L’ultima puntata… e torno a studiare.

Durante la sessione , che tu sia un fuori sede o meno e qualsiasi sia il tuo metodo di studio, hai bisogno di staccare. C’è chi come me, adora passare le pause pranzo e cena guardando una serie tv, chi preferisce concedersi un paio di puntate la sera prima di dormire e chi una volta la settimana. Ciò che è certo, in questi giorni di studio intenso, è che non vogliamo altro che una pausa e questo articolo potrebbe darci qualche dritta a riguardo.

Ma quali dovrebbero essere le caratteristiche delle serie più adatta a questo scopo?

Sicuramente è un qualcosa di personale ma quello che non deve mancare è la leggerezza, la necessaria “noia free” e la durata della puntata di 20/30 min.

Vi propongo 5 delle serie tv che, personalmente, ritengo più adatte per non pensare alla montagna di libri che ci aspettano sulla scrivania.

1)BoJack Horseman

Todd perché non vai a fare due passi con Rutie mentre parlo con questi studenti? Non voglio esporla a troppa disperazione

(Princess Carolyn –  BoJack Horseman 6×9)

Venti minuti di pura realtà esposta con estrema abilità e leggerezza che permette di distaccarci… ma non troppo. E’ un cartoon dietro le cui animazioni, definite con estrema maestria, si nascondono (e poi non così tanto) degli argomenti più che comuni. BoJack non è solo un cavallo famoso in balia di ogni dipendenza, che vive in una Holliwoo(d) con animali antropomorfi e umani ma è  anche un po’ ognuno di noi. O forse ognuno di noi è un pò lui in quanto ci costringe ad una minima introspezione e il suo percorso diventa anche il nostro.  È un modo diverso di passare il tempo e senza che te ne accorga ti dà la carica per tornare alla vita quotidiana (e sui libri).

2)Atypical

La storia di Sam Gardner, ragazzo autistico che prova a vivere una vita normale e che ci riesce, forse la sua è la “più normale” di tutte quelle raccontate. La famiglia , gli amici e le sue conquiste fanno da contorno alle avventure quotidiane. Con estrema delicatezza e leggerezza Netflix ci espone una nuova prospettiva e ci costringe a pensare e ad essere più sensibili senza perdere quel velo di divertimento essenziale. Ed è quasi come se attraverso le esperienze di Sam anche noi possiamo crescere e non c’è niente di meglio che farlo 20 minuti alla volta.

3)Sex Education

Altra big di Netflix che fa da calamita anche per gli anti-serie. Otis e i suoi amici, sua madre e le sue insicurezze riescono a liberarci da anni di chiusura mentale e di pregiudizi con estrema leggerezza e allo stesso tempo profondità. Gli argomenti trattati (e in parte risolti da un terapista inesperto – il protagonista), rendono giustizia alle esperienze e alle insicurezze che giovani e adulti hanno passato e molte delle quali non sono ancora risolte. Legittima i pensieri e permette di essere free da tutte le inibizioni sociali, rende creativi e personalmente non c’è niente di meglio prima di  ricominciare a studiare e a vedere tutto in bianco e nero.

4)Scrubs

Serie cult dei primi anni del 2000 che rimane un old but gold imbattibile. A differenza degli altri medical-drama qui non ci si perde solo tra love stories e casi clinici impossibili ma si entra nella vita di un giovane medico sognatore costretto a tenere i piedi per terra. JD non è solo, accanto a lui l’amico di sempre, i colleghi e il dottor Cox che viene descritto da Kelso come “dottor House senza il bastone“.

Okey chi non ama dottor House? E chi non ama il dottor Cox? Se dobbiamo decidere di prenderci una pausa e dobbiamo staccare non c’è niente di meglio che perdersi tra i sogni di JD e tornare con i piedi per terra come ci costringe la serietà di Cox , che il tuo ambito sia medico o no Scrubs rimane un’evergreen che permette a chiunque di ridere e piangere in egual misura tra i corridoi di un ospedale.

5)Californication

Hank Moody è un tizio a cui apparentemente non interessa nulla se non superare il blocco dello scrittore. Eppure ci trasporta sulla East Coast (che ama e odia) e, anche se con i suoi modi, riesce a risolvere la sua vita e a rimettere insieme le cose importanti: sua figlia, la sua compagna e la sua scrittura. Ci permette, tra bellissime donne e bellissimi panorami, di perderci tra le onde di Venice Beach nonostante siamo al buio in una stanzetta fredda.

5+1)Extra

Oltre le cinque serie tv consigliate, non posso tralasciare Dynasty. Siamo stanchi della “vita scandalosa dell’élite di Manhattan” ma non delle storie di giovani privilegiati e Netflix ci viene incontro con una delle serie meglio riuscite di sempre. Sono quaranta minuti di comedy, love stories e intrighi ma sono quello che più può aiutarci ad uscire dagli schemi. In realtà, le altre series consigliate sono molto reali, questa è francamente finzione che permette di sorvolare ogni tipo di problema e di farlo con estrema eleganza. Ha dei principi ma ben celati dietro eventi mondani e look da urlo.

Detto questo, ognuno passa le pause come vuole, ma di certo l’ideale è quello di dedicarsi un po’ di tempo e vi consiglio di farlo in modo leggero e sicuramente interessante. Il problema delle serie tv è che non sarà mai una sola puntata e quei 20 minuti diventano 40 e diciamocelo, che ce lo meritiamo o meno ce lo concediamo comunque.

Barbara Granata

Immagine in evidenza: Barbara Granata©

Diario di una fuorisede superstar 9° parte

La mattina dell’esame…

Penelope aveva dormito poco e male, era in piena sessione da settimane, ma l’esame che si sarebbe svolto quella mattina era il più importante dell’anno.

Bevve un sorso di caffè bollente ed ebbe quasi un attacco di gastrite. Aveva la nausea. Neppure il cornetto con cui fece colazione servì a tranquillizzarle lo stomaco. Le sue viscere sembravano un aggrovigliato disastro.

Raccolse i libri, gli schemi, gli appunti, temeva di perdere l’autobus e le altre coincidenze.

Sui mezzi stette con le cuffie alle orecchie, non voleva sentire altri rumori o chiacchiericci inutili.

Arrivò nel corridoio davanti allo studio del Prof., era vuoto; lei era arrivata con un’ora in anticipo, giusto quello necessario a rivedere tutto.

Pian piano, altri studenti cominciarono a prender posto sia sulle sedie che per terra. Cominciarono la mattinata con le solite ansia, le solite frasi, i luoghi comuni.

“Io non so niente, ma come va va”

“Ho studiato tre mesi, è la quarta volta che la provo”

“Se non prendo almeno 29, mi rovino la media”

Penelope stava avendo un attacco nervoso e del Prof. non c’era ancora traccia.

Nico, sebbene frequentassero corsi differenti, aveva in comune con lei quella materia e, quindi, quell’esame.

Arrivò incurante del fatto che fosse l’ultimo, ormai il corridoio era pieno; arrivò ormai incurante di lei…

Ilaria Piscioneri 

La sessione invernale

Edvard Munch – Notte a Saint-Cloud

 

Gli occhi del professor Corelli erano verdi e aspri. Quando si posavano su di me, io li evitavo sempre.
Allora, gli esami di diritto privato si tenevano in un’auletta cupa e umida al primo piano. Le pareti erano colme di vecchi tomi traboccanti dalle massicce librerie, ed emanavano un odore polveroso e caratteristico che suscitava in me qualcosa di simile a una sensazione anticamente familiare e ormai, chissà come, solo parzialmente accessibile. Una lunga cattedra era piazzata proprio in fondo all’aula e, davanti a questa, diverse file di sedie venivano occupate dagli studenti in attesa.

Corelli era solito arrivare con almeno un’ora di ritardo, e se questo poteva infastidire i miei colleghi, per me era invece fonte di sollievo perché avevo così tutto il tempo per prendere confidenza con l’ambiente. Quando egli entrava in aula, un silenzio improvviso decapitava il brusio dei colleghi, e subito iniziava il traffico muto di quei volti pallidi che raggiungevano intimoriti la cattedra.

Quando finalmente mi decisi a presentarmi all’appello, avevo già saltato diverse sessioni d’esame – un po’ per pigrizia, un po’ perché la materia era oggettivamente lunga e complessa. Quel giorno ero l’ultimo dell’elenco e Corelli era visibilmente stanco. Io invece ero stranamente eccitato: la collega che mi precedeva non aveva fatto in tempo a riporre il libretto in borsa che già prendevo il suo posto alla cattedra. Avevo impresso sul volto quel sorriso mesto e bonario che si è soliti mostrare quando si vuole placare un cane arrabbiato; tuttavia, il mio mastino pareva non avere intenzione di degnarmi della minima attenzione. Mi decisi allora a sussurrare: «Buongiorno professore».

Corelli alzò il capo di scatto, come se, invece del mio tremulo saluto, avesse appena udito un boato provenire da un luogo imprecisato a pochi centimetri dal suo naso. Non appena mi ebbe visto, il suo sguardo, fino ad allora addolcito dalla stanchezza, si tramutò in quella livida severità a cui ero abituato e che ero solito temere.
«Buongiorno professore» ripetei, sforzandomi d’ignorare il senso di sconforto che progressivamente m’invadeva.

Allungai  il libretto verso di lui continuando a sorridere con aria affabile,e avvertii che quello sguardo arcigno si era finalmente staccato dal mio volto per osservare ciò che le mie mani gli tendevano. Con un gesto rapido, ma gentile, Corelli prese il mio libretto e iniziò a sfogliarlo con uno sguardo che non gli avevo mai visto prima d’allora e che, forse, non era nemmeno concepibile su quel volto: le due fessure verdi si erano adesso aperte e apparivano smarrite in un vuoto d’incertezza quasi infantile. Tutto durò pochi secondi. Subito si riebbe, e tornò il professor Corelli. Non ricordo cosa mi chiese esattamente, ricordo solo che la mia voce cominciò a scorrere in un flusso di parole e termini tecnici che avevo parecchio faticato a memorizzare nei mesi precedenti. Dopo neanche un minuto il professore m’interruppe facendo strisciare verso di me il libretto. Disse: «Alla luce di ciò che sento e vedo non posso promuoverla. Mi dispiace, buona giornata». Rimasi folgorato da quella sentenza brutale, che percepivo ingiusta e gratuitamente punitiva.

Corelli, con lo sguardo basso, sistemava rumorosamente la pila di fogli su cui aveva appuntato i nomi dei suoi studenti coi loro rispettivi destini. Notai dolorosamente che non si era neanche preoccupato di scrivere il mio nome tra gli esaminati. Mi allontanai velocemente dall’aula, come se lo spazio che fino a poco prima mi accoglieva fosse stato corrotto da una distorsione che lo rendeva, adesso, perverso e ripugnante. L’incredulità si tramutò ben presto in amarezza. Avevo studiato davvero tanto per l’esame ed ero convinto di aver risposto in modo corretto alla domanda del professore.

Raggiunsi casa, stremato, e dormii fino a sera inoltrata. Sognai di trovarmi ancora nell’auletta del primo piano in attesa di sostenere l’esame. Mentre attendevo, mi rendevo improvvisamente conto di non aver studiato e di sconoscere, nel modo più assoluto, la materia. Ad un tratto mi trovavo seduto innanzi al professore, ma non era il solito Corelli: questa improbabile figura onirica mi chiamava affettuosamente per nome, sorridendomi. Io sbagliavo ogni parola e ogni articolo, ma lui, placido, mi correggeva con paterna pazienza.

Alla fine mi promuoveva a pieni voti, e ogni piega del suo volto brillava d’un compiaciuto orgoglio. Mentre mi alzavo dalla sedia notavo che, improvvisamente, la sua espressione era mutata: mi rivolgeva adesso uno sguardo di rimprovero, carico di disgusto. Un senso di profondo disagio mi accompagnò ben oltre il risveglio. L’alba violava già la mia finestra, e io mi trovavo ancora disteso nella medesima posizione in cui mi ero svegliato. La luce sanguigna proiettava un unico fascio nella stanza, e questo aveva capricciosamente deciso di riversarsi proprio sulla scrivania di fronte al mio letto; le lettere dorate del prolisso “istituzioni di diritto privato” scintillarono d’una folgore luciferina. Mi bruciavano gli occhi e la gola. Cos’era accaduto il giorno prima? Possibile che avessi commesso qualche errore grossolano di cui non m’ero accorto? Mosso da un istinto di sopravvivenza disperato e maldestro, strisciai dal letto fino alla finestra di fronte e abbassai rumorosamente la serranda. Dormii per il resto della mattina, senza sognare. Quando mi svegliai, decisi che mi sarei ripresentato all’appello successivo.

Quindici giorni dopo, mi trovai nuovamente in attesa nell’ormai odiata aula – e stavolta non sognavo mica – il baccano prodotto dai colleghi testimoniava la vita cosciente in quell’anfratto di universo che, per puro caso, ci trovavamo a condividere. Quando arrivò Corelli io sudavo e sorridevo, perché avvertivo che la mia rivalsa era prossima a realizzarsi. Continuai a sorridere e – beninteso – a sudare per parecchio tempo, fino a quando non notai quasi per caso che il collega prenotato prima di me si era appena alzato. Subito mi fiondai sul posto lasciato vuoto. Mentre tiravo fuori il libretto, Corelli si alzò sbottonandosi la vecchia giacca: il velluto nero gli ingabbiava quella flaccida rotondità che, negli uomini della sua specie, costituisce un autentico segno distintivo, e che viene coltivata non senza un certo impegno. Tutto, in quell’aggregato di baffi, adipe e velluto, suggeriva una personalità rigida e limitata dalla propria severità: nella vita non avrebbe potuto far altro se non insegnare diritto privato. Per un attimo provai una profonda pena per lui; l’attimo successivo provai pena per me, e rabbia nei suoi confronti. Chi gli dava il diritto di trattarmi in quel modo? Dopotutto, non era pagato per trattare con sufficienza i suoi studenti, ma per verificare che avessero appreso ciò che lui stesso gli aveva insegnato. Che mi esaminasse, dunque! Ma Corelli sostava in tutta la sua mole di fronte alla finestra, perso in chissà quale lontana malinconia.

Dissi: «Salve professore», in un certo tono cupo che voleva suonare più come un rimprovero che come un saluto. Dovetti esagerare col volume, perché Corelli si girò di scatto, con lo stesso sguardo allarmato che avevo già visto due settimane prima. Mi guardò perplesso e venne cauto a sedere di fronte a me,protetto dalla giacca che aveva prontamente abbottonato per intero. Esordì a bruciapelo: « Può la nullità essere rilevata d’ufficio? Risponda solo si o no.». Risposi di si. Continuò: «E l’annullabilità?». Risposi di no. Distolse lo sguardo e, guardando verso la finestra pronunciò delle parole ormai a me tristemente familiari: «Mi dispiace, ma allo stato attuale delle cose non posso promuoverla. Arrivederci.». Sentii il sangue tramutarsi in onde bizzose e le vene delle mie tempie dovevano essere visibili: turgide e simili a rami bluastri, le avvertivo pulsare veloci, sincrone al cuore.

Senza che avessi il tempo di rendermi  conto del potenziale guaio in cui mi stavo cacciando, esclamai:« No! Ho studiato duramente per l’esame, e ho risposto in modo corretto! Perché non vuole promuovermi? Mi risponda! Perché? ». Subito dopo aver dato adito a quella tempesta miscellanea di collera e frustrazione mi resi conto che Corelli stava guardandomi con due occhi verdi e grandi, da bambino. Sussurrò, dolcemente: «Mio caro ragazzo, io non posso promuoverla per il semplice motivo che lei non esiste.». Pensai di aver sentito male. Continuò: «Pur volendolo, non potrei. E mi dispiace molto, mi creda. Povero, povero ragazzo, ascolti finalmente il mio consiglio, torni a casa.». Inizialmente, dovetti contenermi con tutte le mie forze per non scoppiare in una fragorosa risata; notando che Corelli non scherzava affatto, sentii il sangue abbandonare il mio volto per tramutarlo in una desolata maschera di anemico terrore. Afferrai di scatto il mio libretto, come per ribellarmi a quella nuova e crudele realtà che mi era stata imposta, e iniziai a sfogliarne le pagine: erano tutte bianche. Anche l’intestazione e la matricola erano occupate solo da spazio vuoto.
– « È impossibile, io sono uno studente di questa facoltà e, in quanto tale, ho il diritto di sostenere l’esame! Sono regolarmente iscritto, il mio nome è…»
–  «Qual è il suo nome, ragazzo? ».
Mi resi conto di non saperlo. Tremando, portai le mani a quello che avrebbe dovuto essere il mio volto, ma non vi trovai né naso, né occhi, né bocca. Lanciai uno sguardo supplicante in direzione di Corelli, sperando di incrociare quegli occhi severi e familiari, ma trovai invece solo il volto di un vecchio commosso e usurato dalla stanchezza. «Torni a casa», ripeté in un sospiro.

Reggendomi a malapena sulle gambe, feci ritorno in quella che, ormai da tempo immemore, era divenuta la mia casa. Silenziose, le pagine gialle e rattrappite del vecchio tomo di diritto privato mi accolsero dalla scrivania, simili alle braccia aperte di una madre anziana e comprensiva.
Mi distesi sul letto che ancora tremavo, ma mi addormentai quasi subito.

Da allora, il professor Corelli viene spesso a visitarmi in sogno, e a volte riesco a sostenere il suo sguardo.

                                                                                                                                                      Fabrizio Bella

 

La dieta del secchione: soddisfatti o rimandati

Ringrazio i pochi che, dopo questo incipit, non hanno ancora chiuso tutto e mandato a quel paese me e questo articolo. Ma c’è poco da fare, inutile far finta di niente, è ora di mettersi sotto. Fuori dalla finestra della camera di ogni studente, l’estate farà man mano il suo ingresso, le belle giornate saranno una costante, il sole, il mare, le granite… tutto fuori dalla finestra, perché tu sarai dentro a studiare.

La ricetta per affrontare al meglio un esame sta tutta nella preparazione, con un pizzico di fattore C (di fortuna). Se sul fattore C è vero che non abbiamo potere, possiamo fare qualcosa invece sulla preparazione. Tuttavia spesso si trascorre ore ed ore sui libri, senza però che si impari realmente ciò che si legge. Questo accade perché la volontà di studiare, seppur forte, non riesce a far funzionare correttamente quei meccanismi neurali atti alla comprensione e memorizzazione di un argomento. Per far questo c’è bisogno che l’organismo sia recettivo e concentrato sugli stimoli che gli si propongono. Semplice a dirsi, un’impresa storica a farsi, lo so. La scienza però ci corre in aiuto, sa che proprio noi, studenti sotto esame disperati, abbiamo bisogno di qualche “trucchetto” per rendere al meglio nel momento giusto. Esistono alcuni alimenti e qualche accorgimento che può davvero fare la differenza tra una giornata di studio persa ed una proficua. Ecco cinque consigli (più uno extra) che possono influire sulla qualità dello studio.

1) Il caffè fa bene (il giusto)

Croce e delizia di tutti gli studenti universitari, il caffè rappresenta l’alimento più consumato durante le lezioni, e non solo. Il caffè, d’altronde, è la bevanda più bevuta in Italia (il 97% degli italiani beve quotidianamente caffè), sia per il suo inconfondibile aroma, sia, e soprattutto, per l’effetto psicoattivo della caffeina. Da questo fronte ci sono buone notizie!

Una dose di caffeina di 200-400 milligrammi, l’equivalente di circa due tazzine e mezza di caffè espresso, migliora le prestazioni mnemoniche. E’ questo il risultato di una ricerca pubblicata su Nature Neuroscienze che dimostra per la prima volta un effetto specifico della sostanza sul processo di consolidamento dei ricordi. Nello studio, i soggetti, tutti di età compresa tra 18 e 30 anni non abituali consumatori di caffè, dovevano visualizzare su uno schermo una serie di oggetti e poi assumere 200 milligrammi di caffeina (due tazzine di espresso). A 24 ore di distanza ogni volontario doveva riconoscere gli stessi oggetti. Dall’analisi statistica delle risposte, è emersa una notevole differenza tra i soggetti che avevano assunto caffeina e quelli che avevano assunto il placebo: i primi dimostravano di riuscire a riconoscere con maggiore frequenza gli oggetti simili a quelli del giorno prima. Chi aveva assunto placebo infatti ricorreva più spesso nell’errore di riconoscere come “già visti” oggetti che in realtà erano solo simili ai precedenti.

E quante volte, stanchi e assonnati, abbiamo sentito la necessità di prendere un caffè, praticamente tutti i giorni. Questo aumento inconsapevole del consumo di caffè, e quindi caffeina, nelle persone sottoposte a stress, è legato alla capacità di questa sostanza di prevenire diverse alterazioni cerebrali, specie nell’ippocampo (struttura importante per la memoria), indotte proprio dallo stress. I ricercatori hanno studiato i principali recettori neuronali su cui agisce la caffeina, quelli dell’adenosina, cui si lega a essi e li blocca. Un gruppo di topi è stato trattato con un inibitore di questo recettore, e poi sottoposto a stress così come un altro gruppo di topi con recettore normali. Il primo gruppo ha mostrato comportamenti meno alterati e una conservazione della memoria migliore rispetto ai topi del gruppo di controllo, con la sola eccezione di un livello di ansia leggermente più alto nei topi che assumevano caffeina.
Ciò fa ipotizzare, concludono i ricercatori, che la maggiore assunzione di caffeina nei soggetti stressati sia in effetti un tentativo inconsapevole di automedicazione.

 Ricordate di non eccedere e di rimanere entro le 2 tazzine al giorno, in quanto l’eccessiva assunzione provoca effetti spiacevoli di nervosismo, tachicardia e gastrite, sindrome nota come “caffeinismo”.

2) Non hai sete? Bevi comunque
Durante le lunghe sessioni di studio spesso ci si dimentica di bere, perché il nostro organismo, grazie a complessi meccanismi, conserva i liquidi senza farci avvertire la sete.
Già in passato la letteratura scientifica aveva suggerito un collegamento fra una forte disidratazione e il calo delle funzioni cognitive. Ora si sa che una condizione di ‘leggera disidratazione’ può essere nociva e renderci meno produttivi.
Alcuni studiosi hanno dimostrato come una perdita di acqua corrispondente a circa il 5% del peso corporeo, può influire sull’attività neurale.
Topi di laboratorio sono stati privati di acqua per 24 o 48 ore, periodo in cui è stata analizzato il flusso sanguigno verso la corteccia neurale. La disidratazione ha innalzato l’osmolarità plasmatica ed i livelli di vasopressina (ormone anti-diuretico), un ormone prodotto per limitare l’eliminazione di liquidi, che è l’artefice delle alterazioni cognitive osservate. E’ diminuito il flusso di sangue alla corteccia durante lo stimolo con attività cognitive, e si è visto come questo sia correlato alla presenza protratta nel tempo di vasopressina. Questa porta a stress ossidativo e stimola il rilascio di endotelina-1 nelle arteriole cerebrali, che ne causa una vasocostrizione.

3) Mangia cioccolato

Il cacao, contenuto principalmente nel cioccolato fondente, può venirci in aiuto più di quanto si immagini. Il cioccolato contiene dei principi attivi stimolanti, tra cui spicca la teobromina, una molecola caffeino-simile. I ben noti effetti stimolanti del cacao sono legati proprio alla presenza di teobromina, che oltre ad essere psicoattiva, ha anche un effetto salutare per il sistema cardio-circolatorio. La teobromina ha effetti psicoattivi più blandi rispetto a quelli della caffeina, ma ne è un perfetto sostituto in quanto ha un effetto minore ma più duraturo. Inoltre la quantità di zuccheri per 100g è adatta alle esigenze di un piccolo calo di attenzione. Infine contiene numerosi flavonoidi, composti dal potere antiossidante.
Il cioccolato inoltre favorisce la produzione di serotonina, un neurotrasmettitore eccitatorio che, se presente in difetto, causa una riduzione patologica dell’umore. Poiché l’assunzione di cioccolato, soprattutto fondente, aumenta la produzione di serotonina, si potrebbe definire uno “antidepressivo naturale”. Tuttavia, se presente in eccesso, la serotonina favorisce la comparsa di emicrania, il peggior nemico dello studente sotto esame.

4) Rinuncia al sale (tranne nelle limonate del chiosco)

Una dieta troppo ricca di sale fa male all’organismo ed è associata ad un aumentato rischio di malattie cardio e neurovascolari e demenza. Uno studio, apparso su Nature Neuroscience, ha mostrato che un eccessivo apporto di sodio compromette le capacità cognitive e ha svelato che ciò accade mediante un sorprendente meccanismo di natura immunitaria che origina nell’intestino. E’ stato visto che il sodio determina un aumento dei linfociti Th17, cellule del sistema immunitario; ciò favorisce il rilascio di una proteina, l’interleuchina 17 (IL-17), da parte dei linfociti.

IL-17 agisce sulle cellule endoteliali cerebrali, che ricoprono la parte interna dei vasi e ne regolano il flusso di sangue tramite la produzione di ossido nitrico, un vasodilatatore. L’aumentata IL-17 in circolo va ad agire proprio lì, alterando così il flusso ematico. Lo studio, condotto sui topi, ha mostrato un miglioramento delle prestazioni cognitive e comportamentali quando dalla dieta è stato eliminato il sale, o quando i piccoli animali sono stati trattati con un anticorpo contro IL-17. Questo farmaco contrasta gli effetti cerebrovascolari e cognitivi della dieta ricca di sale e può aiutare chi soffre di malattie o condizioni associate ad elevati livelli di IL-17, come la sclerosi multipla, malattie infiammatorie croniche intestinali e altre malattie autoimmuni.

 5) Pasti leggeri e regolari

L’effetto del cibo sulle funzioni cognitive e sulle emozioni inizia già prima dell’assunzione, in quanto il sistema visivo e quello olfattivo preparano in anticipo l’organismo al pasto. L’ingestione in sé attiva il rilascio di ormoni come l’insulina, l’ormone simile al glucagone (GLP-1) in circolo; queste sostanze raggiungono l’ippocampo e attivano alcuni processi metabolici che promuovono le attività sinaptiche contribuendo all’apprendimento e alla formazione di nuovi ricordi. Un altro ormone importante in questo asse è la leptina, sintetizzata dal tessuto adiposo per ridurre l’appetito.
Si è visto come la leptina, a livello del sistema nervoso centrale, possa stimolare l’espressione di fattori neurotrofici (BDNF) nell’ipotalamo e nell’ippocampo, che hanno la capacità di favorire l’apprendimento e la memoria. Infine il fattore insulino-simile (IGF1) è prodotto dal fegato e dai muscoli scheletrici in risposta a stimoli prodotti dal metabolismo e dall’esercizio fisico. IGF1 stimola la crescita dei nervi, la differenziazione e la sintesi ed il rilascio dei neurotrasmettitori. La dieta, di concerto all’esercizio fisico, specie quello aerobico, ha effetti positivi nelle funzioni cognitive.
Se mangiare spesso stimola questi ormoni neurotrofici, al contempo bisogna evitare le abbuffate, cibi fritti e ricchi di grasso che impegnano il nostro organismo in lunghe e dispendiose digestioni, che causano il cosiddetto “abbiocco” post-pranzo, e ci offuscano la mente.

6) Il nutrimento più importante…lo studio

Quindi studiate e in bocca al lupo.

Antonio Nuccio