maggiore delle donne vittime dei sostenitori dei diritti riproduttivi. L’indagine ha portato che circa l’89% di esse è stata soggetta a molestie mentre si dirigeva in clinica, mentre il 69% ha subito intimidazioni.

Tali gruppi si riuniscono fuori dalle cliniche dove si praticano aborti per cercare di convincere le donne a non entrarvi.

La modifica del Codice penale

La modifica apportata al Codice penale pone sanzioni penali a coloro che

“Al fine di ostacolare l’esercizio del diritto all’interruzione volontaria di gravidanza mettano in pratica contro una donna atti molesti, offensivi, intimidatori o coercitivi che ledano la sua libertà.”

Legge spagnola pro aborto -Fonte:luce.lanazione.it

La pena prevede la reclusione da tre mesi a un anno o una sanzione alternativa in lavori di pubblica utilità che va dai 31 agli 80 giorni.

Tale normativa sarà applicata anche a coloro che intimidiscono gli operatori sanitari che lavorano nelle strutture dove si eseguono aborti. Si eviterà inoltre la diffusione di slogan, cartelli o le orazioni di chi si rivolge direttamente alle donne con piccoli feti di plastica o turbandole facendole ascoltare attraverso un monitor battiti del cuore del feto.

La protesta degli attivisti anti-aborto

La radunanza in piazza avvenuta mercoledì 6 aprile ha visto come protagonisti un gruppo di attivisti pronti a difendere la “criminalità” delle loro azioni. Con cartelloni e piccoli feti di plastica si sono presentati davanti al Senato spagnolo protestando contro le misure prese.

Secondo quanto fatto sapere sulla piattaforma Right to Live, il gruppo continuerà a “pregare ed a offrire aiuto a tutte quelle donne che ne hanno bisogno in modo che possano capire che l’aborto non è l’unica soluzione.”

Aborto, diritto di scelta -Fonte:lavocedellelotte.it

Non sono mancate, nelle ultime settimane, numerose proteste contro l’aborto in tutto il territorio spagnolo. Striscioni sono comparsi anche a Madrid dove hanno marciato per le strade della capitale fino a giungere a Plaza de Cibeles. A manifestare, secondo le indagini dell’associazione “Si alla vita” che ha organizzato la protesta, erano in 20 mila e urlavano contro il diritto a interrompere la gravidanza.

… e in Italia?

Nel quadro sconfortante di molti Paesi in cui è prassi fare i conti con militanti anti- scelta, non c’è da sentirsi più di tanto fortunati nel territorio italiano. Sebbene sia raro essere vittime di ostacoli fisici presso cliniche e ospedali che garantiscano il diritto d’aborto, chi vuole accedervi non è esente da percorsi di paternalismo.

È compito dello Stato proteggere il diritto all’aborto se è costantemente minacciato e giudicato immorale, rispettando così tutte le posizioni. Il tabù che ancora marchia tale diritto in Italia rende ancora più difficile tutelarlo.

Legge 194/78 -Fonte:ingenere.it

Nonostante la regolamentazione presente alla Legge 194/78, una donna che decide di accedere ai servizi di interruzione volontaria di gravidanza (IVG) ha, quasi sette possibilità su dieci (67%) di vedersi negato da un ginecologo tale accesso. Ciò in virtù del diritto all’obiezione di coscienza individuale riconosciuto dall’art. 9 della legge 194/1978 che ha contestualmente sancito la non punibilità delle IVG.

Se in Spagna è bastata una legge, nel Bel Paese sarebbe necessario lo smantellamento dell’intera sanità pubblica, nonché la disintossicazione dalle colpe provenienti dal Vaticano.

Il tema delle interruzioni volontarie di gravidanza riaffiora sempre per il continuo rimodellamento legislativo e trasversale che attraversa tutto il globo. La decriminalizzazione dell’aborto, non lo ha contestualmente trasformato in un diritto della donna, bensì ha mantenuto come perno una sorta di divieto morale di abortire. Ecco che l’Italia si inserisce in un contesto europeo ove le leggi sulle interruzioni di gravidanza sono costruite per “casistiche” e “circostanze” entro cui è permesso abortire. Vengono riconosciute come circostanze legittime i casi in cui la prosecuzione della gravidanza comporti un serio pericolo per la salute fisica o psichica. Meno agevole invece se una donna scelga, entro le prime 12 settimane di gestazione, di interrompere la gravidanza perché semplicemente non convinta e per il sussistere di ragioni personali non rientranti in casistiche predeterminate.

A detta di molti giuristi però, sebbene la Legge 194 non abbia fatto dell’aborto un diritto, il suo riconoscimento quale livello esseniale di assistenza (LEA) permette di parlare di “diritto all’aborto” anche in Italia.

La criminalizzazione dell’aborto nel mondo

È chiaro che l’enorme politicizzazione dell’argomento, per motivi etici e/o religiosi, e le conseguenti negazioni del suo riconoscimento hanno portato in giro per il mondo al triste giro dell’aborto clandestino.

UNFPA -Fonte:dailytrendznews.it

I dati recenti raccolti dal UNFPA, Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione, ha constatato che il 45% degli aborti praticati a livello internazionale sono clandestini. Un dato che vede coinvolta anche l’Italia, dove però ancora si sostiene che tale fenomeno si sia estinto negli anni ’70.

Per venire incontro ai bisogni di milioni di donne abbandonate dalle istituzioni sono stati fondati numerosi enti privati. Ad esempio, solo nel nostro Paese nell’ultimo anno circa 473 donne si sono rivolte a “Women on Web”, un’associazione canadese senza scopo di lucro che aiuta le donne ad accedere ai servizi di IVG. quando le circostanze esterne non lo permettono, cercando di ridurre sempre più il fenomeno dell’aborto clandestino che si credeva estinto negli anni 70.

Giovanna Sgarlata

 

In Catalogna vincono gli indipendentisti. Ecco perché il nuovo governo non si formerà facilmente

Elezioni in Catalogna. Fonte: TPI

Ieri, domenica 14 febbraio, si sono tenute nella comunità autonoma della Catalogna (che si trova nel nord-est della Spagna) le elezioni regionali per il rinnovo del Parlamento, la quale fisionomia non è molto cambiata rispetto a quella dell’assemblea uscente: i partiti indipendentisti hanno vinto di nuovo, dopo aver già governato durante l’ultima legislatura.
Nessuno dei tre partiti indipendentisti – Erc, Junts per Catalunya e Cup – è però risultato il più votato, essendosi presentati separatamente alle elezioni. Nonostante ciò, un’eventuale alleanza post-voto consentirebbe loro di superare con largo margine la maggioranza assoluta del parlamento catalano, pari a 68 voti. Su 135 seggi, il blocco indipendentista ha infatti ottenuto 74 seggi contro i 61 ottenuti dal blocco opposto (che tra l’altro comprende forze politicamente lontane fra loro).

I risultati delle elezioni

Le elezioni catalane sono state segnate da un crollo dell’affluenza rispetto al 2017, in parte a causa della pandemia: ha votato il 53,5 % dei catalani, vale a dire il 25 % in meno delle elezioni del 2017. Ciononostante, contando anche i partiti che non hanno ottenuto seggi, gli indipendentisti hanno superato per la prima volta il 50 % del consenso.

Bandiera della Catalogna, Fonte: Globalist

La Sinistra repubblicana della Catalogna (ERC), di centro sinistra, ha ottenuto il 21,3 % dei voti e 33 seggi; Insieme per la Catalogna (Junts per Catalunya), di centro destra, ha ottenuto il 20 % dei voti e 32 seggi; Candidatura popolare unita (CUP), di estrema sinistra, ha invece ottenuto il 6,6 % dei voti e 9 seggi. E ancora, l’estrema destra di Vox (partito neofranchista) ha preso il 7,6 % dei voti e 11 seggi, superando le aspettative dei sondaggi.
La prima forza resta comunque il Partito socialista catalano (PSC), con il 23 % dei voti e 33 seggi ottenuti, ma la sua vittoria in termini di voti non gli consentirà di ottenere la guida al governo catalano ‘’Generalitat’’, essendo privo di alleanze.

Il PSC spera in una coalizione improbabile

Il Partito socialista catalano potrebbe tentare una coalizione tutta di sinistra con Catalunya Ecp e Erc, ma quest’ultima si è allontanata dall’ipotesi già in campagna elettorale. In questa coalizione spererebbe il candidato del PSC ed ex ministro della Salute del governo centrale Salvador Illa, anche se è piuttosto difficile che si realizzi.
Difficile perché negli ultimi anni è andata accentuandosi sempre più la polarizzazione tra indipendentisti e unionisti, tant’è che poco prima del voto una piattaforma civica chiamata ‘’Catalani per l’indipendenza’’ aveva avviato una campagna per incoraggiare i candidati indipendentisti a dichiarare per iscritto che «in nessun caso negozieranno la formazione di un governo con il PSC». Tutti i leader hanno firmato.

Fonte: la Repubblica

Più probabile è dunque che ERC – quest’anno primo partito indipendentista – si ponga alla guida del blocco vincente, provando ad imporre la sua agenda moderata, lontana da quella dei puri secessionisti di Junts.
Il presidente del partito Oriol Junqueras ha già detto che «ERC tornerà ad avere la presidenza della Generalitat» benché gli equilibri saranno difficili da raggiungere. Questo perché l’alleanza tra ERC e Junts durante l’ultima legislatura è stata tutt’altro che pacifica: i leader dei due partiti si sono scontrati in numerose occasioni.

Aragonès mette fretta alle negoziazioni tra partiti indipendentisti

Le trattative risultano essere quindi molto complesse e, secondo alcuni analisti politici, l’alleanza di sinistra non è probabile ma nemmeno impossibile, specie se le negoziazioni con Junts dovessero andar male.
Il candidato premier di Erc, Pere Aragonès, sembra comunque avere fretta di formare un governo indipendentista:

“Nei prossimi giorni, oggi o comunque entro la settimana, dovremo essere in grado di andare avanti nei colloqui. Il 12 marzo è il termine per una prima votazione in Parlamento, ma spero che ci sia l’accordo molto prima”, ha detto.

Gaia Cautela

Coronavirus: il punto sulla situazione mondiale

Pandemia Covid-19. Un evento di portata mondiale in rapida e continua evoluzione.

Siamo travolti da notizie dell’ultima ora e dati statistici in aumento.

È difficile avere una precisa comprensione della situazione attuale, in Italia e nel mondo.

Ecco un quadro generale fatto di fonti attendibili e completo di ogni prospettiva.

È necessario ricordare che la dicitura “casi totali” fa riferimento al numero di individui infetti nel corso del tempo, sono pertanto inclusi anche morti e guariti. Il numero di individui che attualmente risultano infetti non è quindi rappresentato dai numeri esorbitanti proposti.

La situazione a casa nostra

Il sito ufficiale del Ministero della salute, al suo ultimo aggiornamento alle ore 18 di ieri, riporta un totale di 86mila casi totali.

http://www.salute.gov.it/portale/nuovocoronavirus

Lombardia, Emilia Romagna e Veneto le regioni più colpite.

I provvedimenti attuati sono quelli contenuti nei Dpcm attuati fin dai primi giorni di Marzo. Ad oggi sono chiuse scuole, università e attività commerciali non di prima necessità. È stato posto il divieto di lasciare la propria abitazione se non per comprovati motivi e muniti di autocertificazione valida. 

L’Italia si era sostituita alla Cina per primato mondiale nel numero dei casi. Tuttavia nelle ultime ore gli Stati Uniti hanno registrato un’impennata di contagi e resta da capire se, dunque, siamo il primo paese al mondo per numero di contagi. In termini di gravità della situazione, invece, la Spagna sembrerebbe versare in condizioni peggiori della nostra.

La situazione in Europa

I casi totali nel territorio europeo sono 200mila, come si evince dall’aggiornamento di questa mattina sulla mappa dell’organizzazione mondiale della sanità.

https://who.maps.arcgis.com/

Su un totale di 53 paesi con casi confermati, la classifica ci vede ancora in testa, seguiti da Spagna e Germania. L’Unione Europea sta lavorando ad una risposta comune a favore dei settori sanitario e socioeconomico per aiutare i membri.

In particolare, l’Unione sta agendo per:

  • garantire il rifornimento di dispositivi di protezione individuale (guanti, mascherine ecc..) e attrezzatura medica
  • istituire un gruppo europeo di esperti sul covid-19
  • assistere gli Stati membri nel rimpatrio dei cittadini rimasti all’estero
  • fornire tutti i finanziamenti necessari
  • creare accordi di condivisione sullo spostamento delle persone fisiche con comprovate necessità nell’obiettivo di garantire l’efficacia delle misure di prevenzione

La situazione in Spagna

Un potente focolaio si sta sviluppando in queste ore nella penisola Iberica producendo un totale di 64mila casi (aggiornamento del 27 marzo, sul sito ufficiale del Ministero della salute spagnolo).

Il governo ha prorogato lo stato di allarme fino all’11 aprile. Oltre ad organizzare i fondi per far fronte ai possibili danni economici, in termini di prevenzione è appena stato adottato il modello italiano.

La situazione in Inghilterra

Sul sito ufficiale del governo inglese il counter dei casi al 27 marzo, giornata di ieri, risulta stare a 14mila in totale.

https://www.arcgis.com/apps/opsdashboard/index.html#/f94c3c90da5b4e9f9a0b19484dd4bb14

Tra i positivi anche Boris Johnson e il principe Carlo.

La società corre ai ripari, dopo aver sottovalutato il pericolo e ignorato l’avvertimento italiano. Dal 23 marzo è stato attuata la chiusura delle scuole e adesso le limitazioni si fanno più restrittive: uscire solo in caso di vera necessità, esercizi commerciali di beni non essenziali chiusi e sospensione di celebrazioni religiose, ad eccezione dei funerali, con multe da 30 sterline ai trasgressori. 

Con l’aumento dei casi si prevede un perfezionamento di questi provvedimenti.

La situazione del mondo

I dati sulla mappa mondiale dell’OMS, aggiornata alle 18 di ieri, registra un totale di 500mila casi totali – già 614.884 secondo la Johns Hopkins University – e un totale di 23mila morti. 

La situazione in Cina

Attualmente il numero totale di infetti ad oggi è di 3000.

Si tratta di una decisiva diminuzione del contagio e i nuovi ammalati pare non abbiano contratto il virus sul territorio cinese. Si tratta, per la maggior parte, di individui provenienti dall’estero. Si teme, infatti, il contagio di ritorno. 

Wuhan, la città epicentro della malattia, dopo un blocco di oltre due mesi ha ripreso a ricevere i primi treni passeggeri. Tuttavia non è ancora concesso di lasciare la città.

La situazione USA

Gli Stati Uniti hanno visto il virus diffondersi in maniera rapidissima.

85mila casi è il dato riportato ieri dal sito del Center for Disease Control and Prevention, ma per la John Hopkins University il numero ammonterebbe già ad oltre 100.000 casi e nella giornata di oggi si prevede un superamento nei numeri rispetto all’Italia. Gli USA diventeranno il primo paese al mondo nei casi totali. Il presidente Trump ha firmato un piano da 2mila miliardi per l’economia del paese, che già avverte le prime scosse. Inoltre ha provveduto a ordinare una massiccia produzione di respiratori nella città di Detroit.

La Russia

In Russia i casi totali registrati sono poco più di mille.

Per contrastare la diffusione è stata dichiarata come non-lavorativa la settimana dal 28 marzo al 5 aprile. Intanto il presidente Putin ha proclamato la chiusura di tutti i bar e i ristoranti sul territorio del paese.

Quali scenari per l’avvenire?

Nessuno può prevederli, data la poca conoscenza che abbiamo di questo virus.

Dobbiamo accontentarci di semplici intuizioni. I contraccolpi che subirà l’economia e il progressivo peggioramento di Spagna e Stati Uniti sono alla portata della logica.

Attualmente non ci resta che fare tutto il possibile per contenere la diffusione.

L’appello e l’esempio italiano non hanno riscosso molto successo e adesso altri paesi non stanno pagando le conseguenze.

Viviamo in un mondo iper-globalizzato, velocissimo e sempre connesso.

Questo rende le nostre vite ricche di più opportunità e sempre più facili, ma nel momento di un’emergenza può trasformarsi in un incubo.

Ne parlava già il sociologo Beck, quasi 35 anni fa, nel suo “La società del rischio“.

Un mondo interconnesso ha come effetto collaterale una maggiore insicurezza: il problema di uno stato diventa il problema di tutto il pianeta.

Quindi è obsoleto il ragionamento del “curare solo il proprio giardino” e bisognerebbe iniziare a percepirne uno, di grande giardino comune, da curare.

Se l’Italia o la Cina riusciranno a non avere più casi Covid-19 positivi questo non significherebbe in alcun modo che il “nemico invisibile” venga sconfitto.

Finchè tutte le nazioni del mondo non si impegnano seriamente nella prevenzione e nel contenimento la battaglia non potrà dirsi conclusa

Angela Cucinotta