Dicembre 2016: ecco a voi la Nuova Tavola Periodica degli Elementi

Gioite a festa, amici miei, per la vostra felicità sono stati ufficialmente inseriti 4 nuovi elementi nella tavola periodica.

Io, con gaudio, tiro un sospiro di sollievo per me stessa. A voi, invece, studenti del liceo o dei vari dipartimenti scientifici dell’Unime e del mondo (primo tra tutti il dipartimento di Chimica, sicuramente quello maggiormente interessato alla notizia) mando un caloroso abbraccio virtuale.

Già lo scorso gennaio era stata ufficializzata la scoperta di questi nuovi 4 elementi che, inizialmente, furono chiamati con identificativi nomi provvisori: ununtrium (Uut, elemento 113), ununpentium (Uup, elemento 115), ununseptium (Uus, elemento 117) e ununoctium (Uuo, elemento 118).

Solo adesso che hanno un nome approvato, però, sono stati ufficialmente inseriti nella Tavola Periodica realizzandone, quindi, una completamente nuova: vanno a completare, chiudendola, la settima riga della stessa.

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La nuova tavola periodica la potete scaricare e stampare da questo link.

Ma quali sono i nomi di questi nuovi elementi? E come sono stati scelti?

I nomi dei nuovi elementi scoperti vengono presentati alla IUPAC (Unione Internazionale per la Chimica Pura e Applicata) che vaglia le proposte scegliendo quelle valide. In questo caso la scelta si è conclusa dopo mesi di dibattito in quanto erano vari i nomi proposti.

Alla fine sono stati scelti (in ordine di simpatia):

  • niboNihonio, nome assegnato all’elemento 113. Nihonio, infatti deriva da “Nihon” che in giapponese significa «terra del sole nascente». L’Nh-113 è stato scoperto da una squadra di scienziati asiatici, per l’appunto, guidati dal professor Kosuke Morita operando collisioni tra ioni di zinco e bismuto. È il primo elemento chimico scoperto in un Paese asiatico;

 

  • moscoMoscovio, che assume il nome della regione dove ha sede l’Istituto unito di ricerche nucleari di Dubna (Russia) dove è stato scoperto l’elemento 115. Si tratta di una sostanza inserita nel gruppo 15 della Tavola periodica che si piazza sotto il bismuto (numero atomico 83);

 

 

 

  • tennesioTennessinio, dedicato allo Stato del Tennessee, dove sorge il Laboratorio nazionale di Oak Ridge della Vanderbilt University, il cui gruppo ha scoperto l’elemento Ts-117 insieme ai ricercatori dell’Università del Tennessee di Knoxville. La sostanza viene inserita nel gruppo 17 della Tavola periodica sotto l’astato (numero atomico 85), un alogeno radioattivo molto raro;

 

  • organesOganessio, anch’esso scoperto in Russia e dedicato al professor Yuri Oganessian, 83 anni, studioso di elementi transuranici. La sostanza viene inserita nel gruppo 18 della Tavola periodica: quello dei gas nobili, proprio perché, il nuovo elemento, è un gas nobile. Viene a trovarsi sotto il radon (numero atomico 86).

 

 

Tra le varie proposte compare ‘’Levium’’, nome che era stato suggerito in onore del chimico e letterario italiano Primo Levi. Tante sono state le petizioni presentate alla IUPAC per riuscire ad onorare lo scrittore di ‘’Se questo è un uomo’’ e ‘’La Tavola Periodica’’ (ritenuto uno dei più bei libri mai scritti sulla chimica) che, purtroppo, non ha potuto fare niente a riguardo in quanto: “non abbiamo potuto accogliere queste indicazioni, dal momento che le attuali linee guida stabiliscono che solo gli scopritori hanno il diritto di proporre nomi e simboli”.

Elena Anna Andronico

Dormo o son desto?

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“Dormo o son desto?”, un recente studio ci spiega cosa succede al nostro cervello quando siamo lontani dal nostro letto.

“Se cambi cuscino, non riesci a dormire”, con questo detto Giapponese, Yuka Sasaki commenta i risultati dell’ultimo studio datato Aprile 2016, portato avanti insieme ad altri collaboratori della Brown University di Providence. Scientificamente noto come “effetto prima-notte” è quel fenomeno che ci porta a riposare male la prima sera trascorsa in un letto diverso da quello della nostra stanza.

Sarà capitato più o meno a tutti, dopo una notte trascorsa nel letto di una camera di hotel o di casa di un amico, di risvegliarsi un po’ intontiti e alquanto stanchi. L’obiettivo di questo team di scienziati era proprio quello di individuarne le cause e perciò hanno deciso di sottoporre 35 volontari a un esperimento consistente nel far trascorrere loro delle notti in laboratorio, al fine di monitorarne l’attività cerebrale. Tramite l’utilizzo di tecniche avanzate di elettro-magneto encelofalografia e di risonanza magnetica ad alta risoluzione, effettivamente qualcosa è venuto a galla. Durante tutte le ripetizioni dell’esperimento, infatti, si è apprezzata una continua attivazione di un particolare network dell’emisfero sinistro, nel corso della prima fase del sonno profondo, definito a “onde lente” e non riscontrabile invece nell’emisfero controlaterale. I ricercatori hanno inoltre evidenziato una maggiore responsività dell’emisfero sinistro a stimoli uditivi esterni rispetto al destro.

Dallo studio non è emersa una sostanziale asimmetria di attività cerebrale nelle altre fasi del sonno; ma soprattutto lo stesso network neuronale, che la prima notte era apparso significativamente più attivo nell’emisfero sinistro, a partire dalla seconda notte passata in laboratorio da parte dei volontari, non presentava alcuna differenza fra le due controparti. Il lavoro lascia ampi margini di ricerca, anche perché le analisi sono state effettuate considerando soltanto una fase del sonno e nei confronti di soli quattro networks cerebrali. Non è quindi da escludere che l’emisfero sinistro possa lavorare in alternanza con il destro, così come che altri circuiti nervosi siano particolarmente attivi durante la notte.

Questa scoperta, tuttavia, deve lasciarci a bocca aperta fino a un certo punto. Non siamo gli unici in natura a “vigilare” durante le ore notturne: infatti, il “Sonno Uniemisferico Alternato”, così è definita questa peculiare capacità cerebrale, anche se con le dovute differenze,  è già stata evidenziata in altre specie, delfini e balene innanzitutto, oltre che in alcuni volatili.

Quello evidenziato dalla Brown University potrebbe, quindi, essere un residuo dei tanti meccanismi di adattamento della specie che la natura ha messo in atto durante l’evoluzione. Il processo descritto, operato da queste specie, ha il fine di proteggere, di tenere in allerta l’animale anche durante le ore notturne, pronto a difendersi dall’assalto di eventuali predatori o di pericoli di varia natura. Il nostro organismo fa più o meno la stessa cosa: riconosce come potenziale pericolo una stanza, un letto o anche un cuscino diverso dal nostro, con l’obiettivo di prepararci a situazioni poco piacevoli ma rappresentando, soprattutto per chi viaggia spesso per lavoro, un disturbo a volte anche non poco fastidioso.

“Ma il cervello umano è molto flessibile e si adatta facilmente” ha aggiunto Yuka Sasaki, c’è  da contarci, quindi, che l’evoluzione, in un futuro non tanto lontano, possa risparmiarci questo spiacevole “effetto prima-notte”.

 

                                                                                                                                                   Andrea Visalli

Chi la dura la vince: la Nostra lotta contro la leucemia

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Come spesso succede, a discapito di quello che può sembrare, la ricerca italiana fa grandi progressi nell’ambito medico.

Questa volta parliamo di Leucemia, malattia che ha purtroppo un ruolo protagonista tra le patologie tumorali, soprattutto per quanto concerne l’ambito pediatrico. Questa patologia è caratterizzata da un’improvvisa proliferazione midollare che, però, non produce cellule della linea bianca (i globuli bianchi) mature ma immature. Queste cellule rimanendo in questo stato di immaturità non sono, chiaramente, funzionanti.

Esistono vari tipi di cellule bianche: tra queste un team di ricercatori del San Raffaele ne ha identificate alcune particolari facenti parte dei linfociti e chiamate ‘’memory stem T’’, che permangono a lungo tempo nell’organismo. Sono state quindi modificate geneticamente e programmate per uccidere selettivamente le cellule tumorali, consentendo inoltre, visto la lunga permanenza, la protezione del paziente stesso.

Tali risultati, a detta dello stesso Times, sono rivoluzionari. Era il 2002 quando l’ematologa Chiara Bonini, insieme al suo team, ha scelto 10 pazienti affetti da leucemia (precedentemente sottoposti a trapianto midollare) ed ha iniziato questo studio. I presupposti, per lei, erano ovvi: se già i linfociti sono programmati per eliminare le cellule tumorali, bisogna trovare un modo per potenziarne gli effetti e per renderli a lungo termine. La Bonini paragona questi linfociti modificati a dei ‘’soldati scelti’’, che una volta infusi ai pazienti non solo essi li guariscono, ma danno una protezione duratura anche contro possibili recidive, una sorta di vaccino.

Ovviamente non è stato tutto ‘’cotto e mangiato’’: ci sono voluti 12 anni e tanti fallimenti, ma finalmente sono arrivati i primi risultati positivi che hanno dimostrato la completa guarigione. Lo studio è stato presentato durante l’annuale conferenza dell’American Association for the advancement of science, a Washington ed ha già fatto il giro del mondo. Un altro po’ di pazienza, quindi, per i nostri pazienti: si attendono i finanziamenti per poter far diventare la ricerca da sperimentale a effettiva.

Ancora una volta, quindi, possiamo dire di essere orgogliosi delle nostre menti tutte italiane: chi la dura la vince.

Elena Anna Andronico