Allarme in Sicilia: la siccità continua a peggiorare

La Sicilia sta attraversando un gravissimo periodo di siccità, per il quale la Regione ha dichiarato lo stato d’emergenza. Le piogge della seconda metà del 2023 e degli ultimi mesi sono state molto scarse e non hanno permesso un sufficiente riempimento degli invasi in molte aree della regione.

Le reti di fornitura idrica hanno già annunciato nuovi razionamenti che riguarderanno più di un milione di abitanti dell’isola: è interessato quasi un centinaio di comuni delle province di Palermo, Trapani, Enna, Caltanissetta, Messina, Catania e Agrigento. La Sicilia rappresenta infatti una delle poche zone rosse secondo l’European Drought Observatory: altre aree analoghe si trovano in Marocco, Algeria e sulla costa orientale spagnola.

In estrema difficoltà sono soprattutto il settore agricolo e zootecnico. Il riempimento degli invasi dell’isola, secondo l’Autorità di Bacino del Distretto Idrogeografico di Sicilia, è inferiore del 30% rispetto all’anno scorso, il cui dato era già di per sé scoraggiante. Gli agricoltori hanno difficoltà ad irrigare le colture, mentre gli allevatori accusano la sofferenza degli animali a causa della mancanza di foraggio verde e scorte di fieno, danneggiate dalle anomale precipitazioni della scorsa primavera. I primi razionamenti sono iniziati nella provincia di Palermo, quando l’invaso Fanaco ha raggiunto un riempimento pari a un decimo del totale. Successivamente, sono stati coinvolte altre cinque province dell’isola.

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I dati delle piogge

Secondo il SIAS, il Servizio Informativo Agrometereologico Siciliano, la seconda metà del 2023 è stata la meno piovosa rispetto ai medesimi periodi dal 1921. In particolar modo il dato di ottobre è fra i più preoccupanti, poiché le precipitazioni cumulative sono state inferiori del 93% rispetto alla media 2002-2022.

Nonostante nel 2023 siano stati calcolati circa 600mm di precipitazioni cumulative, non dissimili dalla media degli scorsi anni, le forti asimmetrie pluviometriche non hanno garantito un buon riempimento di dighe e laghi artificiali. Circa un terzo della pioggia dello scorso anno è infatti caduta nel solo periodo maggio-giugno. Quando le precipitazioni si concentrano su un’unità di tempo così piccola, il terreno non riesce ad assorbire efficientemente l’acqua, né riescono a riempirsi gli invasi, i quali hanno bisogno di un’alimentazione costante e graduale. L’acqua finisce quindi per disperdersi, correndo veloce verso il mare o causando alluvioni. Le forti piogge, inoltre, danneggiano gravemente colture e riserve di fieno da destinare agli allevamenti.

Questi modelli anomali di precipitazioni, insieme al rialzo termico di questo inverno, sono sempre più frequenti a causa degli effetti dei cambiamenti climatici. A questi si sommano le gravi carenze strutturali della rete idrica siciliana, le cui perdite si aggirano intorno al 50%. Inoltre l’isola, come il resto del Sud Italia, è fra le meno fornite di impianti in grado di filtrare le acque reflue da riutilizzare nell’irrigazione.

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I pericoli dell’estate

Il continuo permanere del terreno in stato siccitoso espone a un maggior rischio di incendi, a causa della presenza di vegetazione secca infiammabile. A ciò contribuiscono inoltre le alte temperature estive degli ultimi anni. L’agenzia Copernicus ha rilasciato lo scorso Gennaio un’immagine satellitare molto esplicativa della situazione.

L’estate scorsa la Sicilia è stata già protagonista di vastissimi roghi che anche quest’anno minacceranno la sicurezza ambientale della regione. Da Roma, tuttavia, non è arrivato il benestare per la definizione di quegli incendi come “calamità naturale”, che avrebbe dato al governo regionale maggiori poteri amministrativi nella gestione della crisi. La giunta Schifani ha comunque dichiarato lo stato d’emergenza per la siccità, potendo così nominare Leonardo Santoro, tuttora presidente dell’Autorità di Bacino, come incaricato nella gestione della crisi. Sono stati poi stanziati circa 150 milioni di euro per gli interventi più urgenti, ma è chiaro che la soluzione al problema richiederà una gestione nel lungo termine con impegno di tutti gli enti territoriali. Serviranno nuovi laghi artificiali, ammodernamento della rete idrica e riutilizzo delle acque reflue.

La crisi climatica non cede infatti il suo passo, e sembra essere ancora più aggressiva nel bacino del Mediterraneo. Ci costringe a ripensare il nostro territorio, che cambia in maniera molto veloce ed espone tutte le nostre fragilità.

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Francesco D’Anna

Emergenza siccità: in Italia scende il livello di molti fiumi e cresce la preoccupazione

Domani, mercoledì 22 Giugno si terrà una seduta straordinaria della conferenza delle regioni e delle provincie autonome. Uno dei temi principali della conferenza sicuramente sarà l’emergenza legata alla siccità. Con le temperature che in questo periodo sono in continuo aumento, si sta osservando un preoccupante calo dei raccolti, soprattutto di quelli la cui efficienza è legata alle acque del fiume Po.

Gli effetti dell’emergenza climatica e il livello del Po che scende drasticamente

la maggiore associazione di rappresentanza e assistenza dell’agricoltura italiana, la Coldiretti (Confederazione Nazionale Coltivatori Diretti) ha constatato che in una zona di Pavia il livello del Po è diminuito in maniera maggiore rispetto al ferragosto di un anno fa.

Meuccio Berselli, segretario generale di AdBPo (l’autorità di bacino), ha dichiarato:

«La situazione sta diventando drammatica, perché oltre al fatto di avere una portata limitata e le piogge che stanno mancando, abbiamo altri due fattori molto importanti. La temperatura è più alta di 2-3 gradi, in alcuni punti anche quattro gradi, rispetto alla media del periodo. E manca completamente la risorsa della neve, quindi il magazzino e lo stoccaggio in montagna».

Difficile non ricollegare tale situazione all’emergenza climatica che sta colpendo il globo. Nonostante le varie proteste legate al tema da parte di alcuni movimenti (uno su tutti il Fridays for Future) chi sta al potere non sembra ancora intenzionato a compiere azioni incisive. Molto spesso sembra che il tema addirittura non desti interesse. Ciò probabilmente a causa del fatto che gli effetti del cambiamento climatico appaiono lontani dalla nostra realtà, ecco perché nell’osservare la situazione odierna del Po e di altri bacini situati in tutta la penisola molta gente si stupisce.

Nella speranza che si adottino misure su larga scala per cercare di attenuare la crisi climatica e ambientale, è impossibile non focalizzarsi sull’attualità e quindi risulta fondamentale cercare di porre rimedio alla discesa del livello del Po e scongiurare l’ipotesi di un’emergenza che si continui ad allargare coinvolgendo altre fonti di irrigazione. A proposito di ciò il presidente della Coldiretti, Ettore Prandini, sembra avere le idee chiare, ecco le sue parole:

«Dobbiamo chiedere lo stato di emergenza, collegato all’intervento della Protezione civile. Dobbiamo investire in tempi brevi sui bacini di accumulo. Rispetto a tutto ciò che concerne il tema depurazione non dobbiamo creare ostacoli perché c’è un 12 per cento di acqua che non ha le caratteristiche. Dobbiamo creare le condizioni per cui quel 12 per cento vada esattamente in linea con quelli che sono parametri che noi pretendiamo nel riutilizzo dell’acqua depurata, ma dobbiamo avere l’intelligenza di poter utilizzare tutto ciò che ci sarà messo a disposizione. Sennò le difficoltà ricadranno sul nostro mondo».

Immagine del fiume Po. Fonte: ilmeteo.it

Il Tevere in difficoltà. Nicola Zingaretti: “Calamità naturale”

Anche il livello del Tevere sembra essere il più basso registrato dopo anni. Nel bollettino dell’autorità di bacino distrettuale dell’Appennino Centrale molta è l’attenzione riservata al problema della scarsa quantità di pioggia:

«Le precipitazioni cumulate sul territorio dell’ATO2 – Roma, aggiornate al mese di aprile 2022, denotano un significativo deficit pluviometrico rispetto alle condizioni medie di lungo termine. l’eventuale accadimento di precipitazioni ‘nella norma’ per il periodo primaverile ed estivo non sarebbero comunque sufficienti per recuperare il deficit accumulato»

Il presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti nell’esprimersi sullo stato attuale del Tevere appare molto preoccupato. Ecco le sue dichiarazioni:

«Nelle prossime ore proclamerò lo stato di calamità naturale, servirà ad adottare immediatamente le prime misure e a invitare i sindaci alle prime norme di contenimento. Ovviamente dobbiamo prepararci ad una situazione che sarà molto critica che dovrà basarsi sul risparmio idrico di tutte le attività a cominciare dai consumi familiari».

Immagine del Tevere. Fonte: roma.corriere.it

Le condizioni in cui versano i fiumi più importanti d’Italia sembra disastrosa. La sensazione è che l’emergenza legata al clima stia pian piano passando dall’essere un’emergenza “astratta” ad essere un qualcosa di tremendamente concreto, un gravissimo problema. A questo punto ciò che risulta necessario è l’azione, agire prima che sia troppo tardi.

Francesco Pullella