Bryan Cranston, “una vita in parti”

Walter White, Hal , Lyndon B. Johnson e Dalton Trumbo sono solo alcuni dei caratteri affascinanti e complessi nei quali il leggendario Bryan Cranston, che oggi compie 64 anni, si è reincarnato.

Non è dunque un caso che l’attore, il quale sarebbe divenuto il professore di chimica più temibile del mondo, nasca nel 1956 proprio ad Hollywood (Los Angeles) culla della recitazione e dello show-business.

Ad inizio carriera, le attitudini attoriali di Bryan lo portano a prediligere sceneggiati comedy: infatti, il ruolo che gli conferisce una spolverata – seppur fugace – di notorietà è quello dei Hal Wilkerson nella sit-com televisiva Malcolm.

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Il ruolo di padre rimbecillito, ingenuo, distratto ed abbindolabile, mette in evidenzia il suo talento di fronte tutta l’America, che si appassiona velocemente alla serie.

La propensione per la recitazione comica viene certificata anche dalle prime candidature ai prestigiosi premi Emmy, che negli anni a seguire saranno letteralmente dominati.

Dopo il propulsivo successo comico maturano le prime esperienze drammatiche di rilievo nell’epico Salvate il soldato Ryan di Spielberg; seguono quelle in Drive di Refn, Contagion di Soderbergh, Rock of Ages di Shankman.

 

Nel 2008 scatta la scintilla che offre l’opportunità di accendere artisticamente la sua carriera: viene provinato e selezionato per ricoprire il ruolo di Walter White nella pluripremiata serie tv cult Breaking Bad.

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Come l’ha definita lo stesso Cranston, vestire i panni del professore di chimica malato di cancro è stata una “life-changing experience“, un’esperienza che gli ha cambiato la vita.

Cinque entusiasmanti stagioni (2008/2013), ormai consegnate ai posteri della settima arte, che gli hanno donato, il life-time role (ruolo della vita), concepito dalla penna e dalla mente geniali di Vince Gilligan, storico autore e produttore della serie.

Fonte: Fox

“Say my name”, “I am the one who knocks”, “Stay out of my territory”, “I won”, “I did it for me” sono solo alcune delle citazioni incastonate come diamanti in scene brillanti e mozzafiato hanno reso Breaking Bad la serie culto degli ultimi anni.

Walter White è uno dei personaggi più riusciti, complessi, affascinanti, emotivamente potenti, evoluti e profondi della storia della TV, per il quale l’interprete hollywoodiano ha ricevuto molteplici premi tra i quali quattro Emmy ed un Golden Globe.

Come Vince Gilligan spesso ha dichiarato nessuno sarebbe potuto “essere” W.White meglio di lui, nessuno sarebbe potuto essere un padre dolcissimo e premuroso nella sfera domestica e parallelamente divenire di stagione in stagione lo spietato re della metanfetamina (Blue Sky), meglio di lui.

Penserete legittimamente, solo se avete letto l’articolo con perspicacia, che possa essere difficile affrancare una carriera attoriale da un ruolo così ingombrante.

Non per Bryan Cranston, che presto mostra al mondo del cinema il suo talento camaleontico in Argo, pellicola diretta da B.Affleck vincitrice del miglior film agli Oscar del 2012. In The Infiltrator veste i panni di una spia-infiltrata nel mondo dei narcos. E ancora, interpreta magistralmente lo sceneggiatore baffuto Dalton Trumbo nell’omonimo biopic che gli vale la candidatura come miglior attore agli Oscar del 2016.

L’amore per la recitazione di Bryan Cranston non ha confini e lo spinge a modellare il suo talento artistico anche per i rinomati palcoscenici teatrali di Broadway nei quali si esibisce in All the way e Network, entrambe performance premiate con il Tony Award, celebre premio dedicato al mondo del teatro.

Chissà cosa avrà in serbo il futuro per l’attore americano, intanto gli auguriamo buon compleanno e mille altri intensi giorni da Walter White.

Caro Bryan, “You are the one who knocks”!

Antonio Mulone

Film e serie tv in uscita.

27 giugno

HURRICANE – ALLERTA URAGANO

regia: Rob Cohen

cast: Toby Kebbell, Maggie Grace

trama: Dopo la morte del padre, vittima di uno dei tornado, Will  meteorologo del Governo impegnato a studiare Tammy: un uragano in arrivo sull’Alabama che si preannuncia essere il più violento nella storia degli Stati Uniti. Mentre gli abitanti cominciano ad evacuare la zona, Will, suo fratello e l’ agente del Tesoro Casey si ritrovano soli in mezzo alla furia dell’uragano e, allo stesso tempo, alle prese con un gruppo di rapinatori che vuole approfittare dell’imminente catastrofe per compiere una rapina  alla Zecca dello Stato.

28 giugno

IL SACRIFICIO DEL CERVO

regia: Yorgos Lanthimos

cast: Colin Farrell, Nicole Kidman, Barry Keoghan, Alicia Silverstone

trama: Un famoso chirurgo cardiotoracico insieme alla moglie Anna e ai loro due figli vive una vita felice e ricca di soddisfazioni.
Un giorno Steven stringe amicizia con Martin un sedicenne solitario che ha da poco perso il padre e decide di prenderlo sotto la sua ala protettrice.
Quando il ragazzo viene presentato alla famiglia, tutto ad un tratto, cominciano a verificarsi eventi sempre più inquietanti, che progressivamente mettono in subbuglio tutto il loro mondo, costringendo Steven a compiere un sacrificio sconvolgente per non correre il rischio di perdere tutto.

 

LA GUERRA DEL MAIALE

regia: David Maria Putorti

cast: Victor Laplace, Arturo Goetz, Ricardo Merkin, Vera Carnevale

trama: La comune convinzione che l’uomo invecchiando finisca per maturare serenità e saggezza è falsa. L’essere umano una volta superato l’acme della propria esistenza, comincia l’inesorabile e inevitabile discesa verso la morte e in questo lento diminuire la paura cresce dominandolo, trasformandolo in un essere vulnerabile, egoista e vigliacco.
Questa semplice e cruda riflessione e il ciclico conflitto tra le generazioni sono il nucleo del film, adattamento dell’enorme successo editoriale dello scrittore argentino Adolfo Bioy Casares.

 

L’ALBERO DEL VICINO

regia: Hafsteinn Gunnar Sigurosson

cast: Steinpór Hróar Steinporsson, Edda Björgvinsdóttir, Porsteinn Bachmann, Selma Björnsdóttir, Dóra Jóhannsdóttir

trama: Agnes caccia di casa Atli e non vuole che lui veda più la loro figlia Ása. L’uomo si trasferisce dai genitori, coinvolti in un’amara disputa riguardante il loro grande e magnifico albero, che fa ombra al giardino dei vicini. Mentre Atli lotta per ottenere il diritto di vedere la figlia, la lite con i vicini si intensifica: la proprietà subisce danni, animali scompaiono nel nulla, vengono installate telecamere di sicurezza e gira voce che il vicino sia stato visto con una motosega in mano.

 

TULLY

regia: Jason Bateman

cast: Charlize Theron, Mackenzie Davis, Mark Duplass, Ron Livingston

trama: Il duo Jason Bateman – Diablo Cody torna sul grande schermo dopo il successo di Juno e Young Adult. Qui raccontano la faticosa vita di una madre di tre bambini e le gioie e gli ostacoli della maternità. Marlo è al limite delle forze, incapace di donare a ciascun componente della famiglia le attenzioni di cui ha bisogno, una giovane Mary Poppins in skinny jeans suona alla porta.
La tata Tully arriva per prendersi cura dei bambini e della loro stanchissima madre. All’inizio Marlo fatica ad abituarsi ai modi inconsueti e stravaganti della baby sitter e ai numerosi cambiamenti apportati alla sua sfibrante routine serale, col tempo le due donne stringeranno una proficua alleanza che si trasformerà in un sincero legame d’amicizia.

 

29 giugno su Netflix

GLOW

Tornano le” Gorgeous Ladies Of Wrestling”. La serie racconta delle lottatrici che acquisirono notorietà negli anni Ottanta, con corpi statuari, costumi striminziti e glitter. Creato da Jenji Kohan sceneggiatrice e produttrice di “Weed” e “Orange is the new black”.
Le avevamo lasciate sul ring e nel tripudio della registrazione del primo incontro chissà cosa accadrà in questa seconda stagione.

 

La Casa di Carta: La terza stagione è davvero necessaria?

E’ stato davvero un colpo da maestro da parte di Netflix prendere la versione originale e modificarne lunghezza e numero di episodi. Distribuendo in tutto il mondo un prodotto molto apprezzato, che ha portato l’azienda leader dello streaming a rinnovarla per una terza stagione.

Se pensando a una serie televisiva spagnola vi viene in mente “il Segreto” o altre telenovela del genere, siete fuori strada.

Tranquilli questo articolo non contiene spoiler, si rovinerebbe la visione di questo piccolo gioiello.

La Casa di Carta è una serie TV coinvolgente, un thriller emozionante, che tiene lo spettatore con il fiato sospeso. Una storia di astuzia e furbizia, genialità e passione, una storia di “guardie e ladri”, dove nulla è lasciato al caso, pregna di temi ed emozioni e alla fine non si ha ben chiaro il confine tra buoni e cattivi.

Una sceneggiatura attenta, originale e interessante. Una regia che offre a chi guarda immagini che, anche dopo giorni di visione, rimangono indelebili nella mente. Gli attori fanno la parte del leone, interpretazioni azzeccate, intense; un lavoro corale, che non esagero a definire teatrale.

Una volta capito il meccanismo della narrazione, lo spettatore è in attesa della scena successiva per scoprire cosa si nasconde dietro, il prossimo “trucco”, e ne rimane sempre (o quasi) stupito. Per questo motivo la storia è intrigante e “imprigiona” nella sua rete con un fascino inaspettato.

E’ la dimostrazione che non solo gli americani sono in grado di fare serie TV di alto livello.

Dopo aver terminato la visione della seconda stagione è inevitabile chiedersi: è davvero necessaria una terza stagione? Cosa avrebbe da dire?

In effetti la trama è abbastanza chiusa e ho il dubbio che si possa aggiungere di più, ma non si può negare che guarderei la terza stagione, magari con un po’ di timore, ma spero di essere smentita.

Sicuramente consiglio a chi non ha visto questa piccola perla spagnola di farlo e godersela, assaporandola come più preferisce, in un sol boccone o piana piano, ne vale la pena.

Saveria Serena Foti

11.22.63: ritorno al passato con J.J. Abrams e Stephen King

A novembre saranno trascorsi oltre cinquanta anni da quella mattina del ’63 a Dallas quando John Fitzgerald Kennedy venne assassinato da alcuni colpi sparati con un fucile fabbricato in Italia.

Uno spartiacque che ha innescato un inaspettato cambio di rotta dopo il quale si è fatto strada l’interrogativo su come sarebbero andate le cose se Lee Harvey Oswald – secondo la ricostruzione ufficiale – non fosse riuscito a portare a termine il suo disegno criminale facendo fuoco dalle finestre al sesto piano della Texas Book School Depository.

Il corteo che accompagnava Kennedy e la moglie Jackie avrebbe proseguito indisturbato nel suo bagno di folla e la tappa sarebbe stata registrata come un evento uguale ad altri nella campagna di consensi del presidente americano. Il fratello Bobby si sarebbe salvato? L’inasprimento della guerra del Vietnam che ha sottratto la vita a migliaia di esseri umani non ci sarebbe stato? E in che modo sarebbe sfociate le tensioni con la Russia? Non siamo in grado di rispondere, ma è certo che determinati turbamenti temporali possono provocare una catena di eventi che per molto tempo condizioneranno il corso della storia. 11.22.63 parla di questo. In parte. La vicenda ha al centro il Maine, da cui ha mosso i primi passi lo stesso Stephen King, e la vita di un insegnante di lettere, Jake Epping (James Franco).

Tra i corsi diurni e quelli alla scuola serale frequentati da Harry, bidello del liceo di Lisbon Falls, reduce dal trucolento stermino della sua famiglia per mano del padre nei primi anni ’60, e la tavola calda di Al Templeton, rinomata per i “Fatburger” venduti a un prezzo di pochi cent., Jake Epping conduce una normale esistenza. Un giorno nota qualcosa di strano in Al: l’amico si è ammalato improvvisamente, mentre un attimo prima era in ottima forma. Jake scopre allora che nella dispensa del ristorante c’è un varco temporale che porta sempre nello stesso luogo e nello stesso istante: il 21 ottobre del 1960. Non importa quanto a lungo si resta dall’altra parte, al ritorno nel presente saranno trascorsi sempre soltanto due minuti. Nessuno nel passato sembra accorgersene, eccetto l’uomo con una tessera gialla. Epping asseconda le volontà di Al e accetta di assumere un’identità nuova calandosi nei panni di Jake Amberson e varcando il portale dello scantinato per seguire le tracce dell’ex marine Lee Oswald attraverso i suoi spostamenti e fare luce sui suoi possibili contatti con la CIA, servendosi di un fascicolo che raccoglie ritagli di giornale dell’epoca, con il proposito di sventare l’assassinio di Kennedy. Ma il passato farà di tutto per non essere cambiato.

La miniserie del 2016, in 8 puntate, non è solo l’ennesimo contraltare filmico di una vasta letteratura di fantascienza incentrata sui viaggi del tempo, ma un attraversamento piuttosto convincente di un’america nel periodo di punta dell’esplosione del rock’n roll, pervasa dal cambiamento dei costumi del dopoguerra e divisa dai problemi razziali. Accanto agli abiti eleganti e i maglioni dai colori tenui, le automobili scintillanti e i registratori a bobina, si colgono le atmosfere della musica ai tempi del trionfo del vinile con una colonna sonora che spazia dai successi di Bobby Vinton (nel trailer), Sam Cooke e le Shirelles.

Anche se il libro è stato pubblicato nel 2011, l’intenzione di scrivere un romanzo dedicato all’omicidio del 35° presidente degli Stati Uniti è una pulce all’orecchio che ha ossessionato Stephen King fin dagli anni ’70. Inizialmente il progetto di trasferire la trama in un film sarebbe stato affidato alla regia di Jonathan Demme, successivamente il pilot venne girato da Kevin Macdonald.

James Franco, che invece originariamente sperava di trovarsi nelle vesti del produttore, sorpassato in questo da J.J Abrams che si assicurò per primo i diritti del libro, ha ottenuto poi il ruolo di attore protagonista. Inutile fermarsi a elencare le differenze rispetto al libro (a partire dalla data in cui il portale conduce nel passato, che, nel romanzo, è il 1958), né, in questa sede, indagare sulle fonti che una ricostruzione sull’assassinio di Kennedy ha privilegiato, senza anticipare altro, la serie è anche, in fin dei conti, la vittoria di un amore assoluto che neanche i paradossi temporali riescono a interrompere.

 

Eulalia Cambria

Buona la Prima: Californication

C’è un detto famoso che dice “chi ben comincia è a metà dell’opera” e se decidi di iniziare il primo episodio della tua serie sulle note di “You Can’t Always Get What You Want” dei Rolling Stones, beh, caro mio Tom Kapinos (ideatore del progetto), aspettati una standing ovation.

La scena si apre con Hank Moody (David Duchovny), protagonista della serie, che guida la sua Porsche 911 Cabrio, rigorosamente nera, verso una chiesa immersa nel verde di Los Angeles, dove spera di ritrovare, attraverso un dialogo con Dio, l’ispirazione per ricominciare a scrivere romanzi. Ma non sarà la preghiera la risoluzione di tutti i problemi dello scrittore, poiché ad aiutarlo arriverà un’attraente suora che si offrirà di fargli una “fellatio”. Malauguratamente per lui, si tratta solo di un sogno bizzarro ed al suo risveglio, Hank si ritroverà nel letto di un’avvenente donna sposata (non con lui). Il ritorno del marito di lei, infarcito da una serie di pungenti battute di stampo sessuale, darà il via alla vera trama della puntata, con il protagonista costretto ad una rocambolesca fuga in macchina, senza i pantaloni…

Nella scena seguente facciamo la conoscenza di due altri personaggi fondamentali per la storia: la ex compagna di Hank, Karen Van Der Beek (Natascha McElhone), e di sua figlia Rebecca “Becca” Moody (Madeleine Martin), che lo stanno aspettando sotto casa sua da parecchio tempo.

È un incipit chiaro quello che gli autori vogliono dare alla puntata, quasi a far capire immediatamente ciò che la serie vuole raccontare agli spettatori. Non ci sono maschere, non c’è vergogna, il politically correct è completamente spazzato via dalle scene, ma questo non significa creare un prodotto scadente, superficiale e di mero intrattenimento di serie B.

Il fulcro di tutta la serie è ovviamente Hank Moody che in molti hanno ipotizzato potesse essere la perfetta riproposizione in epoca moderna dello scrittore più sporcaccione del ‘900: Charles Bukowski. Sesso e alcool dipendente, abilissimo nell’usare le parole, tanto quanto nel portare a letto più donne possibili durante tutto l’arco di una singola puntata, ma contemporaneamente in costante lotta con se stesso e con gli altri per cercare di rimettere in carreggiata la sua vita e la sua relazione con la ex compagna. La performance di David Duchovny – che, per chi non lo ricordasse, è stato il protagonista della fortunata serie “X-Files” – è impeccabile, tanto da valergli la vittoria di un Golden Globe nel 2008 come “Miglior attore in una serie drammatica”.

Se fossimo su “4 Ristoranti” e io fossi Alessandro Borghese, questo sarebbe il momento di assegnare cinque punti bonus ad una delle peculiarità della serie TV e, senza ombra di dubbio, in questo caso il fiore all’occhiello di “Californication” sarebbe sicuramente la colonna sonora. Oltre ai già citati Rolling Stones, sono tantissimi i gruppi che prestano la loro musica (e in alcuni casi anche la loro faccia, vedi il cameo di Tommy Lee dei Mötley Crüe) tra cui: Jimi Hendrix, Nancy Sinatra, The Who, The Doors, Roy Orbison, ZZ Top, Nirvana, Whitesnake, The Velvet Underground e chi più ne ha più ne metta. Tutti i pezzi più iconici di questi grandi artisti sono perfettamente amalgamati tra le varie scene, danno il ritmo alla narrazione e, in molti casi, regalano momenti emozionanti ed indimenticabili in cui il testo delle canzoni si riflette perfettamente su ciò che si vede in scena.

Il sesso, l’alcool e l’umorismo pungente la faranno da padrone, ma senza mai stancare, senza mai risultare eccessivamente opprimenti, e questo perché all’interno di tutto l’enorme guazzabuglio di avvenimenti che quotidianamente rendono la vita di Hank Moody favolosa ed al tempo stesso deprimente, si nasconderà una morale, una piccola, ma al tempo stesso fondamentale lezione, che tutta la storia cerca di darci sin dal primo secondo della prima puntata: “You can’t always get what you want… but if you try sometime, you find, you get what you need”.

Buona visione a tutti!

 

Giorgio Muzzupappa

Una settimana dai Golden Globe, cosa rimarrà?

La scorsa domenica si è svolta la manifestazione che viene considerata una sorta di “anticamera”, prima di entrare nel turbinio della premiazione per eccellenza di Hollywood, ovvero l’Academy Award, per gli amici Oscar.

Dopo una settimana, oltre a vincitori e premi a film e serie tv, molti dei quali non sono ancora arrivati in Italia (come spesso accade, grazie alla distribuzione), cosa resta di questa notte a Hollywood?
James Franco e Tommy Wiseau sul palco insieme, sicuramente è un siparietto indimenticabile e simpatico, ma non è la cosa fondamentale da ricordare.

Un red carpet più sobrio e tinto di nero. Uomini e donne tutti uniti nel “lutto”, per dimostrare rispetto in questo anno segnato dagli scandali sessuali decine e decine di confessioni di molestie e abusi, avvenuti anche in passato, ma che nel 2017 hanno visto la luce.
Tutti indossano la spilla dell’associazione Time’s Up che fornisce supporto legale contro la violenza sulle donne e la disuguaglianza in ambito economico e lavorativo.

le attiviste e le attrici che hanno fondato Time’s up.
Gary Oldman vincitore come miglior attore protagonista con la spilla di Time’s up. Moltissimi uomini hanno dimostrato il loro supporto.

 

Ogni intervento, ogni discorso di presentazione e ringraziamento sono volti a spronare chi subisce violenza e ingiustizia a parlare, a non avere paura, e a sottolineare quanto la società dovrebbe ascoltare queste richieste di aiuto.

Una menzione speciale per il Golden Globe alla carriera, ovvero il Cecil B. De Mille Award, ad Oprah Winfrey: è la prima donna afroamericana a ricevere questo onore.
Standing ovation per il toccante discorso, in cui viene ricordata anche Rece Taylor.

https://www.youtube.com/watch?v=fN5HV79_8B8

Forse il mondo patinato di Hollywood sta cambiando, forse hanno deciso di non tenere gli occhi chiusi su questioni che erano a conoscenza di tutti, ma in questa giostra di politicamente corretto e parole toccanti, c’è un barlume di speranza.
Resta da chiedersi, cosa rimarrà tra un anno o due di questi buoni propositi.

Ecco, per onor di cronaca, la lista completa di tutte le categorie (e di tutti i vincitori) in ordine di premiazione:

 

Miglior attrice in una mini-serie o film per la televisione

  • Jessica Biel, The Sinner
  • Nicole Kidman, Big Little Lies
  • Jessica Lange, Feud: Bette and Joan
  • Susan Sarandon, Feud: Bette and Joan
  • Reese Witherspoon, Big Little Lies

 

Miglior attore non protagonista

  • Willem Dafoe, The Florida Project
  • Armie Hammer, Chiamami col tuo Nome
  • Richard Jenkins, La Forma dell’Acqua
  • Christopher Plummer, Tutti i Soldi del Mondo
  • Sam Rockwell, Tre Manifesti a Ebbing, Missouri

 

Miglior attrice in una serie commedia o musicale

  • Pamela Adlon, Better Things
  • Alison Brie, GLOW
  • Rachel Brosnahan, The Marvelous Mrs. Maisel
  • Issa Rae, Insecure
  • Frankie Shaw, SMILF

 

Miglior attrice in una serie drammatica

  • Caitriona Balfe, Outlander
  • Claire Foy, The Crown
  • Maggie Gyllenhaal, The Deuce – La Via del Porno
  • Katherine Langford, Tredici
  • Elisabeth Moss, The Handmaid’s Tale

 

Miglior attore in una serie drammatica

  • Jason Bateman, Ozark
  • Sterling K. Brown, This Is Us
  • Freddie Highmore, The Good Doctor
  • Bob Odenkirk, Better Call Saul
  • Liev Schreiber, Ray Donovan

 

Miglior serie drammatica

  • The Crown
  • Il Trono di Spade
  • The Handmaid’s Tale
  • Stranger Things
  • This Is Us

 

Miglior attore non protagonista

  • David Harbour, Stranger Things
  • Alfred Molina, Feud: Bette and Joan
  • Christian Slater, Mr. Robot
  • Alexander Skarsgard, Big Little Lies
  • David Thewlis, Fargo

 

Miglior colonna sonora originale

  • Tre Manifesti a Ebbing, Missouri
  • La Forma dell’Acqua
  • Il Filo Nascosto
  • The Post
  • Dunkirk

 

Miglior canzone originale

  • “Home,” Ferdinand
  • “Mighty River,” Mudbound
  • “Remember Me,” Coco
  • “The Star,” Gli eroi del Natale
  • “This Is Me,” The Greatest Showman

 

Miglior attrice non protagonista

  • Laura Dern, Big Little Lies
  • Ann Dowd, The Handmaid’s Tale
  • Chrissy Metz, This Is Us
  • Michelle Pfeiffer, The Wizard of Lies
  • Shailene Woodley, Big Little Lies

 

Miglior film d’animazione

  • Baby Boss
  • The Breadwinner
  • Coco
  • Ferdinand
  • Loving Vincent

 

Miglior attrice non protagonista

  • Mary J. Blige, Mudbound
  • Hong Chau, Downsizing – Vivere alla Grande
  • Allison Janney, I, Tonya
  • Laurie Metcalf, Lady Bird
  • Octavia Spencer, La Forma dell’Acqua

 

Miglior sceneggiatura

  • La Forma dell’Acqua
  • Lady Bird
  • The Post
  • Tre Manifesti a Ebbing, Missouri
  • Molly’s Game

 

Miglior film straniero

  • A Fantastic Woman
  • Per Primo Hanno Ucciso mio Padre
  • In the Fade
  • Loveless
  • The Square

 

Miglior attore in una mini-serie o film per la televisione

  • Robert De Niro, The Wizard of Lies
  • Jude Law, The Young Pope
  • Kyle MacLachlan, Twin Peaks
  • Ewan McGregor, Fargo
  • Geoffrey Rush, Genius

 

Miglior serie commedia o musicale

  • Black-ish
  • The Marvelous Mrs. Maisel
  • Master of None
  • SMILF
  • Will & Grace

 

Miglior attore in una commedia

  • Anthony Anderson, Black-ish
  • Aziz Ansari, Master of None
  • Kevin Bacon, I Love Dick
  • William H. Macy, Shameless
  • Eric McCormack, Will & Grace

 

Miglior regia

  • Guillermo del Toro, La Forma dell’Acqua
  • Martin McDonagh, Tre Manifesti a Ebbing, Missouri
  • Christopher Nolan, Dunkirk
  • Ridley Scott, Tutti i Soldi del Mondo
  • Steven Spielberg, The Post

 

Miglior mini-serie o film per la televisione

  • Big Little Lies
  • Fargo
  • Feud: Bette and Joan
  • The Sinner
  • Top of the Lake: China Girl

 

Miglior attrice in una commedia

  • Judi Dench, Victoria & Abdul
  • Helen Mirren, Ella & John – The Leisure Seeker
  • Margot Robbie, I, Tonya
  • Saoirse Ronan, Lady Bird
  • Emma Stone, La Battaglia dei Sessi

 

Miglior film commedia o musicale

  • The Disaster Artist
  • Scappa – Get Out
  • The Greatest Showman
  • I, Tonya
  • Lady Bird

 

Miglior attore in un film drammatico

  • Timothée Chalamet, Chiamami col tuo Nome
  • Gary Oldman, L’ora più buia
  • Daniel Day-Lewis, Il Filo Nascosto
  • Denzel Washington, Roman J. Israel, Esq.
  • Tom Hanks, The Post

 

Miglior attrice in un film drammatico

  • Jessica Chastain, Molly’s Game
  • Sally Hawkins, La Forma dell’Acqua
  • Frances McDormand, Tre Manifesti a Ebbing, Missouri
  • Meryl Streep, The Post
  • Michelle Williams, Tutti i Soldi del Mondo

 

Miglior film drammatico

  • Chiamami col tuo Nome
  • Dunkirk
  • The Post
  • La Forma dell’Acqua
  • Tre Manifesti a Ebbing, Missouri

 

Saveria Serena Foti

 

Quattro stagioni e quattro lezioni di vita da Bojack Horseman

“Back in the ’90s / I was in a very famous TV show”

Comincio proprio dalla sigla finale per parlarvi di questa serie tv animata creata da Raphael Bob-Waksberg, marchiata Netflix, che vede come protagonista BoJack Horseman, un attore frustrato e semi-alcolizzato. Negli anni ’90 è stata la star di una delle sit-com più seguite dell’epoca, Horsin’ Around, incentrata su tre orfanelli finiti sotto la custodia di un simpatico cavallo scapolo.

Il bello di questa serie tv è il modo in cui, raccontando la carriera quasi decaduta di un cavallo hollywoodiano (o per meglio dire hollywooiano), le sue ansia, paure, sfighe, riesce a parlare di noi.

 1. Cosa vuole BoJack?

Ce lo chiediamo alla fine della prima stagione quando, dopo aver firmato un autografo, guarda Los Angeles dall’alto dell’osservatorio di Griffith, in un triste silenzio. Una riflessione amara e malinconica sulla differenza fra successo e soddisfazione.

In un modo o nell’altro riesce sempre a ottenere quello che vuole, ma questo lo rende davvero felice? Ed è proprio allora che si sente pronto per il film che ha sempre desiderato, per interpretare il cavallo da corsa Secretariat, da sempre il suo idolo.

2. Discorso da star.

Ogni qualvolta pensiamo di essere arrivati al capolinea della nostra vita, di aver fallito in tutti i campi e non essere riuscita a realizzare i nostri sogni, tutti abbiamo bisogno di un “discorso da Star”, lo stesso discorso che Princess Caroline (agente di BoJack), si sente fare dal collega Rutabaga.

“Sei la star di un film e questa è la parte del film in cui hai il cuore spezzato, dove il mondo ti mette alla prova e le persone ti trattano come una merda. Ma deve succedere in questo modo. Altrimenti, la fine del film, quando ottieni tutto ciò che vuoi, non ti sembrerà altrettanto gratificante. Ci sono degli stronzi là fuori, ma alla fine, non contano. Perché questo film non riguarda loro. Non è mai stato su di loro. Per tutto questo tempo, il film è stato su di te”

Beh, cos’altro aggiungere … la vita è un percorso pieno di salite ma di altrettante speranze, l’importante è continuare e andare avanti, come dire, “the show must go on”.

 

3. “È l’avverarsi di un sogno”

Nella prima puntata della terza stagione vediamo Bojack in una serie di interviste in cui risponde a ogni giornalista “è l’avverarsi di un sogno” descrivendo l’emozione che prova per il film in cui ha recitato, Secretariat. La sua corsa all’Oscar e il suo splendido momento che sta vivendo, tutto sembra destinato a finire.

“-Nessuno completa nessuno. Non è un concetto reale, se hai la fortuna di trovare qualcuno che riesci a sopportare, stringilo forte e non lasciarlo più.

-Allora dovrei accontentarmi?

-Sì, esatto. Accontentarti. Perché altrimenti diventerai vecchia, e cinica, e sempre più sola. E farai di tutto per riempire quel vuoto con gli amici e la tua carriera, e del sesso insignificante. Ma quel vuoto non si riempirà mai. E un giorno ti guarderai allo specchio e ti renderai conto che ti amano tutti ma che in realtà non piaci a nessuno.”

L’amore e la felicità personale, si rende conto che sono questi piccole cose ad essere fondamentali nella sua esistenza, eppure sembrano così lontane. Quante volte ci siamo trovati nella stessa situazione, fissando quel bicchierino di tequila o quel cucchiaino di nutella, pensando a quanto siamo “fuori dai binari”, per così dire, perché non importa quanto il nostro lavoro possa gratificarci (o non), niente vale più di un complice della vita che ti aspetta la sera a casa. Ed ecco la lezione più bella che ci dà il nostro equino con tendenze autodistruttrici.

4.“La vita non è altro che una serie infinita di occasioni mancate”

Bojack, dopo essere scomparso per più di un anno, fa ritorno alla sua abitazione, e nel controllare la posta afferma che

“Sembra che mi sia perso un’occasione da Pottery Barn. La vita non è altro che una serie infinita di occasioni mancate, alcune riguardano Pottery Barn

Ok, pessimo scherzo, non è questa l’ultima lezione che in questa quarta stagione ho imparato. Più di tutte mi sono rimaste impresse queste sue parole “devo dirti da subito di smettere di cercare l’abbastanza, perché niente sarà mai abbastanza.”
Ovviamente ci sono tante altre cose che possiamo imparare, e ci sono tanti altri personaggi che qui non sono riportati.

Consiglio la visione di Bojack Horseman a tutte quelle persone sole, che vivono tra la rabbia e il risentimento, inseguendo sogni che forse porteranno la felicità, ma che sono una catena di insoddisfazioni. Alla fine, quel cavallo alcolizzato sarà lo specchio della vostra zavorra emotiva.

Serena Votano

Stranger Things 2

È passato un anno da quando a Hawkins e nella vita di Will sembra essere tornata la normalità.
Tutti provano a dimenticare ciò che hanno visto e vissuto, ma Will ha ancora continui “ricordi” del sottosopra e capisce che il suo incubo non è ancora davvero finito.
Ad un anno dal termine della prima stagione e del meritatissimo successo che aveva riscosso, Stranger Things riparte con un sequel quanto più ricco di sorprese.

I protagonisti sono sempre loro: Will (interpretato da Noah Schnapp), Mike (Finn Wolfhard), Dustin (Gaten Matarazzo) e Lucas (Caleb McLaughlin).
Ma i fratelli Matt e Ross Duffer, ideatori della serie, ampliano il loro panorama narrativo e inseriscono nuovi personaggi e situazioni del tutto inaspettate. È il caso di Max (Sadie Sink), nuova arrivata nel gruppo dei quattro ragazzini, e del suo sprezzante fratellastro Billy (Dacre Montgomery).
E ancora, troviamo un bravissimo Sean Astin nei panni di Bob, nuovo fidanzato della mamma di Will, Joyce, come sempre interpretata da Winona Ryder, sempre più convincente nella sua interpretazione e perfettamente calata nel ruolo.
Era inevitabile poi il ritorno di Undici (Millie Bobby Brown), che in realtà si scoprirà non essere mai realmente andata via. Un’intera puntata sarà dedicata a lei, al suo personaggio e alla sua storia.
Si tratta di una vera e propria crescita psicologica che la porterà a conoscere la madre, la sorella e infine a prendere la decisione di tornare in aiuto ai suoi amici.

I presupposti per una grande seconda stagione sembrano quindi esserci tutti, gli spunti narrativi non mancano, gli intrecci, le nuove situazioni sono ottime.Eppure a questa seconda stagione sembra mancare qualcosa.
I Duffer danno l’impressione di aver messo “troppa carne al fuoco” per poi ricavarne ben poco.
I personaggi sono come sempre caratterizzati alla perfezione; le situazioni secondarie sembrano invece essere poco sviluppate. Abbiamo l’arrivo dei due fratellastri, ma si parla poco di loro e della loro storia e si finisce col non capire bene che ruolo effettivamente abbiano. Lo stesso vale per la madre di Undici e la sorella; la ragazzina riesce finalmente a scoprirne l’esistenza e ad incontrare entrambe, eppure questi incontri sono fini a se stessi, ne rimane ben poco e nonostante l’intera puntata dedicata a ciò è poco chiaro il motivo di questa scelta.
Queste situazioni “lasciate a metà” fanno però ben sperare in una terza serie, così come la scena finale in cui ci viene mostrato come, nonostante il passaggio sia stato chiuso, il sottosopra sia ancora lì.
La qualità tecnica della serie rimane comunque indubbiamente molto alta.
I due fratelli hanno una regia impeccabile, l’ambientazione è più che realistica e il cast scelto è di ottimo livello. Siamo nel 1984 e il clima che si respira è esattamente quello.
Il tutto accompagnato dalla giusta dose di suspense e attesa…per la prossima stagione.

 Benedetta Sisinni

 

 

 

5 buoni motivi per recuperare (o fare il rewatch) della prima stagione di Stranger Things

Tra 15 giorni Netflix rilascerà la seconda stagione di una delle sue produzioni originali più apprezzate: Stranger Things. 

Dal suo arrivo sulla piattaforma di streaming “rosso fuoco”, si è affermata ed ha riscosso un notevole successo, sia tra il pubblico che tra la critica.

I fan, che l’hanno amata, l’attendono con ansia e curiosità; ma chi non ne ha mai sentito parlare o non l’ha mai vista, perché dovrebbe recuperarla?

 

  1. Revival anni 80. Grande protagonista della serie è l’atmosfera di questo decennio. La storia inizia il 6 novembre del 1983 e tutto è ricostruito benissimo, dall’abbigliamento alla colonna sonora (piena di hits Rock e Pop di quegli anni), che scandisce alla perfezione il susseguirsi dell’azione. Se poi siete amanti di film come “i Goonies”, “Ghost Busters”, “Ritorno al Futuro” e altri cult di quegli anni, andrete a nozze con questa serie. La sceneggiatura è una continua citazione e ammicca a opere che hanno fatto la storia cinematografica e televisiva di quegli anni, che sono stati replicati a oltranza per tutta la durata degli anni 90, che almeno una volta nella vita abbiamo visto (o dovremmo vedere).
  2. Gli attori. Oltre alla presenza di Winona Ryder e di David Harbour, che interpretano benissimo i ruoli che hanno, i veri protagonisti della storia sono i ragazzi. Non è un teen drama, ma come la migliore tradizione dei film anni 80, sono gli adolescenti a fare l’azione. E qui i “piccoli” attori si sono dimostrati all’altezza di questo compito. Talmente all’altezza che qualcuno di loro è tra i protagonisti del film “IT”, che a breve sarà nelle sale italiane (coincidenze? Io non credo).
  3. Le puntate. Solo 8 puntate per la prima stagione con una durata che va dai 41 ai 55 minuti. Quindi relativamente corta, ma pregna di contenuti. Una volta cominciata più si va avanti più vorrete sapere cosa accadrà nell’episodio successivo. Insomma questo formato è perfetto per fare un bel binge watching, per fare una bella pausa dallo studio.
  4. Fantascienza e Mistery. Questi sono gli ingredienti che amalgamo tutta la storia. Risolvere i misteri e cercare risposte impensabili a domande improbabili. Si insinueranno dubbi e curiosità mentre guarderete ogni puntata e vorrete saperne sempre di più. Perché vorrete capire perché accadono certe cose, perché i personaggi si comportano in un certo modo.

E vorrete sapere tutto su Eleven / Undici.

  1. Il Sottosopra. Cosa sarà mai? Chi ha già visto la serie sa di cosa sto parlando e sa bene quanto sia importante questo “luogo”. Per chi non ha ancora avuto occasione di guardare Stranger Things, non voglio rovinare la sorpresa.

Saveria Serena Foti

 

 

 

Designated survivor

E’ una serie tv americana in onda su Netflix da un paio di mesi.
Racconta la storia di un uomo che si trova all’improvviso a ricoprire una tra le più importanti cariche al mondo: il presidente degli Stati Uniti d’America.
Questo upgrade sociale avviene grazie allo scoppio di una bomba,  che rade al suolo il Campidoglio mentre al suo interno si trovava l’intero Congresso.
E quindi, morto il Presidente, l’America corre ai ripari e ne nomina un altro.
Il primo nome sulla lista, (in realtà non è il primo ma i dieci candidati prima di lui sono tragicamente passati a miglior vita) è quello del Segretario della Casa e dello Sviluppo Urbano degli Stati Uniti d’America, Tom Kirkman.
Piccola curiosità: in America questa ‘precauzione’ del sopravvissuto designato esiste davvero dalla lontana Guerra Fredda, quando l’attacco nucleare era dietro l’angolo.
Durante alcuni eventi di massima importanza tutti i membri del Congresso, il Presidente, il Vicepresidente, il capo di Gabinetto (e sicuramente altre grosse cariche facenti parte delle mie lacune sulla legislazione americana), si trovano fisicamente nello stesso luogo.
Contemporaneamente, il sopravvissuto designato si trova in un altro luogo, sotto stretta sorveglianza. Questo perché in caso di attentati, catastrofi (come quella della serie tv), il Paese abbia almeno una figura guida.
Il primo ‘designated survivor’ , Terrel Bell, è stato tuttavia reso noto solo nel 1981, durante il mandato Reagan.
E nel 2001 dopo l’attentato alle Torri Gemelle, in occasione del discorso di inaugurazione di George Bush, fu scelto Dick Cheney, il vice presidente. Questo perché data la delicatezza della situazione, si è resa necessaria una figura già stabile e imponente dal punto di vista mediatico e politico.
Tornando a Kirkman, è il sogno americano fatto personaggio. Un uomo che ha a cuore i grandi valori, la famiglia, la correttezza, ma soprattutto tanta umiltà e dedizione alla propria causa.
Ovviamente non si addice a tutti essere il Presidente, e all’inizio Kirkman non sembra essere un’eccezione.
E’ una sola stagione, 21 episodi da circa 45 minuti l ‘uno; però una puntata dopo l’altra conquista quel ‘quid’ che mi ha fatto cambiare idea sul suo conto.
Nonostante gli altri personaggi non conservino questo dinamismo, è una serie tv di cui vuoi vedere il finale. Ci sono innumerevoli intrighi, altri attentati, una mezza storia d’amore e pallottole vacanti.
Il cast è formato da attori poco noti; fa sicuramente eccezione  Maggie Q, l’agente di punta dell’FBI, che interpretava la ‘Nikita’ dei pomeriggi di Italia uno.
Forse qualcuno riconoscerà anche Kal Penn, il portavoce della Casa Bianca che abbiamo già visto in House MD.
Tom Kirkman è Kifer Sutherland, Golden Globe nel 2002 come miglior attore protagonista nella serie tv ’24’.
La regia e la colonna sonora non hanno nulla di troppo particolare, sono la cornice ‘basic’ di un quadro incentrato sulle vicende del Presidente e di tutti quelli che gli stanno attorno.
Giulia Garofalo