Accordo tra Emergency di Gino Strada e Protezione Civile, si punta al riscatto della sanità calabrese

(fonte: ilfattoquotidiano.it)

Gino Strada e la sua ONG ‘Emergency’ hanno siglato l’accordo con la Protezione Civile nel pomeriggio del 17 novembre, subito dopo le dimissioni precoci dell’ormai ex-commissario Gaudio.

Eugenio Gaudio, medico ed ex rettore dell’università Sapienza di Roma, ha rassegnato le dimissioni un giorno dopo essere stato designato come commissario per la sanità della Regione Calabria lo scorso 16 novembre. “Per motivi di famiglia”, spiega a Repubblica, “Mia moglie non desidera trasferirsi a Catanzaro e vorrei evitare una crisi familiare”.

L’accordo mira alla gestione dell’emergenza sanitaria che affligge la Calabria ormai da anni, ma che si è intensificata per via del Covid.

Inizieremo domani mattina a lavorare a un progetto da far partire al più presto

ha scritto Strada, fondatore dell’ONG, sul proprio profilo Facebook la sera del 17 novembre.

Sembra che il governo Conte-bis, dopo due buchi nell’acqua (di cui abbiamo parlato qui), sia riuscito a soddisfare i desideri dei cittadini (e di parte della sinistra) che vedevano il filantropo al centro della gestione emergenziale in Calabria.

E’ infatti risaputo che il sistema sanitario della regione si trovi al collasso a causa di debiti e corruzione, per cui la vera sfida del fondatore di Emergency sarà – oltre alla battaglia contro il coronavirus – quella di restituire dignità alla sanità della regione.

Parole dure da destra a sinistra

Di diverso avviso sarebbero gli esponenti di destra profondamente critici della figura di Gino Strada, tra cui spicca il presidente della regione Nino Spirlì, che nella trasmissione di Radio 24 ‘La Zanzara’ ha rivolto parole durissime nei confronti della possibilità di un nuovo commissario: “Non arriva la nomina di Strada perché dovranno passare sul mio corpo per fare le nomine, non abbiamo più bisogno di commissari”.

Anche Matteo Salvini, leader di Lega Nord, ha espresso la propria opinione su Twitter, incoraggiando che la scelta ricadesse sul professor Pellegrino Mancini, responsabile per i trapianti della regione Calabria.

Diamo ai calabresi la dignità di gestire il loro presente, la loro salute e il loro futuro.

Successivamente ha richiesto le dimissioni del Ministro Speranza tramite Twitter.

Via Cotticelli, via Zuccatelli, ora via anche Gaudio. Attendiamo se ne vada anche Speranza.

Tra lo scetticismo degli esponenti di destra e le proteste dei sindaci calabresi – che hanno manifestato la volontà di recarsi a Roma per mettere fine ad un commissariamento lungo più di dieci anni -, altri hanno invece espresso tutto il proprio sostegno al progetto di Strada.

Andrea Scanzi, giornalista, ha definito sulla propria pagina Facebook il filantropo come “una delle persone più oneste, appassionate e competenti di questo Paese”, tessendone le lodi in un lungo post e non perdendo l’occasione per sbugiardare alcune voci sul suo conto che lo ritrarrebbero come un “comunista” (in senso dispregiativo).

Chi è davvero Gino Strada

Originario di Milano, è un medico, filantropo ed attivista fondatore dell’ONG ‘Emergency’ che dal 1994 si occupa della riabilitazione delle vittime della guerra e delle mine antiuomo.

(fonte: globalist.it)

Tra il 1989 e il 1994 vive diverse esperienze come medico di guerra in zone di conflitto come Pakistan, Somalia ed Afghanistan e questo lo spingerà a fondare l’associazione umanitaria assieme alla moglie Teresa (persa nel 2009); ma lo spingerà inoltre a rigettare profondamente il concetto di guerra ed avanzare aspre critiche nei confronti di uomini di politica tendenti ad atteggiamenti belligeranti: entrano nel suo mirino figure come Silvio Berlusconi, Enrico Letta, Matteo Renzi, Mario Monti e Giuseppe Conte.

Tuttavia, per difendersi da attacchi che lo ritraevano come un pacifista radicale e moralista, ha espressamente affermato di non essere pacifista – solo contro la guerra.

In attesa di nuovi sviluppi e con una situazione sempre più incontrollabile, Strada sembra essere l’ultima speranza per molti calabresi, mentre altri rimangono disillusi su un possibile miglioramento della situazione.

 

Valeria Bonaccorso

 

Lockdown Israele, inferno a Gaza. Azaiza: “è sempre più difficile sopravvivere”

 

(HAZEM BADER / AFP)

 

Non molti giorni fa è stata comunicata al mondo la notizia del secondo lockdown per Israele e tutti i suoi territori (Vedi articolo), compresa la famosa Striscia di Gaza, sede di un climax di tensioni ormai da decenni. Ma il territorio è già isolato dall’interno dal 24 agosto, quando si sono verificati alcuni casi di coronavirus dovuti alla diffusione della comunità. La situazione è devastante: lo comunicano alcuni attivisti come Mohammed Azaiza, coordinatore sul campo dell’organizzazione non-profit Gisha – Legal Center for Freedom of Movement, che da anni si occupa della protezione dei palestinesi ed, in particolare, dei residenti di Gaza.

Un appello straziante

La diffusione del virus sta costringendo tutti noi a confrontarci con la terribile realtà di Gaza. Siamo estremamente consapevoli della condizione del sistema sanitario, qui. Teniamo conto del numero di ventilatori disponibili, dei test e dei risultati. Siamo anche ben consapevoli della disastrosa situazione economica che abbiamo raggiunto con questa crisi, e della debole situazione dell’infrastruttura. A metà agosto Israele ha chiuso di nuovo l’accesso al mare per due settimane ed ha costretto migliaia di persone le cui vite dipendono dalla pesca a ritornare a riva. Senza la pesca, non c’è nulla da mangiare. Un pescatore con quattro figli ha osato sfidare la decisione. ‘Mi sono messo in mare, a circa un miglio e mezzo dalla costa, anche se ho un braccio rotto per via di un alterco con la marina israeliana,’  ha detto, ‘per sfamare la mia famiglia. Mi sono sentito un ladro’.”, scrive Azaiza all’inizio della propria lettera, pubblicata sul giornale online Haaretz.com il 16 settembre. Ma non finisce qui.

La centrale elettrica è stata spenta perché Israele ha impedito la spedizione di carburante a Gaza. La fornitura di elettricità è precipitata proprio nei giorni più caldi. ‘Per tutta la notte ho strofinato le facce dei miei figli con un panno bagnato,’ mi ha detto il pescatore, che vive con la propria famiglia vicino la costa. ‘Dormono accanto alla porta, nella speranza di una piccola brezza.’ La scorsa settimana, la centrale ha ripreso ad operare ed ora abbiamo elettricità per otto ore al massimo, seguite da otto ore prive. Non è abbastanza.

(aa.com.tr)

Una previsione che si avvera

Un rapporto dell’ONU risalente al 2012, denominato “Gaza nel 2020: un luogo vivibile?” ipotizzava che, nelle medesime condizioni in cui si trovava allora, Gaza sarebbe diventata invivibile. La conferma arriva proprio oggi, dalla gente che tra il virus letale, la guerra civile ed il taglio delle risorse fatica a vedere la fine del tunnel.

Quella previsione si è avverata”, dice Mohammed, e continua: “Il 70% di noi non supera i trent’anni. Centinaia, se non migliaia, di cittadini di Gaza si sono spostati in altri paesi. Alcuni hanno raggiunto le loro destinazioni. Altri hanno perso le loro vite nel tragitto. Ed alcuni hanno poi scelto di togliersela. Immaginate come si saranno sentite quelle persone – scegliere la morte perché è più semplice che far fronte a ciò che la vita qui ha da offrire. E quando i giovani sono insorti per protestare contro la situazione disperata, abbiamo visto le proteste alla recinzione di confine, dove dozzine di persone hanno perso la vita per via dei cecchini israeliani. Abbiamo una generazione che non sa cosa sia la libertà. Questi giovani non si sentono considerati umani a sufficienza da rispettare i loro diritti, i diritti che tutti meritiamo.

(dailysabah.com)

I dati

“I due milioni di abitanti di Gaza necessitano disperatamente di soluzioni sostenibili e a lungo termine. L’embargo via mare e via terra, che Israele impone da tredici anni, ha condotto la principale economia di Gaza e le attività commerciali ad un freno totale. Come risultato diretto, più del 38% della popolazione vive in povertà; il 50% è disoccupato e più del 90% delle acque sono imbevibili. La decisione dello scorso mese di vietare le entrate di carburante a Gaza ha creato maggiori fardelli umanitari. Con l’aumento dei casi di COVID-19 a Gaza, il sistema sanitario deve far fronte ad un crollo totale, a meno che l’embargo – che contravviene al diritto internazionale – non venga abolito. E’ necessario ed urgente che venga eliminato.” (unric.org)

Afferma Michelle Bachelet, Alto Commissario per i Diritti Umani alla 45esima sessione del Consiglio dei Diritti Umani dell’ONU.

Le parole degli abitanti di Gaza, ma ancor di più i dati, dimostrano la sussistenza di una situazione critica tuttavia sconosciuta a molti. Benché il mondo sia ormai consapevole del conflitto centenario che intercorre tra le due nazioni – Israele e Palestina- sembra che sempre più si stia decidendo di lasciarle al loro destino, non tenendo in considerazione le vite dei civili.

“Noi, popolo di Gaza, non abbiamo influenza o controllo sul nostro destino. Mi chiedo spesso, e sono certo che se lo chiedano anche altre persone: cos’altro dobbiamo fare affinché il mondo comprenda la criticità della nostra disperazione?

Conclude Azaiza appellandosi a chiunque, là fuori, sia disposto a porgere un orecchio e mettersi all’ascolto di questa gente abbandonata a sé stessa.

 

                                                                                                                                                                                                              Valeria Bonaccorso

A qualcuno piace brutto

Una città che, seppur mostri segni di miglioramento, non perde mai l’occasione di perdere un’occasione.

Dopo tanti anni ce l’abbiamo fatta, è successo che Gugliotta ha citato se stesso! 
In alto la conclusione dell’editoriale Blu scompare da Bologna. Cosa è rimasto a Messina? pubblicato nell’aprile del 2016 dove denunciavamo le condizioni in cui verteva il meraviglioso murale di via Alessio Valore, vilipeso dal primo impunito che passa. Nonostante l’amministrazione Accorinti avesse speso parole rassicuranti nulla è cambiato, anzi, la situazione è degenerata. Nel settembre 2013 l’allora assessore Sergio Todesco, con un comunicato stampa sottolineava come l’amministrazione comunale intendesse “adottare misure volte alla valorizzazione dell’edificio in oggetto” con tanto di collocazione di segnaletica illustrativa, esecuzione di lavori di pulitura, manutenzione dei manufatti. A questo comunicato seguì un sopralluogo della Soprintendenza dei beni culturali, ma niente e nessuno ha impedito che il murales, alla fine del 2014, venisse brutalmente vandalizzato. Un atto vile ed imbecille a cui sono seguite solo le parole dell’assessore Tonino Perna, fiducioso riguardo la possibilità di recuperarlo. In occasione dello Street art tour ci eravamo anche premurati di consegnare all’ex consigliere comunale Lucy Fenech una copia cartacea del sopracitato editoriale, perchè potesse essere uno sprono a riqualificare un’opera di rilevanza internazionale lasciata a se stessa. Niente da fare. Oggi il dono del writer BLU alla nostra comunità è in queste condizioni:

©GiuliaGreco – Mercato Ittico, Messina, 2019
©GiuliaGreco – Mercato Ittico, Messina, 2019
©GiuliaGreco – Mercato Ittico, Messina, 2019
©GiuliaGreco – Mercato Ittico, Messina, 2019

Come si può “apprezzare” il murales è completamente irriconoscibile rispetto al 2016

©GiuliaGreco – Mercato Ittico, Messina, 2016

E nel frattempo, come se non bastasse, l’attuale amministrazione lo ha letteralmente ignorato piazzandoci davanti un parcheggio a strisce blu assieme al mercato domenicale

©GiuliaGreco – Mercato Ittico, Messina, 2019

Messina non è certamente una città d’esempio in Europa per quel che riguarda la sensibilità artistica, ma gli atti di vandalismo oramai sono all’ordine del giorno. Esclusi i casi (vergognosi) del vilipendio al monumento ai caduti nei pressi della Fiera e dei danni al pianoforte in Galleria Vittorio Emanuele, gli atti vandalici più rilevanti negli ultimi mesi hanno sempre avuto come oggetto elementi dell’arte urbana. La prima settimana di gennaio Elisabetta Reale sulla Gazzetta ed il Mezzo TG di Todo Modo hanno portato agli onori di cronaca lo scempio al murale dello stabilimento della Miscela D’Oro, atto compiuto con un movente di matrice xenofoba.

messina.gazzettadelsud.it

Più recenti invece sono gli esempi di miopia per l’arte di questa amministrazione comunale: i fatti di via Maregrosso. Un quartiere di rara bruttezza, dal quale convenzionalmente facciamo iniziare la zona sud di Messina, famoso perché dimora di due locali di successo come il Retronouveau e l’Officina, che in realtà avrebbe anche altro da offrire. Esiste infatti una costruzione particolare, una architettura spontanea che per tutti risponde al nome de La Casa del Puparo

Giovanni Cammarata già Cavalier Cammarata, è stato un muratore e veterano di guerra che trasferitosi a Maregrosso ha deciso di abbellire la sua baracca, costruendo un esempio mirabile di arte del riciclo, che per i posteri dovrebbe essere qualcosa di più. Uno fra tutti a pensare che Casa Cammarata sia più di un semplice esperimento è il Prof. Pier Paolo Zampieri, docente di Sociologia urbana ed esperto di Outsider art, che da anni è impegnato nella riqualificazione della via Maregrosso a partire dall’eredita lasciata dal Cavaliere. Uno dei progetti meglio riusciti è la Via Belle Arti, immaginata da Cammarata per soppiantare il degrado di cui siamo ancora oggi testimoni. Tramite concorso, ogni anno vengono chiamati artisti ad impreziosire le pareti della via su cui sorge la casa del puparo, dando di fatto una chance alla comunità di Maregrosso. Purtoppo il desiderio di riabilitazione sociale non è nelle corde di tutti gli uomini e così la casa è stata in parte abbattuta nel 2007 nella realizzazione di un primo centro commerciale ed oggi, nel giubilo degli autoctoni per l’apertura di un secondo centro, la costruzione si trova in queste condizioni:

Anche peggio è andata ad una delle opere realizzate per il progetto di Via Belle Arti dall’artista messinese Giuseppe Raffaele, autore del Pesce Spada infiocinato in fil di ferro, che non è stato tutelato nel rifacimento del marciapiede della via, la quale ora rischia di rimanere priva della sua arte.

normanno.com

In una città a cui serve disperatamente la bellezza esistono altri esempi di anticorpi al degrado, come i ragazzi di PuliAmo Messina che in questi giorni hanno terminato il ciclo di incontri aperti alla cittadinanza Messina arcana. Grazie alla buona ruscita dell’evento sono addirittura riusciti a raccogliere quasi duemila euro per l’illuminazione artistica della fontana di Nettuno.

Qualcuno diceva “non ci resta che piangere“, forse. Intanto, facendosi strada tra le macchine e le buche sull’asfalto, si può entrare nel nuovo centro commerciale Maregrosso, salire su per la scale mobili, prendersi un bel caffè al bar del secondo piano, uscire sul terrazino ed ammirare il panorama.

Alessio Gugliotta

 

Al via ciclo di incontri tra il rettore ed i dipartimenti per un confronto sulla policy d’ateneo

A partire da martedì 22 Gennaio avrà inizio un ciclo di incontri tra il Rettore, il prof. Salvatore Cuzzocrea ed i Dipartimenti dell’Ateneo.

Nel corso degli appuntamenti parteciperanno anche il Prorettore vicario, prof. Giovanni Moschella ed i prorettori.

Saranno centrali il tema della didattica, dei servizi offerti agli studenti e della ricerca, con il fine di stabilire un confronto attivo tra studenti, docenti e personale tecnico amministrativo riguardo alle politiche dell’amministrazione.

Riportiamo qui di seguito il calendario degli incontri previsti:

Martedì 22/01/2019
Ore 9.30 Dipartimento ECONOMIA
Ore 12.00  Dipartimento GIURISPRUDENZA
Ore 16.00 Dipartimento SCIENZE POLITICHE E GIURIDICHE

Mercoledì 23/01/2019
Ore 9.30  Dipartimento CIVILTA’ ANTICHE E MODERNE
Ore 12.00 Dipartimento SCIENZE VETERINARIE

Giovedì 24/01/2019
Ore 9.30  Dipartimento SCIENZE MATEMATICHE ED INFOMATICHE, SCIENZE FISICHE E DELLA TERRA
Ore 12.00 Dipartimento SCIENZE CHIMICHE, BIOLOGICHE, FARMACEUTICHE ED AMBIENTALI
Ore 15.00 Dipartimento di INGEGNERIA

Venerdì 25/01/2019
Ore 9.30  Dipartimento di SCIENZE COGNITIVE, PSICOLOGICHE, PEDAGOGICHE E DEGLI STUDI CULT.
Ore 12.30  Dipartimenti di MEDICINA E CHIRURGIA

 

Resto al Sud: come uscire dalla crisi delle crisi

É da tempo sulle pagine dei quotidiani, nei servizi televisivi ed in cima ai programmi elettorali dei nostri cari politici. É invisibile, ma i suoi effetti si vedono eccome. É silenziosa, ma causa crolli e cadute di colossi che fanno rumor(e). Conviviamo con essa da anni, un malessere generale riassumibile con due parole: la crisi. Quando si parla di crisi si sottende necessariamente quella economica che dal 2008 sino ad oggi ha causato un esponenziale incremento del tasso di disoccupazione, del livello di povertà e dell’indebitamento. Oltre a causare falde finanziarie non rimarginabili, fatto saltare posti di lavoro, aziende ed imprese, aumentando la pressione fiscale, la crisi ha causato esiti negativi per quanto riguarda la psiche dell’individuo. Alla crisi economica si affianca quella della psiche. Le conseguenze di questa commistione di crisi sono: depressione,  insoddisfazione e smarrimento. Ci si sente fuori luogo, inadeguati. E si emigra in cerca di fortuna. Eppure una soluzione a tutto questo c’è, ed é il lavoro.

Secondo il Briefing Document for the National Governors Association possedere un’occupazione rappresenta un fattore rilevante che segna la routine quotidiana, fornisce obiettivi significativi, aumenta le finanze individuali e familiari allontanando il rischio di povertà. Ottenere un impiego è anche correlato con l’aumento del benessere personale, la “self efficacy”, il miglioramento della gestione delle relazioni ;rappresenta inoltre, un’opportunità di instaurare amicizie, ottenere supporto sociale e contribuisce a definire se stessi come lavoratori. Dunque avere un lavoro rende liberi, indipendenti, e ci si scrolla di dosso tutte quelle preoccupazioni sopraindicate. Il lavoro é la soluzione! Ma qualcuno potrebbe anche dire: <<Scusa giovane – mi domanda un qualsiasi abitante del Meridione – qui al Sud “non c’è nenti”, in più c’è la crisi, chi ce lo dà il lavoro?>>.

Di certo il nostro conterraneo non ha tutti I torti. Il lavoro non cade dal cielo, ma su una cosa sbaglia di grosso. Al Sud, c’é molto più di niente. Migliaia e migliaia di risorse inutilizzate o in mano ad individui che voglion tutto fuorché il bene della nostra terra. C’è bisogno di arrotolarsi le maniche, cambiare ciò che manda a rotoli il nostro paese, estirpare quella “mala pianta”. Ed un’opportunità ci viene data proprio da quelle istituzioni che spesso e volentieri latitano da queste parti. “Resto al Sud”, un bando istituito dal decreto Mezzogiorno n. 91-2017 a sostegno dell’autoimprenditorialità giovanile. Invitalia ha attuato un nuovo regime di aiuto per incoraggiare la costituzione di nuove imprese nelle Regioni meno sviluppate e in transizione, cioè Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia, da parte di giovani imprenditori.

Le richieste di agevolazioni possono essere presentate dai soggetti di età compresa tra i 18 e i 35 anni che siano in possesso, al momento della presentazione della domanda, dei seguenti requisiti: che siano residenti in una delle regioni sopraindicate;  e che non risultino già titolari di attività di impresa in esercizio alla data del 21 giugno 2017!

Le risorse disponibili stanziate sono pari a un miliardo e 250 milioni di euro ed i finanziamenti sono concessi fino ad un massimo di 50mila euro, o di 50mila euro per ciascun socio nel caso in cui l’istanza sia presentata da più soggetti già costituiti o che intendano costituirsi in forma societaria, fino ad un ammontare massimo complessivo di 200mila euro.

Il finanziamento è così articolato: 35% come contributo a fondo perduto erogato dal Soggetto gestore; 65% sotto forma di finanziamento bancario, concesso da istituti di credito in base alle modalità ed alle condizioni economiche definite dalla Convenzione. Dunque il finanziamento bancario deve essere rimborsato entro otto anni dall’erogazione del finanziamento, di cui i primi due anni di pre-ammortamento.

I settori nei quali le aziende si possono specializzare sono: industria, turismo, costruzione, audiovisivo, ICT, servizi, trasporti, energia, sanità, cultura, farmaceutico ed alimentare.

Dallo scorso 15 gennaio é possibile inviare la propria idea di azienda. Circa 6 mila le domande presentate e quasi 900 i progetti già presi in analisi da Invitalia. Se dovessero andare in porto questi progetti, momentaneamente si stima un incremento del lavoro di circa 4 mila posti, con un investimento pari a 55 milioni di euro. Le regioni con maggior numero di domande presentate sono: Campania(49,3%) , Sicilia (15,8%) e Calabria (13,2%).

Il settore turistico-culturale è il più rappresentato con quasi il 43% dei progetti, al secondo posto le attività manifatturiere (27%), quindi i servizi alla persona (13%). Il 37% dei proponenti si colloca nella fascia d’età 30-35 anni e il 38% di essi ha un elevato livello di istruzione (laurea, master, dottorato di ricerca). Significativa la quota di under 25, che arrivano al 32% del totale.

Un vero e proprio incentivo del governo per sviluppare economia e lavoro nel meridione limitando la famigerata fuga di cervelli. Il sud c’è , e risponde a gran voce presente. “Non possiamo pretendere che le cose cambino, se continuiamo a fare le stesse cose. La crisi è la più grande benedizione per le persone e le nazioni, perché la crisi porta progressi. La creatività nasce dall’angoscia come il giorno nasce dalla notte oscura. E’ nella crisi che sorge l’inventiva, le scoperte e le grandi strategie. Chi supera la crisi supera sé stesso senza essere ‘superato’.” Questo era Albert Einstein, il quale tirando le somme, e non era molto bravo a farlo, ci fa capire a noi terroni che la crisi tra le crisi, la più grande e la più difficile da combattere é la questione meridionale. Ed esiste dall’unità d’Italia, non dal 2008. Dopo un secolo e mezzo non si può più far finta di niente, dobbiamo mettere in crisi i meccanicismi mafiosi e classisti che ci hanno portato a questo punto. Dobbiamo restare. Dobbiamo tornare. Solo così avverrà la crisi delle crisi.  

Vincenzo Francesco Romeo

 

 

 

 

                                                                                                                

“Quer pasticciaccio brutto” del quartiere Avignone

Ha scosso l’opinione pubblica la notizia, risalente ormai dadiversi giorni fa, della demolizione di un palazzo residenziale risalente circa al finire del ‘700, situato nei pressi della via Cesare Battisti, in quello che, nella toponomastica della città pre-terremoto, era il Quartiere Avignone. Questo antico quartiere, conosciuto nell’800 come uno dei più poveri e disagiati della città di Messina (non a caso punto di partenza della predicazione e delle opere caritatevoli di padre Annibale Maria di Francia), pare essere destinato periodicamente a tornare al centro di controversie accanite: e di fatto, la notizia di cui sopra ha aperto un autentico vaso di Pandora, scatenando tante e tali reazioni confuse e confusionarie da creare un inestricabile groviglio, un “pasticciaccio brutto” degno forse della penna di Carlo Emilio Gadda (da cui l’improvvida citazione del titolo, della quale ci scusiamo col defunto scrittore), e nel quale risulta difficile fare chiarezza.

Ci proviamo, senza nessuna pretesa, solo per dare l’idea ai lettori meno informati. Nel primo pomeriggio dell’8 gennaio, le ruspe entrano in azione distruggendo ciò che resta del palazzo; vengono interrotte successivamente dall’intervento della polizia municipale. Alcune ore dopo, l’Assessore all’Urbanistica De Cola comunica, in una nota, le sue perplessità circa l’accaduto: le demolizioni sarebbero state infatti intraprese senza che il Comune di Messina le avesse autorizzate, come testimoniato dall’assenza, sul sito dei lavori, del regolare cartello. Interviene anche la Soprintendenza, disponendo il blocco dei lavori che sarebbero avvenuti senza che ne fosse data comunicazione. Dulcis in fundo, il giorno successivo arrivano le caustiche dichiarazioni del neoassessore regionale Vittorio Sgarbi, il quale tuona, dall’alto della sua autorità, di aver “cacciato” il soprintendente di Messina, reo di non aver vincolato il palazzo in questione. Da precisare che il soprintendente non è stato cacciato (né del resto sarebbe possibile, in così poco tempo),e che lo stesso Sgarbi ha successivamente corretto il tiro dicendo che non c’è stata nessuna rimozione dall’incarico per il funzionario, e che sarebbero invece stati inviati degli ispettori per indagare sull’accaduto.

 

Va anche specificato a scopo di chiarezza che il palazzo in questione è da tempo al centro di una
disputa giudiziaria, che vede coinvolti da un lato i proprietari dell’immobile e dall’altro quelli dei
terreni circostanti, per cui la sua demolizione sarebbe già stata disposta dai magistrati per
questioni di sicurezza.
Pare oltretutto che la demolizione in questione fosse tutt’altro che una sorpresa: era stata
preventivata già nel 2013 da una ditta edilizia messinese, che avrebbe dovuto costruire, al posto
dell’edificio storico, un grande palazzo a 22 piani (comprendente tra l’altro nel progetto una
ricostruzione per anastilosi della facciata originale).

Tali lavori sarebbero stati regolarmente autorizzati dalla Soprintendenza (!), a patto appunto di
preservare la facciata originale e di effettuare la debita comunicazione per tempo all’inizio delle
demolizioni: cosa, quest’ultima, che pare non essere avvenuta giorno 8, da cui il blocco dei lavori.
Da precisare oltretutto che i lavori sono stati approvati da un Soprintendente diverso da quello
attuale, il che rende dunque la boutade di Sgarbi del tutto inopportuna. Il progetto in questione,
approvato come già detto dalla Soprintendenza nel 2013, aveva trovato l’opposizione della
passata amministrazione comunale; la ditta aveva quindi fatto ricorso al TAR lo stesso anno, ma il
Comune non si era presentato.

Alla luce dei fatti dunque, la questione della demolizione, priva di quel carattere di “scandalo” che
tanta stampa locale non ha esitato a darle, diventa dunque una sorta di disastro annunciato,
assistito e passivamente lasciato accadere; e i suoi risvolti si colorano di tinte quasi grottesche, da
teatro dell’assurdo.
Ma se all’assurdità lo spettatore della cronaca messinese dovrebbe forse (purtroppo) essere
abituato, quella che colpisce è l’ipocrisia malcelata dei tanti indignati della prima ora: gente che
fino al giorno prima probabilmente ignorava addirittura l’esistenza di questo piccolo angolo di
Messina storica che è andato in polvere, gente che non ha mosso né fatto muovere un dito per la sua valorizzazione o il suo restauro (e lo testimoniano le condizioni di totale abbandono in cui
l’immobile versava prima della demolizione), adesso è in prima fila a strapparsi le vesti e piangere
sul latte versato.

Tutti pronti ad ergersi a paladini del patrimonio culturale messinese, ma solo
quando si tratta di lamentarne la perdita; quando si tratta di conservarlo, difenderlo, farlo
conoscere, rivendicarne l’appartenenza a nome dell’intera comunità messinese, al solito nessuno
si presenta. E se John Lennon cantava, in una sua canzone, che “tutti ti amano, quando sei sei
piedi sotto terra”, allora è forse vero che a Messina bisogna attendere che la Storia muoia, prima di
trovare qualcuno che la ami.

Gianpaolo Basile

La nuova scoperta nella lotta al cancro. Orgoglio italiano (fuggito) su Nature

Correva l’anno 2000 quando, sulle pagine de La Repubblica, nei primi giorni di ottobre, compariva l’ennesimo articolo sulla fuga di cervelli italiani all’estero.

Forse, il Prof. Antonio Iavarone e la moglie Anna Lasorella, autori di quell’articolo-denuncia, non immaginavano che dopo vent’anni la situazione per gli studenti e ricercatori italiani sarebbe rimasta la stessa, anzi peggiorata.

I due lavoravano al Gemelli di Roma, presso il reparto di Oncologia pediatrica, dove portavano avanti ricerche estremamente innovative riguardo tumori pediatrici: il loro laboratorio “non aveva nulla da invidiare a quelli americani” affermava con una nota di rabbia e dispiacere Lavarone ai tempi. Fin quando, per il solito nepotismo e ostruzionismo, furono costretti a percorrere vie legali contro il primario di allora. Come è facile immaginare, nonostante la causa fu vinta, quel laboratorio non sarebbe stato più loro, e “l’esilio” oltre oceano si fece obbligatorio.

Oggi, 18 anni dopo, il gruppo di ricerca guidato dal Prof. Iavarone alla Columbia University a New York (Department of Neurology and Institute for Cancer Genetics) conta una equipe di circa 20 ricercatori, di cui 8 italiani. Stefano Pagnotta, Marco Russo, Luciano Garofano, Angelica Castano, Luigi Cerulo, Michele Ceccarelli, Anna Lasorella, Antonio Iavarone, sono loro gli italiani che hanno inaugurato il nuovo anno con la pubblicazione sulla rivista Nature di una scoperta che offre un potenziale del tutto nuovo per la terapia contro il cancro, e che apre strade finora inesplorate. Il 3 gennaio, infatti, l’articolo A metabolic function of FGFR3-TACC3 gene fusions in cancer annunciava, sulla rinomata rivista scientifica, l’avvenuta “identificazione della funzione di un’importante alterazione genetica che causa una consistente percentuale di diversi tipi di tumori, fra cui il glioblastoma, il più aggressivo e letale di quelli al cervello”. È difatti, il culmine di un lavoro che va avanti da anni, frutto di una serie di mattoncini impilati a poco a poco grazie anche all’utilizzo di tecniche complesse ed estremamente innovative, come l’analisi dei Big Data: lo studio delle sequenze genetiche dei tumori, catalogati dal progetto americano The Cancer Genome Atlas (Tcga) di cui Iavarone ricopre la carica di coordinatore per la sezione riguardante i tumori al cervello.

Scendendo più nei dettagli, già nel 2012 era stata descritta, dallo stesso gruppo di Iavarone, la fusione dei geni fgfr3-tacc3 (abbreviata f3-t3) nel 3% dei casi di glioblastoma umano. Il primo è un gene che codifica per la proteina “Fibroblast Growth Factor Receptor 3”, recettore di membrana che gioca un ruolo cardine nella regolazione della crescita, differenziazione e divisione cellulare fin nello sviluppo embrionale. Il secondo è un gene che codifica per la “Transforming Acid Coiled-coil Protein 3”, che ricopre un ruolo cardine nella generazione e regolazione del fuso mitotico durante la proliferazione cellulare.

I due geni risiedono sullo stesso braccio del cromosoma 4, ed è qui che avviene la loro fusione, dovuta ad una duplicazione in tandem (vedi figura).

Successivamente altri studi hanno riportato una simile frequenza di tale alterazione in altri tipi di neoplasie, indicando che f3-t3 è ormai da ritenere una tra le alterazioni che conferisce potere oncogenico in cellule di vari tessuti.

La novità è aver scoperto come la fusione FGFR3-TACC3 genera e fa crescere i tumori. Questa alterazione genica scatena un’attività abnorme dei mitocondri, organelli presenti all’interno della cellula che funzionano come centraline di produzione energetica. L’eccesso di energia alimenta l’impulso alla proliferazione incontrollata e all’invasione tipico delle cellule tumorali. Appurato il significato dell’alterazione, la strategia che si profila è ora quella di colpire non solo la fusione genica, ma anche la sua funzione, bloccando il metabolismo energetico, cruciale per la sopravvivenza delle cellule tumorali.

L’integrazione di inibitori classici e inibitori specifici per tale alterazione renderebbe la terapia oltre che più efficace, anche mirata in quei casi in cui è presente l’alterazione in questione. Sono in atto sperimentazioni cliniche con farmaci «bersaglio» all’ospedale Pitié Salpetrière di Parigi, dirette dal prof. Marc Sanson, coautore dello studio di Iavarone. I primi risultati dei test su cellule tumorali in coltura e nei topi mostrano che si può interrompere la produzione di energia e fermare la crescita tumorale.

L’Istituto neurologico Carlo Besta di Milano potrebbe partecipare alle nuove sperimentazioni. “Da tempo sono in contatto con i suoi ricercatori – dice Iavarone – per questioni burocratiche e regolamentari non è stato possibile trasferire rapidamente le nostre sperimentazioni cliniche anche in Italia, spero che dopo la pubblicazione su Nature dello studio si riesca presto a lavorare insieme”.

Iavarone, intervistato in questi giorni, ha dichiarato di sentirsi ancora italiano a tutti gli effetti, e che avrebbe voluto conseguire questo traguardo in Italia, così da contribuire al prestigio del proprio Paese. Il professore, a onor del vero, era stato chiamato, ai tempi del governo Monti, per prendere parte alla rifondazione della ricerca in Italia, ma di quel periodo ricorda solo “tante riunioni, importanti conferenze e nulla di concreto”. La sua visione non è totalmente pessimista, auspica che si realizzi il tanto chiacchierato Human Technopole, l’infrastruttura multi-disciplinare lanciata all’EXPO di Milano, che avrebbe come obbiettivo quello di rilanciare l’Italia nel settore delle biotecnologie, della medicina molecolare e genica, e della bio-informatica, e ancor di più spera nella realizzazione di uno Human Technopole del Sud, da cui proviene.

“Il mio sogno -rivela infine Iavarone al Corriere- è quello di proiettare l’Italia tra i primi Paesi al mondo nel settore della ricerca dei big data, della medicina personalizzata e dell’oncologia. Un sogno, certo. Ma la vita mi ha insegnato che tutto è possibile”.

Antonio Nuccio

La Real Italian Wrestling Live a Messina tra solidarietà e campagna antibullismo

La Real Italian Wrestling accademia/promotion di wrestling italiana con sede a Messina, fondata nel 2013, porta in città il “Wrestling Show”. Un evento sportivo che si svolgerà domenica 17 dicembre presso il PalaGravitelli (Palarussello) a partire dalle ore 19:00.

Wrestling, solidarietà e campagna anti-bullismo all’interno dell’iniziativa organizzata dalla Real Italian Wrestling,  di wrestling , in collaborazione con l’associazione di volontariato  “Gli Invisibili” di Messina, la palestra “New Generation Fighters” e “Rap Pirata”.

Può sembrare  un controsenso che uno sport come questo, fatto di bulli che si sfottono sul ring a suon di pugni e calci, diventi un messaggio contro la violenza. E invece no perché per combattere il fenomeno occorre utilizzare il linguaggio dei ragazzi e i loro idoli. 

Lo hanno capito bene le star del wresting internazionale – che a Messina ha alcuni dei più grandi campioni – e metteranno in campo tutta la loro esperienza in una serata nata proprio con l’idea di sfruttare uno spettacolo eccentrico ma amatissimo dai più giovani, per insegnare loro l’antidoto alla violenza e la solidarietà. Star principale è Giuseppe Campagna, in arte “G King”, messinese, che dalla sua “culla” in una palestra di Provinciale, a Messina, si trasferità in Francia. Ed è proprio lui che ha voluto fortemente l’incontro, come saluto alla città e come omaggio agli Invisibili, il gruppo di azione solidale fondato e coordinato dalla commercialista Cristina Puglisi.  L’ingresso dello spettacolo infatti, sarà gratuito, ma all’entrata del PalaGravitelli sarà richiesto a chi vuole partecipare all’evento di lasciare uno o più alimenti (meglio a lunga conservazione come pasta, riso, biscotti…) che verranno poi raccolti proprio da “Gli invisibili” e devoluti alle famiglie che hanno bisogno di aiuto, anche in vista del pranzo di Natale, affinchè sia festa per tutti.  

Ad aprire lo show, saranno le esibizioni di Kick Boxing a cura del maestro Francesco Saladino a seguire lo Show della Real Italian Wrestling che conferma la presenza della NWE Star “El Nazareno”, il campione Hardcore Riw e campione Iwe Crossroad “G King”, il campione italiano RIW “Raider”, L’originale Tigre italiana “Italian Tiger” e molti altri!

Chiaro il monito di Giuseppe Campagna, rivolto soprattutto al pubblico dei più piccoli: «Il nostro sport è una recita, non fate a casa quello che facciamo noi che siamo atleti professionisti. Nella vita reale occore trovare altre soluzioni che alzare le mani». Insomma, la vera star, il vero eroe è chi alla violenza reagisce con dialogo e intelligenza.

Divas e Superstars del wrestling si allenano quotidianamente per rendere lo svolgimento dei loro incontri più sicuro possibile, con attività di sollevamento pesi e di preparazione alle cadute. Ogni mossa è eseguita in connubio con l’altro talent che aiuta a realizzarla e segnala quando la sua posizione è corretta.

Per molti l’evento sarà una grande scoperta, una esperienza spesso giudicata in modo superficiale, dove invece con grande autoironia vengono realizzate performances straordinarie che oggi i campioni dedicano sempre più a messaggi di solidarietà e rispetto, per contrastare atteggiamenti di violenza, bullismo e “machismo”.

IL CAMPIONE

Giuseppe Campagna in arte “G King” è un rapper/wrestler professionista  appartenente alla crew “Rap Pirata” fondata dal noto rapper italiano “Inoki Ness”.

Nasce a Messina il 12 ottobre del 1993. A soli 21 anni diventa il primo campione italiano della Real Italian Wrestling (titolo che deterrà per 2 anni), il 7 maggio 2016 in occasione dello spettacolo “Porto in sport” a Mantova scrive un pezzo di storia del wrestling italiano coronandosi “Extreme Champion” della promotion mantovana Kox divenendo così il primo wrestler nato e cresciuto in Sicilia a vincere una cintura in una federazione del nord Italia.

Il 23 gennaio 2016 inizia una delle faide che ha più appassionato  i fans del wrestling italiano, la rivalità fra il “Nord Italia” rappresentata dall’atleta Bergamasco Horus ed il “Sud Italia” rappresentata dall’atleta messinese G King, una divertente,spettacolare ed intensa faida che termina il 24 Luglio 2016 a Mantova con la vittoria dell’atleta meridionale che riesce ad imporsi per 2 match ad 1, faida peraltro conclusasi con un abbraccio a fine incontro, segno di grande sportività e rispetto reciproco.

Il 19 settembre del 2017 perde a Villa San Giovanni (RC)  la cintura di campione italiano  della Real Italian Wrestling ma si corona nella stessa notte RIW “Hardcore Champion” (cintura che ancora detiene) sconfiggendo il noto wrestler  “El Nazareno”   Nonché suo maestro, il 18 Novembre 2017 sconfigge il torinese Bako diventando nuovo IWE CROSSROAD Champion (cintura internazionale della IWE).

G King lotta ed ha lottato in diverse città d’Italia  come Milano, Genova, Mantova, Bergamo, Modena, Brescia, Catanzaro ecc…

Il “Southern Warrior” soprannome datogli dalla comunità del wrestling italiano, porta sempre con se una bandiera con la “Trinacria” siciliana che rappresenta l’attaccamento del campione messinese alla sua terra ed alle sue origini, bandiera che sventola durante il suo spettacolare ingresso sul ring ed al termine di ogni match conclusosi con una sua vittoria.

LA SCHEDA

La Real Italian Wrestling è un Accademia/promotion di wrestling fondata nel 2013 da Alessandro Silvestro “Italian Tiger” e Nazario Carbone “El Nazareno” conosciuto anche come Black Mask, Vlad e John Arkham in NWE. La RIW dalla con la sua attività divisa fra l’accademia e gli show è diventata nel tempo punto di riferimento per tutti coloro che desiderano avvicinarsi a questa disciplina, offrendo corsi mirati alla formazione di nuovi atleti secondo un approccio professionale e competente per proporli in circuiti nazionali e internazionali organizzando spettacoli in palazzetti, piazze, centri commerciali, lidi.

SOLIDARIETA’ CON GLI INVISIBILI

 “Gli Invisibili” è il gruppo di azione solidale fondato ormai da anni e coordinato dalla commercialista Cristina Puglisi. Di recente ha dato vita a un nuovo “store”, allestito a Messina, dove chiunque può entrare, provare un vestito tra i tanti esposti, una camicia, un paio di jeans, anche un vestito o un corredo per bimbi e uscire senza pagare. Unica condizione: lasciare qualcosa in cambio. Che sia utile agli altri. “Un posto- spiega Cristina Puglisi- dove poter prendere vestiti per i bambini che crescono troppo in fretta e un posto dove portare quelli praticamente nuovi che è davvero un peccato buttare”.  Benefit si trova in via Lombardia angolo via Napoli, a Messina. Dietro  la chiesa San Giacomo.

Da Messina sotto il marchio de “Gli Invisibili” è partita l’iniziativa “Pane in attesa”, la possibilità di pagare il pane “in sospeso” per uno sconosciuto che ha bisogno come si fa a Napoli per il caffè, che ora è diventata iniziativa di successo non solo in Lombardia, Sardegna, Puglia, Campania. Trentino, Liguria e Lazio, ma che sta conoscendo le sue prime iniziative anche in posti prima impensabili come la Germania.

Donarsi

Sottofondo musicale consigliato: Christmas Lights – Coldplay

Più che alle porte oramai è nelle nostre case e nei nostri cuori. E’ arrivato senza bussare, di certo non ha bisogno di alcuna presentazione. E’ arrivato e ne son certo. Lo s’intuisce dalle illuminazioni, dagli addobbi e dall’atmosfera intrisa di felicità e fritto (per molti felicità e fritto potrebbe essere una ripetizione, mi scuso a priori). Ti basterà sfiorare lo sguardo di un bambino per comprendere meglio a cosa mi riferisco. Il Natale, sì, di questo vi sto parlando. Sin da piccoli, non vediamo l’ora che arrivi questo fatidico giorno. Ed è proprio da piccoli che abbiamo imparato la lezione: fare attenzione a non comportarsi male durante tutto l’anno, altrimenti, carbone! (lacrime virili). Arrivato Dicembre, il momento più bello: scrivere la lettera a Babbo Natale. Una lista interminabile di oggettistica, con cui avresti giocato circa 3,6 secondi netti, ma che in quel momento reputavi indispensabili per la tua vita. Dalla pista delle macchinine fino ad arrivare all’ultimo prototipo di ActionMen. Volevi tutto, non si badava a spese, anche perché pensavi realmente li portasse Babbo.. Poi l’attesa interminabile, la notte della Vigilia non passava mai. Non si chiudeva occhio. E sul tavolino vicino l’albero, un po’ di latte e biscotti per il vecchietto dalla barba lunga. Per poi svegliare l’intero vicinato alle sei di mattina del giorno dopo per via delle tue grida di gioia per i regali ricevuti.

Ebbene sì, fin da bambini siam stati abituati sempre e solo a ricevere. Un regalo da mamma e papà, un regalo dai nonni, zii e via dicendo. Ed andando avanti con l’età, il regalo lo si pretendeva sempre. E guai a dimenticarsi del regalo. Ma è davvero questo il significato del Natale? Riempirsi le mani e le tasche di oggetti e basta? Sembrerebbe davvero riduttivo. Allora, in questo pomeriggio freddo ed uggioso, mi domando: qual è il vero dono del Natale? In questi anni ho sempre pensato al Natale non come un periodo dell’anno qualsiasi, ma come un momento di riflessione, che ogni uomo o donna sulla terra, si prende per tirar le somme del proprio operato.  Ci si ferma un attimo per domandarsi: ma quanto ho fatto del bene quest’anno? Cos’è davvero importante per me? Ed è per questo che voglio condividere una storia con voi, una storia che, dopo averla letta, mi ha cambiato la vita ed il modo di vedere le cose. Il protagonista di questa storia è un professore, che un giorno, per introdurre una sua lezione, prese un grosso barattolo vuoto e lo riempì con delle palline da golf. Domandò quindi ai suoi studenti se il barattolo fosse pieno ed essi risposero di sì.

Allora, il professore rovesciò dentro il barattolo una scatola di sassolini, scuotendolo leggermente. I sassolini occuparono gli spazi fra le palline da golf. Domandò quindi, di nuovo, ai suoi studenti se il barattolo fosse pieno, ed essi risposero di sì.

Il professore, rovesciò dentro il barattolo una scatola di sabbia. Naturalmente, la sabbia occupò tutti gli spazi liberi. Egli domandò ancora una volta agli studenti se il barattolo fosse pieno ed essi risposero con un sì unanime.

Il professore tirò fuori da sotto la cattedra due bicchieri di vino rosso e li rovesciò interamente dentro il barattolo, riempiendo tutto lo spazio fra i granelli di sabbia. Gli studenti risero! “Ora”, disse il professore quando la risata finì, “vorrei che voi consideraste questo barattolo la vostra vita. Le palline da golf sono le cose importanti; la vostra famiglia, i vostri figli, la vostra salute, i vostri amici e le cose che preferite; cose che se rimanessero dopo che tutto il resto fosse perduto riempirebbero comunque la vostra esistenza. I sassolini sono le altre cose che contano, come il vostro lavoro, la vostra casa, l’automobile. La sabbia è tutto il resto, le piccole cose. Se metteste nel barattolo per prima la sabbia -, continuò -, non resterebbe spazio per i sassolini e per le palline da golf. Lo stesso accade per la vita. Se usate tutto il vostro tempo e la vostra energia per le piccole cose, non vi potrete mai dedicare alle cose che per voi sono veramente importanti. Curatevi delle cose che sono fondamentali per la vostra felicità. Definite le vostre priorità, tutto il resto è solo sabbia.”

Una studentessa alzò la mano e chiese che cosa rappresentasse il vino. Il professore sorrise. “Sono contento che tu l’abbia chiesto. Serve solo a dimostrare che per quanto possa sembrare piena la tua vita c’è sempre spazio per un paio di bicchieri di vino con un amico”.

Perciò, dopo aver letto questa fantastica storia credo che riusciate a rispondere a tutti gli interrogativi precedenti. Natale è donare alla propria famiglia tutti noi stessi, Natale è donare qualche ora in più al proprio nonno o alla propria nonna, Natale è donare alle persone più sfortunate di noi cinque minuti di felicità con un piccolo gesto.

Natale significa donarsi alle proprie priorità.

P.S.: Natale è anche donare il proprio sangue, perché come dice un uomo gran lunga più saggio di me, i malati non vanno mai in vacanza!

Buone feste!                                                 

Vincenzo Francesco Romeo

 

 

 

Startup weekend: vince Ficus. Intervista al team del frutto spinoso

Si è conclusa domenica la tre giorni dedicata all’innovazione e all’imprenditoria organizzata dall’Associazione Startup Messina con il patrocinio dell’Agenzia Nazionale per i Giovani, dell’Università degli Studi di Messina e dell’Università degli Studi di Catania. La cerimonia conclusiva, che ha visto trionfare l’idea di Ficus, team formato da David da Cruz Wentacem, Nello Cutugno, Leonardo Siciliano e Agata Saitta. Una squadra che si propone di valorizzare un prodotto siciliano che possiede proprietà ai più sconosciute quali: antibiotiche, ipocolesterolemizzanti, ed aiuta nell’intossicazione da alcool. Sul podio in ordine Easy Casa24 e Fast&Freeze. Noi di UniVersoMe abbiamo avuto il piacere di porre qualche domanda a Nello Cutugno del team che si è aggiudicato il primo premio.

Ciao Nello. Intanto complimenti per la vittoria, ci dici che cos’è Ficus e com’è nato?

Ficus è un’idea nata da altri due ragazzi membri del team: Leonardo e David. Io ero qui per partecipare a questo evento e ci siamo subito avvicinati perchè l’idea mi attirava tantissimo visto che è legata ad un prodotto della nostra terra: il Fico d’India. L’idea è nata analizzando diversi studi che attribuiscono al frutto diverse proprietà molto particolari che sono paragonabili a quelle di un “mostro” di questo mercato quale l’Aloe vera. Risulta anche che l’Italia è la seconda produttrice al mondo di Fichi d’India ma al momento una fetta molto importante di questa produzione viene persa per diversi motivi. Vogliamo inoltre porre l’accento su come “u fruttu spinusu” sia un vero e proprio simbolo di sicilianità e non ti nego che questo è un motivo in più per associare tutto ad un brand quale Ficus. Per avvicinarci a tutto questo abbiamo all’interno del nostro team delle skills al livello linguistico e di esperienze di Management internazionale.

Come funziona Ficus?

Quando si partecipa allo Startup weekend o ad eventi di questo genere ovviamente fanno più forza i progetti che trattano del web, della New Economy, della tecnologia, etc. Non partivamo quindi avvantaggiati, per questo pensiamo che la nostra vittoria sta a significare che oggi si fa sempre più importante il tema della sostenibilità, del territorio , della genuinità del prodotto e dell’ healthy food in generale. Il business model è veramente semplice. Il nostro prodotto è una dose di 80 ml che fonde la parte del succo a quella della pala ed è una quantità che ne proponiamo giornaliera, quindi in un packaging da 7. Facciamo raccogliere il frutto, lo lavoriamo e lo vendiamo. Partiremo senza un importante investimento iniziale bensì dal territorio dove già abbiamo una cinquantina di clienti contattati nel messinese. 

Siete usciti vincitori da questa competizione, ve l’aspettavate? 

Inizialmente pensavamo fosse un punto di debolezza il fatto di essere l’unico gruppo da quattro. Invece siamo riusciti a lavorare meglio e più velocemente. Secondo me ha fatto molto leva la semplicità del meccanismo di questo business e la voglia di questo territorio di avere orgoglio, quindi un legame con un prodotto del territorio ed un bel brand.

Cosa significa per voi questa vittoria?

E’ stato davvero bello. Essere a contatto per 54 ore con tanti ragazzi che hanno voglia di fare, voglia di cambiamento , qualcuno addirittura voglia di cambiare il mondo è sicuramente una esperienza molto piacevole. Tutta l’organizzazione è stata veramente di impatto, qualcosa di importante per questa città che soffre tanto di staticità. 

Dove vi vedete da qui a tre anni ?

Questa è una domanda che ti fanno molto spesso se lavori in questo tipo di business. Da qua a tre anni vedo il prodotto ben sviluppato, probabilmente ancora distribuito in modo stagionale e non ancora a livello globale. Intanto vogliamo vederlo affermarsi sul territorio.

Ph. Giulia Greco

Alessio Gugliotta