Twin Peaks : il ritorno

Venticinque anni fa andava in onda l’ultima puntata. Parlo di Twin Peaks la serie cult degli anni Novanta creata da David Lynch e Mark Frost. Precorritrice delle serie d’autore, per la qualità di sceneggiatura, trama e attenzione ai minimi dettagli.

 
Era l’aprile del 1990 quando il corpo di Laura Palmer venne ritrovato avvolto nella plastica, la nebbia della confusione si addensava sempre più con l’avvio delle indagini di questo omicidio e tutta la cittadina di Twin Peaks era passata al setaccio dall’agente del FBI Dale Cooper.
Fra i seriali e non solo c’è grande attesa per questo ritorno di cui si parla dal 2014.


Riecco Kyle MacLachlan nei panni di Dale Cooper, e gli altri volti storici della serie, da Mädchen Amick a Sherilyn Fenn e Sheryl Lee, fino a Ray Wise.
Sono  tanti i nuovi ingressi: da Laura Dern (che in tanti definiscono la musa dello stesso Lynch dai tempi di Blue Velvet)  poi abbiamo Amanda Seyfried, Jennifer Jason Leigh, Naomi Watts, Trent Reznor, Jim Belushi, Eddie Vedder e persino una italiana : Monica Bellucci. Per un totale di 217 attori.
Della trama non si sa nulla, solo che è un sequel. Gli episodi sono 18 e sono stati scritti da David Lynch e dallo sceneggiatore storico della serie Mark Frost. Le musiche sono state composte da Angelo Badalamenti.

 


Nella notte fra domenica 21 e lunedì 22 dalle 3.00 su Sky Atlantic HD sarà possibile vedere i primi due episodi della nuova stagione in versione originale con sottotitoli.
La serie verrà trasmessa in contemporanea con gli Stati Uniti, data di inizio il 26 maggio ogni venerdì alle 21,15 su Sky Atlantic HD.

Le aspettative sono alte, la prima stagione fu un caso storico, la seconda un flop e con conseguente cancellazione del programma. Qui Lynch e Frost si giocano tutto, le carte per un sequel memorabile ci sono.
Voi preparate caffè americano e torta alle ciliegie che mal che vada ci si consola.

 

Arianna De Arcangelis

Feud – Bette & Joan.

E’ sempre un azzardo valutare una serie tv dai primi episodi , specialmente se è una novità.
Feud è l’ultima “figlia” di Ryan Murphy , il re di FX e una delle menti più valide che ci siano nel panorama c.d. seriale.

Dopo il successo di American Crime Story: OJ Simpson (arriverà a breve il ciclo basato sulla storia dell’uragano Katrina) si è imbarcato in questo nuovo progetto che racconta storiche faide. Murphy ha già dichiarato che il ciclo di Feud non avrà sempre al centro lo showbiz e che la seconda stagione vedrà protagonisti i reali inglesi Diana e Charles.

Feud in questa prima stagione racconta il leggendario conflitto fra le iconiche attrici Bette Davis e Joan Crawford rispettivamente interpretate da Susan Sarandon e Jessica Lange.

Il primo episodio si incentra sul momento di crisi che Joan Crawford affrontò alla soglia dei suoi 60  anni perché non le venivano offerte parti, scoperto il libro “Che fine ha fatto Baby Jane?” propone al regista Robert Aldrich (Alfred Molina) , anche lui in un momento di difficoltà, la trasposizione cinematografica. Propone inoltre di scritturare come sua contro parte Bette Davis (anche lei in quel periodo non se la passava bene faceva la caratterista al teatro)

(a sinistra Davis e Crawford a destra Sarandon e Lange)

Già allora i tabloid marcavano la rivalità fra donne e una loro vociferata reciproca antipatia , la Crawford propose la parte alla Davis per smorzare questi pettegolezzi e far tornare entrambe sotto la luce dei riflettori.
Come ci dice Catherine Zeta-Jones / Olivia de Havilland : “le faide non riguardano mai l’odio. Le faide riguardano il dolore”.

La Hollywood cattivissima , uno spietato Jack Warner (Stanley Tucci) , puniscono queste due donne per il loro desiderio di continuare a lavorare a progetti validi a “ben” cinquanta anni.
Bette Davis era una donna che non si piegava alle logiche hollywoodiane, voleva essere libera di scegliere i progetti sulla base di ciò che riteneva più adatto per sé. Joan Crawford era una donna molto dura con se stessa e nel corso degli episodi vediamo anche la tua “relazione” con la vodka.
Quindi cos’è che accomunava queste due donne? La loro incapacità a sottomettersi, andarono contro l’industria e ne pagarono le conseguenze alcune volte.

Bette Davis, Jack Warner, Joan Crawford

Ryan Murphy è molto scrupoloso, quasi maniacale nelle ricostruzioni scenografiche e negli eventi. C’è una attenzione enorme all’estetica, tratto distintivo nella serie American Horror Story. 

Molto del materiale nozionistico utilizzato per le ricostruzioni degli eventi sono frutto di lunghe ricerche e anche delle quattro ore di intervista che lo stesso Murphy ebbe con Bette Davis negli ultimi anni della sua vita. Alcuni fatti sono certi come la cena a casa della giornalista di gossip Hedda Hopper (una eccelsa Judy Davis) la quale voleva degli scottanti scoop ma le due attrici mantennero un atteggiamento molto amichevole. Nessuno sa cosa successe ad un certo punto delle riprese , qualcosa si incrinò colpevoli anche i tabloid, quindi la ricostruzione non si affida a notizie certe.
E’ Hollywood allo stato puro, raccontato in maniera schietta e romanzando lievemente.

 

Cede molto alla critica sociale, il paragone con la situazione delle donne nel mondo del lavoro odierna è facile, affronta la misoginia, l’invecchiare e la relazione con la società e il sessismo. C’è una frase significativa in cui Robert Aldrich si lamenta del fatto che Crawford e Davis si sono alleate contro di lui e fa un paragone con Jack Palance e Lee Marvin i quali non si sarebbero mai comportati così e la moglie gli risponde “No, non ne avrebbero avuto bisogno perché sono uomini”.
Murphy , che è un rivoluzionario e da sempre voce per un cambiamento per quanto riguarda le discriminazioni, ha voluto che per questa antologia la metà degli episodi fossero diretti da registe donne inoltre il cast (stellare come sempre) conta 15 personaggi fra principali e non di donne tutte over 40.

Jessica Lange torna ad essere diretta dall’uomo che anni fa la rilanciò con l’antologia di AHS , un ruolo che le calza a pennello ma la donna sorprendente è Susan Sarandon la quale è la perfetta Bette Davis, sarà anche la somiglianza ma recita magnificamente.

FEUD — Pictured: Susan Sarandon as Bette Davis. CR: FX


Poi ci sono Kathy Bates, Judy Davis, Sarah Paulson, Jackie Hoffman, Alfred Molina, Stanley Tucci insomma “ che ve lo dico a fa’ “ .
Ryan Murphy si circonda sempre di attori di altissimo livello, trovando le perfette combinazioni.

E’ un prodotto ottimo, curato fino all’ultimo dettaglio.
Forse molto più incentrato sulla critica sociale che su Bette Davis e Joan Crawford ma siamo solo alla terza puntata ancora non ci si può esprimere completamente.
Certo è che è una serie da vedere, anche solo le prime due puntate.

Arianna De Arcangelis

Game Of Thrones: il gioco delle sedie.

Premetto che non riassumerò la trama, perché sarebbe un grossissimo spoiler oltre che un’impresa impossibile. Se dovessi improvvisarmi MYmovies, darei a questa serie tv almeno quattro stelle e mezzo. Uno 0,5 lo teniamo perché l’ultima stagione, la settima, ancora non è uscita. 

George R.R. Martin: dopo aver visto sei stagioni da dieci episodi ciascuna,  proverete anche voi ad immaginare cosa può avere in testa quest’uomo. Non tanto per ‘prevedere’ l’esito degli episodi successivi, ma per capire come possa essere arrivato a sviluppare una trama tanto ingarbugliata.

Game of Thrones è il gomitolo con cui gioca il gatto della nonna. Ogni volta è lì lì per sbrogliarsi, e ogni volta la nonna (in questo caso il nostro George) lo riavvolge come se nulla fosse.
Ho iniziato questa serie tv una di quelle sere vuote di Settembre, quando inizi a sentire il fiato sul collo della sessione che arriva winter is coming” (cit.), e c’è bisogno di smettere di crogiolarsi nelle paranoie almeno un’ora o due.
Probabilmente Game of Thrones (abbreviato in GOT) mi è piaciuta per questo motivo, perché rappresentava a fine giornata un modo di evadere dalla mia piccola realtà fatta di esami e scadenze, ed essere assorbita in un mondo di gente che fa a pugni per una sedia.
E quindi divano, pc sulle gambe, copertina, compagnia di Elena, ed è iniziata la prima stagione.

Considerato il mio scetticismo iniziale devo dire che la prima stagione non mi ha delusa, ma neanche entusiasmata, anzi, un paio di volte mi sono anche addormentata mentre era ancora in riproduzione.
E’ una stagione introduttiva, in cui è fondamentale cercare di capire la dinamica della serie tv, la natura dei rapporti tra i vari personaggi, piuttosto che focalizzarsi sugli eventi.
Un pò come quando apri il libro la prima volta e ti metti ingenuamente a contare le pagine per sapere quanto studierai ogni giorno, senza prestare attenzione agli argomenti.
E così in circa quattro giorni, con l’aiuto del buon mega drive abbiamo finito di vedere la prima stagione.

Dopo qualche giorno di pausa ho iniziato la seconda stagione.
Da qui fino alla sesta stagione (e in particolare la quinta che è la mia preferita) è stato un susseguirsi di colpi di scena, uccisioni random, relazioni amorose (piccolo spoiler) davvero poco convenzionali.
Ho iniziato ad apprezzare il motivo della  della sigla iniziale, sentito la gioia, l’umiliazione, e le piccole rivincite dei personaggi come se fossi lì con loro.
Ho capito che sicuramente non è una serie tv adatta ai più piccoli, l’atmosfera è cruda, gli arti mozzati di netto, e le teste (si, le teste) e i petti trafitti sono parecchi.
Anche Jack lo Squartatore ci penserebbe due volte prima di andare a vivere a Westeros. In generale l’80% dei personaggi assumono quei comportamenti che già da bambini evitavamo e condannavamo.
Ad esempio anche un bambino sa che la porta del bagno è meglio chiuderla, potrebbe arrivare qualcuno armato di balestra e scoccare il dardo in un momento deputato a tutt’altro.

Qualunque azione in GOT diventa necessaria, lecita, persino la più spregevole, perché in ultima analisi si finisce per comprendere e conoscere colui che l’ha compiuta. C’è chi sembra il perno attorno al quale ruota la storia e poi scompare. C’è chi sembra insignificante e poi si ritrova protagonista.

A proposito dei personaggi potrei aprire una piccola parentesi descrittiva, ma la mia opinione è costruita sulla visione di sei stagioni complete, ed essendo tutti i personaggi molto dinamici, costituirebbe una scomoda anticipazione. Come se dicessi che Piton in realtà è un tenero a chi non ha ancora visto/letto gli ultimi capitoli di Harry Potter.
E rimanendo in tema HP, Gazza (alias David Bradley) interpreta in questa serie tv un ruolo tanto irritante quanto quello che interpretava in HP.

Ora alcuni consigli pratici. Come ben sappiamo la lingua originale di parecchie serie tv è l’inglese (al momento l’unica eccezione che mi viene in mente è Narcos), e chi ne mastica un pò si fa sempre la stessa domanda: sarà meglio guardarla direttamente in italiano, o sub ita?
Per Game of Thrones io ho preferito il doppiaggio italiano alle voci originali, che a volte risultavano meno spontanee di quelle dei doppiatori.

Giulia Garofalo

Black Mirror. Terzo capitolo.

Il futuro pericoloso ed inquietante della tecnologia è già nel presente. Ce lo rivela Black Mirror

Quanti questa estate, nei reticoli cittadini, armati fino ai denti di smartphone di ultima generazione, si sono messi a caccia di animaletti formati da pixel per arricchire la propria collezione virtuale? Se non siete tra questi, senz’altro vi sarete trovati negli ultimi minuti affaccendati nel gesto meccanico di scorrere le dita sullo schermo touch per risolvere un’incombenza o relazionarvi con gli altri, mentre intorno a voi qualcuno tentava in altro modo di stabilire un contatto o praticava una manovra diversa dal sollevare il tablet.

gallery-1477497138-blackmirror-ep3-nosedive-0101rUna ragazza corre in una strada di un quartiere che pare uscito da una cartolina promozionale di un villaggio vacanze, saluta i conoscenti che incrocia e a ciascuno di loro assegna un punteggio da una a cinque stelle. Le interazioni sono funzionali ad alzare la stanghetta della popolarità e ad accrescere la reputazione sociale. Ogni azione, ogni condivisione di immagini o video in un social network viene valutata da un applicazione, Rate Me, che permette di esprimere un giudizio in merito alla persona, non al contenuto, che questa pubblica. C’è qualcosa di vagamente familiare nell’immaginario evocato?

 

Per la terza stagione, sbarcata su Netflix ad ottobre, si è acceso il monitor della serie culto anglosassone che colora il presente di nero, e lo fa a partire da una prospettiva visionaria romanzata ma credibile del futuro dominato dagli effetti annichilenti e insidiosi dell’innovazione tecnologica. Questa volta i nuovi episodi sono sei, il doppio di quelli contenuti nelle due serie precedenti (se escludiamo lo special natalizio della seconda). Le stagioni, che seguono un percorso antologico, dove ogni puntata è narrativamente auto conclusiva, sono riuscite nuovamente a catturare i riflessi, nonché le derive patologiche di un epoca in cui la realtà e il virtuale si toccano come mai prima. In uno scenario in ogni caso mai davvero così altro dal nostro, le esperienze quotidiane trovano gli spunti per essere restituiti a una lucida analisi che alterna satira a fantascienza.

 

E se con gli occhi potessimo disporre di una realtà aumentata impiantata attraverso un foro sulla testa? Black Mirror mostra come un ipotetico microchip di questo tipo, che diventerà forse un giorno obbligatorio, possa rappresentare la metafora del modo distorto di guardare e di muoversi nella realtà, esito aberrante della rivoluzione tecnologica. E’ una serie che più di tutte è in grado di raccontare il presente, e di coglierlo con capacità profetica. Infatti ad essere dipinto è un futuro immaginario ma plausibile. E pericolosamente realistico. Il panorama che si profila è uno scenario pauroso e inquietante che nessuno ha avuto l’abilità di descrivere con tanta sagacia disturbante come questa piccola serie britannica. A risentirne prima di tutto sono le società trasformate dagli effetti del progresso informatico; la prospettiva accarezzata è che nel prossimo futuro il virtuale e reale si accosteranno tanto da mettere in crisi la visione del mondo che abbiamo maturato fino ad oggi, annientando forse persino gli stessi sentimenti umani. Ideata da Charlie Brooker, la serie è stata confermata con l’uscita di altri sei episodi ancora per un’altra stagione.

blackmirrortitlecardLa terza serie affronta temi che si legano in vario modo all’attualità della cronaca, come quello del linciaggio su internet di Odio Universale, in cui i messaggi a catena di disprezzo e di beffa su twitter nei confronti di un personaggio vittima di pubblico ludibrio, vengono strumentalizzati da chi abusa di una innovativa ecologia robotica, in una puntata a metà strada tra l’horror e il noir investigativo. C’è anche lo stalkeraggio portato ai livelli di violenza e privazione della privacy che ricordano tristi casi di cronaca recenti di Zitto e balla, tra le più riuscite della serie, anche per la bravura degli attori (si ricorda Jerome Flynn del Trono di Spade). Mentre Giochi Pericolosi è la materializzazione agghiacciante delle nostre fantasie più spaventose.

 

Arriva allora la conferma che ci aspettavamo fin dalla prima puntata delle due stagioni trasmesse a partire dal 2011, e cioè che Black Mirror è una delle migliori serie in circolazione da sempre. Anche quando il presagio che si configura è dei più foschi e il futuro sembra un posto orribile, senza nessuna intenzione moraleggiante (che mai traspare nonostante l’acutezza dell’analisi sociale) irrompe comunque a stemperare una risata. Perché prima della denuncia viene lo sguardo su noi stessi. Consapevoli che tutti siamo vittime e carnefici del mondo che abbiamo costruito.

 

Eulalia Cambria