La “Lupa” dello Stretto: tra scienza e mitologia

Uno scenario inquietante, una coltre di  fumo spettrale da film horror o apocalittico; questa la sensazione che si prova  a Messina, quando la “Lupa” arriva in città.

In realtà, ogni messinese che si rispetti non verrà spaventato o sorpreso da questo evento atmosferico. La“Lupa”, infatti, si presenta spesso nello Stretto di Messina, destando più meraviglia, per l’atmosfera che si viene a creare, che sconforto o paura.

Certamente questa volta si è presentata in anticipo rispetto alla norma. Il fenomeno ha origine, infatti, dall’aria calda-solitamente quella primaverile- che incontra una superficie più fredda come quella del mare del nostro Stretto. Questo incontro genera vapore acqueo in eccesso che si condensa formando quella che è a tutti gli effetti una fitta nebbia.

©Salvatore Nucera – “la Lupa” dello Stretto,  Messina 2021

Etimologia del nome

Come detto, la “Lupa” non è una novità per gli abitanti delle città dello Stretto; per questo non mancano di certo teorie e leggende concernenti sia la scelta del termine sia la sua origine vera e propria.

Il termine si pensa possa essere ricondotto al rumore emesso dalla “brogna”, una conchiglia che gli antichi marinai utilizzavano per segnalare la presenza della propria imbarcazione quando la visibilità in mare era molto scarsa a causa della “Lupa”. Il suono infatti era assimilabile a quello di un ululato potentissimo.

Un contributo interessante ci viene offerto dallo studio della Dottoressa Grazia Musolino, storica dell’arte e dirigente della Soprintendenza ai BB. CC. AA. del Museo di Messina. Il lavoro della Dott.ssa nasce dall’ accurata analisi di un quadro di Nunzio Rossi, esposto presso il Museo Regionale: la “Madonna della Lettera tra i Santi Pietro e Paolo”.

Un’ osservazione attenta del dipinto porta alla luce un particolare interessante: sullo sfondo del quadro, guardando la costa della Calabria, è possibile notare una venatura di colore bianco che sembra ricordare la sagoma di un lupo. Questa interpretazione è legata alla leggenda di Scilla.

“La Madonna della Lettera tra i Santi Pietro e Paolo” – Fonte: Mutualpass.it

 

La leggenda di Scilla

Scilla era una ninfa che abitava la sponda calabrese del nostro Stretto. Una sera, mentre si trovava in spiaggia, emerse tra le onde Glauco, una divinità con il corpo dalle sembianze metà umane e metà di pesce.

Glauco, innamoratosi immediatamente della ninfa si avvicinò a lei, ma questa, presa dallo spavento per le sue sembianze, fuggì immediatamente. Dilaniato dal dolore e dalla vergogna, Glauco decise di rivolgersi alla celeberrima maga Circe, chiedendole un filtro magico che potesse far innamorare Scilla di lui. La maga, però, desiderando l’amore di Glauco per sé, preparò una pozione magica, che versò in mare.

Quando Scilla si immerse in acqua si trasformò in un mostro con sei teste canine lungo il girovita e, per la vergogna, andò a vivere sotto uno scoglio, emettendo di notte spaventosi ululati, simili, appunto, a quelli di una lupa.

Scilla e Glauco – Fonte: colapisci.it

Tra scienza e mitologia

Spesso le narrazioni mitologiche trovano origine da fenomeni atmosferici come in questo caso. Infatti il forte rumore provocato dal vento che soffia tra i flutti e gli scogli del versante calabrese, ha dato origine al mito di Scilla.

Probabilmente la manifestazione di questo evento veniva associato alla comparsa della nebbia, che, creando non pochi pericoli per la imbarcazioni nello Stretto, costringeva i marinai ad utilizzare la “brogna” per indicare la loro posizione. Forse il pittore Nunzio Rossi nel suo dipinto ha voluto rappresentare  proprio la “Lupa”.

Una delle tante meraviglie che lo Stretto ci regala.

 

 

Emanuele Paleologo

 

 

Fonti :

letteraemme.it

mutualpass.it

centrometeosicilia.it

 

Immagine in evidenza:

©Salvatore Nucera – la “Lupa” dello Stretto,  Messina 2021

 

La vita nello Stretto di Messina: un progetto di monitoraggio delle acque e della biodiversità

La quarantena ha significato per molti isolamento: così non è stato però per la natura che, al contrario, sembra essersi come risvegliata e aver ripreso gli spazi che le erano stati negati dall’uomo.

Anche a Messina, proprio sulla base di queste considerazioni, è stato realizzato un progetto per valutare lo stato di salute delle acque e di flora e fauna presenti nello Stretto.  La professoressa Nancy Spanò, delegata UniMe alle iniziative scientifiche a tutela dell’ambiente e del patrimonio marino, con cui abbiamo avuto il piacere di parlare, ci ha chiarito moltissime curiosità:

«Il progetto è nato da un’idea venutami in mente vedendo la grande riduzione del traffico marittimo. A questo punto ho fatto una richiesta formale al Magnifico Rettore, al Comune ed alla Capitaneria ed abbiamo iniziato (verso fine aprile) il progetto vero e proprio».

Ma di quale flora e fauna stiamo parlando? Abbiamo già visto, nello scorso articolo, il pesce spada; ma quanti conoscono cosa si nasconde davvero nelle acque dello Stretto e le creature che in silenzio lo abitano?

I coralli

Lo Stretto di Messina, grazie al suo idrodinamismo dovuto alle famose correnti, nonché alla presenza di sali di azoto e fosforo, presenta caratteristiche simili a quelle dell’Oceano Atlantico. Questo fa sì che vi sia la presenza di una flora particolare, assente nel resto delle coste italiane.

Di particolare importanza sono, nei pressi della costa calabra, le colonie di corallo nero, l’Antipathes subpinnata, un corallo rarissimo e protetto. Di nero in realtà presenta solo l’esoscheletro, mentre il resto è di colore bianco. Scoperte nello Stretto nel 2009, queste colonie sono ancora oggi la più grande foresta al mondo.

 

Fonte: Colapisci.it Foto di Francesco Turano

Accanto a questi, la Professoressa Spanò ricorda anche:

«Non ci si può dimenticare della Posidonia Oceanica, una pianta protetta dalla comunità europea. Di essa ve ne sono due vitali praterie a Capo Peloro e Pace. Ancora – sempre a Capo Peloro – c’è una parte di coralligeno, un habitat particolare inserito anch’esso come area da proteggere dalla comunità europea e in cui troviamo, tra i vari organismi, anche il corallo rosso».

La montagna di Scilla

Sempre nei pressi della costa calabra si trova la famosa “Montagna di Scilla”, una guglia rocciosa, ovvero un monolite di circa 20 metri che senza dubbio non ha eguali. Ricoperta di gorgonie bicolori, gialle e rosse, si presenta come un paradiso cromatico.

Fonte: strill.it

Continua la Professoressa Spanò, aggiungendo:

«Abbiamo effettuato campionamenti nella costa siciliana, ma anche a Scilla. Anche se dal confronto con le vecchie analisi la situazione era più o meno la stessa – e da un lato ciò è negativo – dall’altro vuol dire che lo stato di salute delle nostre acque è molto alto».

I pesci abissali e il fenomeno dello spiaggiamento

Lo spiaggiamento è un fenomeno tipico dello Stretto di Messina, favorito da correnti, venti e fasi lunari. Di particolare rilevanza è lo spiaggiamento che avviene nei mesi da ottobre ad aprile e che vede rilasciati sulla superficie grandissime quantità di pesci abissali. Questi, chiamati anche pesci batipelagici (abitanti quel tratto che si estende dai 1000 ai 4000 metri di profondità al di sotto della superficie oceanica), presentano caratteristiche particolari: bocche enormi, denti affilati, organi luminescenti. La spiegazione di queste particolarità è semplice: hanno dovuto adattarsi ad un ambiente ostile, buio e con scarsità di cibo.

 

Chauliodus sloani, la”Vipera di mare” (pesce abissale diffuso nello Stretto di Messina) – Fonte: wikipedia.org

 

La migrazione dei cetacei e la balena “Coda mozza”

Ad attraversare lo Stretto di messina sono anche i grandi giganti del mare: delfini, balenottere e capodogli. Ultimo e importante avvistamento risale proprio alla seconda settimana di giugno: si tratta della famosa balena “coda mozza”, così chiamata perché privata della pinna caudale (all’estremità della colonna vertebrale), a seguito di un taglio causato probabilmente dall’elica di un’imbarcazione. Il cetaceo, che a causa di questa mutilazione non può scendere in profondità e quindi cibarsi ingerendo plancton, continua così il suo viaggio da circa quindici anni, vagando per tutto il Mediterraneo. Di seguito il video dell’attraversamento dello Stretto:

 

I primi risultati del progetto guidato dalla Professoressa Spanò sono stati sorprendenti: «Quello che ci ha fatto pensare di essere sulla strada giusta è stato l’avvistamento nella zona sud di Messina del passaggio di tonni, un evento molto raro!» e continua affermando che«Le correnti dello Stretto sono una grande forza di dispersione degli inquinanti (streptococchi, idrocarburi etc.). Adesso si attende di inviare i dati al Ministero dell’Ambiente al fine di richiedere – con il Comune – la bandiera blu per le nostre coste».

Conclude la Professoressa Spanò: «Giusto pochi giorni dopo la riapertura, come comunità scientifica abbiamo scritto una lettera al Presidente Mattarella, al Premier Conte ed al Ministro Costa per segnalare le 10 cose più importanti da fare per l’ambiente. Un piano nazionale in cui si spazia dalla green and blue economy, alle energie rinnovabili, fino una vera e propria restaurazione degli ecosistemi terrestri e marini degradati».

Alla luce di tante bellezze, sembra infatti arrivato il momento di mettere al centro la questione ambientale, riconoscerla come priorità e valutare ciò che gli studi e i progetti, soprattutto di quest’ultimo periodo, hanno chiaramente mostrato.

Ci teniamo a ringraziare infine la Professoressa Nancy Spanò, la Guardia Costiera, il Nucleo Subacquei, l’Unità navale della Polizia Municipale, l’assessore all’ambiente Dafne Musolino e tutti coloro che hanno collaborato al progetto.

Cristina Lucà, Salvatore Nucera

Fonti: 

unime.it

agi.it

letteraemme.it

oloturiasub.it

wikipedia.org