Noi messinesi come l’araba fenice capaci di rinascere anche stavolta

“Metti un po’ di musica leggera perché ho voglia di niente”. Da settimane, nella testa di ciascuno di noi, riecheggiano queste parole, accompagnate da un piacevole melodia. Il nuovo tormentone degli artisti siciliani Colapesce e Dimartino, presentato all’ultimo Festival di Sanremo, ci ha conquistati probabilmente perché rievoca la spensieratezza e la leggerezza negate dalla pandemia. Nonostante si inizino a intravedere soffusi spiragli di luce, la coltre di nebbia avvolge ancora le nostre vite, immerse in un’atrofizzante limbo.

Non è la prima volta che l’umanità sta affrontando un dramma del genere. Infatti, nel corso della Storia globale, della Storia della nostra Comunità europea e della Storia del nostro Paese si sono verificati eventi traumatici. Anche nella Storia della nostra città, Messina, più volte afflitta dalla furia distruttiva delle calamità naturali.

Nel corso del “secolo breve” la città dello Stretto, già devastata dalla catastrofe del 1908, ha dovuto affrontare il dramma della Seconda Guerra Mondiale – suo malgrado – da protagonista, vista la sua posizione strategica nella geopolitica del conflitto.

Messina città invincibile

Nel 1943, in seguito allo Sbarco in Sicilia delle Truppe Alleate, Messina subì più di 320 incursioni aeree. Le circa trentamila bombe sganciate sulla città distrussero almeno il 75% degli edifici ricostruiti dopo il terremoto e uccisero oltre un migliaio di messinesi. “La città era come un grande cimitero sotto la luna”, scrisse Stefano D’Arrigo, indimenticato autore del romanzo Horcynus Orca.

Gli Alleati entrarono il 17 agosto a Messina, trovandosi di fronte a una città “fantasma”, un ammasso di rovine.

Già tra la primavera e l’estate dell’anno successivo iniziarono, per la seconda volta in meno di mezzo secolo, i lavori di ricostruzione. Si consolidò presto il mito di Messina città invincibile, pronta a risorgere dopo il disastro. La letteratura diede un forte contributo in tal senso.

L’ingresso degli Alleati a Messina – Fonte: normanno.com

La rigenerazione culturale: la vicenda dell’OSPE

La rinascita della polis non passa esclusivamente della ricrescita economica e dalla ricostruzione materiale dei fabbricati, ma soprattutto da una rigenerazione culturale. Il fermento culturale del dopoguerra è rintracciabile soprattutto nella vicenda dell’OSPE, nata come agenzia di distribuzione di dispense universitarie e di giornali, e divenuta successivamente – per volontà di Antonio Saitta, uno dei fondatori – una libreria, cenacolo culturale principale della città.

Nel suo retrobottega, si animavano discussioni e dibattiti sulle più svariate tematiche, moderati soprattutto da una delle più importanti figure della Messina del secondo dopoguerra: il giurista e rettore dell’Università di Messina –dal 1955 al 1976– Salvatore Pugliatti.

I maggiori frequentatori delll’OSPE diedero vita al Gruppo del Fondaco – di natura artistica – e all’Academia della Scocca. Le due istituzioni parteciparono con grande vigore alle manifestazioni culturali cittadine, di cui spesso erano anche promotrici.

L’apice fu raggiunto nel gennaio 1960, con i festeggiamenti in occasione del Premio Nobel per la letteratura conquistato -nel 1959- da Salvatore Quasimodo, insignito della cittadinanza di Messina e della laurea in lettere honoris causa, su iniziativa dei vecchi amici dell’OSPE.

Gli accademici della Scocca – Fonte: Villaroel G., Messina anni 50′

L’ “Agosto Messinese”

Le grandi manifestazioni popolari furono una prova della rinascita della città, di un dinamismo incessante, motivato dalla volontà di spazzare definitivamente la precarietà del periodo della guerra.

Particolarmente ricco di eventi era “l’Agosto Messinese“, il cuore delle estati in riva allo Stretto negli anni ’50. Voluta dall’assessore Lucio Speranza, questa imponente manifestazione abbracciava una serie di eventi di varia natura: la gara automobilistica della “X ore notturna”, la “coppa Cesare Lo Forte” di pallacanestro, ma, soprattutto, le esibizioni tenute al cosiddetto “Teatro de Dodicimila”, allestito per l’occasione in Piazza Municipio.

Il clou della manifestazione si raggiungeva in occasione della “Passeggiata dei Giganti” Mata e Grifone e la processione della Vara.

Locandina dell'”Agosto Messinese” – Fonte: pinterest.it

Gli eventi di carattere internazionale

La rinascita di Messina passò anche dagli eventi di carattere internazionale che si svolsero in quegli anni e tennero i riflettori puntati sulla nostra città. Dal 1946 tornò, con la VII edizione, la Fiera Internazionale di Messina, inaugurata dal Capo provvisorio dello Stato Enrico De Nicola.

Nel 1953 l’arte diventa protagonista con la mostra su Antonello da Messina e il ‘400 siciliano, tenuta nel Palazzo Municipale.

Nel 1955 si svolsero due memorabili eventi: la Conferenza di Messina, fortemente voluta dal ministro degli Esteri – nostro concittadino – Gaetano Martino, dove si posero le basi per i futuri Trattati di Roma e la nascita della Comunità Economica Europea (CEE) e all’EURATOM, e la prima edizione della Rassegna Cinematografica Internazionale di Messina e Taormina -chiamata così dal 1957-, oggi conosciuta come Taormina Film Fest.

Da sinistra a destra: Paul-Henri Spaak (Belgio), Walter Hallstein (RFA), Antoine Pinay (Francia), Joseph Bech (Lussemburgo), Gaetano Martino (Italia) e Johan Willem Beyen (Paesi Bassi) – Fonte: normanno.com

La grande lezione della Storia

La vitalità del secondo dopoguerra dimostra che è possibile rinascere dopo un evento traumatico, come quello vissuto nell’ultimo anno. La nostra città ha tante questioni aperte, dal dibattito urbanistico – ma non solo – sul destino del quartiere fieristico al fenomeno dell’emigrazione giovanile, dalla riqualificazione dei torrenti inquinati alla ricerca di un’identità perduta da tempo. Come la fenice abbiamo l’occasione di risorgere dalle nostre ceneri e spiccare nuovamente il volo, per riportare Messina ai fasti del suo glorioso passato.

 

 

Mario Antonio Spiritosanto

Articolo pubblicato sulla Gazzetta del Sud in data 25 marzo 2021

 

Fonti:

Messina negli anni Quaranta e Cinquanta, Istituo di Studi Storici Gaetano Salvemini – Messina, Atti di Convegno 1998, Sicania, Messina

Immagine in evidenza:

Il “Teatro dei Dodicimila” in Piazza Municipio durante l'”Agosto Messinese” negli anni ’50 – Fonte: pinterest.it

Nascita di un premio Nobel: Quasimodo e il suo periodo messinese

Dopo diversi mesi di inattività eccoci tornati con un nuovo pezzo per la rubrica Personaggi. Si ricomincia con un articolo su uno dei poeti italiani più amati di sempre, Salvatore Quasimodo.
Il poeta premio Nobel per la letteratura è infatti indissolubilmente legato alla provincia di Messina, luogo dove ha passato i periodi dell’infanzia e della giovinezza e che nella sua poetica diviene l’emblema della felicità
perduta, un luogo mitizzato sempre presente nei suoi ricordi; Messina, inoltre, è la città che lo ha visto crescere, dove ha studiato e scritto i primi versi, e che pertanto ha svolto un ruolo importantissimo nella sua formazione artistica e personale.

Salvatore Quasimodo nasce a Modica, in provincia di Ragusa, nel 1901. Il padre Gaetano era un capostazione delle Ferrovie dello Stato e a causa del suo lavoro la famiglia Quasimodo gira diversi paesi della Sicilia orientale. Unico punto di riferimento, luogo sempre presente nei ricordi di infanzia del poeta sarà Roccalumera, un piccolo paesino della riviera ionica in provincia di Messina dove vivevano i nonni paterni. È proprio lì che Quasimodo scopre l’amore per la lettura. La zia Rosaria infatti, per tenerlo buono, gli leggeva i libri di scuola che erano appartenuti agli zii e che loro avevano custodito gelosamente timbrandoli con un “Biblioteca dei fratelli Quasimodo”.

Nel dicembre del 1908 il tristemente noto terremoto distrugge la città di Messina e tutti i luoghi che sicuramente il piccolo Quasimodo aveva visto mentre andava a trovare i nonni. Quando l’amministrazione ferroviaria invita il suo personale a trasferirsi a Messina per ripristinare il servizio in città, Gaetano Quasimodo, uomo giovane ed energico, accetta senza esitazione. Di lì a poco la famiglia si trasferisce da Terranova (oggi Gela) a Messina, prima in una baracca in legno, poi in una casetta in cemento in via Croce Rossa 81, nel quartiere americano. L’esperienza sarà ricordata dal poeta nel componimento “Al padre“, bellissima e struggente poesia scritta in occasione dei novant’anni del padre, in cui esalta la bellezza della terra siciliana e racconta la tragedia vissuta dalla Città dello Stretto.

Sempre a Messina, Quasimodo compie gli studi fino al conseguimento del diploma nel 1919 all’Istituto Tecnico “A. M. Jaci”, sezione fisico-matematica. All’epoca in cui frequentava lo Jaci conosce Salvatore Pugliatti (compagno di banco del fratello Ettore) e Giorgio La Pira e stringe con loro un’amicizia destinata a durare negli anni. Insieme fondano il mensile Nuovo Giornale Letterario, dove il poeta comincia a pubblicare i suoi primi versi.

Nel 1919 il padre del poeta ottiene una promozione e viene trasferito a Licata. Rosa Quasimodo, sorella del poeta (nonché moglie di Elio Vittorini) racconta che “lasciare Messina fu un vero dolore per tutti”.

Nello stesso anno Quasimodo, appena diciottenne si trasferisce a Roma dove convive con Bice Donetti, una donna che lavorava in un noto bar di Messina (tutt’ora esistente) e che in seguito diventerà la sua prima moglie.

Dopo aver passato un periodo di ristrettezze economiche, nel 1926 viene assunto al Ministero dei Lavori Pubblici con assegnazione al Genio Civile di Reggio Calabria. Il riavvicinamento con Messina e con il suo vecchio amico Pugliatti sono fondamentali e spingono il poeta, che aveva smesso di scrivere, a riprendere in mano la penna. È proprio in questo periodo che scrive Vento a Tindari, in cui Quasimodo ricorda con nostalgia la sua terra e gli anni felici del periodo di Messina che riecheggeranno sempre in tutti i suoi versi successivi.

Renata Cuzzola