L’AMGOT: storia del governo militare della Sicilia durante la Seconda Guerra Mondiale

La seconda guerra mondiale è stata un evento che ha sconvolto le dinamiche culturali, politiche ed economiche d’Europa. Allo stesso tempo, il suo esito ha gettato le basi per gli odierni equilibri internazionali, con conseguenze tutt’ora tangibili, derivate dalle numerose vicende che l’anno caratterizzata. Tra queste, vi è quella dell’operazione Husky, meglio conosciuta come lo sbarco in Sicilia delle forze anglo-americane.

 Bombardamento di Messina ad opera delle forze Alleate, 1943 – Fonte: normanno.com

Forse non tutti sanno che tale operazione si tradusse in una vera e propria occupazione militare del suolo siciliano, che ha comportato una riorganizzazione amministrativa delle istituzioni fasciste, le quali vennero rimosse da tutti gli ambiti della vita pubblica, partendo dai podestà, passando dai professori universitari nominati dal regime per la loro alta fama (17 a Palermo, 17 a Messina, 5 a Catania), fino agli stessi Tribunali. Questa grande opera, che prese il via con la caduta di Messina (17 agosto 1943) – e conseguente conquista della Sicilia da parte degli Alleati – prese il nome di Allied Military Government of Occupied Territories (AMGOT).

 

L’istituzione dell’AMGOT e delle Am-lire

L’istituzione dell’AMGOT è stata prevista dalla Conferenza di Casablanca (12 gennaio 1943), con lo scopo di amministrare i territori liberati. Il governo dell’Isola spettava congiuntamente agli inglesi e agli americani, competenti rispettivamente in Sicilia occidentale e in Sicilia orientale. Subito dopo lo sbarco, il 10 luglio, il generale Alexander (1891-1969), in qualità di governatore militare della Sicilia, emanò diversi proclami. Il primo sanciva il passaggio dei poteri politici e amministrativi del Governo italiano, ancora guidato da Mussolini (1883-1945), al governo militare. Uno di dei più importanti imponeva una valuta d’occupazione stampata negli USA è decisamente svalutata: stiamo parlando delle celebri am-lire entrate in circolazione in 8 tagli (da 1 a 1000).

Banconota di una am-lira – Fonte: wikipedia.org

I legami con la mafia

Per facilitare la gestione dei territori, orfani dei podestà in fuga, l’AMGOT decise di nominare come sindaci le personalità più influenti dei singoli luoghi, molto spesso indicati direttamente dalla Chiesa, ben radicata in tutta la Sicilia. Questo, però, portò all’insediamento di elementi legati alla mafia, come Giuseppe Genco Russo (1893-1976) e Calogero Vizzini, detto don Calò (1877-1954), nominati rispettivamente primi cittadini di Mussomeli e Villalba. La mafia, dunque, dopo aver agito da intermediaria nella preparazione dello sbarco in Sicilia degli Alleati e aver garantito il supporto delle masse alla loro avanzata, ebbe un ruolo da co-protagonista nell’amministrazione dell’Isola liberata.

Ufficialmente smentita dai entrambi i governi alleati, la collaborazione tra l’AMGOT e la mafia era nota agli amministratori anglo-americani. In particolare, il capitano W.E. Scotten (1904-1958) in un suo rapporto – riportato nella scena finale del film di Pif “In guerra per amore” (consigliata la visione) – sottolineava come in Sicilia, in seguito all’occupazione alleata, si fosse verificata una notevole riaffermazione della mafia e che “l’abbandono di qualunque tentativo di controllo della Mafia in tutta l’isola” avrebbe potuto “significare la consegna dell’isola ai poteri criminali per un lungo periodo di tempo”. Cosa che di fatto è avvenuta.

 

Giuseppe Genco Russo – Fonte: wikipedia.org

 

Caloggero Vizzini – Fonte: wikipedia.org

I rapporti con il MIS

Oltre ai rapporti con la mafia, i dirigenti dell’AMGOT tessero una fitta rete di relazioni con la forza politica in quel momento più popolare dell’Isola: il Movimento Indipendentista Siciliano (MIS). Costituitosi nel 1942 – inizialmente con il il nome di Comitato per l’Indipendenza della Sicilia (CIS) – fu uno dei partiti protagonisti dello scenario politico siciliano negli anni ’40– con l’elezione di quattro suoi esponenti all’Assemblea Costituente –, prima di sciogliersi definitivamente nel 1951.

I legami – rigorosamente non ufficiali poiché gli anglo-americani si dichiararono al di sopra di qualsiasi schieramento politico – si istaurarono soprattutto in chiave anti-comunista. Il supporto del MIS proveniva, infatti, soprattutto dai ceti meno abbienti, attratti dal carisma e dall’ars oratoria del leader indipendentista Andrea Finocchiaro-Aprile; questo rese il MIS un valido rivale dello schieramento social-comunista. Prova tangibile di questo rapporto privilegiato fu la nomina a sindaco di Palermo del barone Lucio Tasca (1880-1957), esponente dell’ala conservatrice del movimento.

La bandiera del Movimento Indipendentista Siciliano – Fonte: wikipedia.org

 

L’11 febbraio 1944: la fine dell’AMGOT

L’esperienza dell’AMGOT in Sicilia si concluse con il proclama numero 16 del generale Alexander, emanato   l’11 febbraio 1944. Questo atto, infatti, sanciva il passaggio dell’Isola alla giurisdizione del governo italiano, presieduto da Badoglio (1871-1956) , anche se – come il resto dei territori liberati – restava sotto la supervisione di un organo istituito come evoluzione dell’AMGOT: la Commissione Alleata di Controllo.

Quest’organismo controllò la vita politica e ammnistrativa in Italia fino alle elezioni dell’Assemblea Costituente e al Referendum istituzionale del 1946, per evitare che il Paese si allontanasse dalla sfera di influenza politica degli anglo-americani, messa a rischio dalla crescente forza dello schieramento social-comunista.

©Mario Antonio Spiritosanto – Manifesto bilingue, usato durante le riprese del film di Pif “In guerra per Amore”, Erice (TP) 2020.

L’esperienza anglo-americana della Sicilia e dell’Italia è forse uno dei temi che più ci ha riguardato direttamente in quanto comunità. Di certo, le forze alleate identificarono l’Isola come una zona strategica, non solo per capovolgere le sorti del conflitto mondiale, bensì per il futuro ed ulteriore controllo dello scacchiere internazionale, ed in particolare del Mediterraneo. Tuttavia, l’idea di una Sicilia “a stelle e strisce” ha trovato l’opposizione non solo dell’allora Regno d’Italia, ma anche del popolo siciliano, convinto nel voler ottenere un’organizzazione autonoma su cui poter ricostruire – finalmente – la propria identità.

Ma questa è un’altra storia.

Salvaotre Nucera, Mario Antonio Spiritosanto

 

Fonti:

storiaxxisecolo.it ;

The Sicilian Separatist movement: 1943-1946, Monte S. Finkelstein

 

Per approfondire:

M.T. Di Paola, Gli alleati e la Sicilia: guida ai documenti del Pubblic Record Office (1940-1947), Isituto siciliano per la storia dell’Italia contemporanea, Palermo 1979;

M. Ganci, L’A.M.G.O.T. in Sicilia, in Id., La Sicilia contemporanea, Società Editrice Storia di Napoli del Mezzogiorno Continentale e della Sicilia, Napoli-Palermo 1980, pp. 121-13;

G. Di Capua, Il bienno cruciale (luglio 1943/giugno 1945). L’Italia di Charles Poletti, Rubettino, Soveria Mannelli, 2005;

 

Immagine in evidenza:

L’ingresso degli Alleati a Messina – Fonte: normanno.com

 

Coronavirus: cresce l’allerta per le varianti. Istituite nuove zone rosse locali

Sono stati emanati nuovi provvedimenti per le singole regioni con l’obiettivo di arrestare la corsa delle varianti da coronavirus. Alcune località italiane tornano in zona rossa.

Covid-19: Situazione in Italia –Fonte:salute.gov.it

Sebbene il “Bel Paese” presenti in prevalenza aree gialle, da inizio settimana non sono mancati degli spruzzi di colore rosso che testimoniano la presenza di comuni necessitanti forme di contenimento più stringenti rispetto a quelle previste nella grande fetta del territorio nazionale. La motivazione che ha portato alla riformulazione di “micro zone rosse locali” risiede nell’intenzione del ministro della salute Roberto Speranza di tutelare l’intera nazione al contenimento di forme diverse di coronavirus, come la variante “inglese”, “brasiliana” e “sudafricana”.

Attualmente le aree sotto i riflettori si trovano situate in Umbria, Alto Adige, Abruzzo, Molise, Toscana e Sicilia.

Parametri per determinare il colore delle regioni

 Il Consiglio dei ministri ha approvato il 16 gennaio un decreto legge valido fino al 5 marzo, che delinea i criteri per classificare le regioni ai diversi livelli di rischio epidemiologico.

Analisi del rischio dell’epidemia –Fonte:quotidiano.net

Vengono, così considerate tre macro aree:

  • Incidenza settimanale di contagi ogni 100 mila abitanti: la cui soglia è pari a 50 casi
  • Livelli di rischio: basso, medio e alto
  • Quattro scenari

Esistono così ben 24 combinazioni differenti, che vengono fuori dall’analisi di 21 indicatori, la cui valutazione si stabilisce attraverso nuovi focolai individuati grazie ai tamponi, all’andamento degli accessi al pronto soccorso per coronavirus, al tasso di occupazione dei posti letto nelle terapie intensive e all’efficienza del sistema di contact tracing. A determinare gli scenari è l’indice Rt che rappresenta il numero medio delle infezioni prodotte da ciascun individuo infetto, dopo l’applicazione delle misure di contenimento dell’epidemia stessa.

I quattro scenari –Fonte:lasicilia.it
  • Con indice Rt inferiore a 1 si va nello scenario 1
  • Con indice Rt tra 1 e 1,25 si va nello scenario 2
  • Con indice Rt tra 1,25 e 1,5 si va nello scenario 3
  • Con indice Rt superiore a 1,5 si va nello scenario 4

La presenza di varianti del coronavirus

A far preoccupare gli scienziati risultano essere proprio le varianti. Queste causano una maggiore propagazione del virus rispetto alla versione “originale”. Da ciò si testimonia la necessità di circoscrivere aree nazionali, con livelli di diffusione dell’epidemia differenziata. Secondo i ricercatori la mutazione del virus sarebbe stata registrata tra novembre e dicembre dello scorso anno, attraverso analisi di materiale genetico prelevato da alcuni soggetti. Uno di questi condotto nel Regno Unito ha portato alla scoperta del B.1.1.7 e che obbligò il Governo britannico alla reintroduzione di dure restrizioni e lockdown per il contenimento dei contagi in crescita.

Variante Covid-19 –Fonte:quotidiano.net

Il 501Y.V2 , invece, noto come variante africana, è stato scoperto nella provincia del Capo Orientale tra le zone più povere del Sudafrica. Anche questa, come la precedente, aveva la capacità di “colpire” più rapidamente gli individui in un’area.

Mutazioni coronavirus –Fonte:huffingtonpost.it

La trasmissibilità di queste due mutazioni è pari al 50% in più rispetto alle altre varianti di coronavirus presenti nel mondo. Ci si è chiesti cosa abbia causato queste trasformazioni e la risposta è stata trovata nei processi di replicazione del codice genetico, che non sempre avviene in modo corretto. Quando questo viene copiato, può crearsi un refuso che si trasmette alle generazioni successive. Rassicuranti sono le analisi condotte sul siero (porzione di sangue che contiene gli anticorpi prelevati da un soggetto affetto da Covid-19) che non hanno segnalato alcuna minore capacità di sviluppare una reazione immunitaria, che sottolinea l’efficacia dei vaccini Pfizer-BioNTech e Moderna.

Divieti da zone rosse

Le “micro zone rosse locali” presentano delle restrizioni simili a quelle della zona rossa nazionale. È così previsto:

  • Divieto di uscire dalla propria abitazione se non per comprovati motivi di lavoro, salute o necessità urgente
  • Chiusura delle scuole di ogni ordine e grado
  • Chiusura di attività commerciali come negozi, bar e ristoranti
Covid, nelle zone rosse scattano più divieti –Fonte:tgcom24.mediaset.it

Oltre a ciò vige una certa “libertà” per le regioni di stabilire la necessità di applicare misure più stringenti o più permissive. È necessario perciò consultare adeguatamente i siti ufficiali dei propri comuni o delle regioni.

Quali sono le località rosse in Italia

Sul territorio nazionale le macchie rosse sono presenti in:

Provincia di Bolzano –Fonte:qualitytravel.it

Alto Adige nella provincia autonoma di Bolzano, il cui provvedimento preso dal presidente Arno Kompatscher ha valenza fino al 28 febbraio, ricoprendo tutti i comuni della provincia. Secondo gli ultimi dati registrati, è stata individuata la più alta incidenza in Italia di positivi, aggravata a seguito delle vacanze natalizie. Lo stesso presidente della Provincia Autonoma di Bolzano conferma che:

“Nonostante questo, abbiamo dovuto constatare che negli ultimi giorni la curva non si è piegata. Pensavamo che dopo le feste ci sarebbero stati degli innalzamenti fisiologici ma poi un abbassamento. Purtroppo c’è stato un lieve ma continuo aumento, legato anche a delle novità”

Umbria, mappa dei divieti –Fonte:lanazione.it

In Umbria le misure restrittive, previste per due settimane, abbracciano la città di Perugia e sei comuni nella provincia di Terni: Amelia, Attigliano, Calvi dell’Umbria, San Venanzo, Lugnano in Teverina e Montegabbione. Dal confronto con il comitato tecnico scientifico nazionale e l’Istituto Superiore di Sanità, la presidente della regione Donatella Tesei ha deciso di applicare il principio di massima precauzione per “evitare che il virus possa dilagare anche nel resto dell’Umbria e alle regioni limitrofe”.

Comune di Chiusi –Fonte:comune.chiusi.si.it

In Toscana, il presidente Eugenio Giani, ha ordinato la zona rossa solo nel comune di Chiusi, per il notevole aumento di contagi dalle varianti “brasiliana” e “sudafricana”. È stato già previsto uno screening di massa per individuare i positivi e isolarli nel comune infetto.

Zona rossa in Basso Molise –Fonte:rainews.it

28 sono i comuni del Basso Molisano a subire restrizioni fino al 21 febbraio. Rispetto alle altre aree nel territorio italiano, qui ancora non è stata accertata la presenza di varianti, ma il notevole aumento di contagi e ricoveri hanno convinto Donato Toma della necessità di dichiararle aree a rischio maggiore.

Abruzzo in zona rossa –Fonte:comune.manoppello.pe.it

In Abruzzo i tamponi effettuati hanno riscontrato la presenza della variante inglese, i cui divieti toccano i comuni di Atessa, San Giovanni Teatino (CH) e Tocco da Casauria (PE). Marsilio Marco ha così firmato l’ordinanza correttiva valida per una settimana, in cui sono consentiti solo gli spostamenti per motivi di lavoro.

…e in Sicilia?

 

Coronavirus: aggiornamento della situazione –Fonte:tortorici.gov.it

Da venerdì 5 a lunedì 14 febbraio, il comune Tortorici in provincia di Messina sarà segnato dal colore rosso, mentre il resto della regione rimane zona arancione. L’ordinanza del Presidente della regione Nello Musumeci, stabilita insieme all’assessore alla salute Ruggero Razza prevede:

  • Divieto di accesso e di allontanamento dal territorio comunale, con mezzi pubblici o privati; fatta eccezione per gli spostamenti dovuti da comprovate esigenze lavorative, di salute o necessità;
  • Sarà consentito il transito agli operatori sanitari e socio-sanitari, al personale impegnato nell’assistenza alle attività inerenti l’emergenza, nonché il fruire dell’ingresso e dell’uscita di prodotti alimentari, sanitari e di beni e servizi essenziali;
  • Sospensione in presenza delle attività scolastiche e didattiche di ogni ordine e grado, degli uffici pubblici tranne quelli necessari per l’erogazione dei servizi essenziali e di pubblica utilità;
  • Chiusura di strutture di vendita, fatta eccezione per generi alimentari e di prima necessità;
  • Rimangono aperte edicole, tabaccai, farmacie e parafarmacie che seguono il loro ordinario orario di lavoro.

Provvedimenti nazionali

Istituto Superiore di Sanità –Fonte:ciriesco.it

Il direttore della Prevenzione del ministero della Salute Giovanni Rezza, durante la conferenza tenutasi lo scorso venerdì sull’analisi dei dati regionali, ha fatto riferimento della “corsa contro il tempo” e dell’attivazione di un sistema di “sorveglianza epidemiologica e molecolare basato sui centri di riferimento regionale e altri laboratori, tra cui quelli universitari, per aumentare la capacità di monitoraggio”. Ed è proprio grazie a questi studi che è possibile prendere provvedimenti più rapidi affinchè la presenza di varianti possa essere circoscritta attraverso “mini lockdown temporanei”.

Giovanna Sgarlata

Si conclude la zona ultrarossa a Messina. Ecco cosa aspettarsi da domani

(fonte: palermo.repubblica.it)

Si conclude oggi 29 gennaio la zona “ultrarossa” su Messina, istituita con ordinanza del sindaco Cateno De Luca una settimana prima che l’intera regione diventasse rossa.

L’ordinanza, che prevedeva un’ulteriore restrizione delle misure previste per la comune zona rossa, non sarà più valida a partire da domani, sabato 30 gennaio. A tal proposito rimarranno in vigore le ordinanze regionali volute dal presidente Musumeci – con zona rossa ancora fino al 31 gennaio.

Il sindaco di Messina, che alcune settimane fa ha dichiarato di voler rassegnare le dimissioni nel caso in cui la sua ordinanza non venisse approvata, ha deciso dunque di cedere la gestione dell’emergenza agli organi regionali e nazionali e lo annuncia tramite un video sulla pagina Facebook ufficiale:

Si conclude la fase della mia ordinanza e da sabato si applicheranno le regole e le limitazioni stabilite dal Ministero della Salute e dal Presidente della Regione Musumeci sia per le attività economiche che per le scuole.

La mancata proroga

Nei giorni scorsi il primo cittadino aveva proposto una proroga dell’ordinanza anche per l’ultimo weekend di gennaio, ma immediato è stato il no dei commercianti e delle imprese:

Chiediamo pertanto al Sindaco di non emanare ulteriori provvedimenti restrittivi e di attenersi a quelle che saranno le disposizioni messe in atto dal Governo Nazionale e dalla Regione (Tempostretto.it)

Molto ha fatto parlare la lettera dell’imprenditore Lino Santoro Amante, titolare del celebre bar Santoro di Piazza Cairoli, che ha esplicitamente bocciato la proroga delle restrizioni. Così scrive nella lettera l’imprenditore messinese:

Siamo a rischio chiusura e, ogni giorno che passa, la situazione va sempre più peggiorando.

Cosa cambia nel weekend

A partire dalla mezzanotte del 30 gennaio rimarranno in vigore esclusivamente le misure previste dall’ordinanza regionale. Rimangono chiuse le scuole e niente visite ai parenti, ma torna l’asporto. Rimarranno aperti tutti i negozi previsti dal DPCM del 14 gennaio 2021: tornano barbieri e parrucchieri e le librerie.

La circolazione rimane limitata alle comprovate esigenze di lavoro.

(fonte: messinaoggi.it)

Le dimissioni del sindaco

Nel frattempo, De Luca sembra irremovibile sulle dimissioni: dal 5 febbraio entrerebbero in vigore ed il primo cittadino cadrebbe dal ruolo in un momento assolutamente intenso per l’amministrazione locale. Non sono mancati gli appelli dei consiglieri comunali già pochi giorni dopo l’annuncio delle dimissioni.

Il 26 gennaio il consigliere Nello Pergolizzi ha presentato la mozione per richiedere il ritiro delle dimissioni. La motivazione sarebbe proprio la gestione dell’emergenza da COVID-19, che diverrebbe impossibile sotto commissariamento.

Ma il fronte del consiglio sembra dividersi: oggi altri 7 membri, tra esponenti del PD e di Libera Me (a cui appartiene anche Pergolizzi) hanno preso le distanze dal consigliere, ribadendo l’incapacità del Sindaco nel gestire dell’andamento epidemico. Ed affermano:

Se De Luca vuole realmente dimettersi, cosa che sarebbe anche auspicabile, lo faccia subito e passi la mano a chi dopo di lui può meglio affrontare e gestire la crisi pandemica, altrimenti faccia marcia indietro, come peraltro è già capitato parecchie altre volte, e cerchi di assumere un profilo consono al ruolo che riveste e al momento storico la città sta vivendo. (Tempostretto.it)

(fonte: gazzettadelsud.it)

Da febbraio possibile zona arancione su tutta la Sicilia

Intanto, sul territorio regionale si prevede il ritorno della Sicilia alla zona arancione a partire da lunedì 1 febbraio.

Si aspettano i risultati dell’Istituto superiore della sanità sull’indice Rt in Sicilia: sotto l’1.25 il rischio potrebbe abbassarsi fino a moderato, mentre appena una settimana fa l’indice rt della regione si trovava a 1,27. Tuttavia il calo dei contagi constatato questa settimana fa sperare a molti la zona arancione.

Cosa aspettarsi dalla zona arancione? Quanto alla mobilità, si potrebbe circolare dalle 5 alle 22 all’interno del proprio comune; le scuole superiori adotterebbero la presenza alternata fino al 75%, mentre l’apertura delle Università rimarrebbe alla discrezione dei rettori. Rimane l’asporto da tutti i locali dalle 5 alle 18; per i ristoranti fino alle 22. Riaprirebbero anche i centri commerciali, ma non nei giorni festivi e prefestivi.

Valeria Bonaccorso

La Sicilia potrebbe ospitare depositi dei rifiuti nucleari. Sindaci e Nello Musumeci in protesta. Ecco cosa sta succedendo

Accanto alla proposta del Cts, arrivata nelle ultime ore, di fare della Sicilia zona rossa per tre settimane, a preoccupare la nostra isola è la Cnapi, la carta pubblicata da Sogin, dopo il nullaosta del Governo, nella notte tra il 4 e il 5 gennaio, che indica le 67 aree idonee ad ospitare infrastrutture per lo smaltimento dei rifiuti nucleari. Tra queste, 4 sono siciliane: Calatafimi-Segesta, Castellana Sicula, Petralia Sottana e Butera.

Mappa dei luoghi selezionati da Sogin – Fonte: www.blitzquotidiano.it

Il “no” dei sindaci e di Musumeci

La notizia è stata accolta con dissensi e proteste dei sindaci e del presidente della regione Nello Musumeci. Ha affermato il sindaco di Petralia-Sottana, Leonardo Neglia:

Sono rimasto di stucco e anche un po’ contrariato apprendendo la notizia. Ci lascia sgomenti: noi siamo anche sede dell’ente parco delle Madonie, da un lato si vuole la protezione della zona, dall’altro si vogliono seppellire scorie nucleari”.

Per il governatore della regione la selezione delle aree siciliane è da mettere in discussione:

Abbiamo elementi tecnici inoppugnabili per contestare questa scelta, in contrasto con tutti gli indicatori fisici, sociali, economici e culturali dell’Isola e lo faremo anche con il coinvolgimento dei Comuni interessati, che condividono le nostre preoccupazioni. La Sicilia, anche per la sua alta vulnerabilità sismica e per la disastrosa condizione della viabilità interna, su cui la Regione non ha competenza diretta, non può permettersi né di ospitare né di trasportare rifiuti nucleari”.

L’associazione di Calatafimi-Segesta “Amunì Calatafimi” ha lanciato una petizione contro il deposito delle scorie nucleari che ha già raccolto circa 600 firme. Scrive l’Associazione:

Con questa petizione miriamo, sin da subito, a bloccare questa possibile follia. Chiediamo a tutte le realtà territoriali di unirsi a noi prima della scadenza della consultazione pubblica. Anche solo l’aver inserito queste zone nella lista dei siti idonei a ospitare un deposito nazionale dei rifiuti radioattivi italiani, è pura follia. Territori ad alto rischio sismico, con risorse agricole, paesaggistiche, turistiche ed archeologiche. Territori logisticamente remoti, come possono essere valutati idonei a tal fine?

I criteri di selezione dei luoghi

Le critiche fanno sembrare la scelta delle aree in Sicilia totalmente in contraddizione con i criteri di selezione stabiliti dall’Ispra nel 2014. Secondo l’istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, i luoghi atti ad ospitare depositi nucleari sarebbero quelli con pochi abitanti, non a quote troppo elevate, non su pendenze eccessive, non troppo vicini al mare, con una sismicità modesta, senza vulcani né rischi di frane e alluvioni. Criteri che certamente generano dei dubbi intorno all’idoneità della Sicilia, territorio a rischio idrogeologico, noto per l’attività sismica e vulcanica, votato all’agricoltura e al turismo.

Perplessità relative alla scelta delle aree sono sorte anche in altre regioni selezionate per accogliere i depositi. Forti critiche sono giunte in particolare dalla Sardegna e dalla Puglia. Alessio Valente, sindaco di Gravina in Puglia, scrive: “La vocazione di queste nostre aree è agricola e turistica, e non permetteremo che ci trasformino in un cimitero di scorie nucleari. Mai”.

Una questione rimandata da molto tempo

D’altronde, se si pensa all’intero territorio italiano, sembra difficile trovare delle zone idonee al 100%, capaci di rispecchiare tutti i criteri stabiliti. Eppure, la questione dei rifiuti nucleari, rimandata già da troppo tempo, necessitava di una soluzione.

Era la stessa Unione Europea a reclamarlo. Infatti, secondo l’articolo 4 della Direttiva 2011/70 la sistemazione definitiva dei rifiuti radioattivi deve avvenire nello Stato membro in cui sono stati generati. Al momento, in Italia sono presenti una ventina di siti provvisori, non idonei allo smaltimento definitivo. La Cnapi, scritta nel 2010, rinviata di anno in anno, doveva essere pubblicata già nel 2015. Il ritardo, dovuto sia ad accertamenti tecnici della Sogin e dell’Ispra sia a vicissitudini politiche, dalle regionali del 2015 al referendum costituzionale del 2016, fino alle elezioni del 2018, è costato all’Italia una procedura di infrazione aperta dall’UE nell’ottobre del 2019.

Insomma, si tratta di una questione non più rimandabile. L’ha detto anche il sottosegretario all’ambiente Roberto Morassut, il quale ha garantito trasparenza e collaborazione con le associazioni ambientaliste:

“È un provvedimento da tempo atteso e sollecitato anche dalle associazioni ambientaliste, che consentirà di dare avvio ad un processo partecipativo pubblico e trasparente al termine del quale sarà definita la localizzazione dell’opera. Un impegno che questo Governo assume anche in ottemperanza agli indirizzi comunitari e nel rispetto della piena partecipazione delle comunità alle decisioni”.

Roberto Morassut – Fonte: www.italiaincammino.it

Il progetto

Il progetto del deposito nazionale per lo smaltimento dei rifiuti nucleari non riguarda, per fortuna, le scorie più pericolose, ma quelle con media e bassa attività radioattiva, in totale circa 78000 metri cubi di rifiuti che si producono ogni giorno: reagenti farmaceutici, mezzi radiodiagnostici degli ospedali, guanti e le tute dei tecnici ospedalieri, il torio luminescente dei vecchi quadranti degli orologi, i marker biochimici e i biomarcatori, i parafulmini e i rilevatori di fumo. 33000 metri cubi di rifiuti sono già stati prodotti, i restanti 45000 metri cubi si prevede che verranno prodotti nei prossimi 50 anni.

Cosa accadrà adesso?

Dopo il nulla osta alla pubblicazione della Cnapi, arrivato il 30 dicembre da parte dei ministeri dello Sviluppo economico e dell’Ambiente, si è aperta una fase di 60 giorni durante la quale le Regioni e gli enti locali sono tenuti ad avanzare critiche e proposte. Allo scadere di questo periodo, si terrà un seminario nazionale di 4 mesi che farà del deposito di rifiuti nucleari l’oggetto di un dibattito tra sindacati, università, enti locali, enti di ricerca. In base a quanto emergerà nel seminario nazionale, la Cnapi verrà rivista, modificata e poi sottoposta ai ministeri dello Sviluppo economico, dell’Ambiente e delle Infrastrutture e dei Trasporti che dovranno convalidarla.

Chiara Vita

 

 

Libia: Liberati i pescatori di Mazara Del Vallo. La storia e i motivi del rapimento

Dopo 108 giorni è avvenuta la liberazione dei pescatori sequestrati in Libia. Il Presidente del Consiglio e il Ministro degli Esteri hanno portato a termine la loro scarcerazione.

Liberi i pescatori italiani sequestrati in Libia – Fonte:avvenire.it

Sono in 18 i membri dei due pescherecci italiani (8 italiani, 6 tunisini, 2 indonesiani e 2 senegalesi) trattenuti nella roccaforte del generale Khalifa Haftar dal primo settembre, con l’accusa di aver invaso le acque libiche, trovandosi a circa 80 miglia dalla costa di Bengasi. Sebbene ancora non siano noti i dettagli della contrattazione, è stato necessario l’intervento personale di Giuseppe Conte e di Luigi Di Maio per far avvenire la trattativa del rilascio.

Questione di invasione

A lanciare l’allarme sono state altre due imbarcazioni che si trovavano nelle vicinanze. Gli equipaggi di “Medinea” e “Antartide” partiti da Mazara del Vallo sono stati bloccati dalle motovedette dell’Est libico, poichè rivendicavano l’invasione in una porzione di mare usata come propria zona economica esclusiva per lo sfruttamento delle ricchezze, come possessori unilaterali di quella fetta dal 2005.

La denuncia dei pescatori siciliani –Fonte:vita.it

La questione che pone i diritti di navigazione e lo sfruttamento delle acque marine rimane un tema molto discusso dai paesi costieri del Mediterraneo.  La sovranità esercitata da ogni singola Nazione, di pari grado ed intensità a quella affermata sulla terraferma, è legittimata entro il mare territoriale, porzione adiacente alle coste che si estende per un massimo di 12 miglia nautiche, che corrispondono a circa 22 chilometri. Ciascun Stato però deve garantire il libero passaggio delle navi straniere, a meno che mettano a repentaglio la pace e l’ordine.

Delitti commessi in acque internazionali –Fonte:difesaonline.it

La zona tra le 12 e le 24 miglia nautiche, è detta contigua, in cui il Paese ha potere di controllo sulle imbarcazioni estranee affinchè possa tutelare il proprio territorio da eventuali reati che queste possono commettere. Nonostante ciò, come riferisce il Giornale di Sicilia la Libia rivendica da anni frazioni di mare ben più ampie da quelle legittimate di oltre 62 chilometri.

Ipotesi del fermo

Tra le più accreditate risulta essere quella di realizzare trattative politiche con l’Italia, trasformando i pescatori come merce di baratto. Sarebbe stata avanzata da parte di Bengasi la richiesta di uno “scambio di prigionieri”, che prevedeva l’estradizione di quattro libici condannati in Italia come scafisti per un’attraversata avvenuta nel 2015 in cui persero la vita 49 migranti. Tesi disfatta dal ministro per i Rapporti col Parlamento Federico D’Incà, affermando che le istanze di tale organizzazione non erano “nè confermate né in alcun modo formalizzate”.

Libia, i pescatori di Mazara del Vallo in ostaggio –Fonte:globalist.it

Il giornalista Francesco Mezzapelle, di Prima Pagina Mazara, spiegava che tra le ipotesi possibili vi poteva essere una connessione per il mancato accordo commerciale del 2019. Tale collaborazione doveva avvenire tra la federazione italiana Federpesca e un’agenzia di investimento del generale libico. L’obiettivo era quello di permettere ad alcuni pescherecci italiani di pescare nella loro zona comando unilaterale attraverso il pagamento di una quota mensile. Il malcontento generato dall’assenza di un concordato avrebbe potuto inasprire gli animi libici che per “ripicca” potrebbero aver indetto l’arresto. Ciò può essere motivato dal fatto che l’Italia riconosce come governo legittimo quello di Serraj, avversario di Haftar.

Le condizioni dei pescatori

Questi erano rinchiusi in un edificio presidiato e fortificato da un muro di cemento che circonda l’area. Per raggiungerlo era necessario superare un posto di blocco presidiato da uomini in uniforme verosimilmente appartenenti a reparti speciali della marina. Non potendo uscire dal palazzo, i prigionieri trascorrevano le giornate tra le brandine e la televisione unico svago concesso. Dopo il lungo silenzio dal 16 settembre il contatto con le famiglie è avvenuto tramite una breve telefonata del 10 novembre.

Sebbene siano state garantite “buone” condizioni di salute a livello fisico, non è da escludere che una situazione così tesa abbia potuto provocare dei danni all’apparato psicologico dei soggetti.

La trattativa

Durante i 108 giorni le famiglie dei pescatori hanno continuato a chiedere a gran voce l’intervento del Governo. Sono state perciò organizzate manifestazioni a Mazara del Vallo e sit-in a Roma in piazza Montecitorio, davanti alla sede del Parlamento.

L’urlo dei parenti dei pescatori di Mazara Del Vallo –Fonte:tp24.it

La vicenda è così giunta fino a Bruxelles, prendendo i connotati di un vero caso diplomatico. L’appello promosso dall’Unione Europea richiedeva da parte delle autorità libiche il rilascio immediato, poiché i soggetti erano trattenuti da settembre senza che fosse avviata alcuna procedura legale. Ciò sembra aver accelerato l’impegno del Governo che il 17 dicembre ha visto il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte e il ministro degli Esteri Luigi Di Maio partire alla volta di Bengasi per realizzare la trattativa finale per la loro liberazione. Il Premier ha informato il Capo di Stato, che ha espresso grande apprezzamento per l’impegno versato a favore del conseguimento dell’esito positivo. Di Maio ha pubblicato così in un post su Facebook

“Grazie all’Aise (la nostra intelligence esterna) e a tutto il corpo diplomatico che hanno lavorato per riportarli a casa. Un abbraccio a tutta la comunità di Mazara del Vallo. Il Governo continua a sostenere con fermezza il processo di stabilizzazione della Libia. È ciò che io e il presidente Giuseppe Conte abbiamo ribadito oggi stesso ad Haftar, durante il nostro colloquio a Bengasi. Viva l’Italia”

Immensa è la gioia delle famiglie, del vescovo e del sindaco di Mazara Del Vallo di accogliere finalmente dopo tre mesi i loro cari come uomini liberi, considerandolo come “il regalo di Natale più bello”.

Liberi i pescatori italiani sequestrati in Libia da oltre 100 giorni –Fonte:avvenire.it

Giovanna Sgarlata

Nuova ordinanza di Musumeci per le festività natalizie: ecco cosa prevede

Nuove misure per il contenimento dei contagi, per la Sicilia partire dal 14 dicembre 2020 fino al 7 gennaio 2021. Saranno relative ai rientri nel periodo delle festività natalizie. La nuova ordinanza approvata ieri, 10 dicembre, dal presidente della regione Musumeci evidenzia infatti la necessità di monitorare ulteriormente gli spostamenti da e per la Sicilia, prevedendo un incremento dei rientri nell’isola e, dunque, un maggior rischio di contagi da Covid-19. Una possibilità estremamente critica per una regione che non vede i contagi abbassarsi e che ha strutture ospedaliere non adeguate a far fronte ad eventuali emergenze gravi. A tal proposito il governatore ha chiarito: “Il rischio di un nuovo esodo verso il Sud è un fatto reale, che non può non destare preoccupazione. Per questo ho ritenuto di chiedere al nostro Comitato Tecnico Scientifico di valutare alcune misure di contenimento e sorveglianza sanitaria, che vorremo condividere anche con il Ministero della Salute”.

Il presidente della regione Sicilia, Nello Musumeci, ha annunciato massimi controlli per il contenimento dei contagi per coloro che durante il periodo natalizio si recheranno nell’isola. Fonte: Il Fatto Quotidiano.

Cosa prevede l’ordinanza

Suddivisa in tre articoli, essa dispone in prima istanza la registrazione sulla piattaforma www.siciliacoronavirus.it, esclusi i pendolari e coloro i quali sono stati fuori dal territorio siciliano per meno di quattro giorni. Durante la registrazione sarà inoltre richiesto l’avvenuto adempimento del tampone rino-faringeo almeno 48 prima dell’arrivo in territorio siciliano.

Nel caso in cui il soggetto interessato non abbia, però, potuto effettuare il tampone molecolare ha l’obbligo di sottoporsi a una delle tre alternative di seguito: tamponi nei drive in, nei laboratori dedicati o l’isolamento presso la propria dimora.

Ricordiamo che, comunque, gli spostamenti tra comuni saranno permessi.

Tamponi rapidi nei drive-in

I tamponi rapidi antigenici sono eseguiti nei drive in appositamente dedicati. In caso di positività, saranno eseguite le ordinarie procedure, con ripetizione del tampone e presa a carico del Sistema Sanitario Regionale. In caso di negatività, il soggetto potrà recarsi direttamente al domicilio, ma sempre mantenendo i dispositivi di protezione individuale, le distanze previste e sottoponendosi a un tampone di conferma a distanza di cinque giorni.

Specifiche attività organizzative sono previste in questo senso per Messina, dal momento che rappresenta la principale via di accesso alla Regione. Sarà allestito un drive in a regime h. 24 nell’area dell’ “ex Gazometro” con 20 postazioni preposte e con altrettanti Covid Team, che si occuperanno dei primi tamponi. Altre aree interessate saranno la Stazione ferroviaria marittima e dell’ex Dogana, le quali saranno presto sgomberate per tale motivo.

I passeggeri che si recheranno in posti diversi dal territorio messinese saranno, invece, presi a carico dalle Asp territorialmente competenti nelle province di destinazione.

Tampone presso laboratorio

Qualora il soggetto decidesse di non sottoporsi alla prima procedura, può sempre scegliere di effettuare il tampone molecolare presso un laboratorio dedicato, a proprie spese.

Isolamento fiduciario

La terza alternativa non richiede tamponi, ma un isolamento della durata di 10 giorni presso il proprio domicilio, con l’onere di comunicarlo al medico di medicina generale.

Le misure di prevenzione nei luoghi pubblici

L’ordinanza detta le regole anche per i luoghi pubblici. Prevede che i centri commerciali siano muniti di strumenti “conta persone”. Secondo precise linee guide nazionali, i suddetti esercizi commerciali dovranno comunicare all’Asp territorialmente competente il numero massimo di clienti ospitabili, che sarà inoltre menzionato in un cartello da affiggere fuori dall’esercizio.

Le medesime precauzioni sono state prese anche in merito di pizzerie e ristoranti, i quali devono tenere un elenco ove siano segnati tutti i clienti serviti ai tavoli per un periodo di circa due settimane.

Sarà, tuttavia, discrezione dei sindaci indicare la possibilità per tali esercizi dell’orario continuato e adottare misure in grado di diminuire assembramenti e stazionamenti in piazze e zone pedonali. Possono altresì richiedere la presenza delle Forze dell’Ordine in luoghi più suscettibili a tale rischio.

In ultima istanza, l’ordinanza coinvolge i medici di Medicina Generale e i pediatri di Libera Scelta nella gestione dei casi positivi, sia effettuando tamponi sia prendendo in esame i periodi di inizio e fine isolamento dei soggetti.

 

Alessia Vaccarella

Natale col Covid, inizia la trattativa tra Stato e Regioni

Atteso un nuovo confronto fra Stato e Regioni per fare il punto sulla gestione del periodo natalizio. Sul tavolo delle trattive tra Stato e regioni le misure che con molta probabilità rientreranno nel prossimo DPCM. Il precedente decreto scadrà giorno 3 dicembre e tutti si aspettano di conoscere già nel fine settimana le modalità con cui affrontare un periodo tanto importante quante delicato come quello di Natale. Dopo la stretta delle scorse settimane e i primi timidi risultati positivi nella curva dei contagi il rischio dell’ennesima ondata incombe sulle necessità dei cittadini e, soprattutto, dei commercianti e dei ristoratori.

fonte: Governo.it

Le richieste delle Regioni

Uno dei punti su cui le regioni maggiormente puntano è quello di mantenere i ristoranti aperti anche la sera di Natale, Santo Stefano e, magari, nei giorni più caratteristici. Proposta che certamente mal si concilia con il coprifuoco fissato alle 22 e con la chiusura dei locali alle 18. Secondo il presidente della Liguria Giovanni Toti “nei giorni delle prossime festività i ristoranti debbano poter rimanere aperti anche la sera, perché già hanno sofferto tanto”.

Il governo ribadisce la volontà di mantenere, se non estendere di un’ora (dalle 22 alle 6), il coprifuoco anche nella notte di Natale e Capodanno. Discorso diverso per gli orari dei negozi: tra le proposte anche la possibilità di chiudere due o tre ore prima della mezzanotte.

 

(fonte: Libero Quotidiano)

“È chiaro che se c’è un coprifuoco penso che vada rispettato per tutti. Se c’è un coprifuoco c’è un coprifuoco.”, aggiunge, “È una norma già vigente e penso che vada confermata ancora. È una delle norme che ci ha consentito in queste settimane di iniziare quel percorso graduale e faticoso che ci consentirà di piegare la curva. Quindi io penso proprio di sì” afferma il Ministro della Salute, Roberto Speranza, in diretta da “Live Non è la D’Urso” su Canale5.

 

 

 

La questione su cui però verterà maggiormente il dibattito sarà la mobilità tra regioni. Il Presidente della Regione Sicilia Musumeci, e il suo braccio destro Ruggero Razza, propongono, al fine di garantire il ricongiungimento delle famiglie siciliane con i parenti residenti nel resto d’Italia, un via libera al rientro ma con tampone. Il tampone verrebbe effettuato o 72 ore prima del viaggio e mostrato all’arrivo, oppure direttamente allo sbarco. “Forse una maggiore rigidità può essere giusta nei confronti di chi rientra da altri Stati, visto che all’estero ci sono ancora aree in cui i controlli sono insufficienti”, prosegue l’assessore Razza. Sul fronte interno, invece, Musumeci vorrebbe adottare delle misure che scoraggino gli spostamenti in città e tra città siciliane.

Ma da Roma l’ipotesi palermitana non piace. Trapela l’indiscrezione che il governo voglia limitare i ricongiungimenti familiari per Natale, consentendo i viaggi esclusivamente fra le Regioni gialle e solo fino al 18 dicembre per poi chiudere tutto fino al termine delle festività.

Ulteriore argomento di confronto riguarderà la scuola. La volontà è quella di riaprire le classi dopo l’Epifania, ma non è esclusa la possibilità di ridurre, o addirittura sospendere, la didattica a distanza per le scuole superiori già a dicembre. Quest’ultima idea però pare non essere condivisa da nessun governatore regionale, ad eccezione di Stefano Bonaccini, presidente della Conferenza delle Regioni.

 

fonte: TGCom24

Il Consiglio (dei Ministri) per un Natale più sicuro

 

Per il ministro Speranza la parola chiave è prudenza, per tutelare “noi e i nostri cari” ma è anche “una forma di rispetto per i medici, infermieri e operatori sanitari che rischiano la vita per curarci”. Numerosi sono gli interrogativi, tra questi il numero di persone da ospitare. “Già oggi c’è una forte raccomandazione del governo a non portare persone a casa che non siano conviventi, ed è già vigente. Nei prossimi giorni approveremo un nuovo Dpcm dove daremo anche risposta formale a queste domande e naturalmente ci sarà anche un momento di confronto. Il messaggio è molto chiaro, spostarsi solo se necessario, stare a casa e ridurre il più possibile il numero dei contatti fra persone”.

Sulla medesima linea il ministro degli Affari regionali Francesco Boccia. Difendere a spada tratta il coprifuoco alle 22, “che ha funzionato per ridurre i contagi, e dovranno passare sul mio corpo per posticiparlo”.

Il tavolo delle discussioni è atteso per martedì quando il consiglio dei ministri si riunirà per pianificare i lavori.

 

Manuel De Vita

Da domani Sicilia zona gialla. De Luca ci ripensa: pronto a cambiare la sua ordinanza a partire da lunedì

Dopo 23 giorni in zona arancione la Sicilia viene “promossa” a zona gialla. Il Ministro della Salute Roberto Speranza ha firmato l’ordinanza con cui disporrà il passaggio alla fascia minima di rischio la Sicilia e la Liguria. Diminuzione di restrizioni anche per Calabria, Lombardia e Piemonte che passeranno da zona rossa a zona arancione. L’ordinanza entrerà in vigore domenica 29.

 

Alleggerimento delle misure restrittive

Il passaggio in zona gialla garantisce un allentamento delle misure anti Covid-19 che hanno caratterizzato le scorse settimane. Riapriranno al pubblico i bar, i ristoranti e le pasticcerie. Sarà possibile la consumazione in loco ma solo fino alle 18, dopo sarà disponibile unicamente la modalità d’asporto fino alle 22. La circolazione dei cittadini sarà libera, e senza bisogno dell’autocertificazione, in tutta la Regione. Dunque potranno spostarsi da comune a comune, senza dimostrare la motivazione, nonché uscire dalla Regione. Permane invece il coprifuoco notturno, dalle 22 alle 5, e i mezzi pubblici potranno accogliere al 50 per cento della loro capienza massima. Rimarranno chiusi anche dopo domenica 29 i musei, i cinema e i teatri, mentre i centri commerciali potranno aprire a eccezione dei giorni festivi e prefestivi. La didattica dalla prima superiore continuerà a essere svolta telematicamente.

 

I dubbi sulla riapertura

In Sicilia l’indice Rt è in calo già da alcuni giorni. Da quando sono entrate in vigore le restrizioni previste per la zona arancione è passato da 1,7, poi 1,4 e ora è a 1,2. Secondo le previsioni nel fine settimana dovrebbe scendere sotto l’1 (precisamente a 0,99) ma sarà necessaria la conferma sulla base di dati effettivi. A controbilanciare la naturale allegria dei molti vi sono però i dubbi degli esperti. Non sono in pochi quelli che parlano di un azzardo. Le preoccupazioni principali riguardano la tenuta delle strutture sanitarie. Riaprire ora, dopo avere raccolto i primi risultati positivi della chiusura di poche settimane fa rappresenterebbe una scommessa. Una scommessa che se avesse esito negativo comporterebbe nuovi contagiati e ricoveri a fronte di corsie e strutture ancora occupate dai pazienti della precedente ondata.

 

fonte: Messina Magazine

A Messina, tra vecchie e nuove limitazioni. La posizione del Sindaco

L’ordinanza firmata dal Ministro Speranza entrerà in vigore dopo solo una settimana da quella del Sindaco di Messina Cateno de Luca. Emanata lo scorso 20 novembre (qui il nostro articolo ) e, nelle intenzioni del primo cittadino, valevole fino al 3 dicembre, in concomitanza delle tempistiche nazionali previste dallo scorso DPCM. Interrogato nel corso dell’ormai consueta diretta Facebok del venerdì sera sulla possibilità di modificare il contenuto delle misure da lui adottate, De Luca si è dimostrato inizialmente reticente.

“Non arretro di un millimetro, la mia ordinanza si basa su riscontri e tiene conto dell’emergenza epidemiologica”.

L’intenzione è quella di mantenere le misure adottate fino alla prossima settimana salvo poi cambiare posizione quando gli si fa notare che la Sicilia è stata promossa a zona gialla.

“Attendo l’entrata in vigore del provvedimento del ministro della Salute Speranza e le motivazioni a supporto, ma sono pronto, da lunedì, a cambiare anch’io alcuni aspetti”.

Una riapertura che farebbe respirare in primis le attività di ristorazione, bar e pasticcerie locali. Unico limite irremovibile agli occhi del sindaco permane sulle scuole. “Restano chiuse, il diritto alla salute viene prima, anche solo di un secondo, rispetto a quello sullo studio“.

Filippo Giletto

Nuova ordinanza sindacale: spostamenti consentiti anche dopo le 19 ma chiusura delle attività commerciali

Il sindaco di Messina Cateno De Luca ha annunciato la firma di una nuova ordinanza nella ormai consueta diretta Facebook del venerdì sera sul profilo del primo cittadino.
La necessità di misure più stringenti, ha spiegato De Luca, deriva dall’evoluzione della situazione attuale nella Città Metropolitana. L’aumento dei tamponi risultati positivi, i decessi verificatisi negli ultimi giorni e gli assembramenti nel fine settimana sui Colli San Rizzo e a Torre Faro non sono passati inosservati.

E’ necessario introdurre un coprifuoco? Si”

il Sindaco De Luca, fonte: Normanno.it

Spostamenti in città anche dopo le 19

Scorretto però parlare di coprifuoco generalizzato. Dalle 19 in poi i cittadini potranno continuare a spostarsi liberamente in ogni zona della città. L’unico limite continua a essere il buon senso ma non sarà necessaria alcuna autocertificazione. Quest’ultima sarà invece necessaria dopo le 22, orario previsto dall’ordinanza regionale e oltre cui scatta il divieto di circolazione. Le uniche eccezioni a tale restrizione si hanno in caso di impellenti motivi di lavoro, salute e necessità.

Ad essere effettivamente vietata sarà la sosta e la permanenza in luoghi all’aperto quali piazze, strade e spiagge. Obiettivo dichiarato è quello di evitare gli assembramenti. Non potendo disporre di un sufficiente numero di forze dell’ordine per i controlli saranno i cittadini a dovere fare fronte a maggiori limitazioni. Si potrà però continuare a svolgere attività sportiva di movimento all’aperto: quindi corsa e ciclismo, ma non ginnastica.

Assembramenti ai Colli San Rizzo nello scorso fine settimana,fonte: messinatoday

Chiusura al pubblico delle attività commerciali

Disposizioni più importanti riguardano i negozi. Le attività commerciali dovranno chiudere al pubblico necessariamente alle 19 con una tolleranza massima di 30 minuti. Scongiurata l’anticipazione della chiusura alle 18 di cui invece si parlava negli ultimi giorni.

Tra gli esercizi commerciali interessati anche i supermercati e le farmacie. Disposizione che fa storcere il naso ai non pochi critici dato che si verranno a creare quegli stessi assembramenti che si vogliono evitare. Oltre alle attività commerciali dovranno adeguarsi al nuovo orario di chiusura anche tutte le attività professionali, ad eccezione delle sole professioni sanitarie e parasanitarie. Le attività professionali, commerciali e artigianali potranno restare aperte anche dopo la chiusura, purché senza contatto con il pubblico e non in presenza di clientela.

Restano aperti invece i tabacchi, le edicole e i distributori di carburante.

Al fine di ridurre il numero di persone per le strade è vietata la vendita ad asporto mentre sarà consentita la consegna a domicilio fino alla mezzanotte.

 

Chiusura per una settimana delle scuole

Nell’ordinanza è disposta inoltre la sospensione delle attività didattiche di tutti gli istituti scolastici, di ogni ordine e grado. Compresi anche gli asili nido e le scuole dell’infanzia. La chiusura durerà per una settimana e inizierà da lunedì 23. Come spiegato dal Sindaco De Luca la frequenza delle lezioni svolte in presenza è diminuita del 50% dato che gli stessi alunni scelgono volontariamente di non recarvisi.

 

L’ordinanza della Regione Sicilia

L’ordinanza di De Luca segue di pochi giorni quella emanata giovedì dal Presidente della Regione Sicilia, Nello Musumeci. Anche questa entra in vigore nella giornata di oggi e dispone fino a giovedì 3 dicembre.

In essa viene garantita l’apertura nei giorni festivi e di domenica delle farmacie, parafarmacie, edicole e tabaccherie. Rimane sempre consentita la vendita con consegna a domicilio dei prodotti alimentari e dei combustibili per uso domestico e per riscaldamento. Permane la chiusura delle attività commerciali nei giorni festivi e la domenica, compresi i mercati rionali e le vendite ambulanti.

Filippo Giletto

Il musicale dell’Ainis in protesta. L’intervista: “Vogliamo quel 25%. La videocamera uccide la musica.”

(fonte: gazzettadelsud.it)

Arrivano nuove reazioni alle misure restrittive imposte, a partire dal 24 ottobre, dall’ultimo DPCM e dalle ordinanze dei vari consigli regionali. Avevamo già parlato qui delle proteste dei lavoratori; oggi sono le scuole a prendere la parola.

In particolare, gli studenti dell’indirizzo musicale del Liceo Emilio Ainis di Messina si sono assentati per due giorni, 26 e 27 ottobre, dalle lezioni in via telematica in segno di protesta contro la D.A.D. (Didattica a Distanza). Hanno inoltre emesso un comunicato, firmato da 87 degli studenti in questione, che è stato pubblicato da diverse testate giornalistiche.

Per approfondire meglio la questione, abbiamo deciso di ascoltare i pareri di alcuni dei diretti interessati.

Come nasce l’iniziativa

“Tengo a sottolineare che è un iniziativa degli studenti del musicale e non sono stati affatto indirizzati dai docenti. Dal punto di vista logistico, ci sono delle discipline che presuppongo il contatto diretto con lo strumento, della presenza dell’insegnante che fa strumento o musica d’insieme, forme laboratoriali per cui hanno delle difficoltà in più.”

Afferma il professore Cesare Natoli, insegnante di storia e filosofia presso l’indirizzo musicale del Liceo Ainis.

“Noi viviamo di musica e fare una lezione di strumento in D.A.D. non è la stessa cosa. In primo luogo perché sarebbe necessaria una strumentazione costosissima, dal momento che le classiche attrezzature tendono a ‘tagliare’ frequenze, sia alte che basse, per comprimere il suono. Dunque, non si sentirebbe allo stesso modo. Le materie che più ne risentono, oltre Strumento, nell’ambito musicale sono – ad esempio – tecnologie musicali. Anche Teoria di analisi e composizione è una materia che necessita di un approccio di presenza.”

Aggiunge lo studente Emanuele Arena, rappresentante degli studenti del Liceo Emilio Ainis.

Le richieste degli studenti

Quando gli abbiamo chiesto a cosa mirasse la loro iniziativa, la risposta è stata secca:

“Noi puntiamo tutto su quel 25%. Uno schermo, una videocamera uccidono la musica.”

Ed in effetti, il 25% è la percentuale che il DPCM aveva concesso per le lezioni in presenza. Gli istituti superiori siciliani si sono tuttavia dovuti conformare all’ordinanza regionale del presidente Musumeci che prevede un 100% di D.A.D. fino al 13 novembre. La richiesta è proprio quella di adeguarsi alla normativa nazionale. D’altro canto, una recente comunicazione del Presidente Regionale prevede che, per motivi logistici di particolare esigenza (e potrebbe rientrarvi il caso del liceo musicale) e per gli studenti con gravi disabilità sia possibile svolgere la didattica in presenza. Sarebbe per loro un risultato già significativo.

Alla protesta dei ragazzi si sono uniti anche molti genitori e professori, che continuano ad accompagnarli in questa situazione di criticità. A tal proposito, il professor Natoli, portavoce del gruppo ‘Scuola in presenza’, assieme ai colleghi intende organizzare una manifestazione di protesta che si svolgerà – nel rispetto delle misure anti-covid – giorno 7 novembre presso Piazza Unione Europea (Municipio). I dettagli sono reperibili sull’omonimo gruppo Facebook. Essa intende coinvolgere il mondo della scuola (docenti, studenti, personale ATA, genitori), dell’università e gli operatori culturali del teatro e della musica (ricordiamo le associazioni concertistiche messinesi come l’Accademia Filarmonica, la Filarmonica Laudamo e l’Associazione Bellini. Questi ultimi settori, colpiti dall’ultimo DPCM, sono stati costretti a chiudere dopo aver compiuto molti sacrifici per adattarsi alle misure anti-virali promosse negli ultimi mesi dal Ministero della Salute e dal comitato tecnico scientifico.

“Il fatto che siano stati minati i centri di cultura come i teatri, per noi che amiamo la musica e lo spettacolo e tutto ciò che è annesso, è stato un colpo. Noi rendiamo di questo, dopotutto.”

Continua Emanuele, tenendo in considerazione anche i risvolti che tali misure potrebbero avere sul futuro lavorativo di questi studenti.

(fonte: tg24.sky.it)

Il futuro della società e l’importanza dell’arte

Il professore si abbandona poi ad una riflessione: “Quale umanità stiamo difendendo?”, si domanda, prendendo spunto dalla riflessione di uno dei maggiori filosofi italiani, Giorgio Agamben.

“Il bios, il restare in vita, è senza dubbio sacrosanto. Tuttavia, non possiamo limitarci solo a questo poiché l’umano eccede il bios, va oltre il semplice restare in vita. Se tutto il resto viene trascurato, allora ci stiamo degradando. Il covid, probabilmente, ha semplicemente scoperchiato la questione. Ma si tratta di un processo che affonda le proprie radici lontano nel tempo.”

(fonte: stateofmind.it)

Nell’esprimere la propria preoccupazione per il futuro della cultura e dell’uomo come animale sociale, il professore ha offerto anche una propria visione di quelli che potranno essere i possibili scenari di una società post-covid. Ad una visione (considerata ‘idilliaca’) del ritorno alla normalità si accosta la possibilità che, da scelte così drastiche e necessarie, derivino conseguenze altrettanto importanti anche per la vita in società.

“Bisogna fare in modo che l’emergenza rimanga emergenza”

Ossia che non si trasformi in normalità. Fondamentale è ben soppesare i rischi derivanti da un non adeguato controllo dell’epidemia ai rischi derivanti da altre cose, come le questioni legate allo sviluppo relazionale dell’individuo.

Ed in tal senso, si sa, l’arte ha la straordinaria capacità di unire oltre ogni barriera.

“L’arte è libertà d’espressione.”

Afferma, infine, Emanuele alla domanda su cosa essa rappresenti per un qualsiasi ragazzo.

Guai a dimenticare il valore dell’arte, linguaggio universale capace di unire i popoli laddove l’incomprensione li divide.

 

Valeria Bonaccorso