Se questa è comunicazione… è una comunicazione del caos

È una continua lotta a chi la spara più grossa. L’eterna ricerca dell’opinione più risonante, più provocante. Tanta scena, poca sostanza. Tanti insulti, poca informazione. Tante parole scritte, dette, pubblicate, ma poca democrazia.

È sempre più raro trovare opinioni di matrice costruttiva. È sempre più, se ci fate caso, una gara a distruggere. Distruggere gli altri con un flusso di odio continuo e depredare la buona comunicazione dalle sue regole portanti.

In questo articolo, da addetta ai lavori, darò sfogo alla rabbia scaturita dalle tante storpiature ed orrori che ho avuto modo di analizzare in questi mesi complicati.

Il mondo della comunicazione sta vacillando perché ognuno sente di poter dire ciò che vuole, quando e come vuole.

Dalle persone più comuni, passando per i professionisti, le imprese, la scienza, per arrivare ai politici e alle istituzioni; non sono stati pochi gli strafalcioni che, voluti o meno, hanno minato gli equilibri e il diritto all’informazione.

Una riflessione questa scaturitami dall’addio all’Ordine dei Giornalisti da parte di Vittorio Feltri, il celebre quanto irritante direttore editoriale di Libero che – con il suo tono sempre poco accomodante (per usare un eufemismo) – ha motivato questa mossa dicendo che così potrà dire quello che vuole da libero cittadino.

Cari amici lettori, dire tutto ciò che si vuole non equivale a libertà di espressione. E, soprattutto, non porta da nessuna parte.

La comunicazione è “mettere in comune”. Non è irrompere nella sfera pubblica e privata parlando a vanvera, senza rispetto per l’altro. Per carità, che lo si faccia pure ma c’è una cosa da sapere… tutto ritornerà sempre in faccia come un boomerang.

È un po’ come cogliere alle spalle qualcuno e urlargli nelle orecchie. Non sentirà quello che avrete da dire e magari vi troverete una bella cinquina stampata in faccia.

Ci stiamo stancando di queste grida continue. Di questi “dibattiti” unilaterali che non hanno altro ruolo se non aumentare il caos informativo.

Siamo saturi di sentire Salvini fare propaganda in qualsiasi momento (Ah no?!), Sgarbi non perdere occasione per insultare e dare risalto al suo personaggio (guai a chi mi ripete ancora che è un uomo di “cultura”), Trump dire di fare iniezioni di disinfettante contro il Coronavirus, come se non avesse chi lo informa del fatto che è un’assurdità.

Passo senza troppi scrupoli dall’internazionale al locale e annovero anche il nostro sindaco Cateno De Luca tra gli esempi negativi del fare comunicazione: in questi mesi abbiamo assistito alle sue fittizie conferenze stampa che, in realtà, erano più soliloqui dagli echi autoritari, con eterna aria di sfida alle istituzioni. E tutto questo solo per arrivare dalla Barbarella di casa Mediaset e spopolare sui social su scala nazionale. L’ultima azione, di gravità inaudita, è stata, poi, quella di far diventare l’Ufficio Stampa del Comune – mezzo che dovrebbe essere totalmente neutrale – uno strumento di diffusione di informazioni scopi puramente personalistici a difesa della giunta che lo sostiene.

Ma anche gli insospettabili scienziati – che sembrerebbero disinteressati alla ribalta mediatica – ci hanno infarcito di ricerche, opinioni, supposizioni che ora erano la rivelazione e subito dopo venivano smentite da qualche altro membro di quella che dovrebbe essere “la comunità scientifica”. L’arena scientifica ha preso le sembianze dell’arena politica. Risultato? Forse meglio credere ai messaggini via whatsapp che dicono quello che gli altri ci nascondono.

Anche la comunicazione aziendale non se la passa bene e lo strafalcione della settimana passata se lo aggiudica Easy Jet con lo slogan paradossale, che recitava più o meno così: “scegliete la Calabria visto che non ci va nessuno a causa dei terremoti e della mafia”.  

Sono solo alcuni esempi degli ultimi tempi e i più rilevanti per la gastrite che hanno provocato alla sottoscritta. Siamo sommersi da opinioni non richieste dove personaggi pubblici e privati ricorrono ad indossare la maschera più ridicola e sfacciata per attirare l’attenzione ed emergere. Mi sembra di vivere continuamente nell’imbarazzo che provocano le opere pirandelliane. La differenza è che qui non si procede per paragoni estremi e stereotipie. È la realtà.

Comunicare ha delle regole che partono dall’ascolto e dalla riflessione. Comunicare non è solo avere un faro puntato addosso, bisogna avere anche qualcosa da dire che non sia solo “io io io”. La comunicazione è strategia, pianificazione. È costruzione. Di rapporti umani e fiducia.

A chi mi dice “ti dico tutto quello che voglio”, lo sapete come rispondo? Ma chi te lo ha chiesto!

La libertà di espressione è tale solo per i limiti che contempla. Il continuo scavalcarli sta portando come unico risultato il tracollo di tutti questi soggetti: sta cedendo loro il terreno sotto i piedi, insieme a tutti castelli in aria che si erano costruiti, i consensi estorti e la credibilità che non hanno mai avuto.

Martina Galletta

Perché il professore ci ha dato una lezione

Non fatevi infervorare subito dal mero titolo, anche se so che già vi siete fatti un’idea di ciò che sto per scrivere. In realtà, la questione merita una complessa e completa disamina, oltre ogni campanilismo e sensazione del momento.

Un uomo, coadiuvato dalla sua squadra governativa, Parlamento ed istituzioni di ogni ordine e rango, si è trovato di fronte alla più grande crisi sanitaria ed economica, oserei dire “umanitaria”, che la memoria di chi legge riesca a ricordare: ma pur sempre un uomo. Partiamo da questo dato – incontrovertibile – e vediamo come il nostro Premier sia arrivato alla ormai famosa conferenza del 10 aprile, che tanto clamore ha destato nell’opposizione, direttamente nominata, e nei suoi sostenitori.

Iniziamo proprio da Giorgia Meloni e Matteo Salvini. Leader così simili come idee e modi di fare, esponenti di quella che definirei metapolitica, sostenuta dai potenti mezzi che i social network offrono al giorno d’oggi: sembra impensabile non correlare la loro ascesa e popolarità alla larghissima diffusione dei nuovi mezzi di comunicazione, visto l’uso “compulsivo” che i due (e i loro staff) ne fanno.

Con tutta l’attenzione del Paese, Conte ha dichiaratamente accusato Meloni e Salvini di diffondere menzogne, senza che potessero replicare nella medesima – gigantesca per visibilità – sede.

Fonte: Il Riformista

La prima domanda che viene istintivamente in mente è: lo avrebbero fatto anche loro a parti invertite?

La risposta, con buoni margini di verità, è : questo al contempo vuol dire poco; al massimo può invalidare il piagnisteo scatenatosi nelle ore e giorni successivi. Ma ai “cambio idea” dell’ultimo minuto ci hanno abituati ormai: migliaia di immagini circolano puntuali in seguito a loro affermazioni, confrontando post di tempi diversi totalmente (oltre ogni ragionevole accettabilità) in disaccordo.

Probabilmente – aggiungo – avrebbero fatto di peggio. In tempi di Coronavirus, i due leader si sono limitati a fare – purtroppo – quello che in genere fanno in tempi di pace: proclami, diffusione di fake news, complottismi, rappresaglie prive di utilità, se non alla loro perenne campagna elettorale. Specchio di ciò, il loro contributo, in termini di proposte accolte, è stato praticamente nullo.

Colpa dei cattivoni al governo? Chi vuol rispondere di sì lo faccia, ho poco da dire a loro. Basta scorrere i profili Facebook dei due leader, riascoltare le interviste rilasciate, per scorgere in ogni proposta un tentativo più che di essere d’aiuto, di dire che si sta contribuendo. Dai famosi “soldi direttamente sul conto” della Meloni (verificate la falsità delle cifre ed il riferimento alla Svizzera) al “riaprire le Chiese perché la scienza non basta” (?) di Salvini, ennesimo richiamo all’elettorato cattolico. Roba da far impallidire anche Papa Francesco.

Tabella tratta da “il Fatto Quotidiano” del 12/04/2020. Dati Agcom

Forse, se nessuna proposta è stata accolta è perché non si tratta più di fare politica con la P maiuscola, concetto che – sia chiaro – non ritrovo pienamente espresso in nessun partito odierno: si tratta di fare a gara a chi la spara più grossa, a chi urla più forte, anche quando una proficua collaborazione e un dibattito serio sarebbero stati utilissimi. Per intenderci, non si può lasciare soltanto alla maggioranza, dal punto di vista prettamente ideologico, un peso così grande: e senza dubbio, ne sono fermamente convinto, tutti i provvedimenti presi erano e saranno perfettibili. Ma mi chiedo come, se ormai il dibattito politico è stato sostituito da post e tweet. Non scorgo nessun “fare le pulci al governo”, sacrosanto compito dell’opposizione, come ha detto qualche editorialista più esperto di me.

Sicuramente in politica ognuno tira acqua al suo mulino, come è giusto che sia. Però, si può essere così abietti da applicare questo principio – e limitarsi solo ad esso – anche in una situazione del genere? La risposta, a quanto dicono i fatti, sembra essere sì. Non solo a livello nazionale, state bene attenti.

Ma torniamo al nostro uomo: perché le parole di Conte ci avrebbero dato una lezione? Di cosa? Certamente non di correttezza politica, vista la modalità monopolistica che ha adottato per porre il suo attacco. Ma, mi chiedo, avevamo bisogno di una tale lezione? E soprattutto, Meloni e Salvini che insegnamenti ci hanno dato a riguardo? Ben pochi. Ecco perché io – e come me tantissimi altri – non mi sento di biasimare il Premier.

Di tutt’altro avviso il direttore del TgLa7, Enrico Mentana, attacca i metodi del Premier Conte

Chi mastica social, chi è esposto costantemente ad una arena virtuale, vetrina delle più disparate e bizzarre informazioni, conosce le insidie e le crepe di questi strumenti del terzo millennio. E vede continuamente insinuarsi in tali crepe, allargandole fino a farle diventare voragini, personaggi di ogni tipo, non ultimi – sicuramente per importanza – politici. Un regno fatto di bit, dove le fake news dilagano e i complotti attirano sempre più persone. In questo labirinto di informazioni è facile perdersi. A maggior ragione se qualcuno ti elimina i punti di riferimento, ti spinge verso gli angoli più sperduti e bui. E siamo veramente più che stanchi di una totale mancanza di strumenti che frenino questa ondata di ignoranza, ma sopratutto di chi – l’ondata – la cavalca.

Ci hanno dato uno strumento senza che tutti – ahimè sopratutto i più grandi – fossero pronti ad utilizzarlo. Piattaforme sulle quali con un click puoi: arrivare costantemente ed immediatamente a milioni di persone, eliminare e censurare chi lascia feedback negativi, creare ed utilizzare profili falsi per far sembrare che qualcuno sostenga le tue idee.

Internet in veste di strumento accolto come “la vera democrazia diretta” (di certo non risparmio altri leader e partiti in questa analisi) ma che di democratico ha veramente poco. A corredo di tutto ciò, la crescente ed opprimente impossibilità non solo di un vero dibattito politico, ma anche di un confronto interpersonale con alcuni figli di queste contraddizioni.

Piattaforma online utilizzata dal Movimento 5 Stelle, acclamata come espressione di vera democrazia diretta

Impensabile avviare un dialogo se dietro tutto ci sono sempre “i poteri forti” se ogni cosa è detta perché “qualcuno vuole farcelo credere”. Metodi di verifica dei fatti e delle fonti ufficiali sembrano miraggi, sconosciuti spesso a giornali e giornalisti, quanto più alle persone comuni. Postate una qualsiasi bufala su Facebook e vedrete come un gruppo folto di persone – anche politici – vi daranno seguito se fa comodo o se semplicemente vogliono avere qualcosa da dire su argomenti che non conoscono minimamente.

Ecco perché chi ha un minimo di competenza in qualsiasi campo, non trova spesso nel web un mezzo adeguato per fare informazione reale e puntuale. Ed ecco perché Conte ha bacchettato in diretta nazionale chi più di tutti avrebbe dovuto semplicemente avere la sensibilità, in un momento così buio, di non spegnere le poche certezze che le fonti ed i dati ufficiali ci danno quotidianamente. Giornalisti scorretti, accalappiatori di consensi, spacciatori di fake news: il Coronavirus non ha fermato nessuno di loro.

Francisco Goya, Il sono della ragione genera mostri – Fonte: Wikipedia

Le parole di Conte, seppur avvertite come evitabili, in realtà non erano più rinviabili: esito di questo meccanismo perverso di informazione che se nelle mani sbagliate può accecare e soggiogare le masse, spingendoci nelle tenebre dell’intelletto, nel sonno della ragione. E questo governo non lavora con il favore delle tenebre, abbiamo imparato. Ecco quindi che l’uomo, il professore, il Premier Giuseppe Conte, ci ha dato una lezione ben più grande di quanto ci aspettassimo e di quanto lui stesso immaginasse, seppur in modo poco leale. Ma in questo si intravede la fragilità dell’essere umano.

L’uomo che sotto mille pressioni non si può permettere di combattere anche con le menzogne, ha lanciato un monito su chi fa un uso meschino e scorretto delle informazioni, anche grazie ai mezzi che abbiamo oggi. Ha dato voce ai tantissimi che si sono stancati di questo meccanismo.

Ed ora si respira un’aria nuova.

Emanuele Chiara

Pane Nutella e Sardine: guida contro l’indigestione

 

“Cari populisti, lo avete capito. La festa è finita. Per troppo tempo avete tirato la corda dei nostri sentimenti. L’avete tesa troppo, e si è spezzata.”

E’ questo l’incipit del manifesto delle “6000 Sardine” di cui altri estratti sono sparsi lungo l’articolo. Il movimento apartitico e spontaneo nato dall’idea di quattro ragazzi bolognesi, appena un mese fa, oggi conta un totale di più di 100.000 presenze in varie piazze d’Italia. Il flash mob arriva anche a Messina il 21 Dicembre, in Piazza del Municipio.

La prima piazza, a Bologna, il 14 novembre, si riempie contro il contemporaneo comizio di Salvini, a qualche chilometro di distanza, in favore della candidata Lucia Borgonzioni alle regionali emiliane. L’idea funziona a tal punto da diventare virale.

Come luci di Natale altre decine di città si accendono, vogliono far parte del movimento e scendere in piazza. Non solo in Emilia, ma in tutta Italia. E non solo in Italia, ma anche in varie città del mondo tra cui New York, Berlino e Parigi. L’ultima è stata la piazza di Roma, il 14 dicembre, con la partecipazione di più di 35.000 “sardine”.

Roma – Le sardine in piazza il 14 dicembre

Il background.

Andiamo con ordine. Da qualche anno ormai Matteo Salvini incalza la politica italiana con una propaganda perenne. Lo fa tramite la strategia di social marketing più efficace che l’Italia abbia mai visto dai tempi dei social. Decine di foto, post e live su Facebook, Instagram, Twitter e addirittura TikTok. Giornalmente i suoi social inondano il web di attacchi contro chiunque e contro qualsiasi cosa: avversari politici, giornali e giornalisti, immigrati e così via. E lo fa praticando la più lampante e disonesta demagogia.

Slogan che mirano all’emotività e non alla razionalità, soluzioni facili e spesso inverosimili a problemi seri e complessi, attacchi razzisti e denigratori. Tra un “Buongiorno italiani, caffè?” ed un “Se voi ci siete io ci sono, prima gli italiani!” ecco gli attacchi ad personam in base al periodo contro la Boldrini, poi la sorella di Cucchi, poi Saviano, poi Fabio Fazio, vicino Natale spunta la difesa evergreen del presepe ed infine anche contro la Ferrero (perché usa le nocciole turche e non quelle italiane, attacco poi ritirato perché falso). Geniale, senza dubbio, nello sfruttare l’immensa popolarità dei Nutella Biscuits. Ma, come per il resto delle volte, distorce la realtà in suo favore, riesce ad apparire il garante di quei valori sociali ormai persi.

Profilo ufficiale di Matteo Salvini- attacco a Roberto Saviano

Così facendo si è messo alla guida di un immenso pullman che sparpaglia rabbia e raccoglie consensi. Un esercito di milioni di followers che sul web che difendono il loro Capitano con lo stesso modus operandi (chiusura, populismo ed emotività) e che ha un corrispettivo nella vita reale. I sempre più frequenti fatti di razzismo ed odio sociale sono prova del fatto che sia riuscito a legittimarli: oggi, chi è razzista, lo può affermare con orgoglio e a gran voce, chi odia può insultare e denigrare apertamente (e non è mai da solo).

“Per troppo tempo avete spinto i vostri più fedeli seguaci a insultare e distruggere la vita delle persone sulla rete.”

Profilo ufficiale di Matteo Salvini – attacco ai meridionali

Contro questo clima di oppressione nasce il movimento delle Sardine. Venduto come la grande alternativa alla Lega, ha senz’altro avuto la capacità di far breccia nel buio di chi era diventato ormai incapace di approcciare una politica che non lascia scampo a chi contrappone l’uguaglianza e la ragione al razzismo e la demagogia. Buonisti, zecche rosse, piddìni, drogati, servi delle banche: tante sardine sole, sconfortate e perse nel mare aperto.

L’entusiasmo che ha generato il movimento nasce dall’aver contrapposto, per la prima volta, a questa politica urlante, una voce altrettanto forte sia nei modi che nei toni. Un richiamo al quale ogni sardina ha risposto con la propria presenza in una piazza.

“Adesso ci avete risvegliato. E siete gli unici a dover avere paura. Siamo scesi in una piazza, ci siamo guardati negli occhi, ci siamo contati. E’ stata energia pura.”

Poi però succede che il flash mob termina, l’entusiasmo lascia spazio alle considerazioni “a freddo”. Ad ascoltare Mattia Santori, il portavoce del movimento, succede che tutta la positività lascia spazio ad un bel velo di incertezza, come quando ti allontani dalla costa e vedi pian piano un blu sempre più scuro.

Mattia ed i suoi tre collaboratori hanno radunato migliaia di persone contro la politica degli slogan e del populismo adottando una propaganda di slogan e populismo. A chi gli chiedeva delucidazioni sul movimento ha sempre risposto con un’ottima retorica senza mai perdere quell’astrazione e quell’aleatorietà che molti gli contestano. Il movimento ha sì dei paletti ben impostati, quello del rifiuto del razzismo, del fascismo, della demagogia, quello del rispetto e dell’uguaglianza, ma non ha nessuna idea precisa che possa aiutare concretamente quanti adunati in piazza. 

Parigi – Le sardine manifestano sotto la Tour Eiffel

Tre criticità.

Partiamo dal presupposto che il populismo non lo si sconfigge con il populismo. E non perché lo dice chi scrive, ma perché lo testimonia la storia dell’Italia degli ultimi trent’anni: l’antiberlusconismo è stata l’arma più forte che Silvio Berlusconi ha potuto giocare in 20 anni di dominio, ne è stato il carburante; il popolo viola sembrava avrebbe cambiato di lì a poco l’intera politica italiana, oggi nessuno se ne ricorda; il popolo del vaffa si è tramutato nel partito di potere più contraddittorio degli ultimi anni, il M5S, che ha inoltre svuotato di elettori il centro sinistra ed il centro destra per poi gonfiare quelli della destra sociale.

Dobbiamo riconoscere che:

  • non è un’iniziativa nata spontaneamente: nasce cioè con l’obbiettivo preciso delle regionali emiliane del prossimo 26 Gennaio. Il fatto che si sia diffusa spontaneamente nel resto d’Italia è una anomalia: si tratta in sostanza del primo movimento che fa opposizione a chi, al momento, è all’opposizione;
  • si fonda sullo stesso atteggiamento narcisista che è stata la pietra tombale della sinistra italiana. Che sia motivato o meno rimane narcisismo, lo stesso che ha lasciato i temi sociali, propri della sinistra, alla destra populista, che ora può dirsi invece “destra sociale”;
  • convoglia le energie e le speranze di migliaia di ragazzi verso nulla di preciso. E’ lo stesso Mattia Santori a specificare più volte che l’obbiettivo del movimento è il solo messaggio della necessità di una politica diversa da quella del populismo di destra, dell’insofferenza e della ribellione. Porsi come ago di una fantomatica bilancia vuol dire rubare del tempo e delle risorse preziose a chi vuole strutturare una vera strategia politica.
“Primato nazionale”, Pubble – Critica alle sardine

“Noi siamo le sardine, e adesso ci troverete ovunque. Benvenuti in mare aperto.”

Ma è davvero tutto inutile? No. E non lo è perché proprio questi punti critici sono al contempo punti di forza.

Bisogna anzitutto ammettere che la strategia populista, ogni qualvolta si è trovata di fronte alla realtà dei fatti che gli dava torto, si è mostrata indenne. Per quanto una critica fosse stata costruita su fatti lampanti, su errori madornali, questa non è mai stata in grado di arrecare un minimo danno.

Quante volte Salvini si è contraddetto, quante altre ha strumentalizzato persone, divise e tragedie. Ha minacciato la Costituzione, è scappato dai tribunali, ha tradito i suoi stessi elettori. Ma quanto ancora gli stessi elettori lo rivoteranno? Con quale facilità questi fatti sono caduti nell’oblio e quanti ancora finiranno nel dimenticatoio? Un muro di gomma che incassa tutti i colpi che riceve dalla realtà senza restarne scalfito.

Mattia Santori, Andrea Garreffa, Giulia Trappoloni e Roberto Morotti

Tre meriti.

Il primo grande merito delle sardine è stato quello di aver recuperato gli spazi di condivisione, le piazze, e di averlo fatto fisicamente. Una risposta in chiara contrapposizione all’armata da tastiera. Hanno fatto uscire di casa chi ormai, sul web, non poteva far altro che sottostare ai post e agli attacchi dei populisti, pena il linciaggio pubblico. Chi usciva di casa da solo per raggiungere la piazza, poi si ritrovava tra migliaia di altre persone con le stesse necessità e le stesse difficoltà. Il risultato è stato grandioso, lo testimoniano le piazze piene: evidentemente questa è una strada che va perseguita. 

Il secondo grande merito è che proprio nell’essere apartitici riescono ad unire chiunque attorno a denominatori comuni che oggi è sempre più difficile affermare: l’anti-fascismo, l’anti-populismo, l’anti-razzismo, il rispetto, la democrazia, l’uguaglianza e, soprattutto, il riconoscimento della complessità della politica. Questa coerenza di piazza fa sì che, nonostante le sardine abbiano una connotazione dichiaratamente di sinistra, costituisca un’alternativa agli elettori di destra più moderati, che infatti hanno raggiunto le piazze.

Infine, hanno riorganizzato e riformulato la domanda politica, non si sono posti come offerta. E’ vero che il movimento non ha soluzioni, ma non ha mai preteso di averne. Non ha motivo di offrirne ancora, all’indomani del primo mese di vita. Oggi il movimento si pongono come entità intermedia: da un lato la grossa fetta di italiani rassegnati ad una politica d’oppressione psicologica, dall’altra i rappresentanti dell’attuale Governo.

Non sta certamente a Mattia Santori, tantomeno alle varie sardine d’Italia, trovare ora soluzioni alternative a quelle che la destra populista “propone” per ogni problema del Paese. Semplicemente perché al Governo, per il momento, non c’è la destra populista. Il governo giallo-rosso, di contro, non deve e non può lasciare questo movimento al caso, i sondaggi che dimostrano un monopolio salviniano non glielo permettono.

LEFT – Vignetta di Vauro

Le prospettive.

Realisticamente l’entusiasmo scomparirà, e lo farà prima di quanto si possa pensare. Le “6000 Sardine” sono un brand di moda che molti personaggi politici vogliono sfruttare a proprio favore: Salvini per fare del vittimismo con delle simpatiche foto di gattini che mangiano sardine, il PD ed il M5S per cercare un po’ di linfa, idee, energie nuove. 

Ma, e questo è il punto cruciale, qualora anche solo l’1% di tutte le sardine coinvolte in questo mese fosse in grado di costruire, un domani, un’entità politica nella quale riunire tutte le sardine d’Italia, allora il movimento avrà avuto un senso. 

E se invece le varie figure di spicco venissero inglobate da qualche partito pre-esistente? Anche questo è uno scenario possibile, e lo è nella misura in cui queste personalità riescano ad impattare sulla direzione di quel partito portando alla Camera ed al Senato il messaggio delle 6000 sardine: vivere, testimoniare e onorare con la politica gli ideali della Costituzione.

E se ancora decidessero di non schierarsi apertamente? Rimarrebbero l’ago della bilancia acquisendo un peso non indifferente alle prossime elezioni.

Con il nuovo anno, insomma, delle sardine potrà rimanere la lisca, qualche piccolo gruppo sparso, o un gruppo ancor più grande. Comunque vada, il 21 Dicembre sarò in Piazza Municipio con una sardina di carta.

“E’ chiaro che il pensiero dà fastidio, anche se chi pensa è muto come un pesce. Anzi, è un pesce. E come pesce è difficile da bloccare, perché lo protegge il mare. Com’è profondo il mare”. (L. Dalla)

Antonio Nuccio

 

Reddito di cittadinanza: falso sito raccoglie 500mila richieste

Si trattava dell’esperimento satirico di un’agenzia di comunicazione, ma 500mila persone ci hanno creduto ed hanno inoltrato richiesta.

Il reddito di cittadinanza è uno degli argomenti politico-economici più caldi degli ultimi mesi, anzitutto negli ultimi giorni con la manovra finanziaria in approvazione in Parlamento e governo gialloverde in fibrillazione.
Proprio nelle ultime ore è giunta notizia della creazione e del successo di un sito-fake, con design simile a quello dell’INPS (Istituto Nazionale Previdenza Sociale) e un invito ben preciso: “Prenota il tuo reddito di cittadinanza 2018-2019”.

Il portale, denominato IMPS – Istituto Mondiale Provvidenza Solare, è stato realizzato da Ars Digitalia, agenzia di comunicazione che ha voluto usare l’espediente satirico per architettare un esperimento sociale.

“Dopo una campagna elettorale come quella passata, pensiamo che sia compito della satira, anche molto spinta come quella che abbiamo creato, far riflettere gli elettori e comprenderne i sentimenti.

I partiti ci potranno accusare di strumentalizzare la miseria delle persone, ma dovranno ammettere di averlo fatto loro in primis giocando su quella vulnerabilità per ottenere posti in parlamento con promesse alquanto discutibili”, dichiara l’agenzia stessa.

In fondo alla pagina web, è dichiarato apertamente che “il sito è stato sviluppato per fini ludici” e “made with love from Naples by Ministero dello sviluppo ergonomico.

Dunque, nonostante ad un astronauta del web mediamente accorto, bastino pochi minuti per capire che si tratta di uno scherzo e di un portale fake, fino ad oggi (da marzo 2018, data della creazione del sito) sono state più di 500mila le persone che hanno inserito i propri dati sul sito in attesa di ricevere il Reddito di Cittadinanza.

A convincere gli utenti hanno contribuito la “struttura istituzionale” del sito e un’infografica allettante: 780 euro per i single e fino a 1.638 euro per le famiglie in difficoltà.

“Se per qualche motivo vi abbiamo offeso ci scusiamo sinceramente, prendete questa solo come un’occasione per imparare ancora una volta a distinguere il vero dal falso.
E sappiate che non salviamo nessuno dei vostri dati personali senza autorizzazione.
La sicurezza passa prima da noi”, spiega Ars Digitalia sul suo sito ufficiale.
Insomma, una satira che colpisce, suscita un sorriso e dimostra ancora una volta il potere di persuasione dei contenuti “fake” su internet.

Antonio Mulone

Decreto Sicurezza: arriva il sì del senato

Dl sicurezza, l’ufficio Bilancio del Senato: «Mancano le coperture». Il Viminale: «Solo normali rilievi»

Via libera del Senato al decreto Sicurezza con 163 Sì, 59 no e 19 astenuti. I presenti sono stati 288, i votanti 241. Il decreto, che è stato approvato con il voto di fiducia, ora passa al vaglio della Camera. Cinque i dissidenti tra i pentastellati che hanno disertato l’Aula: trattasi di Gregorio De Falco, Paola Nugnes, Elena Fattori, Matteo Mantero e Virginia La Mura. I senatori di Forza Italia, che apprezza il contenuto del provvedimento, sono rimasti in aula senza votare. Mentre Fratelli d’Italia, che pure tifa per la misura sull’ immigrazione, ha scelto l’astensione, che, con il nuovo regolamento del Senato, non equivale più a un voto contrario. Hanno votato contro invece il Partito Democratico, Liberi e Uguali e le Autonomie.

 

 

Tuona così  su Twitter il ministro degli interni Matteo Salvini.

 

 

 

 

 

 

 

 

Poi, in una conferenza stampa, si rivolge a quelli che definisce “sciacalli“: “Si rassegnino – dice – questo governo andrà avanti a lavorare per 5 anni“.
Il decreto in questione si compone di quaranta articoli, con misure che vanno dall’abrogazione dell’istituto del permesso di soggiorno per motivi umanitari, al restringimento dell’azione degli Spar, dai trattenimenti più lunghi nei Cpr, Centri di permanenza per i rimpatri, a norme più severe per la concessione della cittadinanza. Fino all’estensione del taser (la pistola ad impulsi elettrici), dei Daspo nelle città e norme sulla lotta alle mafie.

Oltretutto vi sono novità sulla videosorveglianza, gli sgomberi degli immobili occupati abusivamente, il Fondo per la sicurezza urbana e l’utilizzo dei droni. Tuttavia il fulcro rimane sui richiedenti asilo: per quelli che compiono gravi reati è prevista la sospensione dell’esame della domanda di protezione ed è possibile l’obbligo di lasciare il territorio nazionale. In caso di condanna in primo grado è contemplato che il questore ne dia tempestiva comunicazione alla Commissione territoriale competente. Inoltre il decreto riserva esclusivamente ai titolari di protezione internazionale e ai minori non accompagnati, i progetti di integrazione ed inclusione sociale previsti dallo Sprar (Sistema protezione e richiedenti asilo e rifugiati). Vengono stanziati quasi 360 milioni fino al 2025, per Polizia e Vigili del Fuoco per l’acquisto e potenziamento dei sistemi informativi per il contrasto del terrorismo internazionale.
Di questi 360 milioni, 267 sono per la pubblica sicurezza e 92 per i pompieri. Inoltre i Comuni con più di 100 mila abitanti potranno dotare 2 poliziotti municipali di taser in via sperimentale per un periodo di sei mesi. Quest’ultimi, se addetti ai servizi di polizia stradale e in possesso della qualifica di agente di pubblica sicurezza, possono accedere al Centro elaborazione dati (Ced) delle forze di polizia.

Per di più vengono ampliate le zone dove può scattare il Daspo urbano, includendo quelle di particolare interesse turistico e le aree destinate allo svolgimento di fiere, mercati pubblici e spettacoli. Previsto anche il Daspo per coloro che sono indiziati per reati di terrorismo. Inoltre i blocchi stradali tornano ad essere sanzionati penalmente e non più in via amministrativa. E ancora, l’utilizzo del braccialetto elettronico sarà possibile anche nei confronti degli imputati dei reati di maltrattamento in famiglia e stalking. Infine il potenziamento dell’Agenzia per i beni confiscati, i quali saranno dati in affitto “sociale” alle famiglie in condizioni di disagio.

 

Santoro Mangeruca

Continua l’emergenza migranti: Il caso Malta

I 450 migranti presenti sul barcone partito, probabilmente, da Zuara sono stati trasbordati su due navi militari questa mattina.
Il ministro Salvini mantiene ferma la sua posizione e insiste perché vengano mandati a Malta o tornino in Libia, poiché come ha spiegato in un colloquio con il premier Conte:

“In Italia si arriva solo con mezzi legali. Occorre un atto di giustizia, rispetto e coraggio per contrastare i trafficanti di esseri umani e stimolare un intervento europeo. I migranti si nutrono e si curano tutti a bordo, mettendo in salvo donne incinte e bambini. Non possiamo cedere, la nostra fermezza salverà tante vite e garantirà sicurezza a tutti. Da quando siamo al governo, rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, ci sono stati oltre 27.000 sbarchi in meno. Se vogliamo mantenere questi risultati positivi, non possiamo mostrare debolezze”

Il trasbordo dei 450 migranti è avvenuto questa mattina a Linosa: 176 persone sono state messe sul pattugliatore inglese “Protector” inserito nel dispositivo Frontex, e altre 266 sul “Monte Sperone” della Guardia di Finanza.
Alcune donne e bambini sono stati trasportati a Lampedusa per motivi sanitari.
Le condizioni di salute sono infatti particolarmente gravi per alcuni di loro, dopo estenuanti giorni di viaggio.

Le due navi militari sono ancora in attesa di conoscere il Pos, cioè il porto dove approdare e sbarcare. La Capitaneria di porto di Porto Empedocle sta attendendo notizie dal Centro di coordinamento di Roma.

Dopo lunghe trattative con Malta, che si era occupata coordinamento del soccorso senza però mandare navi e senza dare disponibilità per l’accoglienza sull’isola dei migranti, il governo italiano ha fatto intervenire il pattugliatore della finanza e la capitaneria per scortare il peschereccio.

Benedetta Sisinni

Fondi Lega: arriva la pronuncia della Cassazione

La notizia più calda del momento, quella maggiormente trattata dalle testate e dai Tg di tutt’Italia, è sicuramente quella relativa al caso dei fondi illeciti che la Lega dovrebbe restituire perchè frutto di una truffa incorsa ai danni dello Stato. Il fatto risale a circa dieci anni fa e ad occuparsene fu il Tribunale di Genova che nel 2017 aveva già condannato l’allora segretario del partito Umberto Bossi, l’ex tesoriere Francesco Belsito ed altri esponenti ed imprenditori legati al Carroccio.

La sentenza prevedeva la confisca al partito di circa 49 milioni di euro come risarcimento per i rimborsi ingiustamente utilizzati, “somma corrispondente al profitto, da tale ente percepito, dai reati per i quali vi era stata condanna”. Ma, il 4 settembre 2017, giorno in cui la procura di Genova aveva ottenuto il decreto per il sequestro dei fondi, sui conti correnti della Lega erano stati ritrovati solo 2 milioni, somma che ovviamente non poteva essere ritenuta sufficiente. Alla luce di tutto ciò, le autorità avevano richiesto di estendere il provvedimento anche alle somme che sarebbero state depositate in futuro nelle casse del partito, in modo da poter rispettare quanto definito dalla sentenza, ma il tribunale del Riesame aveva respinto questa richiesta, bloccando tutto il processo in corso.

Risultati immagini per cassazioneIl 12 Aprile scorso la procura di Genova ha quindi presentato ricorso alla Cassazione, ricorso che è stato effettivamente accolto solo tre giorni fa, rinviando al tribunale del Riesame il compito di riconsiderare la decisione presa nel 2017 sulla base del fatto che “la fungibilità del denaro e la sua stessa funzione di mezzo di pagamento non impongono che il sequestro debba necessariamente colpire le medesime specie monetarie illegalmente percepite […] la somma corrispondente al loro valore nominale, ovunque venga rinvenuta, una volta accertato, come nel caso in esame, il rapporto pertinenziale quale relazione diretta, attuale e strumentale, fra il danaro oggetto del provvedimento di sequestro ed il reato del quale costituisce il profitto illecito” . In parole povere, ciò che vorrebbe la Cassazione è la restituzione dei fondi acquisiti dalla Lega truffando lo Stato, sia che questi fossero già presenti nelle casse del Carroccio, sia che questi provenissero da finanziamenti futuri.

Risultati immagini per fondi legaIn generale possiamo definire tutto ciò come un durissimo colpo inferto al partito che negli ultimi mesi sta macinando terreno confermandosi sempre più come seconda forza politica in Italia. Subito dopo la pronuncia della Cassazione, anche il ministro della Giustizia Bonafede ha rincarato la dose affermando ai microfoni dell’Ansa che:

“Tutti devono potersi difendere fino all’ultimo grado di giudizio. Poi, però, le sentenze vanno rispettate, senza evocare scenari che sembrano appartenere più alla Seconda Repubblica”

Parole che non sono state affatto apprezzate dal leader della Lega, nonché ministro dell’Interno, Matteo Salvini, la cui dichiarazione non si è fatta aspettare:

“Onestamente con tutte le cose importanti a cui sto lavorando, questa è quella che mi interessa di meno.”

Bisognerà dunque aspettare qualche altro giorno per capire come si profilerà tutta la questione, considerando la volontà espressa da fonti leghiste di incontrare il presidente Mattarella dopo il suo ritorno dal viaggio in Lituania (incontro che dovrebbe tenersi lunedi 9 al Quirinale), e quale sarà la pronuncia del Riesame in merito alla nuova sentenza della Cassazione.

Giorgio Muzzupappa

Tra sicurezza e rischio. Arriva il Taser in Italia

Saranno undici le città d’Italia in cui partirà la fase di sperimentazione del Taser e trenta i dispositivi da acquistare. Questi i numeri iniziali per dare avvio a una nuova fase per le forze dell’ordine italiane che disporranno della comunemente conosciuta pistola elettrica.

Ieri è arrivata la firma del decreto che ha messo fine ad un iter legislativo durato 4 anni. Anche l’Italia, dunque, farà parte di quella schiera di paesi, 107 per la precisione, dove l’arma è utilizzata delle forze dell’ordine in alternativa alle armi da fuoco.

Milano, Napoli, Torino, Bologna, Firenze, Palermo, Catania, Padova, Caserta, Reggio Emilia e Brindisi, saranno le prime città dotate dell’arma elettrica. La fase sperimentale seguirà a una preliminare e necessaria fase di formazione di donne e gli uomini delle forze dell’ordine coinvolti nella prima fase di utilizzo.

 “È una misura di dissuasione non letale – ha spiegato il ministro degli interni Salvini – che può risultare più efficace e soprattutto può ridurre i rischi per l’incolumità personale degli agenti che si trovano in situazioni borderline. Credo che la pistola elettrica sia un valido supporto, come dimostra l’esperienza di molti paesi avanzati, tra cui gli Stati Uniti, il Regno Unito, la Francia e la Svizzera”

Il dissuasore elettrico, in realtà, meno di un mese fa, era già arrivato alla gendarmeria di Città del Vaticano anticipando il resto del territorio italiano.

Il Taser è un’arma propria non letale che deve il suo nome all’acronimo di “Thomas A. Swift’s Electric Rifle” dal libro pubblicato a New York nel 1911 che narrava di un’avventura imperialista (e razzista) in cui il protagonista Tom Swift sviluppa un fucile elettrico per la caccia all’avorio in Africa.

Niente di fantascientifico o troppo futuristico, insomma.

Premendo il grilletto della pistola si sparano contro l’obiettivo due piccole “freccette” – gli elettrodi – legati al corpo del Taser da due cavi elettrici isolati, lunghi solitamente non più di 8 metri. La distanza consigliabile per un tiro efficace è, infatti, dai 3 ai 7 metri. Quando il bersaglio viene colpito, si crea un circuito elettrico e la scarica inizia a fluire dalle batterie della pistola verso l’obiettivo.

La funzione del dispositivo è propriamente di deterrente: andrà mostrato senza esser impugnato per far desistere il soggetto dalla condotta in atto. Se il tentativo fallisce si spara il colpo. Il dissuasore elettrico è in grado di stordire la persona colpita, immobilizzandola per alcuni secondi, senza provocare danni letali. O almeno, nella maggior parte dei casi.

Le Nazioni Unite inseriscono il Taser tra gli strumenti di tortura. Secondo Amnesty International l’uso di queste armi ha provocato la morte di centinaia di persone degli Stati Uniti (500 morti tra il 2001 e il 2012) e ne ha chiesto il ritiro.

Si tratta di uno strumento che richiede molta più cautela di quanto la sua definizione di non letalità lasci presupporre. Il beneficio derivante da un minor utilizzo delle armi da fuoco è, infatti, controbilanciato da alcuni elementi negativi non trascurabili: i potenziali rischi di abuso, la sofferenza provocata dalla scarica elettrica alla quale è associato, la perdita di controllo del sistema muscolare. Senza tralasciare le ulteriori conseguenze di tipo fisico dal momento che la persona colpita dalla scossa elettrica normalmente rovina a terra e quindi ciò può provocare lesioni alla testa o a altre parti del corpo. Nei casi più gravi, infine, la morte per arresto cardiaco o conseguenze, per esempio, sulla salute del feto nel caso di donne incinte.

Proprio per limitare i rischi, stando a quanto trapelato dal Capo della Polizia Gabrielli, per le forze dell’ordine italiane si prenderà in esame un modello “personalizzato” di arma, caratterizzato da un amperaggio ridotto, con scariche ancora più corte rispetto ai cinque secondi dei modelli classici, e predisposte in modo da cessare automaticamente senza bisogno dell’intervento manuale.

Martina Galletta

Scontro sui vaccini: riflessioni di uno studente di medicina

Salvini, paura e populismo: non è il metodo Burioni che salverà i bambini italiani.

L’ultima entrata in scivolata contro il mondo dei vaccini risponde al nome del neoeletto Ministro degli Interni Matteo Salvini. Non è stata la prima “frase accalappia voti” e non sarà l’ultima sull’argomento. Ma nella disputa pro-vax vs no-vax, chi è davvero il peggior interlocutore?

E’ ormai da circa vent’anni che dilaga a macchia d’olio la paura del vaccino. Se prima rimaneva confinata tra mura domestiche, come un tarlo si insinuava nei genitori e ne nascevano discussioni più o meno convinte, da pochi mesi a questa parte l’argomento ha assunto dimensioni inimmaginabili.

Pochi comprendono il funzionamento di questa conquista scientifica, o che almeno era considerata tale quando ancora amici e parenti morivano di poliomelite, pertosse, morbillo e meningite. 

Si sa, noi italiani, siamo appassionati di storia solo quando si tratta di elencare i pregi del periodo fascista o quando elenchiamo tutti i goal segnati dalla squadra del cuore (sì, è una frase qualunquista, ma sfido chiunque a sfatarla).

La maggior parte ignora quanto il vaccino abbia fatto per i propri nonni, genitori, e connazionali. Ignoriamo, cioè, la storia dei vaccini, le personalità che vi hanno dedicato la vita, e ancor meno conosciamo la storia di chi ha avviato la lotta ai vaccini: Andrew Wakefield. E’ questo il nome del medico inglese che nel 1998 pubblicò uno studio in cui associava le infiammazioni intestinali all’autismo,  riferendo inoltre che alcuni dei bambini affetti da autismo avevano sviluppato i sintomi dopo la somministrazione del vaccino trivalente contro morbillo, parotite e rosolia (Mpr). 

La ricerca, pubblicata sul rinomato Lancet, concludeva dichiarando espressamente che non era ancora dimostrabile alcun legame tra vaccinazioni e sintomi manifestati in quei bambini. Tuttavia lo stesso Wakefield organizzò varie conferenze nelle quali sosteneva che tale legame fosse probabile, generando il panico generalizzato. La soluzione sarebbe stata quella di una somministrazione monovalente per i vari virus del trivalente, che però ancora non esisteva. Anzi, fuori il coniglio dal cappello! L’aveva appena brevettata!

Che colpo di genio, che coincidenza! No. Ovviamente la ricerca era stata falsata, mancavano i casi-controllo, alcuni reperti istologici erano stati manomessi, e venne anche fuori che la ricerca era stata commissionata da un avvocato che voleva intentare una causa miliardaria contro la casa di produzione del suddetto vaccino. Insomma, i no-vax lottano contro l’economia delle case farmaceutiche abbindolati proprio da chi era pronto ad intentare una truffa sulla salute della popolazione mondiale.

Il dubbio è da sempre linfa per l’uomo, perché conduce ad una ricerca che a sua volta porta al superamento di un limite, ad una conoscenza maggiore, all’acquisizione di un vantaggio evolutivo. Ma un dubbio non supportato da un metodo scientifico, può diventare qualunque cosa. E quando più persone con lo stesso dubbio e con la stessa mancanza di senso critico si incontrano, rafforzano le proprie convinzioni, il dubbio diventa paura. La paura alimenta se stessa, attecchisce senza destare sospetto. E quando la paura dilaga allora è utile strumentalizzarla, perché porta consenso. Da qui il suo sfruttamento dai vari politici di turno.

Viene montata ad hoc la guerra “popolo” contro “èlite”, dove èlite è chiunque faccia parte di un mondo visto inaccessibile, difficile, fatto di competenza, di dati, di razionalità; popolo è chi rifiuta l’esperto, chi si fida delle sensazioni, chi trova risposte semplici a problemi complessi. Ogni volta che un esperto si esprime, c’è una parte di paese che lo avverte come nemico, perché dati, prove e dimostrazioni negano propri i sentimenti. Perché la tua analisi dovrebbe valere di più di quello che io provo?

Ecco come medici, chimici, farmacisti, biologi, sono diventati bersaglio di biasimo, di rabbia da parte dell’opinione pubblica fino ad essere tacciati per servi del potere.

Fino ad oggi, lo staff medico ha combattuto questa guerra con le stesse armi degli oppositori, guerra combattuta nella piazza più grande e più complessa che esista: i social network. Allo scettico si è risposto con l’indisponenza, al dubbioso si è risposto con la superbia, alla “mamma informata” si è risposto con la derisione. Ecco perché il Dottor Burioni sbaglia, e con lui i suoi sostenitori. Il virologo marchigiano è probabilmente l’influencer pro-vax più conosciuto d’Italia, il punto di riferimento sui social per la fetta di utenti concordi con le sue idee e che rivedono in lui un porto sicuro quando, fuori, la tempesta no-vax inghiotte le navi solitarie. La preda perfetta per tutti gli hater, complottisti e no-vax che sotto ogni suo post scatenano le proprie battaglie. L’atteggiamento da lui assunto nel rispondere a tali critiche, che più spesso sono insulti, è comprensibile, ma del tutto inefficace. 

Ad esempio: se il signor Cocco Meningo sostiene di non voler vaccinare il proprio bambino per aver letto su www.ivaccinisonounatruffadellecasefarmaceutiche.org che il vaccino “x” causa la malattia “y” è sicuramente poco e male informato. Rispondergli che non capisce nulla, che “la scienza non è democratica”, che “dovrebbe studiare prima di aprir bocca” non farà altro che rafforzare nel signor Meningo la propria idea, aizzerà la rabbia sua e di chi la pensa come lui, a subirne le conseguenze sarà suo figlio che non verrà vaccinato.

Non basta, Dottor Burioni, riportare in interminabili post le prove dell’utilità dei vaccini, ciò che comporta il loro inutilizzo, i link delle fonti scientifiche da cui ha attinto, perché è pane solo per chi ha i “denti” del senso critico, della conoscenza della materia. Per tutta la restante popolazione, la maggioranza, il suo modus operandi non è commestibile, è benzina sul fuoco, parole che non verranno mai lette e comprese, coperte immediatamente dalla rabbia di chi ha paura e si sente preso in giro pubblicamente. 

La vera soluzione sta nel rivedere il rapporto umano che il medico, quello di base ed il pediatra in primis, e in generale tutti i membri dello staff sanitario, devono instaurare con i pazienti ed i loro parenti. Oggi più che mai, il “rapporto umano” su cui si è costruita da sempre l’arte medica, deve trovare nuove vie per approcciare  chi ha paura e riconquistare la sua fiducia. La paura, l’ignoranza e la malattia sono cose intime: come si pensa di poterle sconfiggere sui social? Questi, semmai, possono tornare utili in un secondo momento, per eventuali approfondimenti, curiosità e confronti. Non possono e non devono essere la prima fonte di informazione, né sostituire la visita medica e il rapporto paziente-medico.

Oltre a ripartire da zero sul fronte del rapporto medico-paziente, occorre riorganizzare il fronte dell’istruzione, dalle scuole elementari alle superiori. Più che incentivare lo studio delle materie scientifiche, dovrebbe assumere primaria importanza l’acquisizione del metodo scientifico, del senso critico, di cosa vuol dire dimostrare una tesi, confutarla, costruire un esperimento, osservare e dedurre conclusioni. Un tipo di educazione che stimoli non a contenere informazioni, bensì  alla critica, alla creatività all’elaborazione attiva di ciò che si impara.

Il medico oggi deve accettare la realtà in cui è obbligato ad operare, non combatterla. Solo scendendo a patti con se stesso e con il paziente potrà rieducarlo. Non può più contare sull’autorità che un tempo il camice bianco conferiva a chi lo indossava: deve costruire il rapporto persona per persona, parola per parola, solo allora acquisterà un peso sostanziale ed un raggio di azione che il medico formale non ha mai avuto.

Antonio Nuccio