Pos obbligatorio dal 30 giugno: sanzioni per chi non rispetta l’obbligo

Dal 30 giugno tenere il Pos in negozio non sarà più un’opzione, ma un obbligo. Tutte le attività che offrono servizi al cliente non potranno più rifiutare la transazione elettronica, anche se si tratta di pochi centesimi, pena una doppia sanzione.

Pos obbligatorio: doppia sanzione

Ieri, 30 giugno, è scattato l’obbligo del Pos per tutti i commercianti, gli esercenti e i liberi professionisti come tassisti e medici. Ciò significa che nessuna di queste categorie potrà rifiutare il pagamento con carta di credito o bancomat. In caso contrario, il cliente potrà denunciare l’esercente, il quale andrà incontro ad una doppia sanzione: €30 con l’aggiunta del 4% del valore della transazione rifiutata. Se, ad esempio, un cliente volesse effettuare un pagamento di €100 cashless e l’esercente dovesse rifiutare, la sanzione che gli verrà applicata sarà di €34: €30 più il 4% di €100.

C’è, però, un’eccezione: nel caso in cui si verifichi un’oggettiva impossibilità tecnica, come la mancanza di linea del terminale, il commerciante o il professionista non saranno passibili di multa a patto che siano in grado di dimostrare che effettivamente il Pos in quel dato momento non funziona.

(Fonte: zazoom.it)

L’obiettivo del Governo

L’obbligo del Pos non è una novità: esiste già dal 2013, ma fino a ieri non era prevista alcuna sanzione. Quello delle sanzioni è un provvedimento che avrebbe dovuto veder luce nel 2023, ma che è stato anticipato di un semestre.

L’obiettivo del Governo è quello di favorire i pagamenti elettronici, combattere l’evasione fiscale e permettere a cittadini e clienti di poter scegliere liberamente il metodo di pagamento.

Credito d’imposta

Per incentivare l’acquisto di Pos da parte di chi ne è sprovvisto e per spingere gli esercenti ad accettare pagamenti con carta, lo Stato ha deciso di dare il suo aiuto tramite il credito d’imposta.

In passato, il Governo aveva introdotto un credito d’imposta del 100% sulle commissioni e sull’acquisto dei Pos, quindi le spese potevano essere detratte totalmente dalla dichiarazione dei redditi.

Per quanto riguarda le commissioni, da oggi, 1° luglio, il credito d’imposta scenderà dal 100% al 30%.

La richiesta dei tabaccai

I tabaccai, preoccupati da questa misura, chiedono un esonero. L’associazione Assotabaccai afferma:

“La lotta all’evasione fiscale tramite l’obbligo di accettazione di pagamenti con carta e bancomat è un controsenso nel caso delle tabaccherie che sono, infatti, concessionarie dello Stato.”

Di fatto, la tracciabilità, nel caso dei tabaccai, esiste già.

In Parlamento, intanto, è stato accolto un ordine del giorno nel quale ci si è impegnati a prevedere un credito d’imposta del 100% nel caso di acquisti cashless di pochi centesimi, come i francobolli.

Il pensiero di Confesercenti

“È un provvedimento inopportuno e iniquo per le imprese più piccole, per le quali il costo della moneta elettronica – soprattutto sulle transazioni d’importo ridotto – è già molto elevato.”

Spiega Confesercenti. Di comune accordo anche Confcommercio:

“Non si può pensare d’incentivare i pagamenti elettronici attraverso il meccanismo delle sanzioni , quello che serve per raggiungere quest’obiettivo è una riduzione delle commissioni e dei costi a carico di consumatori ed imprese, anche potenziando lo strumento del credito d’imposta sulle commissioni pagate dall’esercente, e introdurre la gratuità per i cosiddetti micropagamenti.”

Eleonora Bonarrigo

Russia in “default tecnico”: il Paese non potrà pagare le sue obbligazioni, ma non per una mancanza di soldi

La Russia è in default, da oggi, lunedì 27 giugno. Uno schiaffo morale al Paese e il suo leader, Vladimir Putin, ma, stando alle parole degli esperti, si tratta di un fatto simbolico, più che di un vero e proprio problema, almeno per ora. È stato, per questo, definito “default tecnico”.

La Banca Centrale russa a Mosca (fonte: ANSA)

I precedenti

Un altro avvenimento analogo, nella storia della Russia, si è verificò nel 1918, per la prima volta, quando il governo sovietico si rifiutò di ripagare le somme accumulate dagli zar.

Un altro default, ma interno, si registrò nel 1998, quando il rublo andò in crisi e la Federazione russa dovette dichiararsi inadempiente verso il debito interno. All’epoca, annunciò una moratoria sul rimborso del debito contratto con gli investitori esteri.

Quello attuale era stato annunciato già ieri sera, domenica 26 giugno, in corrispondenza della fine dei 30 giorni scattati il 27 maggio, un “periodo di grazia”, entro cui la Russia avrebbe dovuto pagare due bond. Alcuni avvocati sostengono, però, che il Paese abbia tempo fino alla fine del giorno lavorativo successivo, quindi fino a stasera, per pagare.

Il suddetto mancato pagamento corrisponde a 100 milioni di dollari di interessi sulle due obbligazioni – una in dollari e l’altra in euro – in scadenza nel 2026 e nel 2036, i due bond di cui sopra. Sostanzialmente, la Russia risulta inadempiente nei confronti dei suoi creditori e degli investitori che detengono le sue obbligazioni internazionali.

 

 

Mosca sostiene di aver già i pagamenti per cui è stata dichiarata inadempiente

Il Cremlino ha rilasciato dichiarazioni che preannunciano una probabile complicazione di tale situazione:

«Le accuse di default della Russia sono illegittime, il pagamento in valuta estera è stato effettuato a maggio».

Il ministro delle Finanze russo, Anton Siluanov, negli scorsi giorni si era già espresso in merito: «Chiunque può dichiarare quello che vuole e può provare ad attaccare alla Russia qualsiasi etichetta. Ma chiunque capisca la situazione sa che non si tratta in alcun modo di un default».

Dunque, la Russia nega l’inadempienza nei pagamenti per cui è stato dichiarato il default. Prima, però, bisogna chiarire le modalità in cui questo è scattato: il default tecnico non è dovuto alla mancanza di denaro da parte del debitore (la Russia), ma alla chiusura dei canali di trasferimento da parte dei creditori internazionali.

Mosca sostiene di aver sempre effettuato tutti i pagamenti a cui doveva adempiere, anche se, negli ultimi tempi, in rubli anziché nelle valute previste dai contratti, proprio per l’impossibilità di farlo. Da qui a fine anno, sui circa 40 miliardi di titoli denominati in valuta estera, circa 1 o 2 miliardi di dollari di pagamenti.

I mercati non hanno ancora ricevuto alcuna dichiarazione ufficiale, sulla nuova condizione per la potenza russa, ma, non avendo gli investitori esteri ricevuto le somme spettanti entro la scadenza prestabilita, il default è comunque scattato, appunto, tecnicamente.

Ma a chi compete decretare ufficialmente il fallimento di un qualsiasi Stato sovrano? Di solito sono le agenzie di rating maggiori. Il caso russo è unico nel suo genere, poiché le agenzie sono state impossibilitate a intrattenere rapporti con il Paese, per via delle sanzioni impostegli per aver scatenato il conflitto con l’Ucraina.

 

Un default “artificiale”, architettato dall’Occidente

Prima di arrivare a tal punto, era stato proposto alla Russia di emettere debito nominato in dollari, ma essa si rifiutò. Proprio la decisione degli Stati Uniti, di non rinnovare, successivamente alla suddetta proposta, la “licenza speciale” per cui, fino alla fine di maggio e nonostante le sanzioni già applicate, era concesso alla Russia di continuare come sempre a pagare le obbligazioni verso gli investitori americani, è stato determinante per la dichiarazione di default.

La Russia si era difesa con l’utilizzo di conti correnti doppi e la richiesta di pagamenti in rubli, per i titoli di Stato. In ogni caso, il Paese sostiene, non essendovi una reale impossibilità a procedere come finora ai pagamenti, per la gran disponibilità di denaro che comunque affluisce nelle sue casse, che questo sia un default “artificiale”, architettato dall’Occidente e legato alle sanzioni da esso imposte.

Essendo uno scenario mai verificatosi prima, quantomeno non nelle stesse modalità, ancora non si sa cosa possa accadere dopo, quali possano essere i risvolti per l’economia russa.

Potrebbe accadere che gli obbligazionisti verso cui Mosca è inadempiente potrebbero unirsi e formulare una dichiarazione congiunta oppure, al contrario, attendere per monitorare l’evoluzione del conflitto in Ucraina.

Attualmente il Paese non può, inoltre, chiedere dei prestiti internazionali. Però, pare non ne abbia bisogno, considerati i ricchi introiti per il gas e il petrolio. Si può prendere ad esempio che il Centro per la ricerca sull’energia e l’aria pulita, “Crea”, stima che la Russia abbia ricavato 70 miliardi di euro dalla vendita di petrolio e gas, soltanto nei primi 100 giorni dall’inizio della guerra

Comunque, non si hanno certezze su ciò che accadrà, la situazione risulta senza precedenti sin dalle sue premesse anomale: il default russo, infatti, comporterebbe l’esclusione per il Paese dai mercati finanziari in seguito alla perdita di fiducia per i mancati pagamenti, ma la Russia, di fatto, è già stata tagliata fuori dai rapporti con i Paesi occidentali per gli effetti delle sanzioni per la guerra.

Alcuni, sostengono che si debba attendere che un tribunale si esprima ufficialmente, su richiesta degli investitori, visto che nessun’altra dichiarazione, neanche dalle agenzie internazionali di rating, è arrivata.

 

Rita Bonaccurso

 

 

Boiler Summer Cup: la nuova umiliante challenge su TikTok in vista dell’estate

Si tratta di un nuovo gioco che sta spopolando sul web e che istiga pesantemente al body shaming tra i più giovani. L’obiettivo è quello di adescare il maggior numero di ragazze in sovrappeso possibile per “totalizzare più punti”, riconoscendo come vincitore chi riesce a sedurre la ragazza che pesa di più.

Cos’è la Boiler Summer Cup, la nuova “challenge” diventa virale -Fonte: ilriformista.it

La vergognosa challenge, diventata virale in pochi giorni sulla piattaforma di TikTok, consiste in una vera e propria sfida in vista dell’estate (deve iniziare il 21 giugno) ma già nei primissimi giorni conta la realizzazione di diversi video e contenuti essendo che per scalare la vetta della classifica si dovrà documentare tutto.

Cos’è la Boiler Summer Cup

La challenge consiste nell’adescare e flirtare in discoteca con una ragazza descrivibile come “boiler” mentre gli amici documentano l’accaduto avviando registrazioni, senza che la vittima ne sia consapevole. Il mix di bullismo e body shaming incontra l’ottica sessista dell’uomo virile che vince solo se seduce la ragazza che pesa di più.

Frasi come “Ho toccato una boiler di 130 chili”; “Io non riesco ad andare oltre i 70 chili”; “Quella mi sembra una da 100/110”, finiscono per alimentare la visione dell’oggettificazione del corpo femminile, nonché la viltà di ragazzi che hanno bisogno di sentirsi realizzati discriminando il corpo altrui. Il tutto alimentando l’ideologia metropolitana che un corpo debba rientrare in determinate misure e pesi per essere accettato dalla società.

La pericolosità di questa challenge

Oltre al linguaggio sessista, misogino e violento, la Boiler Summer Cup, sta creando forti angosce alle giovani ragazze che per paura di essere prese in giro ed umiliate evitano di uscire.

Il racconto di mamma Katia testimonia la pericolosità della sfida. Dalle sue parole trapela il senso di vergogna che la challenge ha lasciato in sua figlia, mostrando come un “gioco” possa incidere e ledere l’area psicologica di un soggetto, in quanto è più semplice far sentire gli altri insicuri ed umiliati.

La cattiveria e la superficialità di queste azioni “l’ha ferita nel profondo: io spero che qualcuno fermi questo orrore e che chiunque sia vittima di questa challenge e lo scopra denunci. È una lotta lunga e la strada è in salita. Ma non si può far finta di niente. Ci vogliono pene severe ed educazione a casa e anche nelle scuole. Non si può andare avanti così…”.

“Boiler Summer Cup”, la vergognosa challenge che prende di mira le ragazze in discoteca -Fonte:teleclubitalia.it

La goliardia che diventa reato

A tutela delle ragazze vittime della challenge interviene la giurisprudenza. Sebbene molti suppongano che il “giochino” abbia finalità goliardiche, chi incorre nella Boiler Summer Cup potrebbe avere alle spalle diversi capi d’accusa. I reati che si commettono sono enumerati nel Codice della privacy (D.lgs. del 30.06.2003 n. 196) e nel Codice Penale che sanzionano:

  • Pubblicazione illecita, (art.167 del Codice della Privacy): punisce il trattamento illecito dei dati personali avvenuto attraverso la pubblicazione non autorizzata di immagini o notizie sul web, con la reclusione da sei mesi a un anno, che però aumenta da uno a tre anni se riguardano i dati sensibili. La vittima altresì può richiedere non solo la rimozione del contenuto digitale, bensì il risarcimento pecuniario, ove avesse provocato danno fisico o morale;
  • Trattamento illecito di dati personali, (art.167-172 del Codice della privacy) è punito con la reclusione da 6 a 18 mesi per il trattamento illecito di dati personali da cui derivi nocumento al titolare degli stessi, e con la reclusione da 6 a 24 mesi per la comunicazione o diffusione di dati illecitamente trattati, indipendentemente dal potenziale danno che derivi a terzi. Entrambe le fattispecie di reato presuppongono il dolo specifico nonché un preventivo trattamento dei dati personali;
  • Diffamazione, (art.595 del Codice Penale): se l’offesa è recata col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità, ovvero in atto pubblico, la pena è della reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore a 516 euro.

Ove il video pubblicato contenesse la diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti il Codice Penale all’Art.612 ter (Revenge porn) incrimina in via specifica la divulgazione non consensuale, dettata da finalità vendicative, di immagini intime. La pena include anche chi, avendo ricevuto o acquisito le immagini e i video, li invia, consegna, cede, pubblica o diffonde senza il consenso delle persone rappresentate al fine di recare loro nocumento. L’autore è punito con la reclusione da uno a sei anni e con una multa da 5.000 a 15.000 euro.

La severità di tali disposizioni vuole in primis tutelare la libertà di autodeterminazione della persona, nonché l’onore, il decoro, la reputazione e la privacy del singolo.

La risposta della piattaforma

Una portavoce di TikTok ha reso noto che le linee guida della Community esplicitano in modo chiaro che non si tollerano contenuti che promuovono bullismo o molestie, agendo dunque con la rimozione dei video che le violano. Ha poi aggiunto

“Nonostante non abbiamo evidenza che la ‘Boiler Summer Cup’ sia un trend diffuso sulla piattaforma, il nostro team dedicato alla sicurezza continua a monitorare attentamente e rimuoverà qualunque contenuto dovesse risultare in violazione. Nel frattempo, stiamo vedendo la nostra community rispondere con video che condannano questo comportamento, contribuendo a creare uno spazio di condivisione sicuro.”

Al fine di “promuovere un posto accogliente e sicuro dove le persone possano condividere la propria creatività”,  la piattaforma  nel quarto trimetre del 2021 ha rimosso il 94% dei contenuti che violavano le policy entro 24 ore dalla loro pubblicazione e il 90% di quelli prima di essere visualizzati.

Nonostante ciò si dovrà continuare ad arginare il grave problema che la società affilia alla donna con qualche chilo in più. Questa infatti non rispecchiando i canoni di una società che valuta “a peso” non meriterebbe lo stesso rispetto di chi rientra in suddette misure dettate da un contesto sociale. Occorrerebbe educare di più nonché limitare l’amplificazione di ciò che i social hanno portato su un altro livello.

Giovanna Sgarlata

 

Spagna: approvata la nuova legge contro i Pro Vita: sarà reato minacciare o intimidire chi sceglie di abortire

Il Senato spagnolo ha approvato la modifica del Codice penale: sarà considerato reato intralciare o intimidire chi ricorrerà all’aborto.

L’aborto in Spagna -Fonte:favacarpediem.wordpress.com

La legge, promossa dal Premier del Partito Socialista Pedro Sanchez e già approvata dalla Camera, ha ricevuto il voto favorevole del Senato mercoledì 6 aprile. Con la sua ufficiale entrata in vigore sarà qualificato come reato il tentativo di importunare o intimidire una donna che si reca in una struttura sanitaria per abortire.

La legislazione spagnola: ecco cosa ha previsto negli anni

Il diritto all’aborto è stato riconosciuto, e dunque depenalizzato, nel 1985. Fino ad allora in Spagna era considerato reato qualsiasi interruzione della gravidanza anche per stupro, malformazione fetale e grave rischio per la donna. Con il suo riconoscimento è stato fatto un importante e decisivo passo in avanti nella garanzia della salute e del benessere delle donne nonché ovviamente la loro autodeterminazione.

La piena legalizzazione del ricorso a tale pratica, fino alla quattordicesima settimana di gestazione ma in alcuni casi specifici anche fino alla ventiduesima, è stata legittimata però solamente nel 2010.

Fumetto pro aborto -Fonte:corrieredibologna,corriere.it

La forte tradizione cattolica del Paese ha fatto sì che le donne incontrino spesso numerosi ostacoli qualora scelgano di ricorrere a tale soluzione. Ostacoli posti anche dai numerosi movimenti “anti-scelta” e dall’elevato numero di medici obiettori di coscienza.

Uno studio dell’Associazione spagnola delle cliniche autorizzate per l’interruzione della gravidanza (ACAI) ha visto una percentuale sempre maggiore delle donne vittime dei sostenitori dei diritti riproduttivi. L’indagine ha portato che circa l’89% di esse è stata soggetta a molestie mentre si dirigeva in clinica, mentre il 69% ha subito intimidazioni.

Tali gruppi si riuniscono fuori dalle cliniche dove si praticano aborti per cercare di convincere le donne a non entrarvi.

La modifica del Codice penale

La modifica apportata al Codice penale pone sanzioni penali a coloro che

“Al fine di ostacolare l’esercizio del diritto all’interruzione volontaria di gravidanza mettano in pratica contro una donna atti molesti, offensivi, intimidatori o coercitivi che ledano la sua libertà.”

Legge spagnola pro aborto -Fonte:luce.lanazione.it

La pena prevede la reclusione da tre mesi a un anno o una sanzione alternativa in lavori di pubblica utilità che va dai 31 agli 80 giorni.

Tale normativa sarà applicata anche a coloro che intimidiscono gli operatori sanitari che lavorano nelle strutture dove si eseguono aborti. Si eviterà inoltre la diffusione di slogan, cartelli o le orazioni di chi si rivolge direttamente alle donne con piccoli feti di plastica o turbandole facendole ascoltare attraverso un monitor battiti del cuore del feto.

La protesta degli attivisti anti-aborto

La radunanza in piazza avvenuta mercoledì 6 aprile ha visto come protagonisti un gruppo di attivisti pronti a difendere la “criminalità” delle loro azioni. Con cartelloni e piccoli feti di plastica si sono presentati davanti al Senato spagnolo protestando contro le misure prese.

Secondo quanto fatto sapere sulla piattaforma Right to Live, il gruppo continuerà a “pregare ed a offrire aiuto a tutte quelle donne che ne hanno bisogno in modo che possano capire che l’aborto non è l’unica soluzione.”

Aborto, diritto di scelta -Fonte:lavocedellelotte.it

Non sono mancate, nelle ultime settimane, numerose proteste contro l’aborto in tutto il territorio spagnolo. Striscioni sono comparsi anche a Madrid dove hanno marciato per le strade della capitale fino a giungere a Plaza de Cibeles. A manifestare, secondo le indagini dell’associazione “Si alla vita” che ha organizzato la protesta, erano in 20 mila e urlavano contro il diritto a interrompere la gravidanza.

… e in Italia?

Nel quadro sconfortante di molti Paesi in cui è prassi fare i conti con militanti anti- scelta, non c’è da sentirsi più di tanto fortunati nel territorio italiano. Sebbene sia raro essere vittime di ostacoli fisici presso cliniche e ospedali che garantiscano il diritto d’aborto, chi vuole accedervi non è esente da percorsi di paternalismo.

È compito dello Stato proteggere il diritto all’aborto se è costantemente minacciato e giudicato immorale, rispettando così tutte le posizioni. Il tabù che ancora marchia tale diritto in Italia rende ancora più difficile tutelarlo.

Legge 194/78 -Fonte:ingenere.it

Nonostante la regolamentazione presente alla Legge 194/78, una donna che decide di accedere ai servizi di interruzione volontaria di gravidanza (IVG) ha, quasi sette possibilità su dieci (67%) di vedersi negato da un ginecologo tale accesso. Ciò in virtù del diritto all’obiezione di coscienza individuale riconosciuto dall’art. 9 della legge 194/1978 che ha contestualmente sancito la non punibilità delle IVG.

Se in Spagna è bastata una legge, nel Bel Paese sarebbe necessario lo smantellamento dell’intera sanità pubblica, nonché la disintossicazione dalle colpe provenienti dal Vaticano.

Il tema delle interruzioni volontarie di gravidanza riaffiora sempre per il continuo rimodellamento legislativo e trasversale che attraversa tutto il globo. La decriminalizzazione dell’aborto, non lo ha contestualmente trasformato in un diritto della donna, bensì ha mantenuto come perno una sorta di divieto morale di abortire. Ecco che l’Italia si inserisce in un contesto europeo ove le leggi sulle interruzioni di gravidanza sono costruite per “casistiche” e “circostanze” entro cui è permesso abortire. Vengono riconosciute come circostanze legittime i casi in cui la prosecuzione della gravidanza comporti un serio pericolo per la salute fisica o psichica. Meno agevole invece se una donna scelga, entro le prime 12 settimane di gestazione, di interrompere la gravidanza perché semplicemente non convinta e per il sussistere di ragioni personali non rientranti in casistiche predeterminate.

A detta di molti giuristi però, sebbene la Legge 194 non abbia fatto dell’aborto un diritto, il suo riconoscimento quale livello esseniale di assistenza (LEA) permette di parlare di “diritto all’aborto” anche in Italia.

La criminalizzazione dell’aborto nel mondo

È chiaro che l’enorme politicizzazione dell’argomento, per motivi etici e/o religiosi, e le conseguenti negazioni del suo riconoscimento hanno portato in giro per il mondo al triste giro dell’aborto clandestino.

UNFPA -Fonte:dailytrendznews.it

I dati recenti raccolti dal UNFPA, Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione, ha constatato che il 45% degli aborti praticati a livello internazionale sono clandestini. Un dato che vede coinvolta anche l’Italia, dove però ancora si sostiene che tale fenomeno si sia estinto negli anni ’70.

Per venire incontro ai bisogni di milioni di donne abbandonate dalle istituzioni sono stati fondati numerosi enti privati. Ad esempio, solo nel nostro Paese nell’ultimo anno circa 473 donne si sono rivolte a “Women on Web”, un’associazione canadese senza scopo di lucro che aiuta le donne ad accedere ai servizi di IVG. quando le circostanze esterne non lo permettono, cercando di ridurre sempre più il fenomeno dell’aborto clandestino che si credeva estinto negli anni 70.

Giovanna Sgarlata

 

L’Unione Europea taglia sul carbone russo. Si pensa ad embargo anche su petrolio e gas

Ieri sera, durante una riunione dei suoi ambasciatori, l’Unione Europea ha approvato il quinto pacchetto di sanzioni contro la Russia. Tra queste spicca l’approvazione dell’embargo al carbone russo. Si tratta di una misura presa in considerazione e auspicata già settimane fa, ma che arriva in seguito alle pressioni derivanti dai sospetti di crimini di guerra perpetrati negli ultimi tempi in Ucraina dall’esercito russo. Così ha commentato la proposta la Presidente della Commissione UE Ursula Von Der Leyen «che – aggiunge – costerà circa quattro miliardi di euro l’anno».

La proposta della Commissione prevedeva, inoltre, il divieto a navi ed autotrasportatori russi di entrare nei territori dell’Unione, con alcune eccezioni per determinati prodotti agricoli, aiuti umanitari ed energetici. Quest’ultimo punto è stato accolto nel pacchetto definitivo di sanzioni, cui si aggiunge l’incremento di personalità russe inserite nella black list europea e ulteriori divieti dal valore di circa 15,5 miliardi.

La prima stilettata all’energia russa

L’embargo sul carbone rappresenta un primo colpo all’energia russa, ossia il punto più discusso in materia di sanzioni. L’Unione Europea (ed in particolare l’Italia, assieme alla Germania) ha una forte dipendenza dalle fonti di energia importate dalla Russia, soprattutto dal suo gas naturale e dal petrolio. Ma gli ultimi eventi – ed in particolare il massacro di civili verificatosi a Bucha – hanno compattato la linea UE verso l’inasprimento delle sanzioni. Chiarisce la Presidente della Commissione Von Der Leyen:

Queste atrocità non possono e non rimarranno senza risposta.

D’altronde, lo stesso Premier italiano Draghi ha aperto alla possibilità di un embargo (oltre che sul carbone) sul gas russo, con un già “rinomato” quanto criticato aut-aut:

Preferite la pace o il condizionatore acceso?

Ma ad ogni modo – chiarisce il Premier – sarà l’Unione a decidere. Una linea, quella dell’Esecutivo, sempre più certa sul da farsi, a discapito delle voci di diverse aree del Parlamento che invitano alla negoziazione, anziché alle sanzioni e all’invio di armi a favore della difesa ucraina.

E l’embargo sul carbone trova l’accordo anche della Germania, che fino ad ora si era duramente opposta (assieme all’Ungheria di Orbán) allo stop collettivo di tutte le importazioni di energia russa. Il Ministro della Finanza tedesco Christian Lindner aveva infatti suggerito di considerare separatamente petrolio, carbone e gas, poiché la velocità per la sostituzione dei fornitori potrebbe variare.

Ed infatti, opponendosi ancora aspramente all’embargo sul gas, ha affermato:

Ci troviamo davanti ad un criminale di guerra, è chiaro che dobbiamo porre fine ai legami economici con la Russia il prima possibile, ma il gas non potrebbe essere sostituito nel breve periodo. Farebbe più male a noi che a loro.

(fonte: au.sports.yahoo.com)

Stop all’energia russa sì, ma quando?

Corre veloce la Francia, che col suo Ministro dell’Economia Bruno Le Maire, si ritiene «pronta ad uno stop alle importazioni non solo di carbone, ma anche di petrolio russo». Ed aggiunge:

La realtà è che bloccare le importazioni di petrolio dalla Russia è la cosa che le farebbe più male.

Tuttavia, anche La Maire riconosce l’importanza di un intervento a livello comunitario, più che nazionale. «Importante convincere anche gli altri Stati membri».

Peraltro, lo stop a tutte le importazioni energetiche da Mosca non è tra i piani a breve termine dell’Unione. Né lo stop immediato al carbone: la Germania ha infatti ottenuto di posticipare di quattro mesi l’entrata in vigore del divieto, in modo tale da realizzare il piano nazionale per l’indipendenza dal carbone russo entro l’estate. «Se rimandassimo indietro quelle navi [che trasportano carbone] rischieremmo di non averne abbastanza», ha detto di recente il vicecancelliere tedesco Robert Habeck. (Il Post)

Ad ogni modo, testate come EuroNews hanno immaginato le possibili conseguenze di uno stop alle forniture di gas russo: tra le soluzioni proposte, quella di ricorrere al gas naturale liquefatto importato dagli Stati Uniti.

Sostituire il carbone russo e ridurre le emissioni

È possibile che tagliare il carbone russo non faccia poi così male: dopotutto – afferma Bloomberg – già prima delle sanzioni le compagnie energetiche europee faticavano a trovare il suddetto carbone, anche per via delle banche che ne negavano i finanziamenti. Nota il centro di studi Bruegel, poi, che le importazioni di carbone a livello europeo erano calate drasticamente dai 400 milioni di tonnellate nel 1990 ai 136 milioni nel 2020.

Sostituire il carbone russo non sarà difficile, ma sarà più costoso: i principali esportatori sono infatti Australia Indonesia, Paesi molto più distanti dall’Europa rispetto dalla Russia. Si tratterà di aumentare i costi di spedizione.

(fonte: balkaninsight.com)

Infine, si tenga a mente l’impegno delle varie città europee verso la decarbonizzazione, uno degli obiettivi da raggiungere entro il 2050 per evitare gli effetti catastrofici del cambiamento climatico. Secondo un report della Commissione Europea, gli edifici europei sarebbero responsabili di circa il 40% delle emissioni comunitarie e del 36% delle emissioni di gas serra.

Ottimizzare l’efficienza energetica rappresenta, quindi, la chiave per l’obiettivo “zero emissioni”: secondo Caterina Sarfatti, direttrice dell’azione della C40 Climate Leadership Group, permetterebbe anche di risolvere il crescente problema della povertà energetica in Europa. Politico ha delineato una serie di azioni che aiuterebbero nel raggiungimento di tale scopo a livello cittadino.

Valeria Bonaccorso

Mosca minaccia l’Italia di “conseguenze irreversibili” e punta il dito contro il Ministro della Difesa Guerini

Nel corso del fine settimana è andato in scena un pesante botta e risposta tra Mosca e Roma: Alexei Paramonov, direttore del dipartimento europeo del ministero degli Esteri russo ha infatti minacciato il nostro Paese di “conseguenze irreversibili”. Ad essere stato destinatario dalle parole del dirigente russo è stato anche Lorenzo Guerini, attuale ministro della Difesa e reo, secondo il funzionario, di avere dimenticato degli aiuti prestati dalla Russia all’Italia.

L’intervista di Paramonov contro i “paesi ostili”

Nella giornata di sabato Alexei Paramonov ha rilasciato all’agenzia di stampa russa Ria Novostri un’intervista colma di lamentele e minacce, come tante provenienti in questi giorni dai funzionari russi, rivolte a gran parte dei paesi europei. Tra quelli chiamati in causa, oltre all’Italia, anche Spagna, Francia, Andorra e perfino San Marino, rei di essersi lasciati travolgere dall’ondata antirussa che ha animato l’Occidente ed essere divenuti ostili alla stessa. L’intervista nasce come risposta alle dichiarazioni del ministro dell’Economia francese Bruno La Maire, che negli scorsi giorni ha invitato l’Unione Europea a muovere una guerra economica e finanziaria totale contro la Russia. Parole che hanno messo in moto la macchina mediatica rispondente al Cremlino ed espressasi per bocca dello stesso Paramonov: “Non vorremmo che la logica delle dichiarazioni del ministro trovasse seguaci in Italia e provocasse una serie di corrispondenti conseguenze irreversibili”. Un attacco quanto mai insolito e specifico.

Palazzo Farnesina, sede del Ministero degli Affari Esteri, fonte: improntalaquila.com

Il Ministro della Difesa italiano tra i maggiori “falchi” contro Mosca

Nel proseguimento dell’intervista poi Paramonov ha puntato il dito contro il ministro della Difesa Lorenzo Guerini, colpevole secondo il funzionario, di essersi scordato quanto la Russia abbia aiutato l’Italia, ed in special modo il suo ministero, nel corso della prima ondata pandemica risalente al primo semestre del 2020.

“All’Italia è stata fornita un’assistenza significativa attraverso il ministero della Difesa, il ministero dell’Industria e Commercio e il ministero della Salute della Russia. A proposito una richiesta di assistenza alla parte russa fu inviata allora anche dal ministro della Difesa italiano Lorenzo Guerini, che oggi è uno dei principali ‘falchi’ e ispiratori della campagna antirussa nel governo italiano”.”… è deprimente che ora sullo sfondo dell’isteria anti-russa le autorità italiane abbiano improvvisamente dimenticato tutto”.

Parole che hanno immediatamente messo in allarme la Farnesina e costretto il presidente del consiglio Mario Draghi ad attivarsi il prima possibile per una risposta.

 

 

Nel tweet diffuso dal profilo ufficiale di Palazzo Chigi, oltre alla vicinanza alla persona di Guerini, viene apostrofato come “odioso e inaccettabile” il paragone tra “l’operazione speciale” russa e la crisi umanitaria verificatasi in Italia a inizio 2020. E benché debba sottolinearsi che Paramonov non sia che un funzionario ministeriale di medio livello, è difficile immaginare che in una macchina mediatica ben strutturata com’è sicuramente quella russa si lascino trapelare accuse e rinfacci così gravi, verso quello che è ancora oggi uno storico alleato del proprio paese, senza secondi fini. La storia diplomatica tra Roma e Mosca è sempre stata infatti particolarmente intrecciata e nel corso degli ultimi vent’anni l’Italia è divenuta un alleato fondamentale per Putin in Europa. D’altro canto però l’Italia ha sviluppato una forte dipendenza energetica nei confronti della Russia, un tema quest’ultimo divenuto centrale a fronte del rincaro benzina che ha paralizzato numerosi settori della nostra economia.

La Russia ha solo paura di ulteriori sanzioni

Mosca è conscia della propria posizione favorevole nel settore energetico, disponendo del coltello dalla parte del manico, e sa che paesi come Germania e Italia non possono nel breve periodo fare a meno del suo gas. il nostro Paese importa circa 29 miliardi di metri cubi di gas all’anno, poco più del 40% totale, e servirebbero circa tre anni per potere diventare almeno parzialmente indipendenti. Tempo che ovviamente non abbiamo e che non ha però nemmeno la Russia. Le sanzioni economiche inflittele dai “paesi ostili” stanno infatti logorando la sua economia, rendendole di fatto insostenibile l’invasione Ucraina nel lungo periodo. Putin farà qualsiasi cosa per evitare che nuove misure vengano approvate, ed è proprio in tale contesto che devono essere lette le minacce di cui sopra. Come un tentativo di dividere un fronte, quello europeo, che Putin non si aspettasse potesse essere così unito in questa circostanza. L’Italia non deve farsi intimorire ma deve, come già sta facendo, cercare soluzioni alternative. Bene sta facendo Di Maio ha svolgere visite diplomatiche in Algeria e Qatar al fine di ricevere garanzie sulle forniture di gas liquido alternativo. Nel frattempo altre soluzioni concrete potrebbero interessare lo stesso Paramonov. Benedetto Della Vedova, segretario di + Europa e sottosegretario agli Esteri, ha fatto sapere che chiederà al ministro degli esteri Luigi di Maio di rimuovere le onorificenze intestate allo stesso funzionario russo. Alexei Paramonov è infatti Cavaliere all’Ordine al Merito della Repubblica Italiana e Commendatore dell’Ordine della Stella d’Italia, onorificenze riconosciutegli ai tempi del Governo Conte per aver acquisito “particolari benemerenze nella promozione dei rapporti di amicizia e di collaborazione” con l’Italia.

Alexei Paramonov alla cerimonia di consegna delle onorificenze italiane, fonte: secoloditalia.it

 

Filippo Giletto

Guerra in Ucraina: polemica tra Mosca e l’Eliseo per i corridoi umanitari, intanto continuano i negoziati

Proseguono i combattimenti tra Russia e Ucraina che, all’alba del 12esimo giorno di guerra, si preparano al terzo round di colloqui. A pochi minuti dall’ennesimo tentativo diplomatico di porre fine al conflitto, il numero di profughi giunto in Polonia ha superato il milione, l’Ucraina si trova costretta a rinunciare ai sei corridoi umanitari concessi dalla Russia e definiti “totalmente immorali” da un portavoce ucraino e la Russia avrebbe iniziato ad “ammassare le proprie risorse per prendere d’assalto Kiev”. Nel colloqui telefonico Macron-Putin, quest’ultimo ha fatto sapere che se non raggiungerà i suoi obiettivi con i negoziati, lo farà con la guerra. Subito la replica dell’ Ucraina:

“Pronti a negoziare modelli di garanzia non Nato, ma nessun accordo possibile su Crimea e Donbass”

I corridoi umanitari sono diretti in Russia e Bielorussia

L’esercito russo ha annunciato questa mattina il cessate il fuoco per l’apertura di sei corridoi umanitari per consentire ai cittadini ucraini di evacuare dalle città di Kharkiv, Kiev, Mariupol e Sumy. Il corridoio dalla capitale Kiev, però, porta verso la Bielorussia, mentre per Kharkiv c’è un solo corridoio verso la Russia. Il corridoio da Mariupol porta alla città russa di Rosto-on-Don, vicino al confine con l’Ucraina, mentre da Sumy ci sono due corridoi, uno verso altre città dell’Ucraina e l’altro verso la Russia. I corridoi, diretti quindi per lo più verso la Russia e la Bielorussia, sono stati rifiutati dal governo Ucraino. Un portavoce del presidente ucraino Zekensky ha dichiarato:

“Questi sono cittadini ucraini, dovrebbero avere il diritto di evacuare nel territorio dell’Ucraina”.

L’esercito russo ha giustificato la decisione di aprire i corridoi “verso la Russia” come “una richiesta personale” del presidente francese, notizia prontamente smentita dall’Eliseo. La presidenza francese ha inoltre aggiunto che “il presidente ha chiesto il rispetto del diritto internazionale umanitario.

Profughi Ucraini (fonte: ilfattoquotidiano.it)

Terzo round di colloqui 

Come riporta Interfax, la delegazione russa è partita alla volta della Bielorussia per il terzo round di colloqui con la controparte ucraina. L’incontro è previsto alle 15, ora di Mosca (le 12 ora italiana) nella foresta di Belovezhskaya Pushcha, nella regione di Brest in Bielorussia dove si sono svolti anche i primi due negoziati. “I colloqui sono previsti per le 15 ma l’orario potrebbe essere modificato in relazione a possibili problemi logistici della controparte ucraina”, ha affermato un analista bielorusso vicino al dossier.

La Russia prepara la disconnessione web 

Secondo Nexta tv la Russia starebbe iniziando i preparativi per disconnettersi dall’Internet globale. La notizia è stata pubblicata su Twitter e ripresa anche da un profilo legato ad Anonymous, @LatestAnonPress. Nelle due pagine di documenti in lingua russa pubblicati online Nexta tv spiega che l’operazione avverrebbe entro l’11 marzo e comporterebbe il trasferimento di tutti i server e i domini nella zona russa.

Nuove sanzioni in arrivo dalla Nato 

La presidente della Commissione Ursula von der Leyen, nel corso della dichiarazione congiunta con il premier Mario Draghi in vista del loro incontro a Bruxelles utile a fare il punto sulla questione delle fonti di energia e la dipendenza dagli idrocarburi russi, ha dichiarato:

“Dobbiamo fare in modo che non ci siano scappatoie e che l’effetto delle sanzioni sia massimizzato. Le sanzioni in atto stanno davvero mordendo, vediamo le turbolenze sull’economia russa”. Ma considerata “l’evoluzione della situazione in Ucraina e l’attacco sconsiderato del Cremlino a cittadini, donne, bambini, uomini, naturalmente stiamo lavorando anche su ulteriori sanzioni”.

La Cina è pronta a mediare

La Cina è disponibile a “fare le necessarie mediazioni” e “a partecipare alla mediazione internazionale” sulla crisi in Ucraina: il ministro degli Esteri Wang Yi, in conferenza stampa , ha aggiunto che Pechino è pronta a continuare a svolgere “un ruolo costruttivo per facilitare il dialogo e per la pace, lavorando a fianco della comunità internazionale per svolgere la necessaria mediazione”.

Elidia Trifirò 

Coronavirus: per l’OMS è pandemia. Cosa cambia per l’Italia

A causa dell’elevata diffusione del Coronavirus SARS-CoV-2, l’OMS (Organizzazione Mondiale Della Sanità) ha annunciato lo stato di pandemia. Ecco qual è il significato e quali sono le differenze tra focolaio, epidemia e pandemia.

CHE COS’E’ UN FOCOLAIO?

Quando una condizione patologica su base infettiva comporta un certo numero di contagi all’interno di una comunità, di una regione o di una stagione circoscritta, si parla di focolaio. Un tipico esempio è fornito dai focolai di Brucellosi (zoonosi associata ai batteri appartenenti al genere Brucella) in alcune città siciliane. In questi casi vengono effettuate indagini epidemiologiche, vengono tracciate mappe sugli spostamenti delle persone colpite, come è accaduto nei giorni scorsi nel Nord Italia.

CHE COS’E’ UN’EPIDEMIA?

Quando una patologia infettiva è caratterizzata da una manifestazione frequente, localizzata e di durata limitata nel tempo si parla di epidemia. E’ questo il caso dell’influenza, riscontrata stagionalmente, in cui non vi è un vero e proprio focolaio ma una trasmissione diffusa, contrastata da programmi di prevenzione (vaccinazioni). 

CHE COS’E’ UNA PANDEMIA?

Quando una patologia infettiva si propaga in molti Paesi o continenti, minacciando gran parte della popolazione mondiale si parla di pandemia (dal greco “pan-demos” ovvero “tutto il popolo”). La classificazione in 6 classi che descriveva progressivamente le varie fasi del processo infettivo (periodo intrapandemico con fase 1 e fase 2, periodo di allerta pandemica con fase 3, 4 e 5 e periodo pandemico con fase 6), precedentemente utilizzate per analizzare la diffusione della patologia infettiva, non sono più prese in considerazione. Una revisione effettuata nel febbraio 2009 sulla definizione e dichiarazione di pandemia, definisce le condizioni che oggi l’OMS deve riconoscere affinché si possa parlare di una vera e propria pandemia. Esse sono:

  1. La comparsa di un nuovo agente patogeno;
  2. La capacità di tale agente di colpire gli esseri umani;
  3. La capacità di tale agente si diffondersi rapidamente per contagio.

In seguito agli ultimi dati riguardanti l’infezione da Coronavirus SARS-CoV-2 (118mila casi segnalati  a livello globale in 114 paesi), il Direttore Generale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità , Tedros Adhanom Ghebreyesus, ieri ha dichiarato: “Abbiamo valutato che il Covid-19 può essere definito come una pandemia. Non abbiamo mai visto una pandemia di un Coronavirus, questa è la prima, ma non abbiamo mai visto nemmeno una pandemia che può, allo stesso tempo, essere controllata”. Walter Ricciardi dell’OMS, anche Consigliere per il Coordinamento con le istituzioni sanitarie internazionali del ministro della Salute italiano Roberto Speranza, ha dichiarato: “Con la dichiarazione dello stato pandemico l’OMS può mandare i suoi operatori in loco, come fanno i caschi blu dell’ONU e chiedere ai singoli Paesi di adottare misure di mitigamento, come il fermo di alcune attività o dei trasporti anche via terra“. Ha sottolineato l’esperto: “Il non rispetto delle disposizioni equivarrebbe alla mancata applicazione di norme internazionali, che implica l’applicazione di sanzioni“.

COSA CAMBIERA’ PER L’ITALIA?

Lo stato di pandemia rappresenta una nuova dura prova per la penisola italiana (interamente dichiarata “zona protetta”), al fine di contrastare la diffusione del virus sono state attuate delle misure ancora più restrittive, queste ultime riguardano la sospensione su tutto il territorio nazionale delle attività commerciali al dettaglio (fatta eccezione per i beni di prima necessità), delle attività dei servizi di ristorazione e delle attività inerenti i servizi alla persona. Al fine di contenere l’emergenza sanitaria, come specificato dall’esperto Ricciardi, il Ministro delle Infrastrutture e dei trasporti di concerto con il Ministro della Salute può disporre la programmazione con riduzione e soppressione dei servizi automobilistici interregionali e di trasporto ferroviario, areo e marittimo.

LE PANDEMIE DEL VENTESIMO SECOLO

Date le nuove direttive dell’OMS, possiamo affermare di vivere una nuova pagina di storia, una nuova pandemia del ventunesimo secolo, ma quali sono state le pandemie dello scorso secolo? E cosa possiamo apprendere da esse?

Nel ventesimo secolo hanno letteralmente scritto la storia della Medicina tre pandemie influenzali:

LA SPAGNOLA: è associata al Virus Influenzale A (sottotipo antigenico H1N1), nel 1918  un terzo della popolazione mondiale fu colpito dall’infezione, contraddistinta da una letalità maggiore del 2,5%, tale virus riemerse nel 1977 causando un’epidemia negli Stati Uniti. Dal 1995, a partire da materiale autoptico conservato, furono isolati e sequenziati frammenti di RNA virale del virus della pandemia del 1918, così come fu descritta la completa sequenza genomica di un virus e quella parziale di altri 4. Tramite questi studi emerse che il virus è l’antenato dei ceppi suini A/H1N1 e A/H3N2.

-L’ASIATICA: è associata al Virus Influenzale A (sottotipo antigenico H2N2), gli studi si basarono sui test di fissazione del complemento e sul test dell’emagglutinina virale e furono confermati dalla neuraminidasi. Il sottotipo del virus dell’Asiatica del 1957, che fu  identificato come un virus A/H2N2, scomparve dopo 11 anni.

L’INFLUENZA HONG KONG: è associata al Virus Influenzale A (sottotipo antigenico H3N2), tale virus differisce dall’antecedente (H2N2) per l’antigene emagglutinina ma aveva lo stesso antigene neuraminidasi.

LO STATO DI PANDEMIA SI PUO’ DEFINIRE UNA SCONFITTA?

Ghebreyesus ha dichiaro: Pandemia non è una parola da usare con leggerezza o negligenza, è una parola che, se usata in modo improprio, può causare paura irragionevole o accettazione ingiustificata che la lotta sia finita, portando a sofferenze e morte inutili”. L’esperto ha voluto, pertanto, sottolineare il costante impegno dell’OMS ai fini del contenimento di questa patologia che sta destando preoccupazione in tutto il mondo.

Caterina Andaloro

BIBLIOGRAFIA:

https://www.bag.admin.ch/bag/it/home/krankheiten/ausbrueche-epidemien-pandemien.html

https://www.epicentro.iss.it/passi/storiePandemia