I parlamentari d’Italia eletti a Messina: Giuseppe Natoli e le prime elezioni del Regno

Il 18 febbraio, con il voto di fiducia della Camera al nuovo governo guidato da Mario Draghi, si è conclusa definitivamente la crisi di governo, dovuta de facto alle dimissioni delle ministre Bellanova e Bonetti e, dunque, al ritiro del sostegno del partito di cui fanno parte (Italia Viva) al governo Conte II.

Dopo un mese di discussioni aspre, parte della cittadinanza non ha compreso i motivi e l’opportunità di una crisi in un periodo delicato per il nostro Paese. Gli eventi di quest’ultima fase hanno alimentato il processo di disaffezione alla politica, uno dei principali sintomi di una democrazia in crisi.

Mossi da questa premessa abbiamo deciso di intraprendere un percorso lungo la storia dell’Italia unita, per far riemergere il contributo politico dei parlamentari eletti – o comunque legati – a Messina e dimostrare che il mondo della politica – in perenne evoluzione – non è un altrove lontano, ma è parte dalla vita di ciascuno di noi.

Giuseppe Conte (a sinistra) e Mario Draghi (a destra) durante la la cosidetta Cerimonia della Campanella – Fonte: lastampa.it

Il contesto storico e la normativa elettorale

Il nostro viaggio inizia all’alba del 1861, quando nel nostro Paese si svolsero le elezioni della VIII legislatura della Camera dei deputati – unico organo elettivo del Parlamento – del Regno di Sardegna, che, a seguito della proclamazione dello nuovo Stato unificato – meno di due mesi dopo -, possono considerarsi le prime elezioni del Regno d’Italia.

La legge elettorale, naturalmente, era completamente differente da quella tutt’oggi vigente. Il particolare più evidente è legato all’ampiezza dell’elettorato attivo (gli aventi diritto al voto), decisamente ridotta in confronto a quella attuale.

La normativa elettorale prevedeva – in generale – il diritto di voti per i soli uomini, di età superiore ai 25 anni, alfabetizzati e con la possibilità di pagare annualmente almeno 40 lire di tasse.

Inoltre era prevista la suddivisione del territorio in collegi uninominali (è eletto un solo candidato) e su un sistema – di conversione dei voti in seggi – interamente maggioritario (è eletto il candidato che riceve più voti) a doppio turno (con eventuale ballottaggio).

In un contesto del genere, i protagonisti della competizione elettorale erano i singoli candidati, i cosiddetti notabili, personalità di prestigio nel proprio territorio.

Il primo Parlamento del Regno d’Italia, Palazzo Carignano, Torino – Fonte: lagazzettatorinese.it

Le elezioni a Messina

L’intera penisola, ancora priva dei territori del Veneto e di quelli annessi allo Stato Pontificio, era divisa in 443 collegi.

La provincia di Messina, istituita dopo l’annessione della Sicilia, era divisa in 8 collegi: cinque nella zona tirrenica (Mistretta, Naso, Patti, Castroreale e Milazzo), uno nella zona ionica (Francavilla di Sicilia) e due nella città di Messina (Messina 1 e Messina 2).

Le prime elezioni del Regno si svolsero il 27 gennaio 1861, con un’affluenza totale di circa il 57% dell’elettorato. Nella città di Messina gli aventi diritto erano in totale 2057 e l’affluenza media tra i due collegi cittadini fu del 70%.

In entrambi i collegi della città dello Stretto si sfidarono due candidati. Ad avere la meglio furono due personalità di spicco del panorama politico messinese: Giuseppe La Farina (1815-1863) e Giuseppe Natoli Gongora di Scaliti (1815-1867).

Ritratto di Giuseppe Natoli – Fonte: latuanotizia.it

Il primo deputato di Messina: Giuseppe Natoli Gongora

Messinese di nascita, Giuseppe Natoli apparteneva a una famiglia nobile, protagonista da tempo nel governo della città. Dopo aver studiato all’Accademia Carolina di Messina, si laureò presso l’Università di Palermo in diritto. Oltre a dedicarsi all’attività forense, grazie alla sua spiccata capacità oratoria, ottenne la cattedra di codice civile e procedura, presso l’Università di Messina.

Sin da giovane frequentò la vivace rete cittadina di circoli, gruppi massonici e accademie, permeata di ideali liberali.

Nel 1848 fu uno dei protagonisti della costituzione del Regno di Sicilia; nel biennio rivoluzionario divenne deputato alla Camera dei Comuni ed ebbe spesso incarichi diplomatici. In seguito alla controrivoluzione borbonica e alla capitolazione della città di Messina, abbandonò l’Isola e si rifugiò in Piemonte.

Durante gli anni dell’esilio si legò sempre più al concittadino La Farina e si avvicinò a Cavour (1810-1861).

In seguito alla conquista della Sicilia da parte di Garibaldi (1807-1882), Natoli, con l’avallo di Cavour, ricoprì l’incarico di ministro dell’Agricoltura e commerci– con l’interim degli Affari esteri – nel governo dittatoriale, fino alle dimissioni in dissenso con l’espulsione dalla Sicilia di La Farina.

A dicembre divenne governatore di Messina, nel delicato periodo della transizione statale.

Camillo Benso di Cavour (in alto) e Giuseppe Garibaldi (in basso) – Fonte: wikipedia.org

Una volta eletto al Parlamento di Torino, prese parte al primo governo del Regno d’Italia, guidato da Cavour, come ministro dell’Agricoltura, industria e commercio.

Come deputato ha rappresentato le istanze più impellenti della città dello Stretto, ossia la smilitarizzazione dei forti e il porto franco.

 

Le elezioni suppletive

Sia La Farina che Natoli non conclusero il loro mandato alla Camera. La Farina morì nel settembre 1863, mentre Natoli fu nominato senatore del Regno nell’agosto 1861.

In entrambi i collegi cittadini – in momenti diversi-  si tennero, dunque, le elezioni suppletive. In particolare, nel collegio di Messina 2 fu eletto un deputato destinato a ricoprire la carica di parlamentare per altre cinque legislature. Stiamo parlando di Giorgio Tamajo (1917-1897), più volte prefetto in diverse città e celebre esponente della massoneria.

Giorgio Tamajo – Fonte: agrigentoierieoggi.it

 

Mario Antonio Spiritosanto

 

Fonti:

treccani.it/natoli

storia.camera.it/deputato/giorgio-tamajo

http://dati.camera.it/apps/elezioni/

storia.camera.it/legislature/sistema-maggioritario-uninominale-doppio-turno

 

Immagine in evidenza:

Il primo Parlamento del Regno d’Italia – Fonte: piemontetopnews.it

Un tuffo nella moda del passato: il Museo del Costume e della Moda Siciliana

La moda italiana è apprezzata in tutto il mondo perché dotata di un’eccellente sartoria, che lavora tessuti pregiati, e di stilisti dalle menti creative. Essa è una forma d’arte che rappresenta la storia, le tradizioni e le radici culturali di un popolo.

La moda è in continua evoluzione, e magari chi tra di noi è appassionato dell’argomento potrebbe aver avuto il desiderio di analizzare dal vivo i costumi siciliani del passato. Questo oggi è possibile grazie al Museo del Costume e della Moda Siciliana, situato a Mirto (ME).

logo museo mirto
Il logo del Museo del costume e della moda siciliana -Fonte: museodelcostumesiciliano.org

La location

Il museo consente di ammirare al suo interno una ricca collezione d’abiti tipici del modo di vestire nella Sicilia dei secoli precedenti, dai ceti più agiati alle classi popolari. È stato inaugurato nel 1993 all’interno dello storico Palazzo Cupane, di proprietà comunale, per volere di Giuseppe Miraudo, direttore del museo, il quale donò per primo parte della sua collezione privata di abiti e accessori.

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Esterno del Museo – Fonte: letteraemme.it

Lo stabile è diviso in sezioni in base all’epoca,  partendo dal basso, con la sezione di abiti popolari che comprende costumi etnici utilizzati durante le feste popolari e religiose. Vi sono esposti anche antichi strumenti per la lavorazione tessile e oggetti di uso casalingo.

 

Gli abiti

Al primo piano troviamo costumi d’abbigliamento tipici dello stile siciliano, datati dal XVIII al XX secolo.

Al secondo piano troviamo la biancheria intima con i famosi corpetti, costumi da bagno, corredi, capi infantili settecenteschi e abiti da sposa. Inoltre sono presenti anche pezzi di moda anni ’20 del ‘900.

Il museo è dotato di un cortile immerso nel verde.

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Abito in seta verde del 1860, primo piano del Museo – Fonte: letteraemme.it

Nell’ingresso del primo piano troviamo diversi abiti ottocenteschi borghesi di importanti famiglie sicule. Per esempio un abito in seta verde del 1860, capi in seta del 1870 donati da Ferlazzo Natoli di Patti, diversi corpetti, e un Frac maschile dello stesso decennio.

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Sezione abiti anni ’20 del Museo – Fonte: scomunicando.it

Il salone è utilizzato inoltre per conferenze e dibattiti. Nella sezione dedicata agli anni ’20 è presente un pezzo d’abbigliamento raro, un Fortuny recentemente restaurato dall’Istituto di Restauro del tessuto di Palermo.

Nella stessa sezione ci sono cinque abiti in tulle interamente ricamati con pailettes jees, un abito dal disegno futurista della famiglia Vilardi di Mirto, un vestito da sposa ricamato su tulle, diversi corpetti liberty, un abito laminato Florio, e due grandi vetrine donate dalla professoressa Teresa Pugliatti, contenenti cappelli e accessori del periodo.

Tramite le sue stanze il museo testimonia anche fatti storici: sono presenti, ad esempio, le camicie rosse dei “picciotti” garibaldini e gli abiti serali che le dame indossavano durante le serate danzanti organizzate dai “gattopardi” nei primi del ‘900.

 

Il contributo di Maria Grazia Cucinotta

Ha dato ulteriore lustro al museo Maria Grazia Cucinotta. L’attrice messinese, infatti, ha visitato lo stabile al termine delle riprese del film “Miracolo a Palermo”, di cui Miraudo è stato scenografo. La Cucinotta, accettando simbolicamente il ruolo di “madrina” a titolo gratuito, ha concesso di utilizzare la sua immagine, volutamente in abito d’epoca, così da divenire testimonial ufficiale.

museo mirto
La nota attrice Maria Grazia Cucinotta come testimonial per il museo di Mirto – Fonte: palermotoday.it

 

Un tuffo nel passato!

Antecedentemente all’emergenza sanitaria il museo organizzava spesso sfilate ed ospitava eventi.

Nonostante questo momento di crisi e diffidenza sociale, lo stabile resta tutt’ora aperto al pubblico nel rispetto delle misure di sicurezza anti covid19. Nel frattempo è anche online, sul sito internet, il tour a 360 gradi del museo.

E a voi ha affascinato questo piccolo tuffo nella moda del passato? I nostri antenati si vestivano proprio così!

 

Diana Colombraro, Corinne Marika Rianò

 

Immagine in evidenza:

Il Museo del costume e della moda sicilia – Fonte: facebook.com/museomirto

Musumeci: la Sicilia in zona gialla. Arriva una proposta di San Valentino

La Sicilia sembra intravedere all’orizzonte la zona gialla. Lo lascia sperare la richiesta di oggi, presentata da Nello Musumeci al governo, di una diminuzione delle restrizioni a partire dalla prossima settimana.

Musumeci ieri in conferenza stampa – Fonte: www.ansa.it

Far ripartire la ristorazione dalla festa degli innamorati

Il presidente della regione ha osato avanzando una proposta anche per il giorno di San Valentino: tenere i ristoranti aperti fino alle 22 per consentire di festeggiare la festa degli innamorati. Un modo per far ripartire col botto i ristoratori che da giorni fanno pressing sulla Regione per “il giallo”. Anche Confcommercio ha espresso la necessità della riapertura di tutte le attività. Ha detto Patrizia Di Dio, presidente di Confcommercio Palermo: “Siamo allo stremo! Abbiamo bisogno di certezze. Fare presto e fare bene devono essere le parole d’ordine! Chiediamo responsabilità a tutte le parti politiche perché non si giochi con le vite delle imprenditrici e degli imprenditori, con le nostre aziende, con il nostro futuro e soprattutto il futuro del nostro Paese”.

Con questa proposta Musumeci mette da parte la politica di prudenza che nelle ultime settimane lo aveva reso  bersaglio di critiche da parte di alleati e oppositori. “Mentre tutto il settore del food and beverage della Sicilia ha già iniziato organizzare il giorno della riapertura facendo provviste, aprendo le prenotazioni al pubblico e soprattutto mettendo in condizioni di sicurezza le proprie attività, assistiamo a un balletto isterico di dichiarazioni dal governo regionale che provocano ancora una volta incertezza sul passaggio alla zona gialla”, ha detto il deputato di Forza Italia Francesco Scoma.

Cosa prevede la zona gialla

In attesa dell’assenso del governo, vediamo cosa potrebbe cambiare da lunedì.

Saranno consentiti gli spostamenti senza autocertificazione entro e fuori dai comuni.

Sarà possibile recarsi in visita di parenti o amici, ma una sola volta al giorno, spostandosi verso un’abitazione privata della stessa Regione o Provincia autonoma, in massimo due persone oltre quelle conviventi nell’abitazione di destinazione. Minori di 14 anni e persone disabili o non autosufficienti conviventi sono escluse dal conteggio.

Gli spostamenti fuori dalla regione continueranno ad essere vietati almeno fino al 15 febbraio, data di scadenza del decreto legge Covid di gennaio. Tuttavia, negli ultimi giorni si sta valutando l’idea di prorogare il divieto fino al 5 marzo.

Riapriranno i musei dal lunedì al venerdì con ingressi contingentati e nel rispetto di tutte le norme anticovid. Cinema e teatri resteranno chiusi.

Dalle 5 alle 18 si ritornerà a consumare cibi e bevande all’interno di bar e ristoranti. Dopo le 18 saranno consentiti l’asporto e la consegna a domicilio.

Ancora deludenti le notizie per gli sportivi: palestre e piscine continueranno a restare chiuse. In attesa del nuovo dpcm di marzo, lo sport sarà consentito esclusivamente all’aria aperta tra le 5 e le 22.

Così come in zona arancione, anche nella zona gialla i negozi resteranno aperti, con delle limitazioni per i centri commerciali e i mercati che resteranno chiusi nei giorni festivi e prefestivi.

Resterà in vigore il coprifuoco alle 22. Uscire tra le 22 e le 5 sarà consentito solo per esigenze lavorative, motivi di salute o altre necessità da attestare con autocertificazione.

Situazione Covid in Sicilia

Musumeci visita l’area no covid dell’ aeroporto di Palermo – Fonte: www.ansa.it

Il cambio di rotta di Musumeci rispetto alla prudenza delle ultime settimane è motivato dai nuovi dati che lasciano sperare. Stando a quanto detto ieri in conferenza stampa dal governatore siciliano, i ricoveri e i contagi stanno diminuendo e l’indice Rt è attorno allo 0,60.   Nella giornata di ieri sono stati registrati 760 nuovi positivi su 21.602 tamponi processati, con una incidenza di positivi di poco più del 3,5%. La regione è ottava nel contagio di oggi e scende di una posizione rispetto a due giorni fa.

Intanto la campagna vaccinale per gli over 80 procede grazie al sistema di prenotazione online. Inoltre, nei prossimi giorni potrebbe arrivare l’ok dal governo per l’acquisto autonomo delle dosi da parte della Regione.

Non abbiamo difficoltà ad assumere l’impegno ad acquistare vaccini”, ha dichiarato Musumeci con l’obiettivo di far fronte ai ritardi e accelerare la vaccinazione.

La cautela del Cts

A bilanciare sconsiderati entusiasmi e ottimismo ci pensa il comitato tecnico scientifico siciliano che si è riunito ieri per affrontare il tema dei tamponi e soprattutto quello delle nuovi varianti in circolazione che, già fra qualche settimana, potrebbero accelerare i contagi come sta accadendo in Umbria e in Abbruzzo. Cautela resta la parola d’ordine.

Chiara Vita

L’AMGOT: storia del governo militare della Sicilia durante la Seconda Guerra Mondiale

La seconda guerra mondiale è stata un evento che ha sconvolto le dinamiche culturali, politiche ed economiche d’Europa. Allo stesso tempo, il suo esito ha gettato le basi per gli odierni equilibri internazionali, con conseguenze tutt’ora tangibili, derivate dalle numerose vicende che l’anno caratterizzata. Tra queste, vi è quella dell’operazione Husky, meglio conosciuta come lo sbarco in Sicilia delle forze anglo-americane.

 Bombardamento di Messina ad opera delle forze Alleate, 1943 – Fonte: normanno.com

Forse non tutti sanno che tale operazione si tradusse in una vera e propria occupazione militare del suolo siciliano, che ha comportato una riorganizzazione amministrativa delle istituzioni fasciste, le quali vennero rimosse da tutti gli ambiti della vita pubblica, partendo dai podestà, passando dai professori universitari nominati dal regime per la loro alta fama (17 a Palermo, 17 a Messina, 5 a Catania), fino agli stessi Tribunali. Questa grande opera, che prese il via con la caduta di Messina (17 agosto 1943) – e conseguente conquista della Sicilia da parte degli Alleati – prese il nome di Allied Military Government of Occupied Territories (AMGOT).

 

L’istituzione dell’AMGOT e delle Am-lire

L’istituzione dell’AMGOT è stata prevista dalla Conferenza di Casablanca (12 gennaio 1943), con lo scopo di amministrare i territori liberati. Il governo dell’Isola spettava congiuntamente agli inglesi e agli americani, competenti rispettivamente in Sicilia occidentale e in Sicilia orientale. Subito dopo lo sbarco, il 10 luglio, il generale Alexander (1891-1969), in qualità di governatore militare della Sicilia, emanò diversi proclami. Il primo sanciva il passaggio dei poteri politici e amministrativi del Governo italiano, ancora guidato da Mussolini (1883-1945), al governo militare. Uno di dei più importanti imponeva una valuta d’occupazione stampata negli USA è decisamente svalutata: stiamo parlando delle celebri am-lire entrate in circolazione in 8 tagli (da 1 a 1000).

Banconota di una am-lira – Fonte: wikipedia.org

I legami con la mafia

Per facilitare la gestione dei territori, orfani dei podestà in fuga, l’AMGOT decise di nominare come sindaci le personalità più influenti dei singoli luoghi, molto spesso indicati direttamente dalla Chiesa, ben radicata in tutta la Sicilia. Questo, però, portò all’insediamento di elementi legati alla mafia, come Giuseppe Genco Russo (1893-1976) e Calogero Vizzini, detto don Calò (1877-1954), nominati rispettivamente primi cittadini di Mussomeli e Villalba. La mafia, dunque, dopo aver agito da intermediaria nella preparazione dello sbarco in Sicilia degli Alleati e aver garantito il supporto delle masse alla loro avanzata, ebbe un ruolo da co-protagonista nell’amministrazione dell’Isola liberata.

Ufficialmente smentita dai entrambi i governi alleati, la collaborazione tra l’AMGOT e la mafia era nota agli amministratori anglo-americani. In particolare, il capitano W.E. Scotten (1904-1958) in un suo rapporto – riportato nella scena finale del film di Pif “In guerra per amore” (consigliata la visione) – sottolineava come in Sicilia, in seguito all’occupazione alleata, si fosse verificata una notevole riaffermazione della mafia e che “l’abbandono di qualunque tentativo di controllo della Mafia in tutta l’isola” avrebbe potuto “significare la consegna dell’isola ai poteri criminali per un lungo periodo di tempo”. Cosa che di fatto è avvenuta.

 

Giuseppe Genco Russo – Fonte: wikipedia.org

 

Caloggero Vizzini – Fonte: wikipedia.org

I rapporti con il MIS

Oltre ai rapporti con la mafia, i dirigenti dell’AMGOT tessero una fitta rete di relazioni con la forza politica in quel momento più popolare dell’Isola: il Movimento Indipendentista Siciliano (MIS). Costituitosi nel 1942 – inizialmente con il il nome di Comitato per l’Indipendenza della Sicilia (CIS) – fu uno dei partiti protagonisti dello scenario politico siciliano negli anni ’40– con l’elezione di quattro suoi esponenti all’Assemblea Costituente –, prima di sciogliersi definitivamente nel 1951.

I legami – rigorosamente non ufficiali poiché gli anglo-americani si dichiararono al di sopra di qualsiasi schieramento politico – si istaurarono soprattutto in chiave anti-comunista. Il supporto del MIS proveniva, infatti, soprattutto dai ceti meno abbienti, attratti dal carisma e dall’ars oratoria del leader indipendentista Andrea Finocchiaro-Aprile; questo rese il MIS un valido rivale dello schieramento social-comunista. Prova tangibile di questo rapporto privilegiato fu la nomina a sindaco di Palermo del barone Lucio Tasca (1880-1957), esponente dell’ala conservatrice del movimento.

La bandiera del Movimento Indipendentista Siciliano – Fonte: wikipedia.org

 

L’11 febbraio 1944: la fine dell’AMGOT

L’esperienza dell’AMGOT in Sicilia si concluse con il proclama numero 16 del generale Alexander, emanato   l’11 febbraio 1944. Questo atto, infatti, sanciva il passaggio dell’Isola alla giurisdizione del governo italiano, presieduto da Badoglio (1871-1956) , anche se – come il resto dei territori liberati – restava sotto la supervisione di un organo istituito come evoluzione dell’AMGOT: la Commissione Alleata di Controllo.

Quest’organismo controllò la vita politica e ammnistrativa in Italia fino alle elezioni dell’Assemblea Costituente e al Referendum istituzionale del 1946, per evitare che il Paese si allontanasse dalla sfera di influenza politica degli anglo-americani, messa a rischio dalla crescente forza dello schieramento social-comunista.

©Mario Antonio Spiritosanto – Manifesto bilingue, usato durante le riprese del film di Pif “In guerra per Amore”, Erice (TP) 2020.

L’esperienza anglo-americana della Sicilia e dell’Italia è forse uno dei temi che più ci ha riguardato direttamente in quanto comunità. Di certo, le forze alleate identificarono l’Isola come una zona strategica, non solo per capovolgere le sorti del conflitto mondiale, bensì per il futuro ed ulteriore controllo dello scacchiere internazionale, ed in particolare del Mediterraneo. Tuttavia, l’idea di una Sicilia “a stelle e strisce” ha trovato l’opposizione non solo dell’allora Regno d’Italia, ma anche del popolo siciliano, convinto nel voler ottenere un’organizzazione autonoma su cui poter ricostruire – finalmente – la propria identità.

Ma questa è un’altra storia.

Salvaotre Nucera, Mario Antonio Spiritosanto

 

Fonti:

storiaxxisecolo.it ;

The Sicilian Separatist movement: 1943-1946, Monte S. Finkelstein

 

Per approfondire:

M.T. Di Paola, Gli alleati e la Sicilia: guida ai documenti del Pubblic Record Office (1940-1947), Isituto siciliano per la storia dell’Italia contemporanea, Palermo 1979;

M. Ganci, L’A.M.G.O.T. in Sicilia, in Id., La Sicilia contemporanea, Società Editrice Storia di Napoli del Mezzogiorno Continentale e della Sicilia, Napoli-Palermo 1980, pp. 121-13;

G. Di Capua, Il bienno cruciale (luglio 1943/giugno 1945). L’Italia di Charles Poletti, Rubettino, Soveria Mannelli, 2005;

 

Immagine in evidenza:

L’ingresso degli Alleati a Messina – Fonte: normanno.com

 

Coronavirus: cresce l’allerta per le varianti. Istituite nuove zone rosse locali

Sono stati emanati nuovi provvedimenti per le singole regioni con l’obiettivo di arrestare la corsa delle varianti da coronavirus. Alcune località italiane tornano in zona rossa.

Covid-19: Situazione in Italia –Fonte:salute.gov.it

Sebbene il “Bel Paese” presenti in prevalenza aree gialle, da inizio settimana non sono mancati degli spruzzi di colore rosso che testimoniano la presenza di comuni necessitanti forme di contenimento più stringenti rispetto a quelle previste nella grande fetta del territorio nazionale. La motivazione che ha portato alla riformulazione di “micro zone rosse locali” risiede nell’intenzione del ministro della salute Roberto Speranza di tutelare l’intera nazione al contenimento di forme diverse di coronavirus, come la variante “inglese”, “brasiliana” e “sudafricana”.

Attualmente le aree sotto i riflettori si trovano situate in Umbria, Alto Adige, Abruzzo, Molise, Toscana e Sicilia.

Parametri per determinare il colore delle regioni

 Il Consiglio dei ministri ha approvato il 16 gennaio un decreto legge valido fino al 5 marzo, che delinea i criteri per classificare le regioni ai diversi livelli di rischio epidemiologico.

Analisi del rischio dell’epidemia –Fonte:quotidiano.net

Vengono, così considerate tre macro aree:

  • Incidenza settimanale di contagi ogni 100 mila abitanti: la cui soglia è pari a 50 casi
  • Livelli di rischio: basso, medio e alto
  • Quattro scenari

Esistono così ben 24 combinazioni differenti, che vengono fuori dall’analisi di 21 indicatori, la cui valutazione si stabilisce attraverso nuovi focolai individuati grazie ai tamponi, all’andamento degli accessi al pronto soccorso per coronavirus, al tasso di occupazione dei posti letto nelle terapie intensive e all’efficienza del sistema di contact tracing. A determinare gli scenari è l’indice Rt che rappresenta il numero medio delle infezioni prodotte da ciascun individuo infetto, dopo l’applicazione delle misure di contenimento dell’epidemia stessa.

I quattro scenari –Fonte:lasicilia.it
  • Con indice Rt inferiore a 1 si va nello scenario 1
  • Con indice Rt tra 1 e 1,25 si va nello scenario 2
  • Con indice Rt tra 1,25 e 1,5 si va nello scenario 3
  • Con indice Rt superiore a 1,5 si va nello scenario 4

La presenza di varianti del coronavirus

A far preoccupare gli scienziati risultano essere proprio le varianti. Queste causano una maggiore propagazione del virus rispetto alla versione “originale”. Da ciò si testimonia la necessità di circoscrivere aree nazionali, con livelli di diffusione dell’epidemia differenziata. Secondo i ricercatori la mutazione del virus sarebbe stata registrata tra novembre e dicembre dello scorso anno, attraverso analisi di materiale genetico prelevato da alcuni soggetti. Uno di questi condotto nel Regno Unito ha portato alla scoperta del B.1.1.7 e che obbligò il Governo britannico alla reintroduzione di dure restrizioni e lockdown per il contenimento dei contagi in crescita.

Variante Covid-19 –Fonte:quotidiano.net

Il 501Y.V2 , invece, noto come variante africana, è stato scoperto nella provincia del Capo Orientale tra le zone più povere del Sudafrica. Anche questa, come la precedente, aveva la capacità di “colpire” più rapidamente gli individui in un’area.

Mutazioni coronavirus –Fonte:huffingtonpost.it

La trasmissibilità di queste due mutazioni è pari al 50% in più rispetto alle altre varianti di coronavirus presenti nel mondo. Ci si è chiesti cosa abbia causato queste trasformazioni e la risposta è stata trovata nei processi di replicazione del codice genetico, che non sempre avviene in modo corretto. Quando questo viene copiato, può crearsi un refuso che si trasmette alle generazioni successive. Rassicuranti sono le analisi condotte sul siero (porzione di sangue che contiene gli anticorpi prelevati da un soggetto affetto da Covid-19) che non hanno segnalato alcuna minore capacità di sviluppare una reazione immunitaria, che sottolinea l’efficacia dei vaccini Pfizer-BioNTech e Moderna.

Divieti da zone rosse

Le “micro zone rosse locali” presentano delle restrizioni simili a quelle della zona rossa nazionale. È così previsto:

  • Divieto di uscire dalla propria abitazione se non per comprovati motivi di lavoro, salute o necessità urgente
  • Chiusura delle scuole di ogni ordine e grado
  • Chiusura di attività commerciali come negozi, bar e ristoranti
Covid, nelle zone rosse scattano più divieti –Fonte:tgcom24.mediaset.it

Oltre a ciò vige una certa “libertà” per le regioni di stabilire la necessità di applicare misure più stringenti o più permissive. È necessario perciò consultare adeguatamente i siti ufficiali dei propri comuni o delle regioni.

Quali sono le località rosse in Italia

Sul territorio nazionale le macchie rosse sono presenti in:

Provincia di Bolzano –Fonte:qualitytravel.it

Alto Adige nella provincia autonoma di Bolzano, il cui provvedimento preso dal presidente Arno Kompatscher ha valenza fino al 28 febbraio, ricoprendo tutti i comuni della provincia. Secondo gli ultimi dati registrati, è stata individuata la più alta incidenza in Italia di positivi, aggravata a seguito delle vacanze natalizie. Lo stesso presidente della Provincia Autonoma di Bolzano conferma che:

“Nonostante questo, abbiamo dovuto constatare che negli ultimi giorni la curva non si è piegata. Pensavamo che dopo le feste ci sarebbero stati degli innalzamenti fisiologici ma poi un abbassamento. Purtroppo c’è stato un lieve ma continuo aumento, legato anche a delle novità”

Umbria, mappa dei divieti –Fonte:lanazione.it

In Umbria le misure restrittive, previste per due settimane, abbracciano la città di Perugia e sei comuni nella provincia di Terni: Amelia, Attigliano, Calvi dell’Umbria, San Venanzo, Lugnano in Teverina e Montegabbione. Dal confronto con il comitato tecnico scientifico nazionale e l’Istituto Superiore di Sanità, la presidente della regione Donatella Tesei ha deciso di applicare il principio di massima precauzione per “evitare che il virus possa dilagare anche nel resto dell’Umbria e alle regioni limitrofe”.

Comune di Chiusi –Fonte:comune.chiusi.si.it

In Toscana, il presidente Eugenio Giani, ha ordinato la zona rossa solo nel comune di Chiusi, per il notevole aumento di contagi dalle varianti “brasiliana” e “sudafricana”. È stato già previsto uno screening di massa per individuare i positivi e isolarli nel comune infetto.

Zona rossa in Basso Molise –Fonte:rainews.it

28 sono i comuni del Basso Molisano a subire restrizioni fino al 21 febbraio. Rispetto alle altre aree nel territorio italiano, qui ancora non è stata accertata la presenza di varianti, ma il notevole aumento di contagi e ricoveri hanno convinto Donato Toma della necessità di dichiararle aree a rischio maggiore.

Abruzzo in zona rossa –Fonte:comune.manoppello.pe.it

In Abruzzo i tamponi effettuati hanno riscontrato la presenza della variante inglese, i cui divieti toccano i comuni di Atessa, San Giovanni Teatino (CH) e Tocco da Casauria (PE). Marsilio Marco ha così firmato l’ordinanza correttiva valida per una settimana, in cui sono consentiti solo gli spostamenti per motivi di lavoro.

…e in Sicilia?

 

Coronavirus: aggiornamento della situazione –Fonte:tortorici.gov.it

Da venerdì 5 a lunedì 14 febbraio, il comune Tortorici in provincia di Messina sarà segnato dal colore rosso, mentre il resto della regione rimane zona arancione. L’ordinanza del Presidente della regione Nello Musumeci, stabilita insieme all’assessore alla salute Ruggero Razza prevede:

  • Divieto di accesso e di allontanamento dal territorio comunale, con mezzi pubblici o privati; fatta eccezione per gli spostamenti dovuti da comprovate esigenze lavorative, di salute o necessità;
  • Sarà consentito il transito agli operatori sanitari e socio-sanitari, al personale impegnato nell’assistenza alle attività inerenti l’emergenza, nonché il fruire dell’ingresso e dell’uscita di prodotti alimentari, sanitari e di beni e servizi essenziali;
  • Sospensione in presenza delle attività scolastiche e didattiche di ogni ordine e grado, degli uffici pubblici tranne quelli necessari per l’erogazione dei servizi essenziali e di pubblica utilità;
  • Chiusura di strutture di vendita, fatta eccezione per generi alimentari e di prima necessità;
  • Rimangono aperte edicole, tabaccai, farmacie e parafarmacie che seguono il loro ordinario orario di lavoro.

Provvedimenti nazionali

Istituto Superiore di Sanità –Fonte:ciriesco.it

Il direttore della Prevenzione del ministero della Salute Giovanni Rezza, durante la conferenza tenutasi lo scorso venerdì sull’analisi dei dati regionali, ha fatto riferimento della “corsa contro il tempo” e dell’attivazione di un sistema di “sorveglianza epidemiologica e molecolare basato sui centri di riferimento regionale e altri laboratori, tra cui quelli universitari, per aumentare la capacità di monitoraggio”. Ed è proprio grazie a questi studi che è possibile prendere provvedimenti più rapidi affinchè la presenza di varianti possa essere circoscritta attraverso “mini lockdown temporanei”.

Giovanna Sgarlata

Si conclude la zona ultrarossa a Messina. Ecco cosa aspettarsi da domani

(fonte: palermo.repubblica.it)

Si conclude oggi 29 gennaio la zona “ultrarossa” su Messina, istituita con ordinanza del sindaco Cateno De Luca una settimana prima che l’intera regione diventasse rossa.

L’ordinanza, che prevedeva un’ulteriore restrizione delle misure previste per la comune zona rossa, non sarà più valida a partire da domani, sabato 30 gennaio. A tal proposito rimarranno in vigore le ordinanze regionali volute dal presidente Musumeci – con zona rossa ancora fino al 31 gennaio.

Il sindaco di Messina, che alcune settimane fa ha dichiarato di voler rassegnare le dimissioni nel caso in cui la sua ordinanza non venisse approvata, ha deciso dunque di cedere la gestione dell’emergenza agli organi regionali e nazionali e lo annuncia tramite un video sulla pagina Facebook ufficiale:

Si conclude la fase della mia ordinanza e da sabato si applicheranno le regole e le limitazioni stabilite dal Ministero della Salute e dal Presidente della Regione Musumeci sia per le attività economiche che per le scuole.

La mancata proroga

Nei giorni scorsi il primo cittadino aveva proposto una proroga dell’ordinanza anche per l’ultimo weekend di gennaio, ma immediato è stato il no dei commercianti e delle imprese:

Chiediamo pertanto al Sindaco di non emanare ulteriori provvedimenti restrittivi e di attenersi a quelle che saranno le disposizioni messe in atto dal Governo Nazionale e dalla Regione (Tempostretto.it)

Molto ha fatto parlare la lettera dell’imprenditore Lino Santoro Amante, titolare del celebre bar Santoro di Piazza Cairoli, che ha esplicitamente bocciato la proroga delle restrizioni. Così scrive nella lettera l’imprenditore messinese:

Siamo a rischio chiusura e, ogni giorno che passa, la situazione va sempre più peggiorando.

Cosa cambia nel weekend

A partire dalla mezzanotte del 30 gennaio rimarranno in vigore esclusivamente le misure previste dall’ordinanza regionale. Rimangono chiuse le scuole e niente visite ai parenti, ma torna l’asporto. Rimarranno aperti tutti i negozi previsti dal DPCM del 14 gennaio 2021: tornano barbieri e parrucchieri e le librerie.

La circolazione rimane limitata alle comprovate esigenze di lavoro.

(fonte: messinaoggi.it)

Le dimissioni del sindaco

Nel frattempo, De Luca sembra irremovibile sulle dimissioni: dal 5 febbraio entrerebbero in vigore ed il primo cittadino cadrebbe dal ruolo in un momento assolutamente intenso per l’amministrazione locale. Non sono mancati gli appelli dei consiglieri comunali già pochi giorni dopo l’annuncio delle dimissioni.

Il 26 gennaio il consigliere Nello Pergolizzi ha presentato la mozione per richiedere il ritiro delle dimissioni. La motivazione sarebbe proprio la gestione dell’emergenza da COVID-19, che diverrebbe impossibile sotto commissariamento.

Ma il fronte del consiglio sembra dividersi: oggi altri 7 membri, tra esponenti del PD e di Libera Me (a cui appartiene anche Pergolizzi) hanno preso le distanze dal consigliere, ribadendo l’incapacità del Sindaco nel gestire dell’andamento epidemico. Ed affermano:

Se De Luca vuole realmente dimettersi, cosa che sarebbe anche auspicabile, lo faccia subito e passi la mano a chi dopo di lui può meglio affrontare e gestire la crisi pandemica, altrimenti faccia marcia indietro, come peraltro è già capitato parecchie altre volte, e cerchi di assumere un profilo consono al ruolo che riveste e al momento storico la città sta vivendo. (Tempostretto.it)

(fonte: gazzettadelsud.it)

Da febbraio possibile zona arancione su tutta la Sicilia

Intanto, sul territorio regionale si prevede il ritorno della Sicilia alla zona arancione a partire da lunedì 1 febbraio.

Si aspettano i risultati dell’Istituto superiore della sanità sull’indice Rt in Sicilia: sotto l’1.25 il rischio potrebbe abbassarsi fino a moderato, mentre appena una settimana fa l’indice rt della regione si trovava a 1,27. Tuttavia il calo dei contagi constatato questa settimana fa sperare a molti la zona arancione.

Cosa aspettarsi dalla zona arancione? Quanto alla mobilità, si potrebbe circolare dalle 5 alle 22 all’interno del proprio comune; le scuole superiori adotterebbero la presenza alternata fino al 75%, mentre l’apertura delle Università rimarrebbe alla discrezione dei rettori. Rimane l’asporto da tutti i locali dalle 5 alle 18; per i ristoranti fino alle 22. Riaprirebbero anche i centri commerciali, ma non nei giorni festivi e prefestivi.

Valeria Bonaccorso

La Sicilia potrebbe ospitare depositi dei rifiuti nucleari. Sindaci e Nello Musumeci in protesta. Ecco cosa sta succedendo

Accanto alla proposta del Cts, arrivata nelle ultime ore, di fare della Sicilia zona rossa per tre settimane, a preoccupare la nostra isola è la Cnapi, la carta pubblicata da Sogin, dopo il nullaosta del Governo, nella notte tra il 4 e il 5 gennaio, che indica le 67 aree idonee ad ospitare infrastrutture per lo smaltimento dei rifiuti nucleari. Tra queste, 4 sono siciliane: Calatafimi-Segesta, Castellana Sicula, Petralia Sottana e Butera.

Mappa dei luoghi selezionati da Sogin – Fonte: www.blitzquotidiano.it

Il “no” dei sindaci e di Musumeci

La notizia è stata accolta con dissensi e proteste dei sindaci e del presidente della regione Nello Musumeci. Ha affermato il sindaco di Petralia-Sottana, Leonardo Neglia:

Sono rimasto di stucco e anche un po’ contrariato apprendendo la notizia. Ci lascia sgomenti: noi siamo anche sede dell’ente parco delle Madonie, da un lato si vuole la protezione della zona, dall’altro si vogliono seppellire scorie nucleari”.

Per il governatore della regione la selezione delle aree siciliane è da mettere in discussione:

Abbiamo elementi tecnici inoppugnabili per contestare questa scelta, in contrasto con tutti gli indicatori fisici, sociali, economici e culturali dell’Isola e lo faremo anche con il coinvolgimento dei Comuni interessati, che condividono le nostre preoccupazioni. La Sicilia, anche per la sua alta vulnerabilità sismica e per la disastrosa condizione della viabilità interna, su cui la Regione non ha competenza diretta, non può permettersi né di ospitare né di trasportare rifiuti nucleari”.

L’associazione di Calatafimi-Segesta “Amunì Calatafimi” ha lanciato una petizione contro il deposito delle scorie nucleari che ha già raccolto circa 600 firme. Scrive l’Associazione:

Con questa petizione miriamo, sin da subito, a bloccare questa possibile follia. Chiediamo a tutte le realtà territoriali di unirsi a noi prima della scadenza della consultazione pubblica. Anche solo l’aver inserito queste zone nella lista dei siti idonei a ospitare un deposito nazionale dei rifiuti radioattivi italiani, è pura follia. Territori ad alto rischio sismico, con risorse agricole, paesaggistiche, turistiche ed archeologiche. Territori logisticamente remoti, come possono essere valutati idonei a tal fine?

I criteri di selezione dei luoghi

Le critiche fanno sembrare la scelta delle aree in Sicilia totalmente in contraddizione con i criteri di selezione stabiliti dall’Ispra nel 2014. Secondo l’istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, i luoghi atti ad ospitare depositi nucleari sarebbero quelli con pochi abitanti, non a quote troppo elevate, non su pendenze eccessive, non troppo vicini al mare, con una sismicità modesta, senza vulcani né rischi di frane e alluvioni. Criteri che certamente generano dei dubbi intorno all’idoneità della Sicilia, territorio a rischio idrogeologico, noto per l’attività sismica e vulcanica, votato all’agricoltura e al turismo.

Perplessità relative alla scelta delle aree sono sorte anche in altre regioni selezionate per accogliere i depositi. Forti critiche sono giunte in particolare dalla Sardegna e dalla Puglia. Alessio Valente, sindaco di Gravina in Puglia, scrive: “La vocazione di queste nostre aree è agricola e turistica, e non permetteremo che ci trasformino in un cimitero di scorie nucleari. Mai”.

Una questione rimandata da molto tempo

D’altronde, se si pensa all’intero territorio italiano, sembra difficile trovare delle zone idonee al 100%, capaci di rispecchiare tutti i criteri stabiliti. Eppure, la questione dei rifiuti nucleari, rimandata già da troppo tempo, necessitava di una soluzione.

Era la stessa Unione Europea a reclamarlo. Infatti, secondo l’articolo 4 della Direttiva 2011/70 la sistemazione definitiva dei rifiuti radioattivi deve avvenire nello Stato membro in cui sono stati generati. Al momento, in Italia sono presenti una ventina di siti provvisori, non idonei allo smaltimento definitivo. La Cnapi, scritta nel 2010, rinviata di anno in anno, doveva essere pubblicata già nel 2015. Il ritardo, dovuto sia ad accertamenti tecnici della Sogin e dell’Ispra sia a vicissitudini politiche, dalle regionali del 2015 al referendum costituzionale del 2016, fino alle elezioni del 2018, è costato all’Italia una procedura di infrazione aperta dall’UE nell’ottobre del 2019.

Insomma, si tratta di una questione non più rimandabile. L’ha detto anche il sottosegretario all’ambiente Roberto Morassut, il quale ha garantito trasparenza e collaborazione con le associazioni ambientaliste:

“È un provvedimento da tempo atteso e sollecitato anche dalle associazioni ambientaliste, che consentirà di dare avvio ad un processo partecipativo pubblico e trasparente al termine del quale sarà definita la localizzazione dell’opera. Un impegno che questo Governo assume anche in ottemperanza agli indirizzi comunitari e nel rispetto della piena partecipazione delle comunità alle decisioni”.

Roberto Morassut – Fonte: www.italiaincammino.it

Il progetto

Il progetto del deposito nazionale per lo smaltimento dei rifiuti nucleari non riguarda, per fortuna, le scorie più pericolose, ma quelle con media e bassa attività radioattiva, in totale circa 78000 metri cubi di rifiuti che si producono ogni giorno: reagenti farmaceutici, mezzi radiodiagnostici degli ospedali, guanti e le tute dei tecnici ospedalieri, il torio luminescente dei vecchi quadranti degli orologi, i marker biochimici e i biomarcatori, i parafulmini e i rilevatori di fumo. 33000 metri cubi di rifiuti sono già stati prodotti, i restanti 45000 metri cubi si prevede che verranno prodotti nei prossimi 50 anni.

Cosa accadrà adesso?

Dopo il nulla osta alla pubblicazione della Cnapi, arrivato il 30 dicembre da parte dei ministeri dello Sviluppo economico e dell’Ambiente, si è aperta una fase di 60 giorni durante la quale le Regioni e gli enti locali sono tenuti ad avanzare critiche e proposte. Allo scadere di questo periodo, si terrà un seminario nazionale di 4 mesi che farà del deposito di rifiuti nucleari l’oggetto di un dibattito tra sindacati, università, enti locali, enti di ricerca. In base a quanto emergerà nel seminario nazionale, la Cnapi verrà rivista, modificata e poi sottoposta ai ministeri dello Sviluppo economico, dell’Ambiente e delle Infrastrutture e dei Trasporti che dovranno convalidarla.

Chiara Vita

 

 

Libia: Liberati i pescatori di Mazara Del Vallo. La storia e i motivi del rapimento

Dopo 108 giorni è avvenuta la liberazione dei pescatori sequestrati in Libia. Il Presidente del Consiglio e il Ministro degli Esteri hanno portato a termine la loro scarcerazione.

Liberi i pescatori italiani sequestrati in Libia – Fonte:avvenire.it

Sono in 18 i membri dei due pescherecci italiani (8 italiani, 6 tunisini, 2 indonesiani e 2 senegalesi) trattenuti nella roccaforte del generale Khalifa Haftar dal primo settembre, con l’accusa di aver invaso le acque libiche, trovandosi a circa 80 miglia dalla costa di Bengasi. Sebbene ancora non siano noti i dettagli della contrattazione, è stato necessario l’intervento personale di Giuseppe Conte e di Luigi Di Maio per far avvenire la trattativa del rilascio.

Questione di invasione

A lanciare l’allarme sono state altre due imbarcazioni che si trovavano nelle vicinanze. Gli equipaggi di “Medinea” e “Antartide” partiti da Mazara del Vallo sono stati bloccati dalle motovedette dell’Est libico, poichè rivendicavano l’invasione in una porzione di mare usata come propria zona economica esclusiva per lo sfruttamento delle ricchezze, come possessori unilaterali di quella fetta dal 2005.

La denuncia dei pescatori siciliani –Fonte:vita.it

La questione che pone i diritti di navigazione e lo sfruttamento delle acque marine rimane un tema molto discusso dai paesi costieri del Mediterraneo.  La sovranità esercitata da ogni singola Nazione, di pari grado ed intensità a quella affermata sulla terraferma, è legittimata entro il mare territoriale, porzione adiacente alle coste che si estende per un massimo di 12 miglia nautiche, che corrispondono a circa 22 chilometri. Ciascun Stato però deve garantire il libero passaggio delle navi straniere, a meno che mettano a repentaglio la pace e l’ordine.

Delitti commessi in acque internazionali –Fonte:difesaonline.it

La zona tra le 12 e le 24 miglia nautiche, è detta contigua, in cui il Paese ha potere di controllo sulle imbarcazioni estranee affinchè possa tutelare il proprio territorio da eventuali reati che queste possono commettere. Nonostante ciò, come riferisce il Giornale di Sicilia la Libia rivendica da anni frazioni di mare ben più ampie da quelle legittimate di oltre 62 chilometri.

Ipotesi del fermo

Tra le più accreditate risulta essere quella di realizzare trattative politiche con l’Italia, trasformando i pescatori come merce di baratto. Sarebbe stata avanzata da parte di Bengasi la richiesta di uno “scambio di prigionieri”, che prevedeva l’estradizione di quattro libici condannati in Italia come scafisti per un’attraversata avvenuta nel 2015 in cui persero la vita 49 migranti. Tesi disfatta dal ministro per i Rapporti col Parlamento Federico D’Incà, affermando che le istanze di tale organizzazione non erano “nè confermate né in alcun modo formalizzate”.

Libia, i pescatori di Mazara del Vallo in ostaggio –Fonte:globalist.it

Il giornalista Francesco Mezzapelle, di Prima Pagina Mazara, spiegava che tra le ipotesi possibili vi poteva essere una connessione per il mancato accordo commerciale del 2019. Tale collaborazione doveva avvenire tra la federazione italiana Federpesca e un’agenzia di investimento del generale libico. L’obiettivo era quello di permettere ad alcuni pescherecci italiani di pescare nella loro zona comando unilaterale attraverso il pagamento di una quota mensile. Il malcontento generato dall’assenza di un concordato avrebbe potuto inasprire gli animi libici che per “ripicca” potrebbero aver indetto l’arresto. Ciò può essere motivato dal fatto che l’Italia riconosce come governo legittimo quello di Serraj, avversario di Haftar.

Le condizioni dei pescatori

Questi erano rinchiusi in un edificio presidiato e fortificato da un muro di cemento che circonda l’area. Per raggiungerlo era necessario superare un posto di blocco presidiato da uomini in uniforme verosimilmente appartenenti a reparti speciali della marina. Non potendo uscire dal palazzo, i prigionieri trascorrevano le giornate tra le brandine e la televisione unico svago concesso. Dopo il lungo silenzio dal 16 settembre il contatto con le famiglie è avvenuto tramite una breve telefonata del 10 novembre.

Sebbene siano state garantite “buone” condizioni di salute a livello fisico, non è da escludere che una situazione così tesa abbia potuto provocare dei danni all’apparato psicologico dei soggetti.

La trattativa

Durante i 108 giorni le famiglie dei pescatori hanno continuato a chiedere a gran voce l’intervento del Governo. Sono state perciò organizzate manifestazioni a Mazara del Vallo e sit-in a Roma in piazza Montecitorio, davanti alla sede del Parlamento.

L’urlo dei parenti dei pescatori di Mazara Del Vallo –Fonte:tp24.it

La vicenda è così giunta fino a Bruxelles, prendendo i connotati di un vero caso diplomatico. L’appello promosso dall’Unione Europea richiedeva da parte delle autorità libiche il rilascio immediato, poiché i soggetti erano trattenuti da settembre senza che fosse avviata alcuna procedura legale. Ciò sembra aver accelerato l’impegno del Governo che il 17 dicembre ha visto il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte e il ministro degli Esteri Luigi Di Maio partire alla volta di Bengasi per realizzare la trattativa finale per la loro liberazione. Il Premier ha informato il Capo di Stato, che ha espresso grande apprezzamento per l’impegno versato a favore del conseguimento dell’esito positivo. Di Maio ha pubblicato così in un post su Facebook

“Grazie all’Aise (la nostra intelligence esterna) e a tutto il corpo diplomatico che hanno lavorato per riportarli a casa. Un abbraccio a tutta la comunità di Mazara del Vallo. Il Governo continua a sostenere con fermezza il processo di stabilizzazione della Libia. È ciò che io e il presidente Giuseppe Conte abbiamo ribadito oggi stesso ad Haftar, durante il nostro colloquio a Bengasi. Viva l’Italia”

Immensa è la gioia delle famiglie, del vescovo e del sindaco di Mazara Del Vallo di accogliere finalmente dopo tre mesi i loro cari come uomini liberi, considerandolo come “il regalo di Natale più bello”.

Liberi i pescatori italiani sequestrati in Libia da oltre 100 giorni –Fonte:avvenire.it

Giovanna Sgarlata

Nuova ordinanza di Musumeci per le festività natalizie: ecco cosa prevede

Nuove misure per il contenimento dei contagi, per la Sicilia partire dal 14 dicembre 2020 fino al 7 gennaio 2021. Saranno relative ai rientri nel periodo delle festività natalizie. La nuova ordinanza approvata ieri, 10 dicembre, dal presidente della regione Musumeci evidenzia infatti la necessità di monitorare ulteriormente gli spostamenti da e per la Sicilia, prevedendo un incremento dei rientri nell’isola e, dunque, un maggior rischio di contagi da Covid-19. Una possibilità estremamente critica per una regione che non vede i contagi abbassarsi e che ha strutture ospedaliere non adeguate a far fronte ad eventuali emergenze gravi. A tal proposito il governatore ha chiarito: “Il rischio di un nuovo esodo verso il Sud è un fatto reale, che non può non destare preoccupazione. Per questo ho ritenuto di chiedere al nostro Comitato Tecnico Scientifico di valutare alcune misure di contenimento e sorveglianza sanitaria, che vorremo condividere anche con il Ministero della Salute”.

Il presidente della regione Sicilia, Nello Musumeci, ha annunciato massimi controlli per il contenimento dei contagi per coloro che durante il periodo natalizio si recheranno nell’isola. Fonte: Il Fatto Quotidiano.

Cosa prevede l’ordinanza

Suddivisa in tre articoli, essa dispone in prima istanza la registrazione sulla piattaforma www.siciliacoronavirus.it, esclusi i pendolari e coloro i quali sono stati fuori dal territorio siciliano per meno di quattro giorni. Durante la registrazione sarà inoltre richiesto l’avvenuto adempimento del tampone rino-faringeo almeno 48 prima dell’arrivo in territorio siciliano.

Nel caso in cui il soggetto interessato non abbia, però, potuto effettuare il tampone molecolare ha l’obbligo di sottoporsi a una delle tre alternative di seguito: tamponi nei drive in, nei laboratori dedicati o l’isolamento presso la propria dimora.

Ricordiamo che, comunque, gli spostamenti tra comuni saranno permessi.

Tamponi rapidi nei drive-in

I tamponi rapidi antigenici sono eseguiti nei drive in appositamente dedicati. In caso di positività, saranno eseguite le ordinarie procedure, con ripetizione del tampone e presa a carico del Sistema Sanitario Regionale. In caso di negatività, il soggetto potrà recarsi direttamente al domicilio, ma sempre mantenendo i dispositivi di protezione individuale, le distanze previste e sottoponendosi a un tampone di conferma a distanza di cinque giorni.

Specifiche attività organizzative sono previste in questo senso per Messina, dal momento che rappresenta la principale via di accesso alla Regione. Sarà allestito un drive in a regime h. 24 nell’area dell’ “ex Gazometro” con 20 postazioni preposte e con altrettanti Covid Team, che si occuperanno dei primi tamponi. Altre aree interessate saranno la Stazione ferroviaria marittima e dell’ex Dogana, le quali saranno presto sgomberate per tale motivo.

I passeggeri che si recheranno in posti diversi dal territorio messinese saranno, invece, presi a carico dalle Asp territorialmente competenti nelle province di destinazione.

Tampone presso laboratorio

Qualora il soggetto decidesse di non sottoporsi alla prima procedura, può sempre scegliere di effettuare il tampone molecolare presso un laboratorio dedicato, a proprie spese.

Isolamento fiduciario

La terza alternativa non richiede tamponi, ma un isolamento della durata di 10 giorni presso il proprio domicilio, con l’onere di comunicarlo al medico di medicina generale.

Le misure di prevenzione nei luoghi pubblici

L’ordinanza detta le regole anche per i luoghi pubblici. Prevede che i centri commerciali siano muniti di strumenti “conta persone”. Secondo precise linee guide nazionali, i suddetti esercizi commerciali dovranno comunicare all’Asp territorialmente competente il numero massimo di clienti ospitabili, che sarà inoltre menzionato in un cartello da affiggere fuori dall’esercizio.

Le medesime precauzioni sono state prese anche in merito di pizzerie e ristoranti, i quali devono tenere un elenco ove siano segnati tutti i clienti serviti ai tavoli per un periodo di circa due settimane.

Sarà, tuttavia, discrezione dei sindaci indicare la possibilità per tali esercizi dell’orario continuato e adottare misure in grado di diminuire assembramenti e stazionamenti in piazze e zone pedonali. Possono altresì richiedere la presenza delle Forze dell’Ordine in luoghi più suscettibili a tale rischio.

In ultima istanza, l’ordinanza coinvolge i medici di Medicina Generale e i pediatri di Libera Scelta nella gestione dei casi positivi, sia effettuando tamponi sia prendendo in esame i periodi di inizio e fine isolamento dei soggetti.

 

Alessia Vaccarella

Natale col Covid, inizia la trattativa tra Stato e Regioni

Atteso un nuovo confronto fra Stato e Regioni per fare il punto sulla gestione del periodo natalizio. Sul tavolo delle trattive tra Stato e regioni le misure che con molta probabilità rientreranno nel prossimo DPCM. Il precedente decreto scadrà giorno 3 dicembre e tutti si aspettano di conoscere già nel fine settimana le modalità con cui affrontare un periodo tanto importante quante delicato come quello di Natale. Dopo la stretta delle scorse settimane e i primi timidi risultati positivi nella curva dei contagi il rischio dell’ennesima ondata incombe sulle necessità dei cittadini e, soprattutto, dei commercianti e dei ristoratori.

fonte: Governo.it

Le richieste delle Regioni

Uno dei punti su cui le regioni maggiormente puntano è quello di mantenere i ristoranti aperti anche la sera di Natale, Santo Stefano e, magari, nei giorni più caratteristici. Proposta che certamente mal si concilia con il coprifuoco fissato alle 22 e con la chiusura dei locali alle 18. Secondo il presidente della Liguria Giovanni Toti “nei giorni delle prossime festività i ristoranti debbano poter rimanere aperti anche la sera, perché già hanno sofferto tanto”.

Il governo ribadisce la volontà di mantenere, se non estendere di un’ora (dalle 22 alle 6), il coprifuoco anche nella notte di Natale e Capodanno. Discorso diverso per gli orari dei negozi: tra le proposte anche la possibilità di chiudere due o tre ore prima della mezzanotte.

 

(fonte: Libero Quotidiano)

“È chiaro che se c’è un coprifuoco penso che vada rispettato per tutti. Se c’è un coprifuoco c’è un coprifuoco.”, aggiunge, “È una norma già vigente e penso che vada confermata ancora. È una delle norme che ci ha consentito in queste settimane di iniziare quel percorso graduale e faticoso che ci consentirà di piegare la curva. Quindi io penso proprio di sì” afferma il Ministro della Salute, Roberto Speranza, in diretta da “Live Non è la D’Urso” su Canale5.

 

 

 

La questione su cui però verterà maggiormente il dibattito sarà la mobilità tra regioni. Il Presidente della Regione Sicilia Musumeci, e il suo braccio destro Ruggero Razza, propongono, al fine di garantire il ricongiungimento delle famiglie siciliane con i parenti residenti nel resto d’Italia, un via libera al rientro ma con tampone. Il tampone verrebbe effettuato o 72 ore prima del viaggio e mostrato all’arrivo, oppure direttamente allo sbarco. “Forse una maggiore rigidità può essere giusta nei confronti di chi rientra da altri Stati, visto che all’estero ci sono ancora aree in cui i controlli sono insufficienti”, prosegue l’assessore Razza. Sul fronte interno, invece, Musumeci vorrebbe adottare delle misure che scoraggino gli spostamenti in città e tra città siciliane.

Ma da Roma l’ipotesi palermitana non piace. Trapela l’indiscrezione che il governo voglia limitare i ricongiungimenti familiari per Natale, consentendo i viaggi esclusivamente fra le Regioni gialle e solo fino al 18 dicembre per poi chiudere tutto fino al termine delle festività.

Ulteriore argomento di confronto riguarderà la scuola. La volontà è quella di riaprire le classi dopo l’Epifania, ma non è esclusa la possibilità di ridurre, o addirittura sospendere, la didattica a distanza per le scuole superiori già a dicembre. Quest’ultima idea però pare non essere condivisa da nessun governatore regionale, ad eccezione di Stefano Bonaccini, presidente della Conferenza delle Regioni.

 

fonte: TGCom24

Il Consiglio (dei Ministri) per un Natale più sicuro

 

Per il ministro Speranza la parola chiave è prudenza, per tutelare “noi e i nostri cari” ma è anche “una forma di rispetto per i medici, infermieri e operatori sanitari che rischiano la vita per curarci”. Numerosi sono gli interrogativi, tra questi il numero di persone da ospitare. “Già oggi c’è una forte raccomandazione del governo a non portare persone a casa che non siano conviventi, ed è già vigente. Nei prossimi giorni approveremo un nuovo Dpcm dove daremo anche risposta formale a queste domande e naturalmente ci sarà anche un momento di confronto. Il messaggio è molto chiaro, spostarsi solo se necessario, stare a casa e ridurre il più possibile il numero dei contatti fra persone”.

Sulla medesima linea il ministro degli Affari regionali Francesco Boccia. Difendere a spada tratta il coprifuoco alle 22, “che ha funzionato per ridurre i contagi, e dovranno passare sul mio corpo per posticiparlo”.

Il tavolo delle discussioni è atteso per martedì quando il consiglio dei ministri si riunirà per pianificare i lavori.

 

Manuel De Vita