La Zona falcata di Messina tra storia e leggenda

Situata sulla punta nordorientale della Sicilia, Messina, anticamente denominata “Zancle”, è una città caratterizzata da una storia dal grande fascino. Famosa per il suo porto a forma di falce, da cui il nome di “zona falcata”, vanta una tradizione marittima secolare.

Il mito di Crono che diede vita alla leggenda di Zancle

Secondo antiche leggende siciliane, quando gli dèi governavano la terra e il cielo, Messina fu teatro di una disputa divina. Crono, figlio di Urano, dio del cielo stellato, dopo aver tentato di evirare il padre con la sua stessa falce, la gettò in mare. La falce, impattando con la costa, si conficcò nella terraferma, dando vita al Porto e alla città di Zancle (nome derivante, secondo Tucidide, dal termine siculo Zanclon, “falce”).

La penisola di San Raineri

Raffigurata da Antonello da Messina come sfondo delle sue Crocifissioni, l’attuale penisola di San Raineri, sito dell’originaria Zancle, rappresenta un tratto distintivo della città di Messina.

Tuttavia, la penisola ha subito, nel corso del tempo, una serie di trasformazioni dal punto di vista fisico e funzionale.

Nel corso del XVI secolo la penisola di San Ranieri assume un ruolo di fondamentale importanza nelle strategie difensive contro gli attacchi turchi, diventando altresì nodo cruciale per la navigazione nello Stretto di Messina. Questo periodo segna un’epoca di trasformazioni significative per il promontorio: a partire dalla costruzione del Forte S. Salvatore, in sostituzione del monastero brasiliano di origine normanna, si denota la nascita di un nuovo sistema di fortificazioni, volto a garantire la sicurezza della città e dei commerci marittimi che attraversano lo Stretto.

La Lanterna del Montorsoli e il nuovo Arsenale

Nello stesso periodo viene costruita la Torre della Lanterna, progettata da Giovan Angelo Montorsoli (1556). Questo edificio turrito trae la sua origine da un doppio mandato della città portuale: comunicare il servizio di ricovero navale e, contemporaneamente, monitorare il transito sullo Stretto per segnalare eventuali situazioni di pericolo.

Contestualmente, nel periodo compreso tra il 1565 e il 1615, viene istituito un nuovo Arsenale, destinato alla costruzione e al raddobbo delle navi.

San Raineri, essendo isolato dalla città, è stato, per un lungo periodo, luogo di isolamento per i malati e sito di sepoltura per i morti causati da epidemie, come la peste del 1522 e del 1575.

Lanterna del Montorsoli
Lanterna del Montorsoli – Fonte: commons.wikimedia.org

Cittadella: da simbolo della repressione a sogno non realizzato

Un importante stravolgimento è dato dall’esito negativo della rivolta cittadina contro gli spagnoli del 1678: la repressione contro il governo spagnolo trova la sua massima rappresentazione nella costruzione della Cittadella, fortificazione nata con lo scopo di separare la penisola dalla città.

Facendo un salto temporale di qualche secolo, nel periodo immediatamente successivo all’Unità d’Italia, la città chiese al nuovo Stato l’abbattimento della Cittadella. Parallelamente l’architetto Giacomo Fiore sognava che San Raineri divenisse un vero e proprio giardino circondato dal mare. Sogno che, ad oggi, resta tale.

Madonna della Lettera - Zona Falcata di Messina ("Zancle")
© Giusy Lanzafame

La Madonnina del Porto

Nel 1934, nel punto più remoto della costa, nasce la maestosa stele della Madonnina del Porto. La Madonnina, simbolo della città di Messina, accoglie benedicente chiunque arrivi in Sicilia. Non è casuale, infatti, l’imponente scritta alla base del suo stele: «VOS ET IPSAM CIVITATEM BENEDICIMUS». Un augurio  tratto dal saluto finale presente all’interno di una lettera che la Madonna scrisse alla popolazione messinese. Da qui anche il nome di “Madonna della Lettera”.

Giusy Lanzafame

 

 

 

Fonti:

Lanterna del Montorsoli: https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/0/08/Lanterna_Montorsoli_%28Messina%29_15_08_2019.jpg/800px-Lanterna_Montorsoli_%28Messina%29_15_08_2019.jpg

Una luce sul mare: la torre della Lanterna di San Ranieri

Zancle, “la Falce”, la chiamavano i nostri progenitori greci: a testimonianza di come Messina, città antichissima, abbia sempre avuto, fra le sue peculiarità, quel braccio di terra a forma di falce che si protende verso la Calabria e poi si volge di nuovo verso le sue spiagge, definendo così una ampia baia che ai nostri antenati deve essere sicuramente parsa provvidenziale, nel contesto di un mare capriccioso e difficile come lo Stretto. Un posto perfetto per costruirvi quello che sarebbe diventato e rimasto per secoli uno dei porti commerciali e militari più importanti del Mediterraneo. Su quel lembo di terra lambito dalle acque del mare, guardiano dello Stretto, da tempi immemori la Lanterna di San Ranieri continua a fare luce: per anni e anni ha guidato i naviganti, mostrando loro, in quelle pericolose acque, l’imboccatura di un porto sicuro. 

La storia della Lanterna si perde nei secoli passati confondendosi con la leggenda. Così, se la storia ci attesta la presenza di alcuni monaci che risiedevano in questa penisola, sulla cui punta si trovava l’antico Archimandritato del Santissimo Salvatore, già a partire dall’XI secolo, è la leggenda a raccontarci del santo monaco Ranieri (o Rainieri), forse identificabile con quel san Ranieri da Pisa di cui le agiografie riportano un soggiorno a Messina, a metà del dodicesimo secolo. La tradizione vuole che il buon Ranieri si recasse ad accendere ogni giorno fuochi di segnalazione ai naviganti, per proteggerli dalle insidie del pericoloso gorgo detto “Garofalo”, che proprio lì, nelle vicinanze della Falce, mieteva le sue vittime fra i marinai.

Proprio nel luogo in cui secondo la leggenda san Ranieri accendeva i suoi fuochi, fu costruita, negli anni successivi alla sua morte, una cappella dedicata al suo culto, presso la quale si stabilì una comunità di monaci terziari francescani, i “Continenti di San Ranieri”: furono loro, nel 1310, i primi a costruire sulla penisola una struttura adibita a faro, che prende appunto il nome di Lanterna di San Ranieri. 

Della antica Lanterna e della cappella si perdono le tracce nel 1500: è in questo periodo che, a seguito della visita a Messina dell’Imperatore Carlo V, in clima di aperta tensione nei confronti dell’espansione ottomana, su impulso del vicerè Ferrante Gonzaga Messina si trasforma da porto prevalentemente mercantile a imprendibile piazzaforte militare; l’Archimandritato viene distrutto e al suo posto viene edificato il forte omonimo del Santissimo Salvatore, e al posto dell’antica Lanterna, presumibilmente ormai in rovina, sorge la massiccia torre quadrangolare a bugne che tutt’ora scruta silenziosamente, come un vigile guardiano, le acque del mare. 

Sulle vicende riguardanti la sua costruzione molto è stato scritto da parte di storici e studiosi, ma continua ad aleggiare una certa aura di mistero. Una tradizione che origina nell’Ottocento, per la precisione da Giuseppe La Farina, la attribuisce al celebre scultore e architetto fiorentino Giovanni Angelo di Michele, detto il Montorsoli: ed in effetti Giorgio Vasari, che del Montorsoli fu contemporaneo e biografo, parlando di lui nella sua edizione del 1568 delle sue “Vite dei più eccellenti pittori, scultori e architetti” a proposito delle sue opere messinesi scrive in appena mezzo rigo “fu fatta in su la marina, di suo ordine, la torre del fanale”. Quel che è davvero misterioso è come mai tutte le altre fonti storiche fino all’Ottocento, parlando del Montorsoli, trascurano di identificare la Torre tra le sue opere. Ancora, nessun accordo vi è sulla data di costruzione: se una epigrafe, che si trovava affissa sull’edificio e che alcuni storici attribuiscono a Francesco Maurolico, pone la data al 1555, sotto l’impero di Carlo V, altre fonti parlano di una torre che fu restaurata e in seguito demolita nel 1556, altre ancora datano l’edificio al 1566, o ad altre date ancora; lungi dal voler scendere nei meandri un po’ oscuri della storiografia locale, quel che è certo è che, per quanto riguarda la sua costruzione, l’ultima parola non è ancora stata detta. 

Oggi la Torre della Lanterna, che da almeno 5 secoli resiste indenne ai terremoti e alle calamità naturali, è proprietà della Marina Militare Italiana e viene aperta al pubblico solo in particolari occasioni; sormontata da un faro moderno di costruzione successiva, con i suoi tre lampi bianchi ogni 15 secondi continua a segnalare le coste sicule alle navi che transitano nello Stretto, oggi come secoli fa. E anche se adesso il Garofalo non ci fa più paura e le mitiche Scilla e Cariddi, divoratrici di uomini, solidamente incatenate ai piedi del Nettuno nella celebre fontana, non sono più in grado di nuocere alle nostre grandi navi a motore, ogni volta che, passeggiando sulla banchina del Porto, posiamo lo sguardo sulla sua massiccia mole cinquecentesca, non possiamo fare a meno di pensare a quante vite, erranti sul mare, siano state tratte in salvo grazie alla luce soccorritrice della Lanterna di San Ranieri. 

Gianpaolo Basile

ph: Elena Anna Andronico