Green Messina: una guida sui più noti spazi verdi della città

Messina si è posizionata novantesima nella classifica italiana 2020 della qualità della vita. Guadagnando cinque posizioni rispetto al 2019 ed essendo prima in Sicilia, questo numero è da considerarsi un piccolo successo per il comune, ma è altresì innegabile che la strada è tutta in salita e che resta ancora molto da fare. In realtà, in base all’ultimo rapporto “Ecosistema urbano” stilato da Legambiente, in collaborazione con Ambiente Italia e Il Sole 24 ore, Messina si posiziona più in basso (97° posto), perdendo anche sei posizioni rispetto all’anno precedente.

Ma, a differenza di quel che un “fuorisede tipo” possa credere, la città sede del nostro ateneo vanta numerosi spazi verdi urbani ed extraurbani. Unica pecca collettiva? Spesso inagibilità e incuria sono protagoniste degli incantevoli spazi naturalistici messinesi. Ecco  una piccola guida green dei polmoni verdi urbani più importanti della città.

Zona centro, le ville Dante e Mazzini sotto i riflettori

©Alice Buggè, Ingresso di Villa Mazzini – Messina, 2020

Chi non ha mai sentito parlare di Villa Dante o di Villa Mazzini? Nel bel mezzo della città di Messina, di fronte alla Passeggiata a Mare e alla Statua del Nettuno, possiamo accedere ad uno degli ingressi di Villa Mazzini.

Costruita nell’ Ottocento per volere dei Borbone e chiamata originariamente “La Flora”, Villa Mazzini prima del Terremoto del 1908 possedeva una superfice abbastanza più estesa di quella assegnatale oggi. All’interno di essa alberga l’Acquario Comunale, l’unica struttura acquariologica in Italia, che ospita fauna tipica del Mediterraneo e in particolare dello Stretto di Messina (del quale viene utilizzata anche l’acqua di mare). L’acquario fu costruito a inizio anni ’70 dall’Istituto Talassografico di Messina, grazie ad un apposito finanziamento della Regione Siciliana. Nel 1986 è stato ceduto in comodato al Comune di Messina, che lo ha gestito fino alla costituzione del Consorzio di Ricerca “Centro per lo Studio delle Patologie Spontanee degli Organismi Marini” (CeSPOM). Attualmente la struttura è chiusa al pubblico.

 

©Alice Buggè, dettaglio di Villa Dante, Messina, 2020

Villa Dante, il più grande giardino pubblico della città, ha un ottimo potenziale e aspetta di essere riqualificata. Al suo interno troviamo l’Arena Villa Dante, che negli anni ha ospitato numerosi spettacoli e concerti, e la piscina dove le piccole promesse del nuoto Messinese si allenavano. Fontane e aree attrezzate non dispiacciono all’estetica, ma purtroppo questo luogo, come molti altri, patisce l’incuria e spesso il discutibile senso civico dei cittadini peloritani, che poco salvaguardano il verde a disposizione.

©Alice Buggè, Arena Villa Dante –  Messina, 2020

A pochi metri dalla Villa Dante, in via Catania, sorge il Cimitero Monumentale di Messina. Estendendosi per ben ventidue ettari è, assieme a quello di Staglieno, il cimitero più artistico d’Italia. Non possiamo non citarlo in quanto fu concepito fin dalle origini come un vero e proprio parco e galleria d’arte moderna all’aperto. Gli stili architettonici e scultorei più gettonati a suo interno sono il liberty, il neogotico, il neoclassico, il purismo, il verismo e il razionalismo.

©Alice Buggè, Ingresso del Cimitero Monumentale di Messina – Messina, 2020

Un altro spazio verde assolutamente noto nel centro cittadino è la Villa Salvatore Quasimodo, chiamata comunemente dai più giovani “Villetta Royal” per via della sua posizione davanti all’omonimo hotel. Originariamente luogo di sosta dei bus diretti nella provincia, è stata oggi trasformata in un’attrezzata villa comunale dal ricco potenziale, ma non valorizzato appieno.

Villa S.Quasimodo
Villa S.Quasimodo.  Fonte: TempoStretto

Zona nord: Villa Sabin

Situata vicino il capolinea nord del tram, di fronte al Museo Regionale di Messina, Villa Sabin è il polmone verde della zona nord di Messina. Nata da un’ex discarica alla fine degli anni ’60 grazie alla famiglia Vanfiori (affidatale dal comune) un tempo era luogo di abbandono di materiali edilizi, mentre oggi è uno spazio verde fruibile da bambini, corridori e curiosi,  molto amato dai messinesi della zona e non.

VILLA SABIN
Villa Sabin. Fonte: TempoStretto

Zona Sud: San Filippo Superiore e Villa Melania

Della vasta flora e della cascata dell’antico paese di San Filippo Superiore abbiamo già parlato in occasione delle giornate FAI 2020, eppure fa sempre bene ricordare l’esistenza di luoghi maestosi e celati come questo. Un altro tesoro nascosto di Messina è Villa Melania, punto d’accoglienza e d’informazione turistica, che ospita arte e mostre. Originariamente Villa Romana appartenuta alla Gens Valeri, limitrofa alla statale 114, si trova a Pistunina, quartiere a Sud di Messina. È anche un sito archeologico riconosciuto a livello accademico, che con i dovuti precedenti studi (non si conosce attualmente la natura certa dei resti) potrebbe diventare un parco archeologico. Affascinante, giusto? Ahimè, anche Villa Melania è temporaneamente chiusa al pubblico e abbandonata, nulla di nuovo insomma.

©Mario Antonio Spiritosanto, Dettaglio della cascata di San Filippo – San Filippo Superiore, 2020

Questa breve guida è solo un assaggio delle zone “green-urbane” di Messina; ci sarebbe tanto da raccontare e molto più da riqualificare. Possiamo dire, anche dalla veloce lettura di questo articolo, mi addolora ammetterlo, che ciò che manca spesso a Messina non è la cosiddetta materia prima, ma la voglia di valorizzarla con iniziative comuni, il rispetto verso il verde, la passione di chi guarda una foglia e vede una foresta intera. Forse l’emergenza sanitaria che stiamo vivendo potrà farci porre un’attenzione maggiore non solo all’ambiente in senso lato, ma anche a tutti gli spazi verdi aperti.

Non dimentichiamo dunque di pensare (seppur nel nostro piccolo) a Messina, perché il suo cuore batte per tutti coloro che la attraversano, soprattutto quello verde.

Corinne Marika Rianò

Una giornata con il FAI: alla scoperta di San Filippo Superiore

In occasione delle giornate autunnali del FAI (Fondo Ambiente Italiano) noi di UniVersoMe non potevamo di certo farci scappare l’occasione di essere guidati verso una delle bellezze naturalistiche e culturali della nostra città: il paese di San Filippo Superiore.

Le origini del borgo

Il borgo di San Filippo Superiore ha origini romane. In quel periodo il torrente omonimo, il più grande della zona, era navigabile e serviva per portare a valle i prodotti agricoli. Dal Medioevo alla metà dell’ ‘800 vi fu un’egemonia del monastero dei Basiliani, che fecero arricchire l’area con la coltivazione di cerali, fichi e agrumi e, soprattutto, tramite la vendita dei bachi da seta e della seta già lavorata. Il nome del borgo deriva dal Santo Filippo d’Agira, anche se il patrono e protettore del paese è San Nicola di Bari.

 

©Corinne Marika Rianò, Dettaglio di una delle vie del paese – San Filippo Superiore, 2020

 

L’antico centro

Inoltrandosi nella parte più antica del borgo ci si imbatte subito in due edifici: il primo, datato 1689, in buone condizioni, il secondo non in perfetto stato. In quest’ultimo si racconta vivesse la cosiddetta monaca di casa, una monaca che non viveva in convento ed usciva di casa soltanto per la messa.

Andando avanti si trova il percorso dove sorgevano gli antichi monasteri: il Monastero latino e il Convento ortodosso. Tra i vari passaggi si possono notare alcuni portali, ricchi di simboli.

Il luogo centrale del borgo è la Chiesa di San Nicola di Bari, attualmente chiusa alle visite causa lavori di ristrutturazione. Gli elementi di pregio sono le finiture interne e i cicli pittorici, originari della chiesa del ‘500. In realtà, una chiesa era già presente dall’anno 1000 e costituiva il filo conduttore del paese. Nella piazza antistante la chiesa sono ubicate delle campane antiche.

 

©Corinne Marika Rianò, Campane della Chiesa di San Nicola – San Filippo Superiore, 2020

 

La piazza è collegata da un corridoio sotto un arco che conduce a uno degli edifici più antichi, denominato la casa del cavaliere.

La nostra visita del centro del borgo si è conclusa di fronte ai resti della vecchia Chiesa della Maddalena, della quale è possibile ancora osservare la forma. La chiesa fu distrutta dall’alluvione del 1973. La tempesta d’acqua fu parzialmente arginata da un masso che fece da scudo impedendo ulteriori danni. La grande pietra, oggetto di culto dei cittadini della zona, adesso è ubicata sotto l’iconografia del Santo Patrono.

 

©Corinne Marika Rianò, L’iconografia di San Nicola e il masso che limitò i danni dell’alluvione del 1973- San Filippo Superiore, 2020

 

L’Ecomuseo del grano

La seconda tappa è stata caratterizzata dalla visita dell’Ecomuseo del Grano, fortemente voluto da Nino Bebba, nostra guida all’interno della struttura, per tenere viva la memoria dell’attività dei numerosi mulini ad acqua della zona e della coltivazione del grano, in passato la principale risorsa del villaggio.

All’inizio del ‘900, con l’avvento dell’Unità d’Italia, il sistema siciliano della molitura fu particolarmente penalizzato da una tassa sostanziosa sul macinato, voluta dall’allora Ministro delle Finanze Quintino Sella, che causò alcune rivolte dall’esito fallimentare, da parte dei contadini. Conseguentemente i mugnai di San Filippo, in seguito alle modificazioni del tipo di economia e all’ascesa dei mulini a cilindro, decisero di abbandonare il lavoro.

©Corinne Marika Rianò, Ecomuseo del grano – San Filippo Superiore, 2020

 

I mulini erano costruiti dai mastri mugnai, mastri d’ascia o della pietra. L’ultimo mastro mugnaio costruì un mulino elettrico a macina di pietra, portando avanti la tradizione e permettendo alle zone limitrofe, rimaste ormai sprovviste di attrezzature, di macinare a San Filippo. Ma gli eredi, sfortunatamente, non hanno continuato la tradizione.

Le tipologie di cereali coltivati erano il grano duro, il grano tenero e un particolare tipo di segale che cresceva in grandi quantità e senza ostacoli e possedeva ottime proprietà nutraceutiche. A giugno era raccolto e battuto, pulito dalle donne, macinato e sterilizzato.

La cooperativa di comunità, insieme all’Associazione Italiana Amici dei Mulini Storici (A.I.A.M.S.), è attiva per cercare di limitare la fuga dei giovani dalla Sicilia, terra meravigliosa ed ospitale, ormai sempre più soggetta ad emigrazione.

 

©Corinne Marika Rianò, Il signor Nino Bebba, fondatore dell’Ecomuseo del grano – San Filippo Superiore, 2020

 

La valle dei 40 mulini e la cascata di San Filippo

L’ultima tappa della nostra visita ci ha dato l’opportunità di immergerci nella splendida Valle dei 40 Mulini, chiamata così perché in passato costellata da circa una quarantina di mulini, i più antichi risalenti persino al 1200. Nel nostro percorso abbiamo incontrato alcuni ruderi; in uno di questi si vede chiaramente il canale dell’acqua, in dialetto saia, che portava l’acqua al salto azionando la ruota.

 

©Corinne Marika Rianò, Sentiero dei 40 mulini – San Filippo Superiore, 2020

 

Ammaliati dalla bellezza di alcuni scorci paesaggistici, si percorre un sentiero tracciato che conduce alla magnifica cascata di San Filippo, la quale scorre tutto l’anno, anche nei mesi più caldi; nel periodo estivo è molto piacevole fare il bagno nel pozzetto sottostante. Sotto la cascata inoltre c’è spazio per scattare qualche foto, per riposarsi e, soprattutto, per godersi lo spettacolo.

 

San Filippo Superiore è uno dei tanti luoghi di Messina in cui la storia si fonde con la natura in un intarsio prezioso. La riflessione sul rilancio della nostra città dovrebbe avere come fulcro la valorizzazione del nostro patrimonio storico-culturale, soprattutto quando è strettamente intrecciato con i meravigliosi paesaggi bucolici della natura incontaminata.

©Mario Antonio Spiritosanto, Dettaglio della natura di San Filippo – San Filippo Superiore, 2020

 

 

Corinne Marika Rianò, Mario Antonio Spiritosanto

 

Immagine in evidenza:

© Chiara Raffaele, cascata di San Filippo – San Filippo Superiore (ME), 2020