The Chosen: La Serie su Gesù che Sta Cambiando la Narrazione Religiosa

The Chosen Gesù
The Chosen è molto più di una serie biblica. È un’esperienza che emoziona, avvicina e ispira. Jenkins trasforma il racconto evangelico in un viaggio intimo e potente, che parla al cuore di credenti e non. – Voto UVM: 5/5

Un Progetto Rivoluzionario Nato nel 2017

Nel 2017 nasce The Chosen, la prima serie TV interamente dedicata alla vita di Gesù e dei suoi discepoli. Creata, scritta e diretta dal regista texano Dallas Jenkins, la serie ha conquistato milioni di spettatori in tutto il mondo grazie a un linguaggio innovativo e a una narrazione coinvolgente.

Un Team Creativo Unico nel Suo Genere e un Nuovo Modello di Produzione

Alla base del progetto, un team formato da un evangelico, un cattolico e un ebreo. Questa collaborazione inedita garantisce una rappresentazione fedele delle Scritture, arricchita da profondità psicologica e contesto storico. Non ci si limita ai miracoli: The Chosen esplora emozioni, conflitti interiori e quotidianità dei personaggi biblici.

Dopo una prima stagione su Netflix, Jenkins decide di abbandonare le piattaforme tradizionali. Dalla seconda stagione in poi, la serie viene finanziata tramite crowdfunding, coinvolgendo direttamente il pubblico e arrivando a raccogliere più di 70 milioni di dollari.

Grazie a un’app gratuita, gli spettatori possono guardare ogni episodio senza abbonamenti, creando un rapporto diretto e partecipativo tra creatori e fan.

The Chosen:Una Serie che Divide ma Fa Riflettere

The Chosen ha generato dibattiti: alcuni critici ritengono che la figura di Gesù sia “troppo umana”, lontana dal modello tradizionale. Tuttavia, proprio questa umanizzazione di Cristo ha emozionato spettatori di ogni fede – cristiani, agnostici, atei – che si sono riconosciuti in una figura più vicina, reale e accessibile.

Con The Chosen, Dallas Jenkins ha dato voce e spessore ai personaggi dei Vangeli. Come Euripide nel teatro greco, inserisce introspezione; come Caravaggio, rappresenta un Cristo terreno, tra volti segnati e mani callose.

La serie non si limita a raccontare eventi del passato, ma fa rivivere il mondo di Gesù, rendendolo vicino, umano e attuale.

Anche il Vaticano e varie chiese riformate hanno espresso apprezzamento per la qualità e l’intento del progetto.

The Chosen al Cinema: L’Arrivo sul Grande Schermo

Nel 2025, in occasione della Pasqua, The Chosen approda per la prima volta al cinema. Vengono proiettati i primi due episodi della quinta stagione, che raccontano l’ingresso di Gesù a Gerusalemme e l’episodio del rovesciamento dei tavoli nel Tempio.

The Chosen
Una scena tratta da The Chosen – l’ultima cena di Jenkins (2017)

La narrazione si sofferma anche sui conflitti politici e religiosi che precedono la Passione, mantenendo sempre uno stile realistico e coinvolgente.

L’episodio dell’Ultima Cena, recentemente portato sul grande schermo, è uno dei momenti più potenti della serie. Viene rappresentata una Gerusalemme vivida, in fermento per la Pasqua e attraversata da tensioni religiose e politiche.

I dialoghi tra Caifa, Pilato ed Erode mostrano le dinamiche di potere nella Giudea del I secolo, mentre le reazioni della popolazione e dei discepoli contribuiscono a creare un’atmosfera di attesa e conflitto imminente.

The Chosen: Produzione Cinematografica e Qualità in Crescita

Grazie al supporto dei fan, The Chosen ha raggiunto una qualità visiva e narrativa sempre più alta. Scenografie, costumi, fotografia e colonna sonora si avvicinano agli standard del cinema.

Anche la recitazione è un punto di forza: gli attori, scelti per talento e presenza scenica, danno vita a personaggi intensi, autentici e memorabili.

Verosimiglianza e Vita Quotidiana: Le Chiavi del Successo di The Chosen

Il vero punto di forza della serie è la verosimiglianza. Ogni episodio alterna eventi miracolosi a momenti di vita quotidiana: Gesù che scherza, riposa, gioca con i bambini. I discepoli mostrano la loro umanità: Pietro ha problemi familiari, Matteo affronta il suo passato, ognuno vive un percorso personale di trasformazione.

Per approfondire la psicologia dei personaggi, Jenkins ha creato scene inedite ma coerenti con i testi evangelici. Vediamo, ad esempio, la vita di Maria Maddalena posseduta dai demoni, prima dell’incontro con Gesù, i dialoghi di Nicodemo con sua moglie e con i discepoli o i ricordi di Matteo.

The Chosen
Gesù che dialoga con un abitante della Decapoli

Ogni personaggio – anche secondario – è ben caratterizzato. Le ambientazioni, dai villaggi ebraici alla Decapoli pagana, offrono un mondo ricco e credibile.

Marco Prestipino

“M, Il Figlio del Secolo”: una serie sulla banalità del male

M. Il figlio del secolo Regia: Joe Wrigth Distribuzione: Sky Atlantic
Una meravigliosa serie Italiana. Voto UVM: 5/5

Il Figlio del Secolo, la serie tratta dall’omonimo romanzo di Antonio Scurati, interpretata da un istrionico Luca Marinelli è un’opera spettacolare quanto necessaria. Il racconto dell’uomo, prima che del politico, Mussolini e di uno spezzone della storia più buia dell’Italia.

Una serie spettacolare ambientata in un Italia delirante

Joe Wright, regista tra gli altri anche de “L’ora più buia”, ambienta M. Il Figlio del Secolo in un Italia delirante. Ma il delirio è reale, nel 1919 l‘Italia è sul punto di non ritorno. La classe politica liberale è ormai esautorata, la prima guerra mondiale ha lasciato enormi ferite, il malcontento sempre più spesso sfocia in violenza e non si riesce più a dare un governo stabile al paese. È questo il clima storico fedelmente ricostruito in M. Il figlio del Secolo e che vede Mussolini fondare il 23 marzo 1919 la sua prima creatura politica: i Fasci italiani di combattimento. Lo spettacolo è presente in ogni scena, Wright e gli sceneggiatori riescono a ricostruire uno spaccato storico, che anziché annoiare intrattiene senza mai perdere di vista la vera caratura del male.

M. Il figlio del secolo Regia: Joe Wrigth Distribuzione: Sky Atlantic
M. Il figlio del secolo Regia: Joe Wrigth Distribuzione: Sky Atlantic

Il Figlio del Secolo è un inno alla banalità del male

Il più grande merito di M. Il Figlio del Secolo, è senza ombra di dubbio l’aver creato un fedele ritratto del male che in quegli anni c’era in Italia. Un male umano, un male fatto di violenza e olio di ricino, un male tanto presente quanto banale. La serie di Joe Wright infatti, pur romanzandone alcuni tratti, realizza un ritratto dei protagonisti dell’epoca che abbatte quel mito che la storia aveva quasi creato. Mussolini, i leader liberali, il re Vittorio Emanuele III e i gerarchi fascisti vengono raccontanti per quello che sono: uomini banali e pieni di difetti le cui scelte vincenti sono spesso frutto di indecisioni altrui e di una buona dose di fortuna. Il Mussolini di Marinelli ne è il più grande esempio, dietro l’immagine quasi mitologica del Duce si cela un uomo incoerente, infedele, ossessionato e pronto a scappare appena possibile.

Luca Marinelli, una performance attoriale incredibile

Se M. Il Figlio del Secolo funziona e convince gran parte del merito sta nel suo attore protagonista. Luca Marinelli ci regala una performance incredibile, ha anche preso ben 24 kg per il ruolo. Il suo Mussolini è sempre sopra le righe, in grado di passare da momenti grotteschi a momenti fortemente drammatici senza sembrare mai fuori luogo. La somiglianza non è solo fisica, Marinelli riesce infatti a ricreare perfettamente le movenze quasi teatrali che accompagnavano Mussolini nei suoi discorsi. L’interpretazione, seppur volutamente sopra le righe, ricostruisce fedelmente l’importanza storica e politica avuta da Mussolini sia all’interno del Partito Fascista sia nell’Italia degli anni 20. Il Mussolini di Marinelli è uomo, politico e Duce è tutto senza tralasciare nessuna sfaccettatura.

M. Il figlio del secolo Regia: Joe Wrigth Distribuzione: Sky Atlantic
M. Il figlio del secolo Regia: Joe Wright Distribuzione: Sky Atlantic

Un comparto tecnico di altissimo livello per M. Il figlio del Secolo

Il comparto tecnico di M. Il Figlio del Secolo è di altissimo livello. La scenografia è curata in ogni dettaglio e ricrea in maniera minuziosa l’Italia degli anni 20, sia nelle scene esterne che in quelle interne. I costumisti hanno svolto un lavoro eccezionale nel ricreare gli abiti e le divise militari di quegli anni dando alla serie una cifra stilistica di altissimo livello. La ricostruzione dell‘Italia degli anni 20 è fedelissima, la colonna sonora scelta accompagna magnificamente la messa in scena. Un plauso va anche al regista, Joe Wright, che con una regia fortemente ispirata regala a M. Il Figlio del Secolo un ritmo serrato che non annoia mai e che tiene incollati allo schermo e che permette di apprezzare la frenesia degli eventi senza mai perdere di vista il loro valore politico e storico. Scelta vincente quella della rottura della quarta parete dove Mussolini si rivolge direttamente allo spettatore.

M. Il figlio del secolo Regia: Joe Wrigth Distribuzione: Sky Atlantic
M. Il figlio del secolo Regia: Joe Wrigth Distribuzione: Sky Atlantic

Una serie necessariamente politica

Il Figlio del Secolo è una serie necessariamente politica. La scelta del regista Joe Wright e degli sceneggiatori è quella di utilizzare la storia di Mussolini sia per ricordare e criticare l’orrore di ciò che è stato sia per lanciare critiche molto poco velate ad alcune visioni politiche contemporanee. Il Make Italy Great Again detto da Mussolini direttamente allo spettatore è un chiaro riferimento alla politica di Trump e di tutti quei politici che credono di essere l’unica possibilità per il proprio paese. Ma la critica non è solo nei confronti del Fascismo e di altri movimenti politici più o meno pericolosi per la democrazia. Ad uscirne fortemente criticato è anche l’immobilismo politico delle forze democratiche che spesso e volentieri per paura o per troppa superficialità aprono le porte agli estremismi, allo stesso modo di come Vittorio Emanuele III scelse di non firmare lo stato d’assedio durante la marcia su Roma.

 

Francesco Pio Magazzù

La guerra dei Rohirrim: si torna sempre dove si è stati bene

Rhoirrim
questo film d’animazione in stile anime da un lato rincorre l’epicità dei film di Peter Jackson, dall’altro cade sotto i colpi di una narrazione non sempre eccellente e di un’animazione a dir poco scadente. – Voto UVM 2/5

Tornare dove si è stati bene non è sempre facile, e La guerra dei Rohirrim ne è stata la prova. lo sa Frodo Baggins, tornato nella Contea dopo un viaggio che lo ha cambiato indelebilmente, e lo sa chi ha salutato per l’ultima volta la Terra di Mezzo nel 2014, quando nelle sale uscì Lo Hobbit: La battaglia delle cinque armate. Da allora forse anche noi siamo cambiati, scossi dalla bellezza di quei film, tanto che i tentativi di ritornare nell’universo creato dal professor J.R.R. Tolkien, non sono sempre riusciti nel loro intento di coinvolgerci in nuove storie. Ce lo ha insegnato la controversa serie tv Gli anelli del potere, ce lo conferma questo film d’animazione in stile anime che da un lato rincorre l’epicità dei film di Peter Jackson, dall’altro cade sotto i colpi di una narrazione non sempre eccellente e di un’animazione a dir poco scadente.

Sinossi

La nostra storia prende spunti da alcune appendici scritte da Tolkien per approfondire l’epopea di Helm Mandimartello, nono sovrano del regno di Rohan; un racconto mitologico dunque, che viene arricchito dalla storia di Héra e del suo coraggio nel guidare la resistenza del popolo di Rohan contro i selvaggi Dunlandiani, desiderosi di impossessarsi del trono; tra questi vi è Wulf, amico d’infanzia della protagonista che adesso brama il trono di Rohan e per ottenerlo chiede proprio la mano di Héra. Un’escalation di eventi che ci conduce verso un conflitto su ampia scala, che porterà la protagonista a caricarsi del peso della sua stirpe e del destino del suo regno.

Rohirrim
Héra ne La Guerra dei Rohirrim – © New Line Cinema

La Guerra dei Rohirrim tra alti e bassi

Sulla carta i personaggi di questo racconto mitologico sono tutti interessanti e molti spettatori sicuramente apprezzeranno il buon miscuglio tra fantasy e intrigo politico, unito all’epicità delle battaglie campali. L’approfondimento dei personaggi però non è del tutto convincente, colpa anche della trama che punta su un ritmo più incalzante. La conseguenza è che le scelte, sia dei protagonisti che degli antagonisti, risultano sovente incomprensibili e prive di razionalità per un’avventura piuttosto densa di avvenimenti ma che avrebbe dovuto bilanciare meglio ritmo e approfondimenti dei personaggi.

Rohirrim
La corte di Helm ne La Guerra dei Rohirrim – © New Line Cinema

La Guerra dei Rohirrim: una tecnica altalenante

Il problema principale di questo film, inutile girarci intorno, sono le animazioni gravemente insufficienti e lontane anni luce dalle vette recenti (Spider-Man: un nuovo universo, Arcane o Il gatto con gli stivali 2, n.d.s.). Questo freno tecnico non solo limita la recitazione dei personaggi (movimenti essenziali e legnosi, mimica facciale approssimativa), ma inibisce tante potenzialità espressive di una storia che avrebbe tutte le carte in regola per emozionare, ma che raramente ci riesce . La regia di Kenji Kamiyama pertanto rimane anonima e senza spunti memorabili.

Spezziamo una lancia in favore del comparto artistico. Costumi, sfondi mozzafiato, ambientazioni e armi sembrano davvero provenire dalla trilogia jacksoniana. Le musiche, che riprendono molto quelle del film Il Signore degli Anelli: le due torri, rimangono più che sufficienti per supportare ciò che viene mostrato dalle immagini.

Rohirrim
Héra e Wulf ne La Guerra dei Rohirrim – © New Line Cinema

Il futuro dei Rohirrim

Può preoccupare il fatto che i nomi coinvolti nella sceneggiatura o nella produzione sono proprio quelli di Peter Jackson, Philippa Boyens e Fran Walsh, gli artefici delle due trilogie dedicate alla letteratura del professor Tolkien che si occuperanno anche dei progetti di prossima uscita, come il già annunciato film live-action The Hunt for Gollum. É emerso che Warner Bros. ha investito solo 30 milioni di dollari sul film, velocizzando poi la lavorazione dell’anime per garantire che New Line Cinema non perdesse i diritti sui romanzi di Tolkien, facilitando la spiegazione dell’ insuccesso di questa pellicola. Queste notizie ci lasciano con un po’ di amaro in bocca per ciò che questo film d’animazione sarebbe potuto essere e che purtroppo non è stato. Non ci resta dunque che sperare in un altro viaggio nella Terra di Mezzo.

 

Pietro Minissale

La creatura di Gyeongseong, ancora qualità dalla Corea del Sud

La Creatura
Un meraviglioso connubio di Horror e Romance. Voto UVM 5/5

La creatura di Gyeongseong è una serie tv sudcoreana sbarcata recentemente su Netflix e che nel 2024 ha presentato la sua seconda stagione. È una serie che ha catturato l’attenzione degli spettatori non solo coreani ma internazionali, in quanto tratta di vari generi quali horror, fantasy, drama storico e romance.

Serie che oltre ad avere vari generi cinematografici tratta temi importanti come l’indipendenza coreana dai giapponesi e la sperimentimentazione umana. La Creatura di Gyeongseong è una di quelle serie che ti regala infinite emozioni, da farti appassionare a 360 gradi. Insegna valori come la libertà, di cui oggi si discute spesso, la famiglia (riportato dal protagonista Jang  Tae-Sang il quale si lega ai suoi dipendenti come fossero membri di una famiglia), l’amore, qui creatosi lentamente tra Jang Tae-Sang e Chae-ok, il segugio che aiuterà il protagonista nelle ricerche di Myeong- Ja, l’amante del generale Ishikawa.

La creatura di Gyeongseong: Trama

Primavera 1945, Gyeongseong (nome storico di Seoul) è sotto l’occupazione giapponese. Jang Tae-Sang, proprietario della Casa dei Tesori d’Oro, il banco dei pegni più redditizio della città, insieme a Yoon Chae-ok, una ragazza alla ricerca della madre scomparsa, affrontano una strana creatura nata dagli esperimenti biologici condotti in segreto nell’ospedale Ongseong. La serie è costellata di scene d’azione, dove si nota come protagonista anche la madre di Chae-ok che poi si rivelerà una creatura terrificante in grado di sprofondare  fino alle viscere della propria vittima. Questa creatura si nutre dei cervelli delle proprie vittime ed è in grado di sterminare anche centinaia di persone allo stesso tempo.

Ma qual è l’origine della creatura? Ebbe tutto inizio tramite un batterio trovato nel sottosuolo coreano di Gyeongseong, preso dai soldati giapponesi e poi analizzato e conservato nell’ospedale di Ongseong. Questo batterio analizzato, poi diverrà un verme acquatico somministrato ai vari prigionieri che avrà delle ripercussioni sui loro corpi. I personaggi principali sono in continua lotta con se stessi quasi sul punto tra la vita e la morte e un continuo cadere di fiori di ciliegio scandisce il loro tempo, freneticamente percorso da emozioni radicate e opposte. Le loro vite sono appese ad un filo teso in grado di spezzarsi facilmente. Jang Tae-Sang ha tempo finché l’ultimo fiore di ciliegio sarà caduto per salvare la sua vita e tutto ciò che gli appartiene.

La Creatura
Fonte: Netflix

Prima Stagione

La prima stagione si basa sulla metamorfosi ma soprattutto vediamo come l’amore di una madre riesce a sopportare di tutto e allo stesso tempo proteggere la figlia amata dandole l’opportunità di vivere ancora. La fantasia di una serie che si mescola con la realtà della vita, tanto che ci si immedesima al tal punto di essere catapultati dentro la serie e vivere quello che sono costretti a sopportare i protagonisti di questa serie fantasy.

Sia nella prima stagione sia nella successiva tutte le situazioni si intrecciano in un’unica scacchiera dove a muoverne le pedine è un solo personaggio, il quale si saprà rivelare complesso, turbolento e con una mente astuta, ma tuttavia in grado di farsi mettere i bastoni fra le ruote facilmente.

Seconda Stagione

Nella seconda stagione vedremo la comparsa di nuovi personaggi, fondamentali per la comprensione delle nuove dinamiche. Inoltre si dà uno sguardo indietro alla stagione precedente, spiegandone i fatti con un’altra prospettiva. Sarà questo duplice punto di vista ottenuto da questo momento, ad arricchire i personaggi e a renderli complessi e particolari. La stagione è un continuo di alti e bassi tra enigmi che riempiono di mistero e suggestione la trama, la quale, sì, cerca di innestare una dose di romance per distaccare il pubblico dall’azione, ma non eccessivamente per non annoiare.

La Creatura
Fonte: Netflix

Le riflessioni de La creatura di Gyeongseong

La conclusione dell’ultima stagione ci porta a dubitare se il nostro protagonista riuscirà a salvare la sua vita e quella delle persone che ama e su cosa succederà alla co-protagonista Chae-ok. Riuscirà a vivere una vita felice con Jang Tae-Sang? Tutto può ancora succedere, quindi non vi resta che guardare questa fortunata serie Netflix che ha appassionato milioni di persone, e scoprirlo.

 

Chiara Trifiletti

House of the Dragon, le promesse della nuova stagione 

La serie promette bene anche se con qualche difetto gestionale. – Voto UVM: 4/5

 

 

Dopo una lunga attesa, House of the Dragon, il prequel della HBO che ha riattratto i fan del Mondo del Ghiaccio e del Fuoco ritorna e porta calorose promesse nella sua nuova stagione.

George R. R. Martin, prof. di storia all’università di Westeros

Ma facciamo una piccola digressione sull’origine della serie. House of the Dragon è basata su due volumi (dei quali per ora uno già concluso e pubblicato, chiamato Fuoco e Sangue) di George R.R. Martin, sulla storia della casata Targaryen e del loro lungo regno sul continente occidentale, Westeros. È molto particolare lo stile con cui Martin decide di raccontare la storia della dinastia, in quanto non si tratta più di romanzo ma di cronaca vera e propria, come quella che studiamo nei libri di storia. In modo geniale, Martin si immedesima nei panni di un maestro della Cittadella. Questo “maestro”, sfruttando il punto di vista di tre persone di tre classi sociali diverse del regno, cerca di risalire alla versione più verosimile dei fatti. 

La certezza storica non è più sui libri

Essendo un personaggio interno all’universo ma esterno ai racconti, il Martin maestro non è un narratore onnisciente, diversamente come negli altri romanzi come Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco lasciando volutamente molti dubbi ai lettori, i quali ora dovranno basarsi sulla serie tv per avere conferme sulla versione ufficiale della storia.  

House of the Drgon
La corona di re Viserys Targaryen. Fonte: HBO

Come ci siamo lasciati nella scorsa stagione di House of the Dragon

La serie tv inizia non dalle prime pagine del “resoconto storico”, un peccato per alcuni lettori, bensì da circa metà libro, incentrandosi su la Danza dei Draghi: una guerra tra fratelli, anzi fratellastri, per il trono. Alla morte dell’attuale re Viserys, volendo ostacolare l’ascesa del suo erede diretto e ufficiale Rhaenyra, sua figlia, le casate vicine utilizzano le ultime parole deliranti del re, fraintese, per nominare come nuovo erede il figlio maschio ottenuto dal secondo matrimonio con Alicent Hightower (il re era rimasto vedovo e Rhaenyra orfana). Dopo una serie di screzi della famiglia reale, scatta il primo assassinio: uno dei figli di Alicent, il secondogenito maschio del re, Aemond, uccide il secondogenito di Rhaenyra, che in preda al dolore dichiara guerra. 

Nel pieno della guerra con la nuova stagione

E da qui inizia la seconda stagione; inizia la Danza dei Draghi. Sarà una danza davvero sanguinolenta e piena di scene memorabili (soprattutto grandi battaglie con draghi, ovviamente), che possono essere ricreate fedelmente grazie al libro fino ad un certo punto. Poichè si, non c’è spazio per l’immaginazione degli sceneggiatori riguardo la cronaca e le battaglie, ma ne rimane molto per la caratterizzazione dei personaggi. Martin non si sofferma troppo sulla costruzione dei personaggi, non di tutti, come fa di solito nei romanzi.

House of the Dragon
Alicent e Rhaenyra, protagoniste della nuova stagione di House of the Dragon. Fonte: Instagram @houseofthedragonhbo

Fotografia e Regia, il fiore all’occhiello della serie

Già dai trailer della nuova stagione, come in tutti gli episodi di quella passata, salta all’occhio una cura particolare alla creazione estetica dell’ambientazione e delle scene. Sono stati realizzati degli scatti meravigliosi, sia al fine di ricreare al meglio alcuni avvenimenti del racconto sia per riempire gli episodi di scene. La CGI sembra sfondare ad oltranza il suo stesso limite, con ogni stagione che passa, e il futuro, con la terza stagione annunciata e un altro spin-off in progettazione, promette bene.

Poteva essere gestito meglio?

Gli sceneggiatori sono costretti ad allungare di molto le vicende; è qui infatti la critica che gli spettatori hanno mosso al primo episodio della nuova stagione; hanno notato una mediocre gestione delle scene, come nel finale. Personaggi di House of the Dragon, come Helaena e Alicent che nel libro sono posizionati in posti precisi o compiono azioni precise, nell’episodio divergono dal libro, a causa di alcuni tratti caratteriali che hanno acquistato nella serie.

Le promesse della nuova stagione di House of the Dragon

Promette di essere una buona serie fantasy con tanto potenziale anche dal punto di vista introspettivo. Staremo a vedere come sarà gestita la narrazione nei prossimi episodi della nuova stagione sperando che possa essere migliorata, sapendo (almeno per chi ha letto il libro) che ci aspettano davvero dei colpi di scena emozionanti per quanto riguarda questa grande Danza.

Valar Morghulis,

Giovanni Calabrò

The 8 show: scalare la gerarchia sociale è davvero impossibile?

Baby raindeer
The 8 show, K-drama dal look asettico, che vi lascerà l’amaro in bocca per le tematiche trattate e le similitudini con la nostra società. – Voto UVM 4/5

 

Il 17 maggio è arrivato su Netflix The 8 show, k-drama di Han Jae-rim, tratta dai webtoon Money Game e Pie game di Bae Jin-Soo. La serie scala immediatamente la top 10 Italia, probabilmente per le similitudini con un altro noto prodotto coreano: Squid Game di Hwang Dong-hyuk. La serie è composta da 8 episodi della durata di un’ora circa. Il numero 8 è ricorrente nella serie, che vede come protagonisti 8 personaggi suddivisi in 8 piani.

 

The 8 show
The 8 show, K-drama dal look asettico, che vi lascerà l’amaro in bocca per le tematiche trattate e le similitudini con la nostra società. – Voto UVM 4/5

The 8 show: la trama

Otto individui, con difficoltà economiche per motivi diversi, vengono selezionati per partecipare a un game show di cui non si conosce nulla se non che ad ogni minuto guadagneranno una somma di denaro. Il gioco infatti promette di “comprare il vostro tempo”, non a caso i protagonisti faranno di tutto per aumentare la permanenza all’interno del reality inizialmente di 24 ore.

La scelta del piano a cui viene assegnato ogni giocatore è casuale, tuttavia coloro che nella vita reale sono più agiati mantengono la loro posizione privilegiata. Chi sta al piano più alto, si sente in diritto di poter dare ordini ai piani inferiori, nonostante nessuna regola del gioco lo imponga. Le già pessime condizioni dei piani inferiori peggiorano nel momento in cui i concorrenti capiranno che la permanenza all’interno del reality dipende dal gradimento degli spettatori.

I personaggi si conoscono- “The 8 show”- Fonte: Netflix

Personaggi caricaturali e senza nome

La voce narrante della serie è Bae Jin-su, un ragazzo che lavora in un piccolo alimentari, fortemente indebitato dopo aver usato i suoi risparmi per pagare un coach online che prometteva di far lievitare il suo conto. Fino alla fine non sapremo perchè gli altri protagonisti fanno parte del gioco.

In ordine decrescente abbiamo:8 piano” un’artista che ha finito il budget per creare nuove opere; “7 piano” uno sceneggiatore che non riesce a vendere i suoi lavori perchè non abbastanza divertenti; “6 piano” un ex giocatore di baseball caduto in disgrazia dopo aver sperperato i soldi giocando d’azzardo; “5 piano” una donna che è stata ingannata dal suo amante; “4 piano” personaggio che fa da “comedy relief” nella serie; “2 piano” un’esperta di arti marziali e infine “1 piano” un circense dalla storia tragica. Infatti, non può permettersi di curare la figlia con una grave malattia degenerativa.

La disperazione porterà il personaggio più bisognoso a compiere azioni violente e inaccettabili nei confronti dei piani superiori. Questi ultimi, quando scopriranno il colpevole applicheranno la cosiddetta “tortura del sonno”, privando gli inquilini di chiudere gli occhi e mostrando loro immagini disturbanti in un tentativo di lavaggio del cervello ispirato da Arancia meccanica  di Kubrick.

L’impossibilità di cambiare la propria condizione

Quando il più debole del gruppo arriverà (metaforicamente) a toccare il punto più alto, lo spettatore rimane deluso nello scoprire che in fondo non si può cambiare la propria condizione. Un richiamo continuo allideale dell’ostrica di Verga, ogni tentativo di scalare la gerarchia sociale è fallimentare, solo accettando la propria condizione si può sopravvivere.

La serie lascia lo spettatore sempre più disilluso. La scelta registica di far vedere i filmati dalle telecamere stesse del reality fa sentire in colpa colui che guarda, portato a domandarsi se sia corretto continuare a guardare l’escalation di violenza contro i più deboli. Uno specchio della nostra società dove troviamo intrattenimento ascoltando podcast di true crime o puntando eccessivamente le telecamere sui volti sconvolti dei parenti delle vittime di varie disgrazie.

I protagonisti- Fonte: Netflix

Se cercavate una serie cruda, con grandi temi e tinte dark The 8 show fa al caso vostro; ma attenzione, il finale vi lascerà con l’amaro in bocca. Un consiglio al lettore è di aspettare dopo i titoli di coda per una scena post-credit non del tutto rassicurante.

Giulia Rigolizio

Shadow and Bone: torna con la sua seconda stagione

Per chi non ha letto i libri, la narrazione della serie tv, risulta frettolosa e confusionaria. Voto UVM 3/5

 

Shadow and Bone è una serie di genere fantasy, distribuita sulla piattaforma Netflix, scritta e creata da Eric Heisserer. Basata sui libri di Leigh Bardugo

La trama

La storia è ambientata a Ravka, una città ispirata alla Russia zarista dei primi anni del 1800. Ravka è divisa da una striscia di oscurità detta Faglia d’Ombra – una nube oscura abitata da mostri chiamati Volcra –

L’unica persona in grado di distruggere la Faglia è Alina Starkov (Jessie Mei Li) in quanto ella è un’evocaluce, il suo potere consiste nell’emanare un potente raggio di luce in grado di uccidere i Volcra.

Dove ci eravamo lasciati?

La prima stagione si conclude con l’apparente morte del generale Aleksander Kirigan (Ben Barnes), rivelatosi essere il creatore della Faglia, conosciuto anche come l’Oscuro, il suo obiettivo è espanderla.

Durante un’intervista con Deadline, Ben Barnes, ha rivelato che interpretare Aleksander Kirigan nella seconda stagione di “Shadow and Bone” sia stato molto più interessante rispetto alla prima.

Tenebre e ossa 2
Aleksander Kirigan interpretato da Ben Barnes. Casa di produzione 21 Laps Entertainment. Casa di distribuzione: Netflix

 

Nel mentre, una combattiva Alina accompagnata dale suo amico d’infanzia Mal (Archie Renaux) sono alla ricerca della frusta marina – un animale mitologico, che una volta catturato servirà da amplificatore, quindi in grado di intensificare i poteri dell’evocaluce – devono tenere un profilo basso in quanto i Grisha – persone in grado di manipolare gli elementi e il corpo umano a loro piacimento – sono ritenute persone pericolose e perseguitate in tutta Ravka. 

In questa loro impresa fanno la conoscenza del principe Nikolai Lantsov (Patrick Gibson), secondogenito del re, che in un primo momento si presenta loro come il corsaro Sturmhond. Nikolai è un personaggio che ha catturato da subito l’interesse, tanto che la Bardugo decise di dedicargli una dilogia. 

Nikolai e Alina decidono di stringere un’alleanza politica e il miglior modo per farlo è sposarsi.

Che fine hanno fatto i Corvi?

I “Sei di Corvi” un gruppo di malviventi formato da Kaz Brekker (Freddy Carter), Jesper Fahey (Kit Young) e Inej Ghafa (Amita Suman) dopo aver aiutato Alina tornano a Ketterdam, ad aspettarli però c’è Pekka Rollins – nemico di Kaz – il quale ha preso il comando e accusato i “Corvi” con una falsa accusa di omicidio. Kaz, deciso a vendicarsi di Pekka Rollins recluta Wylan (Jack Wolfe), in grado di realizzare ordigni esplosivi e una già nota al pubblico, la Spaccacuori Nina Zenik (Danielle Galligan) decisa a ritrovare il cacciatore di Grisha, Matthias Helvas (Calahan Skogman). Detenuto in carcere poiché Nina lo accusò di essere uno schiavista, solo per evitargli la cattura da parte degli uomini dell’Oscuro.

I “Corvi” in una scena della serie. Fonte Tvserial

Shadow and Bone: in conclusione?

La seconda stagione riprende la narrazione degli ultimi due libri della trilogia: “Assedio e Tempesta”, “Ascesa e Rovina” unendo alcuni passaggi della dilogia di “Sei di Corvi”.

Jessie Mei Li in un’intervista a Entertainment Weekly

Con la seconda stagione sapevamo che sarebbe stata molto diversa dai libri. Per me è stato eccitante perché è quello che più mi piace degli adattamenti: prendere ciò che piace nei libri e dargli nuova forma. Penso che ci sia stata un po’ di pressione per compiacere i fan, ma abbiamo anche mostrato loro qualcosa di nuovo, come una versione remixata di tutti i loro libri preferiti.

La storyline dei personaggi risulta priva di empatia. Chi guarda vuol capire i motivi che hanno portato a determinate scelte. Fatta eccezione per Kaz Brekker, viene alla luce il motivo per tanto odio nei confronti di Pekka Rollins.

Nonostante tutto, la serie ha riscosso successo e sebbene la terza stagione non sia stata ancora confermata, è altamente probabile si faccia.

 

Gabriella Pino

Ficarra e Picone: “incastrati” un’altra volta

La seconda stagione di “Incastrati” svela tutti i misteri lasciati in sospeso dalla prima. – Voto UVM: 5/5

 

Sono tante le uscite previste per il mese di marzo, e tra queste non possiamo non annoverare il quarto capitolo della saga di John Wick al cinema, la terza stagione di The Mandalorian su Disney+ ma, soprattutto per gli amanti della commedia italiana, non possiamo dimenticare la seconda stagione della serie evento Incastrati, scritta, diretta e interpretata dal celebre duo comico Ficarra e Picone e trasmessa in streaming sulla piattaforma Netflix.

Ma prima di tuffarci nei meandri di questa nuova stagione ripercorriamo le vicende della prima, tanto acclamata dalla critica!

Dov’eravamo rimasti?

Salvo e Valentino, due tecnici della TV, dopo una serie di “piccoli equivoci senza importanza”, ed una serie di scelte sbagliate, saranno costretti ad abbandonare la loro tranquilla quotidianità e si ritroveranno a collaborare all’interno di una pericolosa cosca mafiosa. Con la morte costantemente alle spalle riusciranno, nonostante le mille difficoltà, a farsi proteggere dalla polizia e ad uscire sani e salvi dalla loro angosciante situazione di “incastrati”.

Ma già al termine di questa prima stagione, nonostante l’inevitabile lieto fine, si era da subito intuito che aria di mistero aleggiava ancora sui poveri protagonisti e che questi ultimi non fossero ancora del tutto al sicuro.

Ficarra e Picone
Ficarra e Picone in ostaggio in una delle prime scene della nuova stagione. Fonte: Netflix

Ficarra e Picone: un esperimento più che riuscito…

Il duo comico siciliano colpisce ancora! Fedeli al loro stile, dopo trent’anni di carriera, mettono già da subito le basi e l’entusiasmo per l’arrivo di una nuova intrigante stagione.

Incastrati è, infatti, frutto di un doppio esperimento effettuato da Ficarra e Picone che non solo li ha fatti approdare sul piccolo schermo ma che per di più gli ha fatto prediligere il mondo seriale al classico film, tra l’altro tramite l’ormai famosissima piattaforma Netflix.

Una nuova avventura che ha permesso a ben 190 Paesi di godere dell’ormai iconica e personale comicità del duo siciliano più famoso d’Italia, che come sempre sa far emozionare il suo pubblico, denunciando in maniera alquanto originale, quella “montagna di merda” che è la mafia; argomento trattato già diverse volte dai due in capolavori quali Nati stanchi e La Matassa.

Ficarra e Picone
Toni Sperandeo e Ficarra e Picone in una scena della seconda stagione di “Incastrati”. Fonte: Netflix

Il primo è sempre meglio? Non in questo caso

La seconda stagione di Incastrati svela tutti i misteri lasciati in sospeso dalla prima, e chiude ufficialmente questa nuova avventura di Ficarra e Picone.

Le vicende di questa nuova stagione sono anche più intense e lasciano infatti più spazio ai sentimentalismi e alle emozioni. Il fulcro della vicenda non è più esclusivamente il nuovo guaio in cui si ficcano Salvo e Valentino, nuovamente presi in ostaggio da quei mafiosi, ma sono i rapporti affettivi che legano i diversi personaggi: l’amore tra Valentino e la madre, o tra Valentino e Agata (Marianna Di Martino), la presenza del figlio piccolo di Agata e il riavvicinamento tra Salvo ed Ester (Anna Favella).

Addirittura, si assiste anche all’evoluzione di alcuni personaggi, come nel caso di Tonino (Tony Sperandeo), e all’approfondimento di altri, come nel caso della signora Antonietta (Mary Cipolla).
Ma soprattutto si assiste a svariati e inaspettati colpi di scena. Insomma, è proprio il caso di dire che le sorprese non mancano in questa nuova stagione che, a discapito di quello che spesso avviene con i sequel, si è dimostrata addirittura più emozionante della prima!

Ficarra e Picone: il duo comico siciliano che non delude mai!

Cos’altro aggiungere? Accompagnati da un cast d’eccezione, che ci fa ritrovare anche in questa stagione nomi come Mary Cipolla, Domenico Centamore, Tony Sperandeo, Maurizio Marchetti, Sergio Friscia, Filippo Luna, Leo Gullotta e la straordinaria ed esilarante partecipazione del duo Toti e Totino, Ficarra e Picone sono tornati: brillanti e inimitabili come sempre!

 

Marco Castiglia

You 4 – parte 1: l’attesa è finita!

Tra critica sociale e un omaggio al giallo classico, la serie assume nuove sfaccettature. Nonostante ciò, risulta forse essere troppo poco realistica e coinvolgente. Voto UVM: 3/5

 

A più di un anno di distanza dall’uscita della terza stagione, debutta ufficialmente su Netflix un nuovo ciclo di episodi di You, la serie TV thriller a sfondo psicologico ispirata all’omonimo romanzo e al suo seguito Hidden Bodies, scritti da Caroline Kepnes.

Creata da Greg Berlanti e Sera Gamble, la serie statunitense narra le vicissitudini di Joe Goldberg, un uomo all’apparenza schivo e riservato, che fa dell’ interesse per le donne di cui si invaghisce un attaccamento morboso, a tal punto da tramutarsi in uno stalker assassino, e sfogare la propria personalità maniacale in un romanticismo che sfocia in vera e propria ossessione, tormento e violenza.

Il protagonista, interpretato da Penn Badgley  (Dan Humphrey in Gossip Girl), ritorna sul piccolo schermo con una quarta stagione divisa in due parti, di cui la prima già disponibile sulla piattaforma di streaming dal 9 febbraio 2023. Anche questa volta, il controverso personaggio di Joe si ritroverà a dover fare i conti con gli spettri del passato, verrà coinvolto in una serie di situazioni criminali, dalle quali avrebbe invece preferito stare alla larga.

Nuova ambientazione, vecchie abitudini

Dopo aver chiuso tragicamente il capitolo del suo disastroso matrimonio con Love (Victoria Pedretti), Joe Goldberg è pronto a ricostruirsi una nuova vita e lasciarsi la California alle spalle. Si trasferisce a Londra, sotto la falsa identità di Jonathan Moorenei panni di un professore di letteratura di uno dei college più prestigiosi di Oxford. Qui, per mezzo del collega e vicino di casa Malcolm (Stephen Hagan), il protagonista viene catapultato all’interno di una cerchia di membri dell’alta società inglese, composta da una serie di personaggi estremamente sopra le righe. Questi si abbandonano ad una vita fatta di lusso, eccessi e ricchezze: una realtà molto lontana da quella a cui era abituato il nostro Joe.

Centrali per lo sviluppo della trama sono quindi i legami che Joe– alias Jonathan– instaurerà con queste figure, che incarnano la corruzione ed i peggiori vizi della società odierna. Tra quelle più rilevanti vi sono quella di Kate (Charlotte Ritchie), gallerista figlia di una top model; Simon (Aidan Cheng), l’apatico artista figlio di un miliardario; Gemma (Eve Austin), anche lei ereditiera, e Lady Phoebe Borehall-Blaxworth (Tilly Keeper), una svampita socialite.

Sembrerebbe quindi che non vi sia spazio per una nuova ossessione amorosa in questa storia. Ma nonostante il setting inedito, e la volontà di auto-redimersi del protagonista, persino questa volta Joe finirà per agire secondo il solito schema ben preciso: una donna dal passato tormentato come il suo istigherà in lui la necessità di riuscire a proteggerla. Si tratta però dello stesso istinto protettivo che lo condurrà a ripetere i medesimi errori commessi nelle stagioni precedenti, attribuendo così alla serie un andamento a tratti prevedibile e ripetitivo.

You: da killer a vittima

In questa quarta stagione, senza stravolgere la logica della serie, che continua ad essere narrata attraverso i dialoghi interiori del protagonista, gli autori sembrano voler mostrare Joe sotto una luce differente, proponendo una nuova formula in cui la componente del thriller psicologico si intreccia a quella del genere giallo della letteratura.

Viene infatti rivelato che vi è un altro assassino in giro per Londra, che prende di mira i ricchi, un “Eat The Rich Killer”, che cerca di incastrare Joe per i propri crimini commessi, mettendo a dura prova il contegno della natura omicida di quest’ultimo.

Si scoprirà che il misterioso assassino si cela proprio dietro il volto di uno dei personaggi che si muovono attorno al protagonista. E così, colui che finora si era comportato da angosciante stalker e serial killer, si ritrova invece a rivestire i panni di un detective alle prese con l’intreccio di un giallo tutto da risolvere. Intanto il nemico, episodio dopo episodio, uccide una ad una le figure dell’élite, con una dinamica simile a quella che avviene all’interno del celebre romanzo “And Then There Were None” di Agatha Christie.

Frame della serie televisiva You 4. Fonte: Netflix.

Cosa non convince?

Nonostante il tentativo di cambiare rotta e ridare una nuova immagine alla serie, il lento ritmo dei primi episodi rischia di non essere in grado di catturare nell’immediato l’attenzione dello spettatore, e persino il cliffhanger che lascia sospesa metà stagione non riesce ad ottenere il forte impatto sperato.

Inoltre, sebbene volutamente resi oltremodo eccentrici ed irritanti per offrire un’adeguata critica sociale alla parte di popolazione che possiede enormi poteri e ricchezze, i dialoghi e comportamenti dei personaggi finiscono forse per farsi troppo improbabili e sfociare nell’inverosimile.

Ma la particolarità di You sta anche nella capacità di riuscire a sorprenderci con un plot twist inaspettato, e pertanto non è da escludere la possibilità di un finale di stagione di gran lunga più avvincente ed intrigante. Non ci resta quindi che pazientare ed attendere fino al 9 Marzo 2023, data di uscita di You 4 – Parte 2. Intanto, qui il trailer della seconda parte della serie, che lascia presagire il ritorno inatteso di un noto personaggio. Da guardare solo una volta dopo aver visto la parte I!

 

Giulia Giaimo

 

Boris 4: stesse intenzioni, formula diversa

Questo revival vuole riportare la strampalata troupe ai giorni nostri, ci riesce seppur con risultati inaspettati. Voto UVM: 4/5

 

La fuori serie italiana torna dopo 11 anni dall’ultimo episodio della 3° stagione per cercare di accontentare tutti i fan ma soprattutto torna per aggiornare la situazione televisiva italiana dopo un’era in cui tecnologia e pubblico sono stati ben diversi. Grazie alla permanenza sulla piattaforma di Netflix di qualche anno fa, le prime 3 stagioni di Boris ebbero una seconda vita e quando la Disney ne acquisì i diritti, annunciò il 16 Febbraio 2021 il revival di questa serie.

Boris si è contraddistinto fin dall’inizio per i suoi personaggi caratteristici e per le sue citazioni. Di ogni puntata ne è rimasta la memoria fino ai nostri giorni, grazie anche alla loro durezza nei confronti del sistema italiano. Una satira capace di colpire in pieno tutte le debolezze nostrane in fatto di politica e di produzioni televisive. Sarà così anche per questo mondo un po’ più smart e politicamente corretto?

Lo streaming e il Lock

Da un po’ di tempo non si parla più di rete ma di piattaforma. Le multinazionali estere sono economicamente stabili e portare a loro un progetto significa arrivare a grossi e stabili guadagni per tutti i componenti della produzione. Bisogna però, come prima cosa, ottenere il Lock, ovvero l’approvazione del progetto ottenibile solo quando verranno rispettati tutti i requisiti richiesti dall’algoritmo. Insomma, un mondo nuovo porta a nuovi problemi che in Boris vedremo sviscerati, uno ad uno, nello stile a cui siamo stati abituati.

Boris tra inclusivity e TikTok

Ferretti: “DAI DAI DAI” “Ma che è successo?  [Alyson] Mi è sembrata incupita…”

Sceneggiatore (A. Sartoretti): “René le hai detto die die die, significa muori muori muori!”

Il mondo va avanti ma, come sappiamo, tutto rimane immobile in Italia. Si parla di inclusione per le minoranze e il numero di followers è quello che ora mai più conta per un personaggio di spicco. La troupe de “Gli occhi del cuore” e “Caprera” dovrà scontrarsi con un nuovo linguaggio che li tartasserà (soprattutto Biascica, interpretato da Paolo Calabresi) durante il lavoro. È importante utilizzare u finale per riferirsi a qualsiasi sostantivo per essere più inclusivi ed è anche necessario avere nel cast almeno un cinese e un africano per rispettare i requisiti minimi dettati dalla piattaforma.

Inoltre, è importante come ci si mostra: non solo di fronte alle telecamere ma anche sui propri social network. È importante pubblicare in brevi video momenti della vita privata e mostrarsi estroversi e simpatici. Magari con dei balletti divertenti o aforismi banali. Insomma tutte cose in linea con le personalità di Renè Ferretti (Francesco Pannofino) e Biascica, giusto per fare due esempi lampanti.

Boris
Frame dal trailer di “Boris 4”. A sinistra Diego Lopez (Antonio Catania), a destra Renè Ferretti (Francesco Pannofino). Regia: Giacomo Ciarrapico, Luca Vendruscolo. Distribuzione: Disney.

 

Boris: libertè, ugualitè e fraternitè

Troveremo i nostri beneamini invecchiati, cambiati ed alcuni anche scomparsi (si, deceduti sia realmente che nel mondo di Ferretti). Dopo pochi minuti dall’inizio del primo episodio la nostra amata troupe verrà a sapere della morte di Itala (Roberta Fiorentini) che commemoreranno in ricordo di tempi ormai andati. Inoltre, verrà anche omaggiata la scomparsa di uno dei 3 sceneggiatori della serie di Boris, il caro Mattia Torre, grande amico degli altri due autori, ovvero Giacomo Ciarrapico e Luca Vendruscolo, ma sulla sua commemorazione ci torneremo più tardi.

Biascica: “E si’ oggi Itala è morta è de tristezza… Perché nel nostro mondo è cambiato tutto. ‘E merde diventano capoccia… e allora io mi chiedo: dov’è finita la poesia de’ i set de na vorta?”

Ciò che è stato affrontato in parte dalla narrazione riguarda il ribaltamento di alcuni ruoli a noi ben noti, ma siamo stati abituati da sempre alla filosofia del “cambiare tutto per non cambiare niente” e infatti la conclusione di ogni personaggio è quella: la conferma che tutto sommato le cose devono rimanere com’erano.

Quello che ha reso “Boris – La fuori serie italiana” un cult è stata una scrittura fortemente ispirata al mondo italiano visto con un occhio critico ma rassegnato. Le sue prime stagioni caratterizzate da semplici sketch e una regia limitata dal budget riuscivano a trasmettere con grande impatto il dietro le quinte di un mondo da sempre sconosciuto agli occhi dei telespettatori. Prima di questo revival sembrava quasi che fosse stato detto tutto. Gli autori Ciarrapico e Vendruscolo sono riusciti a mostrare nuove criticità ed anche nuove speranze in chi crede nell’arte e nella qualità. Abbiamo notato quanto gli autori abbiano provato a cambiare rotta senza stonare con lo spirito iniziale, seppur il citazionismo e la satira si sprecano ad ogni scena.

Che stamo a di’

sceneggiatore 1: “collega com’è l’inferno?”

sceneggiatore 2 (V. Aprea):“mah, ti dirò alla fine non è male. è pieno di quarte stagioni”

Credo che non si possa parlare di una 4° stagione di Boris senza il confronto con il passato. Anche solo parlare dei significati dietro lo sceneggiato non sarebbe bastato – comunque ce ne sarebbe molto da dire solo per quelli – e soprattutto il finale di stagione riporta un messaggio immenso per chi ama l’arte e per chi l’arte la fa. Si potrebbe quasi dire che l’intera stagione sia stata scritta in memoria dello sceneggiatore Mattia Torre, tanto amato sia dal cast che da Vendruscolo e Ciarrapico. E crediamo che lo abbiano commemorato nel migliore dei modi possibili. A proposito di nuove speranze, è qui che gli autori di Boris hanno voluto dare uno spiraglio di luce dalla cima di un pozzo che sembrava davvero lontana. La follia, la tenacia e un po’ di capacità prensile potrebbero aiutare a infrangere gli schemi e provare a compiere una fatica dai risultati insperati.

Boris
Frame dal trailer di “Boris 4”. Da sinistra: Duccio (Ninni Bruschetta), Backstage, Renè Ferretti, Biascica (Paolo Calabrese), Arianna (Caterina Guzzanti). Regia: Giacomo Ciarrapico, Luca Vendruscolo. Distribuzione: Disney.

 

Arianna: “Vuoi girare la scena del battesimo vero? Oggi non ce la facciamo… mi dispiace, te lo dico.”

Ferretti: “… ce la facciamo, Arianna. Alla fine ce la facciamo sempre.”

 

Crediamo che questa stagione non abbia lo stesso animo da “meme” tanto amato dai fan, quello su cui hanno voluto puntare questa volta è stato un prodotto ben orchestrato che lascia un senso di malinconia ma anche di rivalsa. Lascia un’energia contagiosa, una voglia di poter ribaltare le sorti mettendoci un pizzico della nostra locura. Infine, crediamo che questo prodotto confezionato da Disney non sarà ricordato nelle future generazioni per la sua irriverenza, ma per il suo animo unico e carismatico.

 

Salvatore Donato