Cancro: i batteri patogeni come nuove armi di difesa

Era il 1901 e siamo negli USA, quando il medico chirurgo William Coley, specializzato in chirurgia ortopedica, s’imbatté in un paziente affetto da sarcoma.

Siamo all’inizio della storia del cancro: la parola stessa era stata coniata da una decina scarsa di anni e le tecniche che conosciamo oggi, quali chemio radio ed immunoterapia, non avevano ancora un nome. Il dr. Coley, però, pioniere della medicina, voleva salvare il suo paziente.

Già nell’800 si notò che alcuni tumori crescono più lentamente in concomitanza con alcune infezioni. Durante quel secolo, ovviamente, il problema risiedeva nel fatto che non esistevano cure antibiotiche e, quindi, erano proprio le infezioni batteriche a causare la morte dei pazienti.

Nei primi anni del 900, però, il dr. Coley fece quell’idea sua e fu così che, senza saperlo, buttò le basi della moderna immunoterapia: creò la tossina di Coley, a base del batterio Erisipela, agente patogeno di svariate malattie infettive cutanee, che portava la cura direttamente nel loco della lesione maligna.

Coley credette che i risultati furono scarsi e l’idea, con l’avvenire della guerra, fu abbandonata nel dimenticatoio. Non poteva sapere che una ricerca del 1999 ha comparato 128 suoi casi con oltre 1.600 pazienti trattati con le terapie più recenti, dimostrando che il vaccino del medico americano garantiva una sopravvivenza media di 8,9 anni, contro i 7 dei pazienti di oggi.

Germania, 2012. Uwe Hobohm, chimico biologo dell’università tedesca di Giessen, decide di rispolverare l’idea. In vitro si è visto come le immunoterapie batteriche (le terapie che sfruttano i batteri per attivare il sistema immunitario) sono in grado di stimolare la produzione di citochine, molecole che danno il via alla reazione del sistema immunitario, documentando inoltre la regressione del tumore del paziente.

Sud Corea, 2017. Il vitro è, finalmente, stato superato. Ora sono i nostri amici topi i nuovi protagonisti di questa stupefacente ricerca e, tra i vari batteri testati in laboratorio, un nemico trasformato in amico: il batterio della Salmonella. Cautamente modificato in laboratorio e riempito di farmaci antitumorali, è stato scelto un ceppo batterico provvisto di flagello (quindi in grado di muoversi) che, una volta iniettato nel topo malato di tumore del colon, si è visto arrivare esattamente dove si sperava: nelle zone necrotizzate dove cresce il tumore, rilasciando così il cocktail di farmaci.

Non solo: si è scatenata negli animali una potente risposta immunitaria e al controllo, dopo 4 mesi, si è potuto verificare che il tumore era scomparso in più della metà degli animali. Inoltre, e qua sta probabilmente la vera scoperta, gli animali in cui si è scatenata tale reazione sono stati solo quelli infettati proprio con il ceppo batterico provvisto di flagello. Sarebbe quindi emerso che sono esattamente le proteine batteriche del flagello a svegliare il sistema immunitario dell’ospite.

Due piccioni con una fava, si direbbe: da una parte, si cerca di sfruttare i microbi come cavalli di Troia per portare farmaci direttamente all’interno delle cellule tumorali; dall’altra, si pensa di usarli come fantocci per segnalare alle cellule del sistema immunitario di scatenare l’attacco.

 

Elena Anna Andronico

Alessandra Frisone

Nootropi: e se potessi studiare 24h al giorno senza sentirti mai stanco?

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Avete mai visto Limitless? Eddie Morra è uno scrittore in fase depressiva, la sua vita è costellata di ‘’mai na gioia’’ e sta per decidere di darci un taglio. Poi incontra per caso il suo ex- cognato, che di mestiere fa lo spacciatore, e gli racconta i suoi problemi davanti un caffè. E allora lui, dato il suo lavoro, cosa fa? Gli dà delle pillole dicendo che gli cambieranno la vita per sempre.

In effetti queste non sono le solite pillole di merda sintetica: sono pillole che amplificano il funzionamento del cervello umano. In pratica, pillole dell’intelligenza. Grazie ad esse, Eddie, riesce a fare qualsiasi cosa in brevi periodi di tempo: quello che riusciamo a fare noi in un’ora, lui la fa in un secondo.

Scoperta della vita o rovina totale? Questo sta a voi scoprirlo, se deciderete di vedere il film.

Ma, come spesso accade, la realtà supera di gran lungo la fantasia. Il nostro cervello si accende: proviamoci davvero a creare qualcosa che amplifichi le nostre capacità cognitive. E così che, negli ultimi anni, hanno preso sempre più piede le Smart Drugs: le Droghe Intelligenti. Ammettiamolo, non c’è ossimoro più paradossale dell’abbinamento di queste due parole.

In termini scientifici, parliamo dei Nootropi (deriva dalle due parole greche “noos” (mente) e “tropein” (sorvegliare)), sostanze che aumentano e aiutano la produzione di alcuni neurotrasmettitori fornendo al fisico i precursori e i co-fattori di cui ha bisogno. I quattro neurotrasmettitori presi in causa sono acetilcolina, serotonina, dopamina e norepinefrina. Aumentando la quantità di essi in circolo c’è un miglioramento nell’apporto di ossigeno e di stimolazione della crescita nervosa.

Sintetizzate per la prima volta nel 1964, le sostante nootropiche sono generalmente usate in medicina come farmaci contro malattie neurodegenerative gravi quali Parkinson, Alzheimer, Sclerosi Multipla. La loro caratteristica è quella di avere un’azione diretta ed esclusiva sull’encefalo assicurando l’aumento della vigilanza corticale e della selettività della corteccia telencefalica del cervello. A beneficiarne sono soprattutto le funzioni cerebrali compromesse da patologie e condizioni degenerative di origine genetica.

Nell’encefalo, a seconda della classe appartenente, svolgono tutta una serie di funzioni quali stabilizzare l’umore, migliorare l’energia celebrare, l’agilità mentale, concentrazione, resistenza e attenzione, aumento della memoria e stimolanti dell’apprendimento.

Eureka! Verrebbe da urlare. Potrebbe sembrare la scoperta dell’America per lo studente universitario medio. Una tentazione difficile da resistere, stiamo parlando di un’amplificazione celebrale tale da poter rimanere ore e ore piegati sui libri senza mai provare stanchezza. Ed è per questi motivi che stanno diventando una vera moda, dilagando tra le aule di college e università di tutto il mondo, soprattutto inglesi.

In Gran Bretagna, infatti, 1 studente su 10 ne fa uso, accanto al già affermato Modafinil, farmaco utilizzato nei deficit di attenzione e iperattività, che già da qualche anno aveva preso piede tra gli studenti. Anch’esso sembrava una manna dal cielo se non fosse che, come tutti i farmaci mal utilizzati e le droghe, fa sprofondare in uno stato di apatia e depressione dal momento in cui l’effetto svanisce.

È tutta, ovviamente, una mera illusione. Le sostanze nootropiche possono provocare danni all’organismo. Secondo una ricerca della Drexel University di Pittsburgh, alcune sostanze possono ridurre la plasticità dei network neuronali del cervello provocando un’overdose di dopamina, glutammato e norepinefrina.

I ricercatori sottolineano la pericolosità degli effetti collaterali nei soggetti più giovani, fino ai 30 anni, un’età nella quale il cervello si sta ancora sviluppando.
“Individui sani corrono il rischio di superare i livelli ottimali di quelle sostanze e divenire iperdopaminergici o ipernoradrenergici, aggravando di conseguenza le espressioni comportamentali che stanno cercando di migliorare”, scrivono i ricercatori della Drexel.

Il gioco vale la candela? Vale la pena rischiare lo sviluppo di malattie gravi quali deficit cognitivi e motori, depressione, schizofrenia? Forse è più sensato ‘’mettere il culo sulla sedia’’ e studiare rispettando le proprie abilità e limiti.

Elena Anna Andronico