L’AI nella scuola fra rischi e opportunità

L’intelligenza artificiale è già diventata parte integrante del sistema educativo. Piattaforme come ChatGPT e Gemini sono ormai compagne di studio dei ragazzi. La scuola non riesce a tenere il passo di queste novità, che però, potrebbero rivelarsi delle preziose alleate.

L’abuso che minaccia la scuola

Secondo una ricerca condotta dal portale Noplagio.it, otto studenti su dieci fanno uso regolare dell’AI per svolgere varie attività a scuola.

A un campione di circa mille adolescenti, è stato sottoposto un questionario nel quale si elencavano una serie di situazioni in cui è possibile avvalersi dell’aiuto dell’intelligenza artificiale. Il 60% dei ragazzi ha ammesso di usare strumenti come ChatGPT per far svolgere i compiti al proprio posto, il 13% rivela di sfruttare i tools AI per scrivere temi e saggi, mentre il 18% addirittura dichiara di usarli in classe durante le verifiche.

Nonostante la maggior parte degli studenti consideri l’intelligenza artificiale uno strumento valido, buona parte di loro è consapevole che i contenuti prodotti possano non essere accurati. Alla domanda specifica – “pensi di poterti fidare ciecamente di un contenuto generato dall’AI?” – il 54% ritiene che sia comunque necessaria una revisione umana. Eppure, il rischio di un abuso è dietro l’angolo.

Le campagne di sensibilizzazione faticano a decollare, e i più giovani non possiedono un’innata capacità critica per rapportarsi all’AI. Bisogna prevenire uno scenario nel quale gli studenti deleghino totalmente le proprie attività a ChatGPT. O si interverrà con decisione, oppure cresceremo una generazione di automi, priva di senso del giudizio, e dunque facilmente abbindolabile dal fantomatico messia di turno, o peggio ancora, dall’AI stessa.

 

Integrazione dell’AI per una didattica innovativa

Scongiurando scenari apocalittici, l’intelligenza artificiale rappresenta per la Scuola una grande opportunità di rinnovamento e riscatto.

A livello internazionale sono già diversi i progetti che puntano ad integrare i sistemi AI nelle scuole, con l’obiettivo di migliorare l’esperienza degli studenti.

L’Istituto di Istruzione Secondaria Ribera del Tajo a Talavera de la Reina, in Spagna, ha sviluppato il Progetto VIA (Visión Artificial en el Aula), che utilizza l’IA per monitorare il comportamento degli studenti in classe attraverso la rilevazione dei tratti facciali. VIA è in grado di capire se l’alunno presta attenzione o meno, offrendo ai docenti dati utili per rendere più interessanti le proprie lezioni. Ma l’analisi può andare oltre, restituendo un report sul lungo periodo. Ad esempio, il Sistema cinese DMP_AI (Data Management Platform_Artificial Intelligence) implementato nelle scuole primarie e secondarie, prevede le prestazioni accademiche dei ragazzi, segnalando con anticipo eventualità criticità. Tutto ciò è reso possibile da complessi meccanismi di data mining e machine learning.

Inoltre, i sistemi basati su intelligenza artificiale potrebbero fare la differenza per salvare quei ragazzi affetti da disturbi dell’apprendimento. Nasce con questa finalità la Piattaforma Vrailexia, che sfrutta l’IA per personalizzare automaticamente i contenuti didattici in base alle esigenze degli studenti dislessici

 

Se da un lato esiste il pericolo di un abuso che potrebbe compromettere il percorso accademico, dall’altro è innegabile il potenziale inedito che l’IA offre al mondo dell’istruzione. Non bisogna demonizzare l’uso dell’intelligenza artificiale, ma piuttosto educare i ragazzi (e i professori) ad un utilizzo consapevole e responsabile.

Serve dunque un approccio equilibrato, in cui l’IA diventi un supporto per la crescita dei giovani, senza sostituire il loro impegno o annullare la loro capacità di giudizio critico.

 

Giovanni Gentile Patti

La Scuola dei Lavoratori

Premessa storico-culturale

La storia della Scuola risale a tempi antichissimi.

Già i Sumeri, nel 3500 a.C., si riunivano in aule come allievi e maestri per scrivere su delle tavolette di argilla umida (da qui il nome attribuitogli “Edubba“, cioè “casa delle tavolette“). Passa, poi, per i “contratti” privati tra studente e professore la Scolastica, la Scuola come privilegio e poi come diritto, sino ai giorni nostri, dove essa ha assunto un termine e un Padrone del tutto particolare: il Lavoro.

La cultura è sempre stata l’arma più forte che l’uomo possegga. Senza di essa navigheremmo nell’ombra dell’ignoranza e nel silenzio intellettuale delle mere barbarie.

Ma forse questa sua forza non viene riconosciuta da tutti. O, forse, viene riconosciuta in quanto serva del suo Padrone, con la quale quest’ultimo può giocare a suo piacimento, dimenticandosi di non essere già superiore, ma figlio diretto della stessa.

Johann Peter Hasenclever, La scuola del villaggio, 1845
 La scuola del villaggio, di Johann Peter Hasenclever, 1845

L’uomo così formatosi

Consapevoli che l’istituzione scolastica (almeno nel suo originale intento) sia la portavoce della madre Cultura, ecco che si scoprono le carte proposte nella premessa, fatta poc’anzi, circa il rapporto tra Scuola e Lavoro. Se prima il Lavoro poteva attingersi alle forme del sapere scolastico per potersi formare, ora sembra quasi sia la Scuola a doversi adattare alle nuove esigenze lavorative, eliminando di fatto l’autonomia della cultura.

Guardiamo così nascere (e ne siamo allietati) nuovi istituti superiori, o particolarizzazioni degli stessi, che svolgono il compito di formare non più lo studente, ma il Lavoratore. Non più l’Uomo appagato dalla conoscenza, ma l’Uomo appagato dalla ricchezza materiale.

L’uso di questi nomignoli non simboleggia una divisione già connaturata in noi, ma solo una sottigliezza ingigantita dal riduzionismo attuato sulla figura dell’Uomo: o Uomo meramente pratico, o Uomo meramente teoretico; o Uomo platonico, o Uomo aristotelico. Riduzione che Benedetto Croce, noto filosofo partenopeo, aveva condannato, dicendo che l’uomo è sia pratico che teoretico e che le due parti non sono l’una il fine dell’altra, ma una circolarità di posizioni rispettate reciprocamente. D’altronde, se così non fosse, ci sarebbero Uomini di idee e Uomini di fatti. Come se le idee dei primi non vengano in funzione della pratica, e i fatti dei secondi non siano già stati idee prima.

Forse, quindi, comprendere la completezza dell’uomo ci aiuta a capire quanto questo sistema squilibrato sia dannoso, quanto giovi alle tasche, ma non all’intelletto.

L’alternanza scuola-lavoro

Grandissima problematica che ne deriva è la disorganizzazione scolastica circa l’ambito dell’alternanza scuola-lavoro, oggi PCTO. A prova che sia la Scuola ad adattarsi alle esigenze del suo Padrone, ecco che nei licei scientifici vengono assegnate ore di alternanza per fare dei corsi online fruibili da siti di aziende casuali. Corsi che, chiaramente, c’entrano ben poco con quello con cui si ha a che fare ogni giorno per chi studia le scienze naturali o matematiche, ma che vengono inseriti per “fare affacciare lo studente all’ambito lavorativo“, come se questo fosse il fine e tutti i mezzi fossero giustificati, in un senso machiavelliano.

Come se questo non fosse abbastanza, senza il raggiungimento delle 90 ore prestabilite di alternanza, non si potranno sostenere gli esami di maturità, la quale evidentemente viene preclusa a coloro i quali non hanno dedicato abbastanza tempo nel vagheggiare tra opzioni lavorative di alternanza che ben poco gli competono, visti i suoi studi.

Conseguenze sullo studente

Dal suo canto lo studente, soggiogato dalla pressante decisione del “che ne faccio della mia vita?” si farà ammaliare dai bei discorsi sul Lavoro, come fosse il culmine della sua carriera scolastica. E i dubbi saranno presto sciolti dietro la frase “Studia e guadagna tanti soldi” o “Con questa laurea non farai nulla nella vita, meglio se scegli questo che ti porti i soldi a casa“.

Abbiamo aperto le porte della docile Cultura e le abbiamo detto di mettersi da parte per fare spazio al guadagno monetario.

Una laurea vale più di un’altra solo perché porta una remunerazione maggiore rispetto a quest’ultima. Ed ecco che, infatti, le aule di Ingegneria sono piene, quelle di Lettere svuotate.

Lo studente si vede completamente sommerso da avversità nel momento della scelta.

Ben venga per coloro i quali traggono piacere nella conoscenza di un sapere che porta anche soldi. Ma non tutti siamo così fortunati da poter dire “a me piace ciò e mi porta pure guadagno“.

Non si pensi che le conseguenze di questo squilibrio siano solo per gli studenti degli studi superiori, perché i ragazzi sono portati a una scelta angosciante, citando Kierkegaard, già in terza media. Se la scuola fosse veramente solo portavoce autonoma di Cultura, ciò non implicherebbe un grosso problema. Essa, però, è anche schiava del suo Padrone e, in quanto tale, ogni scelta di chi la vive è sottoposta all’attenta visione del Big Brother, il Lavoro.

I ragazzi sono, quindi, portati a scegliere una scuola superiore a tredici anni, che influenzerà per sempre il corso della loro vita, per quanto possa essere una decisione cambiabile.

Essa influenza la scuola superiore, che influenza il primo approccio al lavoro accostato all’approccio con l’Università, che influenza a sua volta il resto della nostra vita improntata sul Lavoro.

the big brother is watching you
The big brother is watching you, dal romanzo “1984” di George Orwell

Conclusione

Niente ci nega di comprendere che il Lavoro ha la sua importanza. Senza soldi, purtroppo, ad oggi non si vive. Ma ciò non implica che quest’ultimi debbano diventare il nostro unico obbiettivo di vita.

In una società sempre più materialista e superficiale, sfociante nell’ignoranza, la Cultura deve ritrovare la sua autonomia in quanto arma più forte che l’uomo possegga. Possa così la Scuola ritornare ad essere l’abile armaiolo che da sempre l’ha maneggiata e portata avanti con cura.

Fonti:
Logica come scienza del concetto puro, Benedetto Croce
Filosofia della pratica, Benedetto Croce
1984, George Orwell
 https://www.focusjunior.it/scuola/chi-ha-inventato-la-scuola/

Strage a Nashville, 28enne spara all’interno di una scuola elementare

Audrey Elizabeth Hale di anni 28, ex studente transgender, ha fatto irruzione nell’istituto elementare presbiteriano Covenant School uccidendo tre bambini e tre adulti. Hale aveva frequentato in passato tale scuola e, secondo le indagini, aveva pianificato nei dettagli il massacro. L’ennesima strage all’interno di una scuola che porta, ancora una volta, in alto il dibattito sul possesso delle armi negli Stati Uniti. La 129/a dall’inizio dell’anno, oltre una al giorno da gennaio.

Ricostruzione dei fatti

Lunedì, verso le 10 del mattino, l’ex studente dell’istituto Audrey Elizabeth Hale, irrompe all’interno di una scuola elementare cristiana; frantuma il vetro dell’entrata laterale e fa il suo ingresso. Ha con sé due armi d’assalto e una pistola, indossa gilet, pantaloni militari e un cappellino rosso, in base alle immagini fornite dalle telecamere di sicurezza. Con sè, anche le mappe dell’edificio. Un attacco di 14 minuti, poi la prima chiamata di soccorso alle 10:13 e la conclusione alle 10:27, con la morte di Hale ad opera della polizia. Le vittime sono tre bambini di 9 anni, un supplente, un amministratore della scuola e un custode.

 Penso che i genitori di Audrey siano scioccati come tutti noi nel vicinato. Non c’è nulla che mi avrebbe mai portato a pensare che sarebbe stato capace di un gesto simile o che la sua famiglia avesse accesso a una pistola.

Ha dichiarato un vicino di casa ad alcuni media americani.

Le indagini

Fonte: Rainews

La Polizia ha dichiarato che Hale non aveva precedenti penali e che l’attacco è frutto di premeditazione: ha studiato nei dettagli le piantine e le mappe della scuola. Il movente? Secondo gli inquirenti, il soggetto provava un forte risentimento nei confronti della scuola per essere stato costretto a frequentare una scuola cristiana dove probabilmente non si è mai sentito accettato identificandosi come transgender.  Dai primi accertamenti, le armi erano state ottenute legalmente, quanto meno due su tre. Hale è stata identificato per mezzo della sua auto posteggiata vicino alla scuola.

A seguito di una perquisizione è stato ritrovato un disegno minuzioso della mappa della scuola dove aveva segnato i punti “migliori” per entrare. Inoltre, sono stai trovati dettagli relativi ad un’altra possibile scuola dove forse si sarebbe recata se non fosse stata uccisa dagli agenti intervenuti sul luogo, oppure, un’altra ipotesi è che si tratterebbe di un bersaglio alternativo scartato perché la scuola attaccata aveva minori misure di sicurezza.

Qualcosa di brutto sta per accadere. Sentirai parlare di me quando sarò morto. Questo è un messaggio di addio. Ci vedremo in un’altra vita.

Queste sono le ultime parole di Hale ad una sua ex compagna di basket.

Le dichiarazioni del Presidente Biden

Il Presidente Biden è stato fortemente criticato per una battuta detta durante la sua prima apparizione pubblica a seguito della strage, all’inizio di un vertice sulle imprese femminili.

«Mi chiamo Joe Biden. Sono il marito della Dott.ssa Jill. Mangio il gelato Jeni’s con gocce di cioccolato. Sono sceso perché ho sentito che c’era il gelato con le gocce di cioccolato. A proposito, ne ho un frigorifero pieno al piano di sopra. Pensate che stia scherzando? Non è così». Ha affermato tra le risate del pubblico. Dichiarazioni ritenute inopportune in un momento come quello.

Il Presidente americano Joe Biden si è poi espresso su quanto accaduto.

È straziante, il peggior incubo di una famiglia. Dobbiamo fare di più contro la violenza di armi da fuoco. Sta facendo a pezzi le nostre comunità. Sta lacerando l’anima stessa della nazione. Dobbiamo fare di più per proteggere le scuole affinché non diventino prigioni.

Anche la First Lady ha invitato ad alzarsi e a stare in preghiera con Nashville.

Biden ha, inoltre, invitato il Congresso ad approvare il divieto di armi d’assalto e ordinato che vengano messe bandiere a mezz’asta alla Casa Bianca e in tutti gli edifici pubblici fino al 31 marzo in onore e memoria delle vittima della strage.

Di seguito il discorso del Presidente Biden:

Le armi d’assalto, come il fucile utilizzato da Hale, sono le armi più utilizzate nelle stragi di massa. I democratici quindi spingono per il divieto e per norme più stringenti, attente e puntuali sui controlli. I repubblicani, in gran parte contrari all’approvazione di una legislazione di controllo sulle armi, hanno puntato il dito contro la comunità Lgbtq+.

«Visto il numero crescente di trans e non binari che compiono sparatorie di massa, invece di parlare armi non sarebbe meglio parlare di questi lunatici che spingono la loro riaffermazione di genere sui nostri figli?» ha postato su Twitter il figlio di Donald Trump.

Anche Marjorie Taylor Greene si è espressa con lo stesso tono sulla strage.

Quanti ormoni come il testosterone prendeva la killer di Nashville? Tutti dovrebbero smetterla ora di prendersela con le armi. La donna che ha sparato a Nashville si identificava come un uomo. Quindi dovremmo ancora puntare il dito contro gli uomini bianchi?

La portavoce della Casa Bianca Karine Jean-Pierre, riportando il focus sulla questione, ha dichiarato:

Le scuole dovrebbero essere luoghi sicuri dove imparare e insegnare. Quando è troppo è troppo: il Congresso deve agire contro la violenza delle armi da fuoco. Quanti bimbi devono ancora morire prima di agire?.

 

Marta Zanghì

Covid: dall’11 febbraio inizia una nuova fase con lo stop all’obbligo di mascherina all’aperto

Da ieri, 11 Febbraio, abolito l’obbligo di mascherine all’aperto e riaperte le discoteche. Questa la prima tappa di un percorso  delineato dal governo che dovrebbe terminare entro la data del 15 giugno prossimo, quando scadrà l’obbligo vaccinale per gli over 50.

Da ieri, 11 febbraio, stop alle mascherine all’aperto, tranne che in caso di assembramento (fonte: triesteallnews.it)

Via le mascherine all’aperto, ma attenzione agli assembramenti

Inizia una nuova fase, che parte proprio dall’abolizione della mascherina all’aperto. Bisognerà, però, sempre portarle con sé e metterle in caso di assembramenti o situazioni dove non sia possibile stare a distanza dalle altre persone.

I dati sulla pandemia sono finalmente confortanti. Sembra che, nonostante le drammatiche cifre raggiunte durante questi mesi, la situazione epidemiologica stia migliorando davvero. Però, per ora, come consigliato dagli esperti è giusto guardare con ottimismo agli attuali miglioramenti, seppur ancora timidi.

Il vaccino è stata la nostra più grande arma contro questo virus e continuerà ad esserlo ancora, infatti si pensa a un richiamo annuale. Il nostro organismo sarebbe pronto a convivere con la malattia, senza che questa, costituisca nella maggior parte dei casi, un pericolo insormontabile. Quindi sarebbe giunto il momento di voltare pagina, seppur con cautela.

«Siamo verso l’uscita ma dobbiamo avere cautela, continuare con i comportamenti prudenti» ha dichiarato il ministro Roberto Speranza.

Questa decisione è carica anche di significato simbolico, testimonia una virata concreta verso la fine delle restrizioni. L’introduzione delle mascherine all’aperto è una misura che era stata deliberata con il decreto del 13 ottobre del 2020, dall’allora premier Giuseppe Conte.

L’obbligo di indossare le mascherine al chiuso, invece, rimarrà ancora fino al 31 marzo, data in cui è stata fissata la fine dello stato di emergenza.

Il testo del provvedimento enuncia:

«Fino al 31 marzo 2022 è fatto obbligo sull’intero territorio nazionale di indossare i dispositivi di protezione delle vie respiratorie nei luoghi al chiuso diversi dalle abitazioni private».

Rimangono, comunque, esenti dall’obbligo: i bambini di età inferiore ai sei anni; le persone con patologie o disabilità incompatibili con l’uso della mascherina, nonché le persone che devono comunicare con un disabile che e non possono fare uso del dispositivo; tutte le persone mentre svolgono attività sportiva.

«Oggi finalmente lanciamo via l’obbligo delle mascherine all’aperto nell’attesa di farlo presto anche al chiuso. Gli ospedali non sono più in affanno per il Covid e si vede una luce all’orizzonte sempre più forte. Torniamo alla vita che abbiamo sempre fatto prima del Covid.».

Bassetti invita all’ottimismo (fonte: profilo Instagram ufficiale di Matteo Bassetti)

Queste le parole del direttore della Clinica di Malattie infettive del Policlinico San Martino di Genova, Matteo Bassetti, scritte sui suoi profili social, in merito alla disposizione del governo. Ha pubblicato una foto che lo ritrae come forse non ci saremmo facilmente aspettati: lo si vede, infatti, lanciare in aria proprio una mascherina, accompagnata da altre parole: «Finiamola di pensare alla positività Covid come l’anticamera del patibolo». L’infettivologo ha infatti ricordato ancora una volta il grande aiuto che ci hanno dato i vaccini: «Hanno depotenziato gli effetti gravi di questo virus. Bisogna tornare a uscire a cena, a viaggiare, a divertirsi, a ballare e a pensare al futuro in maniera positiva. Viva la vita!».

 

In Campania l’obbligo resta

Il governatore della Campania, Vincenzo De Luca, è contrario a questa disposizione. Lo ha dichiarato in una diretta, nella stessa giornata di ieri.

Quando si passeggia in una strada commerciale, come si fa a distinguere l’assembramento dal non assembramento? È più semplice indossarla, visto che è obbligatoria sui mezzi di trasporto, nei locali al chiuso e nei negozi. Quindi, è preferibile fare un gesto di prudenza ancora per qualche settimana, saltare un po’ il periodo di Carnevale e mantenerci tranquilli per evitare di far riaccendere il contagio.

De Luca, dunque, ha predisposto un allungamento dell’obbligo delle mascherine all’aperto, di ancora una settimana. La preoccupazione nasce dal fatto che la Campania è la regione con maggiore densità di popolazione e gli assembramenti possono essere molto più frequenti che altrove, rischiando di pregiudicare il miglioramento della situazione.

 

Ripartono le discoteche e si lavora sulle capienze, anche per gli impianti sportivi

L’altra importante novità riguarda le discoteche. A lungo si è discusso sul ritorno in pista e finalmente è arrivato il momento. Ieri, 11 febbraio, insieme alla disposizione sulle mascherine è arrivato il momento della riapertura delle piste da ballo. Dopo numerose lamentele da parte dei proprietari delle discoteche, che hanno risentito più a lungo delle restrizioni, questo fine settimana si torna a ballare.

Ovviamente vi sono delle regole: potrà entrare solo chi è in possesso di green pass rafforzato, quindi chi si è sottoposto a tre dosi di vaccino o chi è guarito dal covid; la mascherina dovrà esser tenuta nelle discoteche al chiuso, ma non vi sarà l’obbligo in pista, mentre si balla. Nelle discoteche all’aperto si potrà tornare senza dispositivi di protezione. Vi sono dei limiti di capienza, non superiore al 75% per le strutture all’aperto e 50% al chiuso.

Si sta lavorando sui limiti di capienza anche per gli impianti sportivi, in collaborazione con la sottosegretaria allo Sport, Valentina Vezzali, per attuare un percorso graduale fino alla completa riapertura degli impianti sia all’aperto che al chiuso:

«Si lavora a un primo allargamento, a partire dal primo marzo, che porterà al 75% e al 60% il limite delle capienze rispettivamente all’aperto e al chiuso. Per poi proseguire con le riaperture complete, qualora la situazione epidemiologica continuasse il suo trend di calo.».

(fonte: theworldnews.net)

Super green pass ora illimitato

Diverse le ipotesi riguardo la validità del Super Green Pass. Come suddetto, per ora non è prevista dal governo l’ipotesi di una quarta dose, in accordo secondo quanto sostenuto dagli esperti, che raccomandano, invece, un richiamo annuale per il futuro. La situazione di copertura di chi si è sottoposto alla terza dose è equiparata a quella di coloro che sono guariti dal Covid dopo il completamento del ciclo vaccinale primario.

Il green pass rafforzato, dunque, ora è considerato illimitato.

La copertura delle vaccinazioni ha fatto stabilire che agli studenti nella fascia 12-18 anni, il cui tasso di vaccinazione è intorno all’80%, potrà essere evitata la Dad. Quest’ultima verrà attivata solo per i non vaccinati della scuola secondaria, a partire dal secondo contagio in classe, e, inoltre, la quarantena, in caso di stretto contatto con un positivo, è stata dimezzata da 10 a 5 giorni.

Anche negli altri Paesi europei si sta andando verso le riaperture totali, in alcuni casi in maniera pure più spedita. In Francia, ad esempio, si pensa all’abolizione del green pass tra la fine di marzo e l’inizio di aprile, come dichiarato dal ministro della salute francese, mentre le mascherine da questo mese sono obbligatorie solo sui mezzi pubblici e nei luoghi in cui non è previsto obbligo Super Green Pass, anche se l’attenzione rimane alta. Gabriel Attal ha dichiarato: «C’è un inizio di miglioramento negli ospedali e ci sono proiezioni che possono farci sperare che entro la fine di marzo o l’inizio di aprile la situazione negli ospedali sarà sufficientemente tranquilla da permetterci di revocare il pass vaccinale».

La discussione in merito rimane aperta in Italia e, secondo le prime valutazioni, la certificazione verde dovrebbe esser usata almeno fino a metà giugno, data in cui è fissata la scadenza dell’obbligo vaccinale.

 

Rita Bonaccurso

Maturità 2022. Gli studenti contro le direttive del Ministro Bianchi “ci sentiamo presi in giro”

Lunedì 31 gennaio il Ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi ha promulgato le ordinanze inerenti alle prove scritte e orali dell’esame di maturità di quest’anno. Non si è fatta attendere la risposta degli studenti, mobilitatisi in massa nelle piazze italiane. Il coordinatore della Rete degli Studenti Medi Tommaso Biancuzzi, come riportato dal Fatto Quotidiano, si è espresso in maniera critica:

«Si vuole dare una parvenza di normalità ma noi sentiamo puzza di disonestà intellettuale e ci sentiamo presi in giro»

La notizia delle sopracitate direttive non ha fatto altro che agitare maggiormente una popolazione, quella studentesca, che già negli scorsi giorni ha sentito l’esigenza di manifestare il proprio dissenso nei confronti delle autorità. La discesa in piazza di ieri segue infatti di pochi giorni quella per la morte di Lorenzo Parelli, repressa pesantemente con delle cariche da parte della polizia.

In cosa consiste l’esame di quest’anno

I maturandi dovranno svolgere inizialmente e in presenza, la prima prova scritta di italiano che come si apprende dalle fonti del Miur, si terrà il 22 giugno 2022. Essa proporrà sette tracce uguali per tutta Italia con la possibilità di scegliere la produzione di una tra le tre tipologie proposte: analisi e interpretazione del testo letterario, analisi e produzione di un testo argomentativo, riflessione critica di carattere espositivo-argomentativo su tematiche di attualità. La seconda prova anch’essa in presenza, diversa per ciascun indirizzo, si svolgerà il giorno successivo e sarà predisposta dalle singole commissioni d’Esame, decisione presa dal Ministero:

Per consentire una maggiore aderenza a quanto effettivamente svolto dalla classe e tenendo conto del percorso svolto dagli studenti in questi anni caratterizzati dalla pandemia.

Infine il colloquio orale, anche questo in presenza salvo comprovate esigenze di salute.

 

(fonte: ilfattoquotidiano.it)

 

Il Ministro Bianchi ha tenuto a sottolineare che:

«Le scelte di oggi rientrano nel percorso di progressivo ritorno alla normalità che stiamo realizzando»

aggiungendo inoltre

«Abbiamo tenuto conto, come era giusto fare, degli ultimi due anni vissuti dai nostri ragazzi. Per questo, ad esempio, nel secondo ciclo, affidiamo la seconda prova scritta alle commissioni interne, che conoscono i percorsi personali degli studenti. Dobbiamo rimetterci in cammino verso la normalità e guardare al futuro, lavorare alla scuola che vogliamo costruire insieme»

Le considerazioni dei presidi e degli studenti

Sono state queste le parole che hanno scatenato l’indignazione da parte della comunità studentesca, ma anche da parte del Presidente dell’Associazione Nazionale Presidi Antonello Giannelli, il quale ritiene che:

«Di fatto, si perde quella interdisciplinarietà che rappresentava a nostro avviso un salto di qualità nella rilevazione delle competenze degli studenti, intesa anche quale prova di riflessione e di interiorizzazione degli apprendimenti»

Perplessità che non emergono casualmente, viste anche le condizioni della didattica ridotta a singhiozzo, metà in presenza e metà in remoto, modalità che secondo il parere degli studenti e dei docenti hanno influito negativamente sulla didattica. A questo bisogna aggiungere lo stress psicologico e l’ansia provocata da questa condizione che si è riversata inevitabilmente sulla salute degli studenti. In piazza si parla infatti anche di salute mentale, un concetto vittima di stigmatizzazioni culturali che purtroppo è stato trascurato notevolmente dal governo, che non considera le difficoltà enormi nella didattica e nell’apprendimento degli ultimi tre anni. Da qualche mese infatti, le associazioni studentesche chiedevano un esame che fosse incentrato sulle singolarità dello studente, ridimensionando gli scritti e inserendo una tesina.

Le associazioni studentesche all’inizio dell’anno hanno chiesto di incontrare il Ministro, ma quest’ultimo non ha mai risposto. Da qui la risposta di Tommaso Biancuzzi che ha portato alla mobilitazione nazionale:

«Non siamo dei nullafacenti, ma abbiamo seri dubbi che il percorso formativo di uno studente si valuti in base a questa proposta di Esame di Stato. Vorremmo che ci si concentrasse sul percorso personale di ogni studente, non su capacità acritiche»

Le motivazioni e l’obiettivo della mobilitazione

Ecco dunque la mobilitazione, che ha visto più di centomila studenti in quindici città d’Italia fra cui Milano, Napoli, Roma, Palermo. Il corteo più numeroso è stato quello di Roma che partendo da Piramide è arrivato fin sotto il Ministero, “un corteo partecipatissimo che ci fa sentire vivi” come scritto nel comunicato della Rete degli Studenti Medi uscito sui social.

 

 

(fonte: ig @_retestudenti)

 

Le motivazioni sono abbastanza chiare: la comunità studentesca chiede che gli scritti siano ridimensionati in modo tale che venga dato più spazio alle esperienze compiute in questi anni caratterizzati dalla DAD e un colloquio orale basato sulla tesina, affinché gli studenti possano esprimere se stessi ed essere valutati sulle proprie capacità di giudizio. L’obiettivo della mobilitazione era quello di ottenere un incontro diretto con il Ministro Bianchi. Infatti, seguendo le parole del comunicato, i rappresentanti delle associazioni studentesche sono saliti a parlare coi dirigenti del Ministero ma non hanno ottenuto l’incontro sperato pur consapevoli che non avrebbero risolto subito:

Il Ministero ha deciso di non ascoltare le nostre richieste, spiegandoci che l’Esame va bene così e ci “aiuteranno”

Insistendo però hanno ottenuto un incontro con il Ministro Bianchi fissato a lunedì 8 febbraio. Mi auguro che possano trovare un accordo e che il Ministro sappia ascoltare le loro esigenze, ripristinando così la dignità della scuola.

              Federico Ferrara

Un diciottenne muore durante l’ultimo giorno di uno stage con la scuola. Scoppia la rabbia degli studenti italiani

La dinamica della tragedia

Diciotto anni, quarto anno di scuola e una vita ancora davanti. Lorenzo Parelli, uno studente di Castions di Strada, frazione di Udine, lo scorso 21 gennaio, è morto sul colpo schiacchiato da una trave d’acciaio nella fabbrica Burimec“, dove si trovava per l’ultimo giorno di un Pcto (“percorso per le competenze trasversali e per l’orientamento”). Il lunedì successivo sarebbe tornato a scuola, dopo l’esperienza che lo aveva appassionato tanto.

Lorenzo Parelli, giovane studente rimasto ucciso da una trave d’acciaio (fonte: zazoom.it)

Aperte le indagini, ancora molto deve essere definito. Indagati il datore di lavoro e un operaio, tra i primi o forse il primo a soccorrere il ragazzo in quel capannone dove è avvenuta la tragedia. Il dettaglio che è subito rimbalzato tra le cronache è la notizia dell’assenza, quel giorno, del tutor che doveva seguire lo studente, però risultato assente giustificato per motivi di salute. Dunque, le responsabilità sono ancora da definire, forse quel giorno potrebbero non essere state prese tutte le misure di sicurezza. Dovrà esser chiarito se la tragedia potesse essere evitata e se vi è un colpevole.

La zona della tragedia è stata immediatamente transennata e posta sotto sequestro dalla Procura di Udine: le indagini sono state affidate ai Carabinieri di Palmanova e agli ispettori dell’Azienda sanitaria.

Tra i primi ad accorrere sono stati anche i genitori della vittima, a cui si sono stretti i titolari dell’azienda e i “colleghi” di Lorenzo. La produzione è stata immediatamente fermata e disperazione e incredulità hanno raggiunto tutto il paese del ragazzo, dove lui e la sua famiglia erano molto ben visti.

Ancora polemica sul rapporto Scuola-Lavoro e in generale sulla sicurezza sui posti di lavoro

Quello che Lorenzo stava svolgendo in azienda, era un “percorso per le competenze trasversali e per l’orientamento”. I Pcto vennero creati nel 2018 e prevedono un minimo di 210 ore da svolgere in tre anni negli istituti professionali, come quello in cui studiava Lorenzo, l’Istituto salesiano Bearzi di Udine, mentre 150 nei tecnici e 90 nei licei.

Poi vi è l’Alternanza Scuola-Lavoro, un percorso scolastico reso obbligatorio dal governo Renzi nel 2015, erede della Riforma Moratti, che l’aveva ideata nel 2003 prevedendo adesione spontanea per le scuole, ma solo sulla carta. Da quando è obbligatoria, non molte sono le difficoltà per le scuole, che, innanzitutto, devono portare a termine dei progetti con un’esigua disponibilità di fondi. Non poche sono le volte in cui gli studenti e le proprie famiglie devono sopperire personalmente a questa mancanza.

Poi, vi è un mondo del lavoro non sempre pronto a fare al meglio la sua parte in questo rapporto obbligato. Le problematicità non sono poche, ma soprattutto non sono ancora risolvibili. Dunque, in tanti, prima di tutto gli stessi studenti si interrogano se tutto ciò sia realmente utile per lo sviluppo di un percorso lavorativo e se si fa tutto ciò perché anche con solo un po’ di convinzione, seguendo le proprie attitudini.

Nonostante la differenza tra le due tipologie di percorso, questo non cambia che Lorenzo sia morto in un contesto legato al mondo della scuola. Il caso di Parelli, inoltre, non è il primo di questo genere avvenuto nell’ambito di un percorso professionalizzante: nei pochi anni della Buona Scuola ci sono stati almeno sei feriti gravi e nel 2021, in Italia, i morti per infortunio sul lavoro sono stati 1404. Con questo si realizza facilmente che i luoghi di lavoro, per la vita che conduciamo nel terzo millennio, non sono spesso all’altezza degli standard e che gli studenti spesso sono troppo a rischio, contando la loro inesperienza.

Eppure, per la morte di Lorenzo, avvenuta in un contesto legato sia al mondo della Scuola che del Lavoro, nessuna componente della macchina statale ha dimostrato di sentirsi chiamata in causa.

(fonte: zazoom.it)

 

Le proteste degli studenti per Lorenzo e contro altri aspetti del mondo scolastico

Di fronte a un episodio del genere, risulta quindi inevitabile lo sconcerto e soprattutto la rabbia dei più giovani, sempre chiamati a capire le scelte fatte per loro, a volte insufficienti come risposta alle loro domande. Numerose le manifestazioni organizzate da studenti e studentesse negli scorsi giorni. La tensione accesasi si colloca in un più ampio clima difficile, creatosi negli scorsi mesi per il generale malcontento per la gestione della scuola durante la pandemia. È stato poi aggravato dagli scontri scoppiati tra polizia e ragazzi, a Torino, Milano, Napoli e Roma, in cui la prima ha fatto ricorso anche ai manganelli.

La primissima manifestazione si è svolta la scorsa domenica nella capitale. Tra trecento partecipanti quattro ragazzi sono rimasti feriti nello scontro con la polizia. Durante il corteo, organizzato dal movimento studentesco “La Lupa”, sono state lanciate contro il cordone delle forze dell’ordine alcune bombe carta e dei petardi, in via Cavour all’altezza di via Annibali. Questa pare la motivazione che ha fatto scattare la repressione. La manifestazione si è poi conclusa presso i Fori imperiali con l’osservazione di un minuto di silenzio.

Un’immagine da una delle proteste (fonte: zazoom.it)

Nel mentre gli studenti gridavanoLa vostra scuola uccide” e “L’alternanza uccide”, i sindacati discutevano online di come per riformare Pcto e Alternanza sarebbe importante pagare di più gli insegnanti. Nessun contributo diretto da parte loro a sottolineare innanzitutto la gravità dell’accaduto al diciottenne di Udine.

«Noi vogliamo l’abolizione dell’alternanza scuola-lavoro e dei PCTO e per i tirocini, come quello che stava frequentando Lorenzo, noi chiediamo un tavolo con l’Ufficio scolastico del Ministero dell’Istruzione, per stilare dei protocolli di sicurezza da poter utilizzare durante questi stage, che in ogni caso vorremmo fossero facoltativi e retribuiti.» ha dichiarato Pietro Zanchini, rappresentante di istituto del Virgilio.

«Quella di Lorenzo non è una morte, è un omicidio noi diciamo basta a tutto questo che è solo sfruttamento gratuito.» ha aggiunto Tommaso Marcon, rappresentante di Osa, Opposizione studentesca d’alternativa.

(fonte: mattinodiverona.it)

La polemica riguardo lo sbaglio degli studenti poiché inizialmente riversato la rabbia contro l’Alternanza, seppur Lorenzo stava svolgendo, più precisamente, un Ptco, per poi ampliare la protesta anche contro l’esame di maturità – giudicato ingiusto dopo due anni di pandemia e le relative difficoltà nella scuola – non deve far dimenticare che quanto successo resta grave e potrebbe esserlo anche di più qualora venisse stabilito che vi sono precise responsabilità da parte di qualcuno in quanto accaduto il 21 gennaio. Scuola, ma anche Lavoro necessitano di maggiori attenzioni, in ogni caso, da parte dello Stato e gli studenti, che stanno per iniziare la loro vita lavorativa ne sono estremamente consapevoli e bisognosi.

 

 

Rita Bonaccurso

Coronavirus, oggi nuovo Cdm: tutte le novità in arrivo nei prossimi giorni

Archiviata l’elezione del nuovo presidente della Repubblica, pur restando da verificare l’effettiva maggioranza a sostegno di Draghi, per il Governo è tempo di tornare a contrastare il dilagare del Covid. Nelle prossime ore il CdM sarà chiamato a decidere sulle misure anti-covid attualmente in vigore. Due i provvedimenti attesi questa settimana: prorogare le misure attualmente in vigore e in scadenza, come l’obbligo di mascherina all’aperto anche in zona bianca, il divieto di feste e concerti all’aperto e la chiusura delle discoteche, almeno per un mese e approvare delle semplificazioni che, seppur a piccoli passi, contribuiscano a “normalizzare” la realtà degli italiani.

Cosa cambia domani 

Da domani, 1 Febbraio 2022, scatta la multa di 100 euro per gli over 50 non vaccinati. L’obbligo di immunizzarsi dal 15 febbraio varrà anche per andare a lavorare. Chi non lo rispetta rischia una multa da 600 a 1.500 euro. I No Vax saranno considerati assenti ingiustificati e non potranno lavorare né percepire lo stipendio.

Obbligatorio, da domani, esibire almeno il green pass base (quello che si ottiene con il tampone antigenico oppure molecolare), per entrare nei negozi. Non sarà necessaria la certificazione verde per fare acquisti negli ipermercati, supermercati, discount di alimentari, minimercati e altri esercizi non specializzati di alimenti vari.

Proroga mascherina 

In scadenza oggi l’obbligo di indossare la mascherina anche all’aperto in zona bianca, l’ipotesi più probabile vuole che il Governo proroghi la misura per tutto il mese di febbraio.

Green pass senza scadenza per dose booster 

Il Cts sarà chiamato a valutare l’estensione del green pass per chi ha ricevuto la terza dose del vaccino (booster). Da domani, infatti, la certificazione verde avrà durata 6 mesi e non più 9. Al momento la somministrazione della quarta dose non è ancora stata autorizzata, pertanto il governo valuterà se: rendere illimitato il green pass fino alla fine dello stato di emergenza (31 Marzo 2022) o prorogarne fino al 15 giugno la durata, data in cui scadranno i provvedimenti in vigore.

Le richieste della regione: fasce di colore e calcolo ricoveri

Un punto ancora aperto della discussione riguarda le fasce di colore. Secondo le regioni, affinché si avvii un percorso di “normalizzazione” delle vite degli italiani, sarebbe opportuno procedere con l’abolizione del sistema a colori, “concentrando esclusivamente l’attenzione sui cittadini, in relazione al completamento del ciclo vaccinale”.

La Regioni sottolineano la necessità di:

avviare un percorso di normalizzazione della vita dei cittadini e dell’intero Paese

Tuttavia, i tempi secondo l’esecutivo non risultano essere ancora maturi per una totale cancellazione della colorazione: rimarrà il sistema per l’analisi epidemiologica e rimarrà la zona rossa.

Le regioni chiedono inoltre che si applichi una distinzione tra i ricoverati “per” covid da quelli “con” covid, pazienti asintomatici che entrano in ospedale per un altro motivo e risultano poi positivi al tampone di controllo. Al momento non sembrano esserci ostacoli a questa richiesta, ma l’eventuale applicazione della misura non apporterà alcun cambiamento al bollettino giornaliero.

Ipotesi mini-proroga per discoteche 

Il tema discoteche è all’ordine del giorno del Cdm. L’ipotesi sembra propendere per una mini-proroga di 15 giorni. I gestori delle discoteche spingono affinché prevalga quest’ultima. Gianni Indino, leader del Silb, il sindacato dei gestori dei locali:

Fateci riaprire per San Valentino

Nuovi interventi per la scuola

Il Cdm di oggi servirà a sbrogliare un tema piuttosto caldo, quanto urgente, delle ultime settimane: la scuola. Nuovi interventi potrebbero essere discussi e approvati nell’arco dei due Cdm previsti questa settimana, l’ultimo giovedì’. Dopo le modifiche introdotte con il decreto sostegni, che garantiscono il rientro dall’autosorveglianza senza fare il tampone a chi ha il pass rafforzato, il Governo è pronto ad estendere alle elementari le regole già in vigore per medie e superiori.

  • 3 contagi: la classe va in didattica a distanza;
  • 2 contagi: dad per chi non è vaccinato, o chi è vaccinato da più di 120 giorni e non ha fatto il booster, o chi è guarito da più di 120 giorni.

Per chi andrà in Dad, inoltre, niente più quarantena ma autosorveglianza.

Ci sarà poi l’equiparazione del sistema delle quarantene scolastiche a quello in vigore per tutti i cittadini:

  • Niente isolamento: per vaccinati da meno di 120 giorni o con booster e guariti,
  • 5 giorni di isolamento: per chi è vaccinato o guarito da più di 120 giorni;
  • 10 giorni: per i non vaccinati.

 

Elidia Trifirò 

“Duecento giorni di tempesta”: il nuovo romanzo della scrittrice messinese Simona Moraci

 Duecento giorni di tempesta” è l’ultimo romanzo della giornalista e insegnante messinese Simona Moraci. L’autrice, che vanta una lunga carriera ventennale da giornalista (redattrice del quotidiano “la Gazzetta del Sud), intraprende la tortuosa – e meravigliosa – strada dell’insegnamento.  Dopo aver pubblicato i romanzi “I confini dell’anima” (1996) e “Giornalisti, e vissero per sempre precari e contenti” (2014), la scrittrice torna nelle librerie e store online con un romanzo, pubblicato dalla casa editrice Marlin, che affronta il delicato tema della scuola, in particolare della scuola di “frontiera”.

Sonia e i suoi duecento giorni di tempesta

Ed è Sonia, protagonista e voce narrante, che coinvolge il lettore nei suoi duecento giorni di tempesta. La protagonista è una giovane docente che viene catapultata in una scuola particolarmente ostica, all’interno di un pericoloso quartiere siciliano dimenticato dalle istituzioni. Sonia, che ancora combatte con i demoni del suo passato, si rende presto conto della grave situazione di disagio che vivono i ragazzi e le ragazze della scuola. I suoi alunni, o i “suoi bambini” come ama chiamarli, sono gli emarginati, gli ultimi, condannati dal contesto sociale in cui sono nati. Violenza, frustrazione, dolore e rabbia sono i sentimenti che animano i suoi bambini, costretti a crescere in un quartiere – come tanti nel sud Italia – stritolato dalla malavita.  Sonia comprende di essere l’unico punto di riferimento per i suoi alunni, prova a scolarizzarli e a instaurare con loro un rapporto che vada ben oltre il rigido ruolo insegnante – alunno, nonostante le grosse difficoltà e i fallimenti iniziali.

L’autrice racconta la scuola di “frontiera”

Simona Moraci ha il pregio di raccontare non soltanto la sua storia, ma quella di molti insegnanti che ogni giorno sono costretti a lavorare in un ambiente violento e senza alcun tipo di supporto.  Gli insegnanti risultano abbandonati e con mezzi non sufficienti per affrontare le problematiche non solo della scuola, ma soprattutto di un quartiere ai margini della vita civile. Essi sono costretti ad insegnare in un ambiente che non li tutela abbastanza; spesso sono vittime non solo di violenza verbale, ma anche fisica. I docenti rappresentano per questi ragazzi l’unico barlume di speranza e di parvenza di legalità. Compito che risulta estremamente complicato: i ragazzi sono abituati alla violenza, all’illegalità, alla mancanza di rispetto per l’autorità. Molti di loro sono cresciuti all’interno di una mentalità criminale, presentando un comportamento disfunzionale ed evidente, e anche ovvia, è il disinteresse delle famiglie. Una delle chiavi per aprire i cuori dei ragazzi “esplosivi” è l’amore: “l’amore è l’unica via per uscire dal buio”. Sonia ripete più volte questo leit motiv, anche quando lo sconforto e la frustrazione sembrano prendere il sopravvento.

Simona Moraci, l’autrice del romanzo

L’autrice sottolinea: ‹‹questo romanzo nasce dalla mia esperienza maturata negli ultimi anni di “frontiera”, nelle scuole di quartieri a rischio. E’ come un universo a sé stante: tutti i sentimenti, le emozioni sono amplificati e occorre trovare un equilibrio “nuovo”. La mia passione per la scrittura e il mio amore per l’insegnamento mi hanno a raccontare di rabbia e innocenza, di pianto e risate, di questi bambini straordinari e fuori da ogni schema. In particolare, l’affetto nei confronti dei ragazzi è stato uno stimolo potente. L’amore è l’unica via per uscire dal buio.››

Un pericoloso triangolo

Durante l’anno scolastico, Sonia si ritrova in un tempestoso triangolo amoroso che scoprirà soltanto successivamente essere più grande, complicato e intenso di quanto possa inizialmente immaginare. La protagonista, dopo la grandissima delusione del suo precedente e unico amore, cade nella tempesta di questi due amori tanto diversi quanto imprevedibili e coinvolgenti. Andrea, insegnate di Arte di bella presenza e dal carattere fortemente espansivo i cui occhi celano una rabbia nascosta e repressa, e Stefano – anche lui suo collega insegnante – riservato e sfuggente, poetico e disilluso, che rappresenta l’opposto di Andrea, due volti diversi dell’amore. Ma i due colleghi insegnanti nascondono qualcosa di più, già si conoscono e lasciano intendere a Sonia – e di conseguenza al lettore – che il loro passato, cupo e misterioso, è in qualche misura legato. Sonia è ancora tormentata dalle esperienze che ha dovuto affrontare: dal rapporto complicato con la sua famiglia, dal suo primo e unico amore che l’ha distrutta lentamente e dall’immisurabile dolore della perdita di un figlio nato prematuramente. A Sonia serviranno duecento giorni di tempesta per rinascere, trovare un equilibrio interiore e aiutare i ragazzi ad immaginare un futuro migliore e alternativo a quello che il quartiere offre loro.

 

Francesco Benedetto Micalizzi

 

 

Link per il libro: https://www.marlineditore.it/shop/83/83/1879_duecento-giorni-di-tempesta.xhtml?a=117

 

Alla (ri)scoperta delle scuole superiori di Messina: Jaci, Verona-Trento e Caio Duilio

Procede la didattica in presenza, alternata alla Dad, per le scuole superiori messinesi, dopo la riapertura di qualche settimana fa. Tra le varie difficoltà si cerca un pò ovunque di ristabilire la normalità, anche se la strada è ancora lunga e tortuosa. In questo clima incerto torna il nostro spazio dedicato ai personaggi a cui sono intitolate le scuole messinesi. Come preannunciato, oggi è il turno degli altri celebri istituti del centro: l’Istituto Tecnico Economico “Jaci”, l’I.I.S. “Verona-Trento” e l’I.T.T.L. “Caio Duilio”.

Istituto Tecnico Economico Statale “Jaci”

Iniziamo il nostro viaggio con l’Istituto Tecnico “A. M. Jaci”, fondato nel 1862. L’attuale edificio – che affaccia su via Cesare Battisti – fu inaugurato nel 1923 e fu progettato da un ex allievo della scuola, l’ingegnere Rosario Cutrufelli (1876-1949).

Tra i suoi numerosi ex allievi compaiono celebri personalità che diedero lustro alla città di Messina. Stiamo parlando, tra gli altri, di Giorgio La Pira, Salvatore Quasimodo e Salvatore Pugliatti. Inoltre, tra tanti docenti, il più illustre fu il naturalista Giuseppe Seguenza.

Nel 1883 l’istituto fu intitolato al matematico e astronomo Antonio Maria Jaci (1739-1815).

L’Istituto “Jaci” – Fonte: strettoweb.com

Nato a Napoli da madre messinese, A.M. Jaci, rimasto orfano, si trasferì a Messina, dove si laureò in matematica, fisica e medicina presso l’Università cittadina.

Jaci è ricordato soprattutto per due importanti invenzioni. La prima fu la meridiana centrale del Duomo, costruita nel 1804 su commissione dell’Accademia dei Pericolanti, di cui era socio. Danneggiata dal terremoto del 1908 fu, purtroppo, definitivamente distrutta a causa di un bombardamento durante la seconda guerra mondiale.

La seconda invenzione fu la cosiddetta “ampolletta mercuriale“, importante per il calcolo della longitudine in mare aperto.

Per entrambe le invenzioni e per altri suoi meriti scientifici divenne socio della celebre Accademia di Londra.

Nonostante i suoi numerosi contributi, rimase sempre molto povero e visse parte della sua vita in una baracca da lui stesso costruita dopo il terremoto del 1783 e situata dove oggi sorge Piazza Casa Pia.

Dopo la morte fu tumulato nella Chiesa di Santa Maria di Porto Salvo. Sfortunatamente le sue spoglie sparirono a causa di un’alluvione.

Oltre alla scuola, la città di Messina ha intitolato a A.M.Jaci una via vicino al luogo in cui ha vissuto gli ultimi anni della sua vita.

Ritratto di A.M. Jaci – Fonte: messinaweb.eu

Istituto di Istruzione Superiore “Verona-Trento”

Spostiamoci ora nel centro commerciale cittadino, dove sorge, a pochi passi dal Viale San Martino, uno storico isituto citadino: l’IIS “Verona–Trento”, l’unica scuola superiore di Messina non legata a una personalità celebre. L’istituto, infatti, è intitolato alle due città che più di tutte si erano impegnate all’interno del Comitato Veneto-Trentino per la ricostruzione dell’edificio in seguito al terremoto del 1908.

La scuola accolse i suoi primi studenti nel 1877, con la denominazione “Arti e Industrie”. Nel 1884 lo Stato riconobbe l’istiuto, che mutò il suo nome in “Scuola di Arti e Mestieri”.

L’ultima e definitiva ricostruzione dell’edificio – dopo un nuovo crollo nel 1943 a causa dei bombardamenti della guerra – è avvenuta nel luogo dove sorge tutt’oggi, nella via Ugo Bassi.

Da qualche anno il “Verona-Trento” ha inglobato i plessi dell’Istituto “Majorana-Marconi”.

L’Istituto “Verona-Trento” – Fonte: normanno.com

Istituto Tecnico Trasporti e Logistica”Caio Duilio”

A pochi isolati di distanza –  su via La Farina – si erge l’I.T.T.L. “Caio Duilio”, comunemente conosciuto come Istituto Nautico. Fondato con un Regio Decreto, datato 30 ottobre 1862, il “Caio Duilio” l’unico istituto di settore nella provincia di Messina e vanta un’importante tradizione marinaresca, alla quale è dovuta la sua antica affermazione sul territorio.

La scuola è intitolata al celebre politico e militare romano Caio – o Gaio – Duilio (260-258 a.C).

L’Istituto Nautico “Caio Duilio” – Fonte: nauticomessina.edu.it

Appartenente alla Gens Duilia, Caio Duilio, pur non facendo parte dell’aristocrazia tradizionale romana, divenne console nel 260 a.C., durante la Prima Guerra Punica. A seguito della Battaglia delle Isole Lipari e alla cattura del suo collega Scipione Asina – comandante della flotta -, rimase da solo al comando della guerra.

Essendo i romani esperti nella guerra sulla terraferma, Duilio fece costruire un ponte mobile con uncini, detto corvo, su ogni nave da guerra, per contrastare efficacemente la flotta nemica. Questa mossa si rivelò astuta e decisiva, poiché permise ai romani, durante la Battaglia di Milazzo, di riversarsi sulle navi nemiche e combattere corpo a copro. I romani riuscirono a sconfiggere i cartaginesi e si impadronirono del Mediterraneo occidentale.

In onore al comandante Caio Duilio – primo romano a vincere in mare- fu innalzata una colonna all’interno del Foro, edificata con i resti delle navi nemiche sconfitte.

Oltre al consolato, il suo cursus honorum è arricchito dalla carica di censore nel 258 aC. e di princeps senatus (236 – 230 a.C.).

Busto di Gaio Duilio – Fonte: romanoimpero.com

Alla prossima!

Concludiamo dandovi appuntamento al prossimo articolo, in cui conosceremo la storia e i personaggi delle due scuole situate nel quartiere Annunziata: il Liceo Artistico “E. Basile” e l’I.S.S. “F. Bisazza“.

 

 

Emanuele Paleologo, Mario Antonio Spiritosanto

 

Fonti:

nauticomessina

wikipedia.org/Gaio_Duilio

storia.camera.it/rosario-cutrufelli

jaci.edu.it

wikipedia.org/Antonio_Maria_Jaci

veronatrento.it

wikipedia.org/Istituto_di_istruzione_superiore_Verona_Trento

Immagine in evidenza:

Gaio Duilio (a sinistra) e Antonio Maria Jaci (a destra)

Oltre 300 studenti scomparsi in Nigeria: Boko Haram rivendica il rapimento

Venerdì scorso un gruppo armato ha assalito una scuola a Katsina, una regione nel nord-ovest della Nigeria, e gettato nel panico oltre 800 studenti. Il giorno dopo le vittime si sono dimezzate grazie all’intervento dell’esercito che si è subito mobilitato nella ricerca. Alcuni testimoni hanno raccontato alla polizia che:

Gli studenti venivano prelevati con la forza dalla scuola prima che arrivassero le truppe dell’esercito nigeriano e iniziassero le sparatorie. Ciò ha causato la fuga di alcuni alunni mentre i banditi se ne andavano con altri. È stata una scena molto inquietante…

Abubakar Shekau, leader del gruppo terroristico Boko Haram, rivendica il rapimento degli studenti affermando in un audio diffuso su internet che “dietro il rapimento degli studenti a Kankara ci siamo noi“.
Questo succede dopo soli otto giorni che lo stesso gruppo ha massacrato più di 100 agricoltori nel Borno, una regione a nord-est della Nigeria.

Logo dell’organizzazione terroristica Boku Haram. Fonte: Wikipedia

Boko Haram

Si tratta di un’organizzazione terroristica jihadista molto diffusa nella zona nord della Nigeria. La traduzione dalla lingua hausa (una delle più parlate in Africa) è “l’educazione occidentale è sacrilega“, ovvero è vietata in quanto peccato. È un gruppo che si oppone duramente alla cultura occidentale in quanto considerata corruttrice dell’Islam.

Il gruppo è nato nel 2002 nella regione del Borno e comprendeva anche una scuola e una moschea. Il suo fondatore, Ustaz Mohammed Yusuf, attraeva nuovi nuovi adepti facendo leva sull’insoddisfazione di “essere circondati da”poliziotti incapaci e politici corrotti“. All’inizio il gruppo non sembrava essere una minaccia ma la situazione è peggiorata nel 2009, quando alcuni membri vengono arrestati per detenzione di armi.

La situazione precipita in maniera irrecuperabile nel 2011, quando il gruppo attacca la base ONU di Abuja uccidendo 11 inviati ONU. Da quel momento in poi l’organizzazione non si ferma più e continua ad attaccare varie città nigeriane. Lo scopo di queste azioni sembra essere quello di “correggere le (presunte) ingiustizie”  nello stato del Borno.

Nell’aprile del 2014 Boko Haram si mette in moto e attua il piano per cui oggi è conosciuto a livello internazionale: 276 ragazze vengono rapite in una scuola femminile a Chibok, sempre nel Borno, in una serie di eventi che sembrano la copia di quelli avvenuti venerdì scorso. Cento di queste ragazze non sono mai state ritrovate; il leader della setta ha dichiarato di volerle vendere come schiave.

Foto che ritrae le ragazze rapite nel 2014. Fonte: la Repubblica

I fatti di venerdì 11 novembre

Boko Haram ha attaccato l’Istituto Bulama Bukarti Tony Blair venerdì intorno alle ore 23.00. Gli uomini dell’organizzazione sono arrivati in motocicletta e armati di kalashnikov. Hanno subito aperto il fuoco contro l’edificio e preso in ostaggio vari studenti mentre altri tentavano la fuga tramite il bosco vicino. Proprio da lì continuano ad uscire i ragazzi che risultano scomparsi.

Secondo le autorità competenti anche gli attentatori si sono nascosti nel bosco, ma non sanno dire con certezza se e quanti ragazzi hanno come ostaggi. Un ragazzo ha dichiarato che è riuscito a fuggire dai rapinatori:

Ci hanno catturato e hanno ordinato ai più grandi di contarci. Eravamo 520, ci hanno diviso in piccoli gruppi e costretti a camminare nel bosco. Uno dei banditi mi ha picchiato più volte perché non tenevo il passo con gli altri ma così sono rimasto indietro e sono riuscito a scappare.

I genitori dei 300 ragazzi che risultano ancora scomparsi si dichiarano insoddisfatti di come lo Stato e la polizia nigeriani stanno affrontando il sequestro. Per questo si sono riuniti per manifestare il loro dissenso in uno sciopero che è stato però dissolto con dei gas lacrimogeni. Chiedono una Kankara sicura e spostano la mobilitazione su Twitter, dove mandano in tendenza l’hashtag “#BringBackOurBoys“.

Lo Stato si limita a chiudere tutte le scuole della regione mentre anche l’Unicef e l’ONU si mobilitano per affrontare la situazione. Anche Amnesty International si esprime sul rapimento, affermando che:

I terribili attacchi contro le comunità rurali nel nord della Nigeria si ripetono da anni. Il continuo fallimento delle forze di sicurezza nel prendere le misure necessarie per proteggere la gente del posto da questi prevedibili attacchi è assolutamente vergognoso.

Infatti con questo attacco, Boko Haram lancia un segnale preoccupante perché la zona attaccata non fa parte del “suo” territorio. Addirittura, all’inizio, il gruppo non è stato nemmeno individuato come colpevole. Proprio per questo motivo si teme che l’organizzazione stia allargando ulteriormente i suoi obiettivi.

Scuola africana. Fonte: la Repubblica

Sarah Tandurella