Intervista a NessuNettuno: lo street artist messinese che ama il mare

Camminando per le strade delle nostre città spesso rimaniamo ipnotizzati dalla bellezza di opere d’arte a cielo aperto. Stiamo parlando dei capolavori della street art. A Messina la street art è legata ad un’artista dal nome abbastanza suggestivo: “NessuNettuno. Nicolò non ha bisogno di presentazioni prolisse: le sue opere parlano da sole. E lui stesso, oltre a saper usare la pittura per comunicare, pesa bene le parole, che gli vengono dal cuore.

Sono un siciliano a cui piace andare a mare. E che ama il mare, che ama la sua terra tantissimo. Per la Sicilia mi farei ammazzare.

Noi di UniVersoMe abbiamo avuto il piacere di incontralo davanti a un caffè e ad una birra e di intervistarlo.

©Fernando Corinto, Intervista a NessuNettuno – Messina 2020

 

Mario Antonio: Iniziamo con una domanda classica. Da dove è nata la tua passione per la street art?

È stata una cosa naturale. Ho iniziato nel 2015 con il progetto “Distrart”, grazie al quale abbiamo fatto le pensiline del tram. Da lì è nata la passione. E poi a me piace stare in strada, quindi comunque lo trovo naturale.

Corinne: Ci ha particolarmente colpiti un tuo progetto, denominato “Andiamo a mare?”, di cui fa parte una delle tue opere nella zona di Maregrosso. Da dove nasce questo progetto e che messaggio vuoi lanciare? In quali luoghi hai pittato (dipinto n.d.r.)?

“Andiamo a mare?” è un progetto che nasce per salvaguardare il mare. Il mare è l’elemento più significativo per noi messinesi; è sempre presente, perché in qualsiasi luogo di Messina ti trovi vedi sempre il mare. Il progetto vuole invogliare le persone a rispettare il nostro “liquido primordiale”. Perché dal mare nasce la vita, sin da tempi immemori. Di fronte al mare non c’è nessun Dio. L’uomo pensa di poter fare qualsiasi cosa con la natura, di farne una cosa propria, deturpandola, danneggiandola. In realtà non è così. È la natura che è padrona della vita. E allora di fronte al mare non si è nessuno. Il mio nome d’arte, NessuNettuno, deriva proprio da questo.

Una delle opere, appartenente al progetto “Andiamo a mare?”, situate nella zona di Maregrosso – Fonte: @nessunettuno (Instagram)

 

M: Quindi si può parlare di una funzione sociale della street art.

Sì. Inoltre il tuo lavoro deve essere soggetto all’approvazione delle persone del luogo. L’opera di Maregrosso, ad esempio, è nata dall’incontro con alcuni abitanti.

C: Un’altra opera che ci ha particolarmente affascinati è quella che si trova al reparto oncologico dell’ospedale Papardo. Da dove è nata l’idea di dipingere in questo luogo particolare? Cosa vuoi comunicare e trasmettere con questa tua opera?

Ho realizzato quest’opera insieme ad Andrea Spos.art, un mio amico artista di Milazzo, ed è stata commissionata dai dirigenti del reparto oncologico del Papardo. L’intento era allietare e dare un senso di leggerezza all’attesa dei pazienti che entrano a fare terapia. Il messaggio è stato accolto in maniera positiva.

L’opera nel raparto oncologico dell’ospedale Papardo – Fonte: @nessunettuno

 

M: Quindi a volte qualche ente ti commissiona un’opera.

Sì, è capitato. Fra le tante, quella che mi è piaciuta di più è stata commissionata per il carcere di Gazzi, dove insieme a cinque detenuti ho dipinto, per la prima volta, un murales all’interno dell’istituto. Abbiamo raccontato la storia di Giona, il profeta che viene mangiato dalla balena e che all’interno della pancia rielabora tutti gli sbagli e ciò che ha fatto nel corso della sua vita. Dopo averli rielaborati e dopo aver assunto consapevolezza di quello dell’uomo che è, di tutto il percorso che ha fatto, viene sputato fuori. È stata un’esperienza incredibile, perché il carcere è un ambiente al di fuori di qualsiasi contesto sociale.

La balena nel carcere di Gazzi – Fonte: @nessunettuno

 

M: Davvero molto bello. Procediamo con una domanda che un nostro redattore, non presente oggi, teneva molto a farti: l’atto di rovinare un’opera di street art può anche considerarsi esso stesso street art?

Certo! Perché comunque l’opera è alla mercé di tutti e di tutto. Quello che fai in strada non è destinato a un museo e quindi è soggetto all’usura del tempo e delle intemperie; un po’ come la vita, che a poco a poco ti consuma. Oggi c’è, domani no. È questa la bellezza della street art.

C: Quali sono i tuoi progetti artistici futuri, a parte quelli già in atto? Cosa pensi guardando al domani?

Penso di pittare per tantissimo tempo. Ora dovrei andare a Venezia a fare una mostra, dall’8 al 13 ottobre. Voglio continuare a lavorare e pittare soprattutto per il sociale, perché è quello che mi interessa di più.

L’opera “Cariddi”, situata ad Acquedolci (ME) – Fonte: @nessunettuno

 

M: Per concludere una domanda un po’ spinosa. Secondo te da cosa dovrebbe ripartire Messina?

Dal mare, o meglio dagli spazi limitrofi al mare. Messina è una città tutta costruita sul mare, quindi qualsiasi iniziativa si voglia far partire,  deve comunque essere legata alla riqualificazione del mare e delle spiagge. Inoltre bisognerebbe ripartire dall’insegnamento delle nostre tradizioni siciliane a scuola. Perché se conosci la tua cultura sei più propenso ad amarla e a rispettare anche le altre.

 

Corinne Marika Rianò, Mario Antonio Spiritosanto

 

 

Immagine in evidenza:

Una delle opere, appartenente al progetto “Andiamo a mare?”, situate a Maregrosso – Fonte: @nessunettuno. Oggi l’opera non è più visibile a causa dell’erosione che ha subito da parte degli agenti atmosferici, ma l’autore – come evidenziato nell’intervista – ha manifestato l’intenzione di non rimaneggiarla, considerando l’usura “naturale” come facente parte della street art.

…la città di Messina subì un assedio nel settembre 1848?

Il mese di settembre è quel periodo dell’anno di transizione tra i fasti e la libertà della stagione estiva e la routinaria stagione autunnale/invernale. Non c’è metafora più appropriata per ripescare dal “grande libro della Storia” un evento che ha animato sogni e speranze dei nostri antenati messinesi: la rivoluzione del 1848, scoppiata nella città di Messina e nelle altre città dell’Isola dall’ardente desiderio da parte dei siciliani di conquistare l’indipendenza.

I sogni dei rivoluzionari iniziarono a spegnersi nel settembre 1848, a partire dalla riconquista della città dello Stretto da parte dell’esercito borbonico. Prima di addentrarci in questa leggendaria storia messinese è doveroso contestualizzare e narrare gli antefatti che condussero alle vicende del settembre di 172 anni fa.

Antefatto: il contesto storico e l’inizio della rivolta

Il nostro viaggio inizia nel 1847. La Sicilia faceva parte del Regno delle Due Sicilie, retto dalla dinastia reale dei Borboni.

Il malcontento nei confronti del sovrano Ferdinando II sfociò in alcuni tentativi di rivolta, prontamente soffocati, come quello del primo settembre a Messina. Si è dovuto aspettare il 12 gennaio 1848, giorno del compleanno del Re, per lo scoppio della storica insurrezione di Palermo, che avviò la rivoluzione siciliana, il primo dei moti rivoluzionari della cosiddetta primavera dei popoli europea.

Immagine raffigurante la rivolta di Palermo del 12 gennaio 1848 – Fonte: archiviostoricoeoliano.it

Pian piano tutte le città della Sicilia insorsero contro il dominio borbonico. A Messina, dopo l’insurrezione del 29 gennaio 1848, l’esercito napoletano fu costretto a rintanarsi nella cittadella fortificata, che non fu mai espugnata.

Una rivoluzione politica

La rivoluzione – per una ristretta élite – si fondava su aspirazioni politiche, quali la libertà e l’indipendenza della Sicilia dai Borboni, inquadrata in una federazione italiana di stati indipendenti. Per la maggior parte dei cittadini, però, si trattava di una rivolta di carattere sociale, volta ad ottenere migliori condizioni economiche.

L’élite liberale rivoluzionaria cercò di indirizzare la protesta sociale sui binari della rivoluzione politica: prima rifiutò la Costituzione promulgata dal Re e promessa dopo l’insurrezione di Napoli, poi, attraverso il Parlamento costituente dichiarò, il 13 aprile 1848, l’indipendenza della Sicilia e la decadenza del Re. I lavori del Parlamento portarono alla redazione dello Statuto Siciliano. Per dare attuazione alla nuova Costituzione fu offerta la corona della Sicilia a Ferdinando, Duca di Genova, figlio di Carlo Alberto di Savoia, che però rifiutò, vanificando, dunque, il lavoro dei costituenti.

Immagine che metaforicamente raffigura la cacciata dei Borboni dalla Sicilia – Fonte: archiviostoricoeoliano.it

Questo rifiuto, unito all’impegno dei Savoia nella guerra contro l’Austria fu uno dei principali motivi che intaccarono la solidità della rivoluzione.

Il primo attacco borbonico

A causa di questa situazione instabile, il 3 settembre 1848 iniziò la controffensiva dei Borboni, pronti a tutto pur di riconquistare la Sicilia. L’esercito napoletano, guidato dal tenente generale Carlo Filangeri, sbarcò a Messina e, coadiuvato da un fitto bombardamento, iniziò una sanguinosa battaglia, in cui furono coinvolti molti civili. L’esercito borbonico, più numeroso e organizzato, fu però respinto e costretto alla ritirata.

All’alba del giorno successivo il mare burrascoso impedì un nuovo sbarco delle truppe regie. Le giornate del 4 e del 5 settembre furono segnate dal violentissimo duello delle due artiglierie. Il cannoneggiamento della città fu una costante degli scontri e fu talmente intenso che valse al Re Ferdinando il celebre appellativo di Re Bomba.

Re Ferdinando II delle Due Sicilie, soprannominato il Re Bomba – Fonte: archiviostoricoeoliano.it

Nel frattempo, già dell’inizio della battaglia, i messinesi chiesero i rinforzi al Parlamento di Palermo. Furono inviati alcuni contingenti che però si sarebbero presto rivelati inadeguati.

Il secondo attacco

All’alba del 6, tornato il mare calmo, l’esercito borbonico sbarcò nel villaggio di Contesse, che capitolò dopo una estrema resistenza e una disperata lotta casa per casa. La difesa siciliana tentò di bloccare gli avversari sulla sinistra della fiumara di Bordonaro, attuando una disperata controffensiva, dagli esiti fallimentari. Le truppe regie conquistarono il villaggio di Gazzi in un’ora.

La giornata del 6 mostrò la disorganizzazione dei rivoluzionari, ancora in piedi grazie al supporto dei cittadini, pronti a battersi fino all’estremo. Il coraggio e l’ardore del popolo riaccese un lume di speranza quando, nella notte fallì miseramente l’attacco borbonico. Le truppe regie furono costrette a ritirarsi nella cittadella. I messinesi, però, non sfruttarono l’opportunità di dare il colpo fatale al nemico in fuga e con il morale a pezzi.

La città di Messina e la real cittadella (in basso al centro)  – Fonte: wikipedia.org

Lo scontro finale

Nonostante la sconfitta della notte, il comandante Filangeri credeva fermamente di avere la vittoria in pugno. Il 7 mattina partì l’offensiva decisiva.

Presto le truppe borboniche si trovarono di fronte a Porta Zaera e verso le tredici iniziavano l’ultima definitiva operazione contro l’estremo baluardo messinese costituito dal convento della Maddalena, che capitolò segnando la sconfitta dei messinesi.

Le truppe regie, nonostante la vittoria, non osarono subito occupare il centro della città, ritenuto pericoloso; per questo motivo il bombardamento durò altre sette ore.

Per concludere

La capitolazione della città dello Stretto segnò l’inizio della controffensiva dei Borboni, che riconquistarono Palermo il 14 aprile 1849, ponendo così fine alla rivoluzione siciliana.

Tra le numerose conseguenze, una che ci coinvolse più da vicino fu la nuova soppressione dell’Università di Messina, riaperta solo dieci anni prima dopo il lungo periodo di chiusura, conseguenza della rivolta antispagnola.

Una lapide commemorativa della rivolta di Messina del 1847-48 – Fonte: archiviostoricoeoliano.it

 

Mario Antonio Spiritosanto

 

Immagine in evidenza:

Raffigurazione della rivolta di Messina – Fonte: wikipedia.org

 

Bibliografia:

Finley M.I., Mack Smith D., Duggan C., Breve storia della Sicilia, Editori Laterza

http://www.arsbellica.it/pagine/battaglie_in_sintesi/Assedio%20di%20Messina.html

http://www.archiviostoricoeoliano.it/wiki/la-rivoluzione-del-1848

 

Per approfondire:

Ganci M., L’Italia antimoderata, Arnaldo Lombardi Editore

Pieri P., Storia militare del Risorgimento, Einaudi

http://www.ilportaledelsud.org/

http://www.messinacity.com/

 

 

Malèna: cronaca di una morte

Malèna (2000), regia di Giuseppe Tornatore, è una pellicola carica di crudezza ed apatia. Un film che grida alla denuncia di una mentalità chiusa e corrotta che, se esisteva nei lontani anni Quaranta del Novecento, non è sicuramente cambiata – almeno in determinati contesti –  ai giorni nostri. Una denuncia, dunque, che risulta più che attuale, specie se proveniente da una donna.

MALENA-ant.jpg
Monica Bellucci nei panni di Malèna – Fonte: spietati.it

Sinossi

La protagonista è Malèna (Maddalena) Scordia (Monica Bellucci): un nomen loquens, potremmo dire. Co-protagonista e voce narrante è invece il giovane Renato Amoroso (il nostro concittadino Giuseppe Sulfaro), un ragazzino nel pieno della pubertà che inizia a provare una passione struggente per la statuaria Malèna, innamorandosene al primo sguardo.

Tramite le sue parole, ma ancor più i suoi gesti, ci viene raccontata la parabola di una donnada santa a puttan*“:l’ascesa e poi il declino. Guardandola tramite gli occhi languidi del ragazzino, ci accorgiamo che il realismo magico delle scene erotiche non lascia spazio al romanticismo, a tratti inquietando lo spettatore, con l’incredibile effetto di sottoporci continuamente allo stress di quella situazione verosimile.

I personaggi

Seguendo i protagonisti nel loro percorso sentiremo chiaramente ogni sensazione da loro provata (e voluta dal maestro Tornatore): disagio, angoscia, rabbia, rassegnazione. Ed in effetti, la bellissima Maddalena è una donna rassegnata: a non vedere più il volto del marito, ad essere sola nella gabbia dei leoni. Disprezzata e rumoreggiata da tutti, passeggia per le strade della piccola cittadina siciliana quasi senza una meta.

Dopotutto, quale meta dovrebbe avere un personaggio spogliato di ogni dinamismo, cristallizzato nell’essere la valvola di sfogo dell’intero mondo costruitogli attorno?

Se notiamo bene, i personaggi secondari che ci vengono presentati sono della peggiore fattispecie e vili: una popolazione che sconcerta, raccapriccia, ma che descrive con incredibile finezza la mentalità bislacca della Sicilia d’altri tempi; mentalità, peraltro, talvolta ancora radicata nella nostra isola. In mezzo al questa accozzaglia di gente, si elevano le Erinni della donna. Il paragone non è casuale: la giovane viene perseguitata dalle altre signore del suo paese per un motivo semplice quanto banale: l’invidia.

Ma il male è sempre banale.

Fonte: webpage.pace.edu

L’urlo

E allora, dalle prime scene d’innocenti bisbigli, si passa alla scena più dura, intrisa di cattiveria del film: il linciaggio pubblico. Malèna – ormai divenuta la “prostituta del paese” – viene picchiata in pubblica piazza al cospetto di tutti gli uomini. Quegli stessi uomini che le facevano la corte, che facevano a gara per accenderle la sigaretta, che abusavano della sua dignità.

Chiave del film è il momento in cui la donna, malmenata, si rivolge agli omuncoli che erano rimasti a guardarla con ripugnanza. Nessuno di loro si fa avanti per offrire una mano a lei che striscia e cerca aiuto. Anche Renato, profondamente innamorato di lei, rimane a guardare come paralizzato. Ed allora un urlo: tutto il dolore accumulato negli anni, la rabbia, la depressione. Un urlo che mira a risvegliare le coscienze, non solo quelle della folla indisturbata, ma anche degli spettatori.

“Voi che mi avete derisa ed usata per il vostro intrattenimento, vedete come mi avete ridotta? Siete soddisfatti?”: suona così, tradotta in parole, la mia mia interpretazione della scena.

Ed ho capito anche che Tornatore ha svolto un lavoro incredibile nel momento in cui, anche solo per un secondo, mi sono sentita parte di quelle Erinni.

La cruda realtà

Malèna è un film che, nel suo asettico silenzio, parla di una morte spirituale con lucidità e cinismo e ci fa realizzare come siamo tutti aguzzini: lo siamo ogni volta che ignoriamo il grido d’aiuto di una persona bisognosa e lo siamo ancor di più quando giustifichiamo le violenze con la “disinvoltura dei costumi”.

Se da un lato è vero che la donna aveva effettivamente abbracciato la vita che non meritava, dall’altro dobbiamo renderci conto che tale scelta è stata spinta da un climax di sciagure di cui è la vittima inerme, inserita nella scena col solo fine di dimostrare quali livelli paradossali di malvagità si possano raggiungere.  E la strepitosa Bellucci impersona Malèna con preoccupante naturalezza.

Fonte: cineturismo.it

D’altro canto le rimane solo un ragazzino. Un ragazzino un po’ codardo, sì, ma che dal proprio errore (non aver prestato soccorso alla donna che, per due ore di film, ci ha ribadito di amare) ha attraversato un percorso di maturazione, mentre il resto delle grottesche figure tornerà a ricoprire, a fine film, il ruolo che aveva all’inizio, come se la vicenda si svolgesse dentro un carillon destinato a ripartire ogni volta che se ne gira la manovella.

Tutti tornano al loro posto, compresa Malèna (che a quel principio non è poi così estranea), ma non Renato. Lui, sin dal primo momento una voce fuori dal coro, si distinguerà per essere stato l’unico di quel paesello disgraziato ad aver conosciuto gli effetti devastanti della passione amorosa. Una passione che rimarrà impressa a vita, racchiusa in un nome maledetto ed abusato, ma che nei pensieri del ragazzo sarà sempre sinonimo di “amore”: Malèna.

Valeria Bonaccorso

La realtà sommersa di Messina: la storia raccontata dal mare

“R…estate in Sicilia” è la campagna lanciata dall’associazione FuoridiME con lo scopo di valorizzare il territorio siciliano. Messina riparte ancora una volta dal turismo e l’associazione invita tutti a dare il proprio contributo, inviando contenuti multimediali che abbiano come protagonista la Sicilia in modo da creare un tour virtuale della nostra isola.

Tutto nasce da un importante bisogno di ripartenza e da un senso di appartenenza al proprio territorio; proprio per questo noi non potevamo certo tirarci indietro.

Vogliamo quindi valorizzare quello che è il nostro patrimonio culturale e vogliamo farlo rendendo protagonista il nostro mare. Lo stesso Pascoli, parlando dello Stretto di Messina, affermava:

“Questo mare è pieno di voci e questo cielo è pieno di visioni”.

Troppo spesso considerato solo dal punto di vista della balneazione, nei suoi fondali nasconde invece secoli di storia, tesori spesso sconosciuti o dimenticati. E oggi ve ne mostreremo un assaggio.

 

Fonte: FuoridiME (Facebook)

 

Il museo sottomarino di Capo Graziano, Filicudi

Conosciamo benissimo le leggende legate allo Stretto che mostrano quanto questo mare fosse temuto da marinai e navigatori fin dall’antichità, a causa delle correnti che rendevano difficile il transito delle imbarcazioni.  La situazione è particolare nell’isoletta di Filicudi (arcipelago delle Eolie) dove – sin dai primi secoli a.C. – le imbarcazioni venivano intrappolate in una secca.

Questo ha fatto sì che oggi questo luogo sia anche un importantissimo sito archeologico, meta indiscussa di sub esperti. Ad una profondità di 45 metri si può osservare il relitto A di età greca, risalente al II secolo a.C. e il relitto G del V secolo a.C.

Oltre ai relitti troviamo numerose anfore e moltissimi reperti conservati in parte al museo Bernabò Brea, situato a Filicudi Porto, dove è possibile ammirare ritrovamenti dell’Età del Bronzo e ceramiche greco-romane e africane, a testimonianza di quanto la Sicilia fosse meta ambita sin dall’antichità.

 

Fonte: marenaturasicilia.it

 

La battaglia di Nauloco e il rostro di Acqualadroni

Sul versante tirrenico si pensa invece si trovi il famoso Nauloco, sito passato alla storia per la battaglia navale in cui Sesto Pompeo fu sconfitto da Marco Vipsanio Agrippa nel 36 a.C. Nella zona tra Milazzo e Capo Peloro, nei pressi di Capo Rasocolmo e Acqualadroni si trova infatti una struttura palafitticola che si pensa potesse essere un pontile per il carico e lo scarico delle merci, riconducibile proprio al Nauloco (il cui termine significa appunto “rifugio per le navi”).

A prova di ciò sono i famosi ritrovamenti del relitto di Capo Rasocolmo (componenti metalliche della nave, monete della Roma pompeiana e una lamina di bronzo, probabilmente un collare di uno schiavo, sulla quale è leggibile il cognomen di Pompeo). Nel 2008 inoltre fu ritrovato nella zona di Acqualadroni un rostro in bronzo (oggetto montato sulla prua per colpire e affondare le navi nemiche) probabilmente legato alla battaglia e appartenente alla flotta di Pompeo. Il rostro, decorato con spade utilizzate già nelle armate greche, è situato oggi all’interno del Museo Regionale di Messina.

 

Rostro in bronzo. Fonte: marine-antique.net

La Bowesfield e la Valfiorita

Due relitti sono presenti ancora oggi nei fondali dello Stretto: uno di questi è la nave mercantile britannica Bowesfield, soprannominata la “Nave di Faro“. Diretta inizialmente a Bari, affondò poco distante da Capo Peloro nel 1892 a causa delle cattive condizioni meteo marine ed è oggi una delle mete più ambite dai subacquei di tutta Italia, poiché ancora in perfette condizioni (è possibile visitarne le stive e il ponte di comando).

 

 

Altro reperto importante è la motonave Valfiorita, nata per usi commerciali e utilizzata successivamente a scopo militare durante la Seconda Guerra Mondiale. Diretta a Palermo, viene attaccata da un sommergibile inglese e affonda nel 1943 nei pressi di Mortelle dove si trova tutt’ora. Oggi diviene invece meta importante, ma per subacquei particolarmente esperti a causa delle difficoltà dovute alla profondità, alle correnti e alle varie reti presenti nel relitto.

 

Motonave Valfiorita. Fonte: untuffonelblu.com, foto di Marco Bartolomucci

 

Il traghetto Cariddi

Una storia particolare che merita attenzione è invece quella del Cariddi, traghetto di tipo ferroviario costruito nel 1932 a Trieste, con un innovativo sistema di propulsione che garantiva maggiore efficienza rispetto ai mezzi utilizzati precedentemente. Viene affondato durante la Seconda Guerra Mondiale e ristrutturato successivamente. Nel 1992 è acquistato dalla Provincia di Messina per essere trasformato in un museo galleggiante. Questo però non avviene e, dimenticato, affonda nel 2006 nel Porto di Messina sotto gli occhi incuranti della città.

 

Il traghetto Cariddi. Fonte: nauticareport.it, foto di Vincenzo Annuario

 

Molti di questi reperti, che costituiscono una parte importante del patrimonio culturale della città, sono oggi nascosti o dimenticati e sarebbe invece importante valorizzarli, realizzando ad esempio un museo del mare ancora oggi assente nella città di Messina.

Bisognerebbe insomma far sì che risultino vere le parole di Pascoli, che citiamo nuovamente:

Tale potenza nascosta donde s’irradia la rovina e lo stritolio, ha annullato qui tanta storia, tanta bellezza, tanta grandezza. Ma ne è rimasta come l’orma nel cielo, come l’eco nel mare. Qui dove è quasi distrutta la storia, resta la poesia”

Fare in modo dunque che questo mondo e questa realtà, se pur “sommersi”, non vengano dimenticati ma siano piuttosto l’eco di battaglie e vicende che hanno visto la nostra terra e – soprattutto – il nostro mare protagonisti indiscussi di secoli di storia, una storia che ha portato alla creazione di miti, leggende, racconti e alla realtà che viviamo oggi.

Cosa aspettiamo per valorizzare tutti questi tesori?

Cristina Lucà

Fonti:

wikipedia.org

tempostrettotv.it

turismoeolie.com

guideturistichemessina.it

Fase 3, l’ordinanza della Regione: ecco cosa cambia in Sicilia

Con l’ordinanza n.25 dello scorso 13 giugno la Sicilia recepisce le disposizioni nazionali in merito all’organizzazione e l’attuazione della fase 3, dopo l’emergenza Coronavirus.

L’ordinanza, firmata dal presidente della Regione Nello Musumeci, è entrata in vigore già da ieri 15 giugno.

Ecco di seguito le novità e i cambiamenti;

A partire dal 15 giugno potranno riprendere le attività:

  • sale giochi, sale scommesse e sale bingo;
  • sale da ballo, discoteche e locali assimilati, all’aperto o al chiuso, nonché le fiere e i congressi;
  • centri benessere, centri termali, centri culturali e centri sociali;
  • comprensori sciistici;
  • servizi ristorazione;
  • le attività dei servizi alla persona;
  • stabilimenti balneari e spiagge di libero accesso
  • commercio al dettaglio;
  • attività ricettive;
  • commercio al dettaglio su aree pubbliche (mercati e mercatini degli hobbisti);
  • uffici aperti al pubblico;
  • piscine;
  • palestre;
  • manutenzione del verde;
  • musei, archivi e biblioteche;
  • strutture ricettive all’aperto (campeggi);
  • rifugi alpini;
  • attività fisica all’aperto;
  • noleggio veicoli e altre attrezzature;
  • informatori scientifici del farmaco;
  • aree giochi per bambini;
  • circoli culturali e ricreativi;
  • formazione professionale;
  • cinema e spettacoli dal vivo;
  • parchi tematici e di divertimento;
  • sagre e fiere locali;
  • professioni della montagna (guide alpine e maestri di sci) e guide turistiche

Chiaramente, tutte devono rispettare le regole di prevenzione e diffusione del virus, come indicato nelle linee guida.

Per quanto riguarda i servizi per l’infanzia e per l’adolescenza si dovrà ancora aspettare un decreto attuativo, previsto per il 21 giugno. Tale scelta aveva fatto allarmare gli operatori del settore per cui si è comunicato, con apposita circolare, che dal 15 giugno saranno consentite le attività ludiche, ricreative ed educative dei centri estivi (sia al chiuso che all’aria aperta).
Sarà tuttavia necessaria la presenza di operatori con la responsabilità di mantenere i protocolli di sicurezza

Le attività invece possono prolungare il proprio orario di apertura (senza mai andare oltre le 23:30) e possono anche rinunciare alla chiusura settimanale.

A partire dal 20 giugno sarà consentito, inoltre, lo svolgimento degli sport di contatto, nel
rispetto delle disposizioni di prevenzione del contagio.

In materia di spostamenti invece sono finalmente consentiti gli spostamenti infra ed interregionali, nel rispetto delle regole di sicurezza e con previ controlli.
I lavoratori pendolari per attraversare lo Stretto dovranno compilare un’apposita dichiarazione che accerti lo status di soggetto pendolare ed inviarla alla mail  lavoratoripendolari@protezionecivilesicilia.it mentre sarà obbligatoria la registrazione alla web app Sicilia SiCura per chi viene da altre regioni in visita nella nostra regione. 


L’obiettivo è quello di sensibilizzare l’utente sulla necessità di comunicare il proprio stato di salute. Ogni giorno infatti l’app invia un sms per ricordare all’utente di contattare il sistema regionale sanitario in caso di malessere.

L’ordinanza si esprime anche in merito all’uso della mascherina, affermando che “l’impiego della mascherina è previsto nei luoghi pubblici e nei locali dove non sia possibile garantire continuativamente il mantenimento della distanza di sicurezza interpersonale”.
Sono esclusi dall’utilizzo di mascherina i bambini al di sotto dei sei anni e i soggetti con forme di disabilità che ne rendano incompatibile l’uso.
Chi pratica attività sportiva non ha alcun obbligo di indossarla durante l’attività, a patto che si mantenga la distanza di sicurezza da altri soggetti.

Angela Cucinotta

Cronache del 2 giugno 1946: quale fu l’esito del referendum a Messina?

La data del 2 giugno rappresenta il Natale del “calendario liturgico laico” della Repubblica Italiana, nata proprio in virtù dell’esito del referendum che si tenne in questo giorno, 74 anni fa. La festività del 2 giugno, istituita nel 1949, fu soppressa nel 1977 e ricollocata alla prima domenica del mese di giugno. Nel 2001 però, in considerazione della notevole importanza di questa data, la festa fu ricalendarizzata secondo la previsione iniziale.

La celebre foto che festeggia la nascita della Repubblica

 

L’Italia diventa Repubblica

La scelta delle giornate del 2 e del 3 giugno 1946 fu effettuata dopo che, a quasi un anno dalla fine della guerra, la cosiddetta “seconda costituzione provvisoria“, emanata da Umberto, figlio di Vittorio Emanuele III e luogotenente del Regno, sancì che la questione istituzionale, ossia la scelta tra Monarchia e Repubblica, fosse rimessa direttamente ai cittadini, tramite referendum, e non, come prima si era stabilito, all’Assemblea Costituente.

L’esito è noto a tutti: la Repubblica prevalse di poco con quasi il 55% dei suffragi. Quello che non tutti sanno, invece, è che l’Italia si spaccò in due zone-geopolitiche: a nord prevalse la Repubblica, al sud prevalse la Monarchia. La quinta circoscrizione elettorale più fedele all’istituto monarchico fu quella di Catania, di cui faceva parte anche la città di Messina.

Geografia del voto del referendum istituzionale sul territorio nazionale diviso in circoscrizioni – Fonte: focus.it

Propaganda e scontri a Messina

Nei mesi antecedenti al voto i messinesi sostenitori della Monarchia erano numerosi e ben strutturati, con una massiccia componente di giovani. Dall’altra parte, i fautori della Repubblica, provenienti prevalentemente dai partiti comunista, socialista e repubblicano, nonostante fossero in netta minoranza, si mobilitarono con volantinaggi e attacchinaggio per tutto il territorio cittadino. Entrambe le fazioni organizzavano comizi e dibattiti, spesso improvvisati, che quasi sempre si trasformavano in scontri, sia verbali che fisici.

Uno di questi episodi avvenne il 29 maggio del 1946 in occasione della visita di Umberto di Savoia, da poche settimane divenuto re Umberto II, in seguito all’abdicazione del padre; questa mossa di Vittorio Emanuele III era volta ad incrementare il consenso per il regime monarchico, ma suscitò le polemiche degli avversari di Casa Savoia. Dopo che il “re di maggio” si affacciò dal balcone della Prefettura, salutò i suoi sudditi messinesi e rivolse loro un sorriso: nel silenzio che seguì gli applausi e le grida festose della folla, da un gruppetto di circa  quaranta infiltrati sostenitori della Repubblica si levò a gran voce un coro abbastanza chiaro: “Buf-fo-ne, buf-fo-ne”. Il re smise di sorridere e si ritirò all’interno del palazzo del Governo; i suoi sostenitori, aiutati dai marinari delle navi da guerra ormeggiate, iniziarono a pestare i contestatori: qualcuno riuscì a fuggire, altri meno fortunati furono gettati in mare, oltre la balaustra della passeggiata.

Un volantino a favore della Monarchia che ritrae Umberto II con la sua famiglia – Fonte: messinaora.it

 

L’esito del referendum a Messina e provincia

La fase che precedette le due giornate fu molto turbolenta perché la posta in gioco era molto alta: oltre a scegliere sulla forma di Stato i cittadini erano chiamati ad eleggere i membri dell’Assemblea Costituente, incaricata di redigere la nuova Costituzione. L’esito a livello nazionale, come abbiamo visto, non fu scontato; un po’ più prevedibile fu la schiacciante vittoria della Monarchia nella città dello Stretto, dove ottenne 78.343 (85,35%) voti a favore contro i 13.446 (14,65%) per la Repubblica.

Messina fu una dei comuni della nostra provincia in cui la Monarchia ottenne le percentuali maggiori di suffragi, ma non fu la più fedele ai Savoia: questo primato spetta all’ex comune di Lanza, ora inglobato nel comune di Malvagna sito nella valle dell’Alcantara, in cui l’istituto monarchico conquistò il 95,95% dei voti. Altri tre comuni superarono l’elevata soglia del 95%:  Oliveri (95,11%), situato nella costa tirrenica, Malfa (95,06%) e Leni (95,54%), entrambi appartenenti all’isola di Salina.

In controtendenza con la quasi totalità della provincia, solo in nove comuni (su 92) prevalse la Repubblica e in tre di essi i suffragi a favore del nuovo regime superarono la soglia del 60%: San Piero Patti (69,37%), Tusa (62,74%) e Mazzarà Sant’Andrea (60,05%), situati nella zona tirrenica.

In generale, il dato a favore della Monarchia relativo alla provincia intera fu meno netto rispetto a quello registrato in città, ma fu superiore rispetto a quello di tutte le altre province della Sicilia (nella provincia di Trapani addirittura prevalse la Repubblica).

 

La scheda del referendum istituzionale – Fonte: fattiperlastoria.it

Le elezioni dell’Assemblea costituente

Contemporaneamente al referendum istituzionale, come già detto, si tennero le prime elezioni politiche dopo il fascismo, le prime dello Stato unitario alle quali parteciparono le donne. Nella circoscrizione in cui era presente Messina si presentarono dodici liste: i partiti che sostenevano la Repubblica, ossia il Partito Comunista (PCI), il Partito Socialista di Unità Proletaria (PSIUP), il Partito Repubblicano (PRI) e il Partito d’Azione; i partiti filo-monarchici, ossia l’Unione Democratica Nazionale (composta dagli esponenti liberali), il Blocco Nazionale delle Libertà e il Fronte dell’Uomo Qualunque; la Democrazia Cristiana (DC), che non diede una specifica indicazione ai suoi elettori sul referendum istituzionale; e i partiti indipendentisti, fra i quali il più importante era il Movimento Indipendentista Siciliano (MIS).

9 delle 12 liste della circoscrizone di Catania – Fonte: elezionistorico.interno.gov.it

 

Il leader del MIS Andrea Finocchiaro Aprile, da sempre avverso alla monarchia sabauda decise di schierarsi a favore di essa per convenienze politiche; addirittura l’ala destra degli indipendentisti avrebbe avuto in mente la restaurazione, tramite colpo di Stato, della Monarchia in una Sicilia indipendente, in caso di vittoria della Repubblica. Come si sa questa ipotesi naufragò, sia per il blando consenso, al di sotto delle aspettative, ottenuto dagli indipendentisti alle elezioni, sia a causa della partenza per l’esilio della famiglia reale.

Nella provincia di Messina la Democrazia Cristiana ottenne i maggiori suffragi, seguita dai partiti filo-monarchici; in città, invece, fu l’Unione Democratica Nazionale, i cui maggiori esponenti erano legati alla città dello Stretto, ad imporsi come prima lista. Dei 23 deputati eletti nella circoscrizione soltanto cinque erano messinesi (non solo di origine): il democristiano Salvatore Attilio, i liberali Gaetano Martino, Guido Basile, Giuseppe Candela e Uberto Bonino. Ad essi si aggiunse il deputato comunista Umberto Fiore, in seguito alla morte di Antonino d’Agata, il 26 febbraio 1947, che lo precedeva nella lista del PCI.

  Da sinistra: Attilio, Basile, Bonino, Candela, Martino e Fiore – Fonte: camera.it

 

Messina città conservatrice?

L’analisi dei dati elettorali ci ha permesso di comprendere quanto fosse conservatrice la città di Messina. È possibile che questo dato sostenga la tesi per la quale le tendenze conservatrici nella città dello Stretto siano state sempre maggioritarie? Ed è possibile che queste tendenze molto spesso abbiano precluso alla comunità messinese lo slancio verso il progresso e il benessere collettivo?

 

 Mario Antonio Spiritosanto

 

Fonti:

https://elezionistorico.interno.gov.it/

http://www.messinaora.it/notizia/2014/06/02/messina-monarchica-anno-1946-ecco-cosa-accadeva-nei-giorni-che-precedettero-il-referendum/29719

Ganci M., L’Italia antimoderata, socialisti, radicali, repubblicani, autonomisti dall’Unità a oggi (Arnaldo Lombardi Editori)

 

 

La Sicilia riparte ma a modo suo. Tutto quello che si può fare (e non si può fare) da oggi secondo l’ordinanza regionale

La Sicilia cerca di tornare alla normalità, che mai prima d’ora, era sembrata così sconnessa dalla quotidianità.

Dalla giornata di oggi riaprono gli esercizi commerciali di vendita al dettaglio, parrucchieri, barbieri, centri estetici, ristoranti, bar, pizzerie, pub, gelaterie e centri commerciali.

Ieri sera, il decreto che disciplina le modalità di riapertura non era ancora stato comunicato a Palazzo d’Orléans; il Presidente della Regione Nello Musumeci ha atteso il completamento con firma dell’ordinanza, che prevede l’apertura estesa della maggior parte delle attività commerciali sopra citate, relativa alla condizione sanitaria sufficientemente stabile dell’Isola.
“La Sicilia è pronta alla ripartenza, nella responsabilità di ognuno”, aveva comunicato, a conclusione del suo intervento serale, il Governatore siciliano.

 

La Sicilia tenta di ripartire con maggiore margine e con più rapidità.

L’obiettivo amministrativo di Musumeci è accelerare un po’ rispetto al quadro delle disposizioni nazionali, attraverso per esempio il via libera graduale ai centri commerciali: una ripartenza mediata da controlli serrati ad esempio sui parcheggi, e con lo stop agli ingressi liberi di Domenica.

E’ stata inoltre disposta la riapertura dei fiorai la Domenica, che era stata finora esclusa.

L’estensione che, più di tutte ha acceso la piazza delle polemiche, è quella relativa alla riapertura delle discoteche (effettivamente prematura e non in linea con quelle le disposizione emanate dal Dpcm), e la ripartenza di eventi e spettacoli a partire dall’8 giugno.

L’autorità di Pubblica sicurezza, ove necessaria la relativa autorizzazione, dovrà monitorare il numero dei partecipanti alla manifestazione pubblica, in rapporto proporzionale con gli spazi utilizzati e in relazione alla distanza di sicurezza interpersonale non inferiore ad un metro correlata all’obbligo di utilizzo dei dispositivi di protezione individuale.

Riapertura in sicurezza di Musei e Parchi archeologici.

Prevista per il 25 maggio la riapertura in Sicilia di musei, parchi archeologici: i siti culturali più conosciuti come la Valle dei Templi di Agrigento, il Parco Archeologico di Selinunte e quello di Naxos-Taormina che comprende anche il Teatro Antico.
Si dovranno disporre tutte le misure necessarie contro il contagio da Covid-19: prenotazione elettronica per evitare assembramenti alle biglietterie, tornelli, termoscanner all’ingresso, percorsi e visite guidate.

Disposte le misure di sicurezza per i lidi balneari e obbligo di mascherina

E’ scattato il via libera per quanto concerne l’apertura di lidi, stabilimenti balneari e spiagge per l’estate 2020.
Confermata dunque la possibilità di rivedere gli ombrelloni aperti anche per la bella stagione che sta per arrivare, ma con regole ben precise e delineate.
La riapertura ufficiale (prevista nel Dpcm già da Maggio) potrà avvenire in Sicilia a partire dal 3 Giugno: gli ombrelloni che avranno a disposizione 10 metri quadrati, ovvero un distanziamento tra l’uno e l’altro di almeno 3,5 metri, tra lettini dovrà essere rispettata la distanza di almeno 1,5 metri.

In ogni luogo aperto al pubblico, anche non al chiuso, continueranno ad essere strettamente obbligatorie la mascherina o gli altri presidi di sicurezza per naso e bocca.

Estesa la fascia oraria di apertura degli esercizi commerciali.

Gli esercizi commerciali la domenica continueranno ad essere chiusi (eccezion fatta per bar, pizzerie e ristoranti) ma potranno estendere, secondo l’ordinanza di Musumeci, l’orario di apertura della propria attività fino alle 23:30 in chiara relazione ad un’accoglienza complessiva di clienti maggiore.

Per il resto valgono le regole concordate da Musumeci con gli altri presidenti delle Regioni e successivamente vagliate e condivise con il premier Giuseppe Conte.

L’impresa eccezionale è tornare ad essere normali, tentare di ridare alla quotidianità la parvenza di ordinarietà che il coronavirus, con cattiveria e sadismo invisibili, c’ha tolto.

Più che una ripartenza, per l’Italia, si attende una rinascita.

Antonio Mulone

 

Coronavirus: la Sicilia rimane blindata, inascoltato l’appello di migliaia di fuorisede

Voli introvabili o cancellati, treni dai posti limitatissimi o pieni, bus sospesi.

Pare che il rientro per i fuorisede presso il proprio domicilio, residenza o abitazione sia quasi impossibile.

Non ci sarà nessun esodo, e nessuna fuga verso il Sud Italia ( come quelli di Marzo che avevano riportato in Sicilia 40.000 persone) che erano state temutissime dal Governo preoccupato da un’ondata di nuovi contagi che avrebbe potuto mettere in ginocchio il Sud Italia.

Trovare un volo, tra le linee cancellate e le rotte bloccate ed il rincaro esagerato dei prezzi dei biglietti, è diventata una opzione di spostamento da escludere a priori.

Anche il rientro in treno pare ormai essere un’impresa titanica, a causa delle pochissime tratte ferroviarie rimaste disponibili, tra vagoni a capienza limitatissima (misura preventiva imposta dal Governo) e corse in parte annullate.

I bus, che a causa dell’inefficienza dei suddetti mezzi di trasporto sono sempre più affollati, non riescono a gestire il flusso di passeggeri praticamente triplicato.

Tantissimi i fuorisede “bloccati” (studenti, ma anche lavoratori o pendolari) nelle regioni del Nord Italia che stanno patendo difficoltà immense a mantenersi tra affitti, spese primarie e bollette, che a causa della sospensione di tantissime attività lavorative non potranno essere sostenute.

La Sicilia rimane “blindata” come ha evidenziato il Presidente della Regione Nello Musumeci nell’ordinanza del 30 aprile che ha confermato le limitazioni di ingresso e uscita dal territorio della Regione Siciliana.

Soltanto quattro voli al giorno, da Roma, due di andata e due di ritorno, entrambi operati e gestiti da Alitalia. Niente di più.

Tutto questo si traduce nell’impossibilità, o quasi, di reperire posti disponibili.

Musumeci, proprio nei giorni scorsi, aveva chiesto alla Ministra dei Trasporti  De Micheli che venissero manetenute inalterate le norme rigorose per l’accesso in Sicilia: «Se oggi l’isola può contare sul più basso numero di contagi lo si deve anche alla forte limitazione degli arrivi», aveva chiarito.

Basta fare una ricerca veloce sui siti delle principali compagnie aeree per scoprire che partire è praticamente impossibile.

Per quanto riguarda Ryanair tutto bloccato fino al 15 maggio, Flixbus ha sospeso tutti i collegamenti almeno fino al 17 maggio; treni Milano-Catania o Milano-Palermo introvabili.

Anche la Sais, che gestisce una flotta di bus in tutta Italia e che è particolarmente operativa in Sicilia, ha previsto la sospensione dei servizi interregionali.

Chiuso anche lo stretto di Messina in relazione all’ultima ordinanza della Regione Siciliana, gli spostamenti dei passeggeri via mare da Messina per Villa San Giovanni e Reggio Calabria e viceversa sono stati limitati al minimo.


Fuorisede, pendolari, lavoratori e studenti stanno dunque vedendo calpestato il diritto a rientrare nelle proprie case (dopo mesi di sofferenza e responsabilità) da una gestione politica che si sta dimostrando, se non nelle intenzioni quanto nell’efficienza amministrativa e logistica, assolutamente inadeguata.

Per chi riesce a rientrare nell’isola è previsto l’obbligo di registrazione sul sito della Regione, di comunicazione del proprio arrivo al medico di base, di isolamento obbligatorio presso la propria residenza o domicilio, ed infine, al termine della quarantena, di sottoporsi al tampone.

Paradossalmente, sembra che ad aver avuto la peggio sia stato chi si è impegnato a rispettare le regole e chi ha agito con responsabilità e senso civico.

Questo è lo spaccato di un’Italia che prova, senza successo, a “rientrare più che a ripartire”.

Antonio Mulone

 

Coronavirus: quali attività riaprono e cosa si potrà fare da oggi in Sicilia

Il presidente della Regione Sicilia Nello Musumeci ha emanato una nuova ordinanza, entrata in vigore dalla mezzanotte di ieri e disposta fino al 3 maggio, che di fatto proroga in Sicilia le misure restrittive più stringenti.
Recepite ed accolte le disposizioni previste dall’ultimo Dpcm, emanato dal Premier Conte nella solita conferenza stampa serale sull’emergenza Coronavirus.

E’ prevista dunque la riapertura di cartolibrerie, librerie, e negozi di abbigliamento per neonati e bambini.

Il Governatore della Sicilia ha poi confermato con fermezza: la chiusura dei negozi di generi alimentari la Domenica e nei giorni festivi (come del resto è avvenuto per Pasqua e pasquetta), il divieto di attività motoria e delle ormai famose passeggiate con  figli anche nelle vicinanze della propria abitazione.

Ribadito anche “l’obbligo elastico” dell’uso della mascherina, che nei giorni scorsi aveva fatto sì che si alzasse il solito polverone di polemiche.

Piccola postilla per quanto riguarda i servizi di consegna a domicilio, vietati anche la Domenica e nei giorni festivi, ad eccezione di farmaci, prodotti editoriali (quotidiani, magazine, riviste), e combustibili d’uso domestico.

Negli esercizi commerciali di vendita e distribuzione di generi alimentari (anche all’aperto) gli operatori sono tenuti all’uso della mascherina, all’utilizzo di guanti protettivi monouso o, in alternativa, al frequente lavaggio delle mani con detergente disinfettante.

Evidenziato, con rigore e chiarezza per l’ennesima volta, il tema del numero possibile di uscite per l’approvvigionamento di prodotti di prima necessità, che ad eccezione di quello per i farmaci, viene limitato ad una sola volta al giorno e ad un solo componente del nucleo familiare.

L’ultimo Dpmc del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, comunicato il 10 Aprile, l’esecutivo ha deciso con ponderazione di ampliare la lista delle attività produttive consentite inserendo: l’uso delle aree forestali e la silvicoltura, la fabbricazione dei computer, la cura e la manutenzione del paesaggio, le opere idrauliche, il commercio all’ingrosso di carta e cartone.

Tutte queste attività produttive saranno consentite anche in Sicilia.

Per i negozi, gli esercizi e le attività produttive che hanno riaperto nella giornata di oggi, vi sono delle regole fondamentali da seguire: il distanziamento (minimo 1 metro), la pulizia degli ambienti lavorativi due volte al giorno con un’attenzione particolare al ricambio d’aria, la disponibilità e l’accessibilità ai disinfettanti per le mani, mascherine obbligatorie nei luoghi o negli ambienti chiusi e all’interno dei quali non può essere garantito il distanziamento.

Gli accessi nei negozi andranno organizzati secondo le seguenti modalità: ampliamenti delle fasce orarie, per locali fino a quaranta metri quadrati si potrà accedere una persona alla volta, per i locali di dimensioni superiori l’accesso è regolamentato in relazione agli spazi disponibili ed alle possibilità di percorsi di entrata e uscita differenti.

Importante, affinchè venga garantito il distanziamento dei clienti in attesa di entrata, che le suddette informazioni vengano comunicate proprio all’ingresso dei negozi.

Ci attendono, probabilmente, le settimane più impegnative e decisive nella lotta al nemico invisibile; se saremo responsabili e coesi potremo dapprima convivere ed in seguito sconfiggere il virus.

Antonio Mulone

Nuovo preoccupante esodo dal Nord Italia, prese misure precauzionali

Negli ultimi giorni si sta verificando un nuovo fenomeno di fuga dal nord, dalla Lombardia, da Milano.

Si potrebbe definire il “nuovo esodo milanese” quello compiuto da migliaia di studenti e lavoratori fuorisede che in questa complessa situazione di panico vogliono ricongiungersi con le famiglie.

Il rischio correlato a questa evasione di massa dal nord è quello di favorire la diffusione esponenziale del Coronavirus nelle regioni del sud-Italia che in queste ore appaiono come le meno colpite da quella che L’Oms ha definito una “pericolosa pandemia”.

Due le tratte più affollate: la Milano-Siracusa-Palermo e la Milano-Lecce; importanti e preoccupanti anche gli afflussi nelle tratte notturne dei giorni precedenti.

Tante le denunce vane e disperate del personale a bordo dei treni che ha più volte evidenziato l’assenza di sicurezza sanitaria nei vagoni letto, la promiscuità tra passeggeri alla quale si è obbligati pur di raggiungere la meta dell’agognato viaggio.

Il Ministero dei Trasporti ha comunicato la sospensione totale ed immediata dei treni notturni al fine di contenere l’emergenza sanitaria.

Il Ministro di competenza De Micheli ha dichiarato in merito:

Il governo sta garantendo e sta attuando le misure che consentono alle persone di spostarsi esclusivamente per comprovate esigenze lavorative o per motivi sanitari urgenti e improcrastinabili. Resta quindi forte la raccomandazione di evitare gli spostamenti inutili, la partenza da una regione all’altra per incontrare familiari o amici.”

La decisione forte del ministero sullo stop ai convogli notturni è stata sollecitata anche da molti amministratori delle regioni del sud-Italia affinché potessero essere bloccate potenziali linee di contagio e garantite la tutela della salute della popolazione, del personale viaggiante fino ai cittadini delle regioni dove ancora il virus parrebbe darci il tempo di issare un argine.

Il Governatore della Puglia Emiliano si è sfogato così sulle sue pagine social:

Ci state portando tanti altri focolai di contagio che avremmo potuto evitare. In Puglia ieri, in un giorno, si sono registrati 50 casi in più, il conto è arrivato a 158 positivi”.

Le autorità hanno predisposto per le persone che arrivano in queste ore nuove e rigorose prescrizioni restrittive alle quali attenersi, come l’obbligo di segnalare il loro arrivo e rimanere in quarantena per 14 giorni.

Spostamenti non giustificati che rischierebbero di vanificare l’enorme sforzo degli italiani per arginare la diffusione del virus. Nelle ultime ore, infatti, sembra che sia ripreso il flusso di viaggiatori che lasciano le Regioni del Nord per raggiungere via rotaia il Mezzogiorno, soprattutto a seguito della soppressione dei voli.

Venerdì già il Governo Musumeci aveva dimezzato le corse degli autobus pubblici e privati e delle navi traghetto, sospendendo le linee non essenziali. “Non escludiamo, per quanto di nostra competenza, un’ulteriore stretta”, ha detto il presidente della Regione Sicilia.

Regole precauzionali in atto anche nei comuni dello Stretto di Messina, nello specifico la stazione di Villa San Giovanni e Messina impegnate sinergicamente, come ha comunicato il sindaco di Messina De Luca, nella supervisione e nel controllo degli arrivi attraverso autocertificazioni obbligatorie, controlli con il termoscanner agli imbarcaderi di Messina con obbligo di isolamento per eventuali casi sospetti.

Ci attendono sicuramente settimane difficili nelle quali a fare la differenza nella battaglia al Coronavirus saranno la responsabilità ed il buon senso collettivi, che gli italiani nei momenti complicati hanno sempre dimostrato.

Antonio Mulone